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Don Bosco - Vita di S. Giovanni Battista
VITA DI S. GIOVANNI BATTISTA
TORINO
TIP. DELL' ORATORIO DI S. FRANC. DI SALES
1868. {1 [379]}
PROPRIETA' DELL'EDITORE {2 [380]}
[è premesso alle opere dubbie]
INDEX
Capo I. Rivelatione della nascita di san Giovanni Battista..........................................................2
Capo II. Santificazione, di s. Giovanni Battista prima di sua nascita..........................................3
Capo III. Natività di s. Giovanni Battista. Cantico di Zaccaria...................................................4
Capo IV. Ritiro di s. Giovanni Battista nel deserto.....................................................................5
Capo V. Austerità del santo Precursore. Dà principio alla sua missione.....................................6
Capo VI. Alcune predicazioni di s. Giovanni Battista. - Egli proclama il Messia......................6
Capo VII. S. Giovanni riconosce e battezza il Salvatore.............................................................7
Capo VIII. Testimonianza formale del santo Precursore. - Mostra l'Agnello di Dio. - Esalta la
gloria del Salvatore......................................................................................................................8
Capo IX. Giovanni alla corte di Erode. Sua prigionia.................................................................9
Capo X. Deputazione di s. Giovanni Battista. Due risposte del Salvatore................................10
Capo XI. Martirio del santo Precursore.....................................................................................11
Capo XII. Castigo toccato agli uccisori di s. Giovanni Battista................................................12
Capo XIII. Culto del santo Precursore.......................................................................................13
Indice.........................................................................................................................................15
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Capo I. Rivelatione della nascita di san Giovanni Battista.
Era vicino il tempo in cui doveva nascere il Messia promesso da Dio ad Adamo, e
prenunziato dai profeti. Già erano per compiersi le settanta settimane predette da Daniele in cui
dovevasi togliere la prevaricazione, dar termine al peccato, espiare l'iniquità, condur la giustizia
sempiterna, adempiere la visione e la profezia, e ricevere l'unzione il santo dei santi. Ma prima
che queste cose avessero il loro compimento doveva venire il precursore {3 [381]} del divin
Verbo che era stato predetto da Malachia profeta con queste parole: « Ecco che io mando il mio
angelo, il quale preparerà la strada innanzi a me. E subito verrà al suo tempio il Dominatore
cercato da voi e l'angelo del testamento da voi bramato: eccolo che viene, dice il Signore Iddio
degli eserciti. » Questo precursore doveva essere l'alba, l'aurora che annunziasse il sole di
giustizia, perchè se questo sole fosse ad un tratto apparso in tutto il suo splendore, ci avrebbe
abbagliati, e però manda innanzi a sè un' aurora che lo annunzia, e che a poco a poco dileguando
le tenebre dispone gli occhi nostri a contemplare il sole. S. Giovanni Battista era destinato da Dio
ad essere questo precursore. La sua nascita vien esposta nel Vangelo nel seguente portentoso
modo.
Nel tempo in cui lo scettro di Giuda era passato nelle mani di uno straniero, cioè ai tempi
di Erode re di Giudea, eravi a Gerusalemme un Sacerdote per nome Zaccaria della stirpe {4
[382]} di Abia, e la moglie di lui che discendeva da Aronne si chiamava Elisabetta. Erano
amendue giusti innanzi a Dio, e camminavano irreprensibili in tutti i comandamenti e nelle leggi
del Signore. Essi non avevano figliuoli, ed erano tutti e due di un'età avvanzata, e però
desideravano di avere un figliuolo e lo domandavano tutti i giorni al Signore. Iddio esaudì le loro
preghiere, e mandò un angelo a Zaccaria sacerdote per annunziargli che le sue preci erano state
esaudite. Ma a meglio sapere le circostanze della nascita del Battista, fa d'uopo conoscere ancora
l'ordine stabilito dal santo re Davidde tra le famiglie sacerdotali. La moltitudine dei discendenti
di Aronne non permettendo loro di compiere tutti insieme il santo ministero, venivano divisi in
ventiquattro classi, di cui i capi erano chiamati i principi del Santuario, ed aveva ordinato che
ciascuna classe fosse successivamente incaricata del servizio ebdomadario della casa di Dio. Per
evitare ogni contesa la sorte decideva chi dovesse funzionare {5 [383]} la prima settimana, chi la
seconda, chi la terza, chi in seguito. Fu chiamata altresì la sorte a determinare per ciascun
sacerdote l'ordine, e la natura delle funzioni. Esse erano quattro, e consistevano: la prima ad
immolare le vittime; la seconda ad accendere i lumi sul candelabro; la terza a cambiare tutti i
sabbati i dodici pani di proposizione; la quarta a bruciar l'incenso sull' altare dei profumi. E
quest'ultima toccò in sorte a Zaccaria. Adempiva appunto questa funzione quando ebbe la
visione che cosi ci viene esposta dal Vangelo: « Or avvenne che mentre faceva le funzioni di
sacerdote dinanzi a Dio nell'ordine del suo turno, secondo la consuetudine del sacerdozio,
toccogli in sorte di entrare nel tempio del Signore a offerir l'incenso, e tutta la moltitudine del
popolo orava di fuori nell'ora dell'incenso, quando gli apparve l'angelo del Signore stante alla
destra dell'altare dell'incenso. E Zaccaria al vederlo turbossi, ed il timore lo soprapprese. Ma
l'angelo gli disse: non temere, o {6 [384]} Zaccaria, perchè è stata esaudita la tua orazione, e la
tua moglie Elisabetta darà alla luce un figliuolo, e gli porrai il nome di Giovanni, e sarà a te di
allegrezza e di giubilo; e molti si rallegreranno per la nascita di lui; imperocchè egli sarà grande
nel cospetto del Signore: non berrà nè vino nè sicera; e sarà ripieno di Spirito Santo fin dall'utero
di sua madre: e convertirà molti dei figliuoli d'Israello al Signore Dio loro. Ed egli precederà
davanti a lui con lo spirito e con la virtù di Elia, per rivolgere i cuori de' padri verso i loro
figliuoli, e gli increduli alla sapienza dei giusti, per preparare al Signore un popolo perfetto. E
Zaccaria disse all'angelo: come comprenderò io tale cosa? imperocchè io sono vecchio e la
moglie mia è avanzata in età. L' angelo gli rispose e disse: Io son Gabriele che sto nel cospetto di
Dio e sono stato mandato a parlarti e recarti questa buona nuova. Ed ecco che sarai muto, e non
potrai far parola fino al giorno che questo succeda, perchè non hai {7 [385]} creduto alle mie
parole, le quali si adempiranno a suo tempo.
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Il popolo stava aspettando Zaccaria, e si maravigliava del tardare che egli faceva nel
tempio. Ma essendo egli uscito, non poteva parlare ad essi: e compresero che egli aveva avuto
una visione nel tempio. Andava facendo loro dei cenni e si restò mutolo. »
Questa straordinaria apparizione dell' Arcangelo Gabriele a Zaccaria gli annunzia un
figliuolo grande, un figlio straordinario. Il padre e la madre discendono amendue da un'illustre
famiglia, da quella di Aronne. I nomi loro medesimi sembrano indicare qualche cosa di divino.
Zaccaria, ricordo del Signore: Elisabetta, dio del giuramento. Egli è nel tempio che vien loro
annunziato un figliuolo, nel santuario a piè dell'altare, ove l'incenso s'innalza al Santo de' Santi.
È un arcangelo che lo annunzia, e porta il nome di Gabriele, o forza di Dio, perchè egli è inviato
ad annunziare grandi cose. Questo figliuolo si chiamerà Giovanni, o pieno di grazia. Sarà grande
{8 [386]} nel cospetto del Signore, sarà ripieno di Spirito Santo fin dal seno della madre, e
convertirà molti figliuoli d'Israele al Signore Dio loro da essi abbandonato, e riconcilierà i padri
co' figliuoli, e preparerà al Signore Dio, d'innanzi al quale ei cammina collo spirito e colla virtù
di Elia, un popolo inclinato a riceverlo. Il padre che dubita un istante non della possanza divina
del personaggio che gli favella, ma della missione divina di lui, è fatto muto e come vogliono
alcuni anche sordo, finchè tutto si adempia: e questo sarà un contrassegno di più a stimolare
l'attenzione del popolo fedele, ed a prepararlo alle maraviglie che stan per accadere. Zaccaria poi
sebbene muto non tralasciò le funzioni del suo ministero, ma compì la settimana e poi si ritirò da
Gerusalemme, e se ne andò in una sua casa situata in un villaggio della tribù di Giuda, chiamato
Ebron, per meditare i favori del cielo, e così correggere la poca fede prestata alle parole
dell'angelo. {9 [387]}
Capo II. Santificazione, di s. Giovanni Battista prima di sua nascita.
Elisabetta divenuta feconda stava ritirata meditando e lodando le misericordie del
Signore, allorchè gioia novella, miracoli più grandi rivelarono la sua fortuna. L'arcangelo
Gabriele discese una seconda volta dal cielo, non più in Gerusalemme, la città reale, nè nel
tempio, che ne faceva la grandezza, nè nel santuario, che ne era la parte più sacra, nè fra gli
esercizi più santi di una funzione tutta divina, nè ad un uomo famoso per la dignità di sua carica
e per lo splendore di sua nascita sacerdotale, ma bensì in una città di Galilea, provincia delle
meno considerate, e di più in una piccola città, il cui nome era appena noto. Egli entrò in una
delle più meschine case di Nazaret per annunziare a Maria l'incarnazione del Figliuol di Dio, che
lo Spirito Santo {10 [388]} doveva operare nel suo seno. Ed in pari tempo egli le annunziò che
Dio aveva concesso un figlio alla sua cugina Elisabetta moglie del sacerdote Zaccaria. Questa
notizia la sorprese senza dubbio, ma le fu cagione di grande gioia, di maniera che l'angelo
ritiratosi, essa se ne partì da Nazaret e se ne andò con diligenza alla città ove dimoravano
Zaccaria ed Elisabetta che discendeva da Aronne per mezzo del padre, e per mezzo della madre
da Davidde, ed era prossima parente di Maria. Maria si portò frettolosa a visitar sua cugina senza
che la trattenesse il rigore della stagione e la lunghezza del viaggio. Imperocchè da Nazaret che
era in fondo alla Galilea sino a Ebron che era all'altra estremità delle montagne di Giuda vi erano
per lo meno ottanta miglia. Entrata Maria in casa di sua cugina la salutò, ed Elisabetta appena
udito quel saluto, sentì l'infante esultare per la gioia, ed essa medesima fu tosto riempita di
Spirito Santo ed esclamò ad alta voce: « Benedetta tu tra le {11 [389]} donne, e benedetto il
frutto del ventre tuo. E donde a me questo, che la madre del Signor mio venga da me?
Imperocchè appena il suono del tuo saluto giunse alle mie orecchie, saltellò per giubilo nel mio
seno il bambino, e beata te che hai creduto perchè si adempiranno le cose dette a te dal Signore.
» Ecco come Elisabetta ripiena di Spirito Santo loda Maria, impariamo anche noi da essa a
benedire e lodare questa grande regina che schiacciò il capo del serpe infernale, questa nostra
pietosissima e potentissima madre.
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Maria per rispondere ad Elisabetta e per celebrare le grandezze di Dio, pronunziò il
cantico del Magnificat che ormai da diciannove secoli fa risuonare le volte de' templi cristiani, e
che noi teniamo come il trionfo dell' umiltà sulla superbia del secolo. È un atto ben autentico
della riconoscenza che essa aveva per tutti i favori di cui Iddio l'avea ricolmata, ed una gloriosa
confessione della bassezza, dalla quale era stata tratta, per essere elevata alla {12 [390]} dignità
di Madre di Dio, e dove la profonda sua umiltà la faceva rientrare, per manifestare in se
medesima la verità di quanto essa espresse nel suo mirabil cantico riguardo alla gloria degli umili
e dei piccoli, e all'abbondanza dei veri beni di cui Iddio arricchisce quelli che sono nell'
indigenza. Ecco come l'umile Maria nulla vuole per se, ma tutto riferisce a Dio. Impariamo da
questo a conoscere e ad imitare l'umiltà di Maria.
Maria, dopo essersi fermata con Elisabetta tre mesi, se ne ritornò in Nazaret per
adempiere ai suoi doveri domestici, ed assistere il suo sposo.
Capo III. Natività di s. Giovanni Battista. Cantico di Zaccaria.
Secondo le divine promesse Elisabetta diede alla luce quel figlio che doveva essere il
Precursore del Salvatore e riempire il mondo di maraviglie. {13 [391]}
Se la nascita di un figlio ovunque e sempre è motivo di gioia per gli autori de' suoi giorni,
più viva doveva essere la gioia per i parenti di Giovanni e per gli amici della famiglia di
Zaccaria. Tutti concorsero festosi a congratularsi coi fortunati genitori molto conosciuti e per la
nobile loro prosapia e per le maraviglie accadute all'annunzio della nascita di Giovanni. Era
prescritto dalla legge che all'ottavo giorno della sua nascita il bambino fosse circonciso, è nella
circoncisione gli si dava il nome, che d'ordinario era quello del padre. Ora tutti i parenti volevano
chiamarlo Zaccaria dal nome di suo padre; ma Elisabetta disse che quello non doveva essere il
suo nome, sibbene essere chiamato Giovanni. Tutti le rappresentarono che questo nome era
straniero nella sua famiglia, e che non vi era alcuno di tutta la parentela che portasse tal nome.
Allora si richiamarono al padre del fanciullo, e gli fecero cenno di significare quale dovesse
essere il nome del fanciullo. Egli chiese l'occorrente per {14 [392]} iscrivere, che consisteva in
una tavoletta coperta di cera, e sopra di essa con uno stile di ferro scrivevano gli antichi. Scrisse
pertanto Zaccaria: Il suo nome è Giovanni, e tutti si maravigliarono della concordanza del padre
e della madre in dare questo nome al loro figlio. Si maravigliarono per altro assai più, quando la
lingua di Zaccaria stato per tanto tempo mutolo, fu sciolta ed esso si mise a lodare e benedire
Dio. Tutti i vicini furono allora presi da grande timore, e le maraviglie operate per questo
fanciullo si divulgarono in tutta la Giudea, ed ognuno diceva: Quale sarà mai questo bambino,
pel quale si operano tanti prodigi ? Certamente egli sarà un qualche gran profeta. Da molto
tempo non si era più veduto alcun profeta in Israele, e se ne aspettava qualcuno con molta
ansietà, perciò al nascer di questo fanciullo, credevano e con ragione che sarebbe stato un profeta
mandato da Dio. Vedremo in seguito che fu profeta e più che profeta.
Zaccaria padre di Giovanni ripigliando {15 [393]} la favella proruppe in un mirabile
cantico che la Chiesa ogni giorno ripete nei divini uffizi, in cui esso dice che Iddio stava per
adempiere alle promesse fatte ad Abramo riguardo al Messia, e che stava per mostrarsi, e nel
medesimo tempo fa conoscere la parte che avria suo figlio in questa grand'opera, coll'essere il
profeta ed il precursore. Ripieno di Spirito Santo così profetò: « Benedetto il Signore Dio
d'Israele, perchè ha visitato, e redento il suo popolo. Ed ha innalzato per noi il principe della
salute nella casa di Davidde suo servo. Conforme annunziò per bocca de' santi profeti suoi, che
sono stati dal cominciamento dei secoli: la liberazione dai nostri nemici, e dalle mani di tutti
coloro che ci odiano: per far misecordia co' padri nostri, e mostrarsi memore del testamento suo
santo. Conforme al giuramento col quale ei giurò ad Abramo padre nostro di concedersi a noi,
affinchè liberati dalle mani de' nostri nemici, serviamo a lui scevri di timore, con santità e
giustizia {16 [394]} nel cospetto di lui per tutti i nostri giorni. E tu, o fanciullo, sarai detto il
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profeta dell'Altissimo, perchè lo precederai davanti alla faccia del Signore a preparare le sue vie:
per dare al suo popolo la scienza della salute per la remissione dei loro peccati, mediante le
viscere della misericordia del nostro Dio, per le quali ci ha visitato il Sol nascente dall'alto. Per
illuminare coloro che giacciono nelle tenebre e nell'ombra della morte, per guidare i nostri passi
nella via della pace. » Il vegliardo ricevendo il dono di profezia col ripigliar la favella fu colpito
da due grandi oggetti, cioè Gesù Cristo, e s. Giovanni, il Messia ed il suo Precursore, ei ne vede
la grandezza e ne dipinge gli eminenti caratteri. Oh ! come Zaccaria si serve nobilmente del
ricevuto favore d'aver riacquistato la favella! Quando riceviamo qualche favore da Dio
ringraziamolo di tutto cuore anche noi, e non facciamo come quei superbi, che si attribuiscono
ogni cosa, e riconoscono nulla da Dio. {17 [395]}
Il nome di Giovanni per cui Zaccaria improvvisa questo magnifico canto significa Grazia
e Misericordia. Essendo egli nato da vecchi e sterili genitori che pregavano Dio di dar loro un
figlio, era perciò il figlio della grazia, cosicchè dopo i nomi SS. di Gesù e di Maria quello di
Giovanni è il più degno d' ammirazione.
Capo IV. Ritiro di s. Giovanni Battista nel deserto.
La mano del Signore, come dice s. Luca, era con quel bambino, per guidare i suoi passi.
Mentre cresceva il suo corpo egli si fortificava in grazia, in ispirito, cioè la virtù di Dio, che
risiedeva in lui fin dal momento della sua santificazione, si faceva vedere per mezzo di effetti più
sensibili e più maravigliosi. Il Vangelo ci insegna che egli dimorò nei deserti fino al giorno in cui
doveva mostrarsi in pubblico, {18 [396]} per adempiere alla sua missione di Precursore del
Messia, e si pretende che fin dall' infanzia egli vi fu allevato. Una ritiratezza così straordinaria ha
dato luogo a molte riflessioni edificanti, che i santi Padri hanno fatto riguardo ai disegni di Dio
su quel fanciullo. Pare che egli volle nascondere i suoi disegni agli uomini facendo comparire
questo ritiro involontario e forzato, imperocchè se ci teniamo ad una opinione quasi
universalmente abbracciata nei primi secoli della Chiesa, si crederà che Erode cercando Gesù
Cristo per togliergli la vita, volle pure far morire s. Giovanni, avendo udite le meraviglie operate
alla sua nascita, e che per questo, Santa Elisabetta, sua madre, fu obbligata a fuggirsene con lui
nel deserto. San Paolino di Nola e s. Girolamo non sono di questo parere, e vogliono che s.
Giovanni sia stato allevato nella sua infanzia in mezzo ai suoi parenti, e che abbia imparato da
suo padre e dalla lettura dei libri di Mosè la legge di Dio e la vita dei santi Patriarchi, {19 [397]}
e che dopo essersi fortificato coll'età, egli lasciò la casa paterna per andare ad imparare nei
deserti quello che non poteva insegnargli la società degli uomini. Che che ne sia di queste
opinioni, sappiamo questo di certo, che egli di buon ora si ritirò nel deserto e che menò una vita
austera nella solitudine, e che non s'allontanò mai da essa, finchè per un'ispirazione dello Spirito
Santo fu chiamato a dar principio alla sua missione. Ecco quanto sono diverse le vie di Dio da
quelle degli uomini ! È nato un bambino, predetto dai profeti, e che sarà il precursore del Messia.
Il padre suo e la madre sono tutti e due innalzati all'ordine dei profeti. Nondimeno fanciullo
ancora ei li abbandona per ritirarsi nel deserto e condurvi una vita più austera di quella di Elia e
di Eliseo. Egli non esce punto dal deserto per conoscere quello che l'aveva rallegrato, quando
ancora era nel seno materno, e di cui esso doveva essere il precursore, ed al quale doveva
preparare le vie; ma egli se ne sta nel {20 [398]} deserto finchè lo Spirito Santo gli insegni quale
sia il tempo di manifestare il Redentore del mondo. Questo fatto dimostra che Iddio non suole
concedere certi doni straordinari, se non nella solitudine e nel silenzio, e a coloro ch' egli chiama
per farli potenti in opere ed in parole. Egli aveva ritenuto nella solitudine e nel silenzio Mosè per
quarant'anni per farlo duce del suo popolo, e vi tiene trent'anni il Battista per prepararlo ad
adempiere l'ufficio di precursore del suo divin Figlio e lo tiene lontano dal consorzio degli
uomini.
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Capo V. Austerità del santo Precursore. Dà principio alla sua
missione.
Giovanni nel deserto menò una vita molto austera. Non contento di non bere vino od altra
sostanza inebriante, come l' angelo aveva prescritto prima {21 [399]} della sua nascita, si
asteneva persino dal pane, alimento il più comune, ed il più essenziale alla vita. Esso non viveva
che di locuste, che i poveri del paese mangiavano qualche volta nelle più grandi loro necessità, e
di miele silvestre che era molto amaro ed insipido, o di quanto il deserto produceva senza arte e
coltura. E mangiava tanto poco, che Gesù Cristo non ebbe difficoltà di dire di lui che non
mangiava ne bevea. La durezza del suo abito corrispondeva a quella del suo nutrimento.
Imperocchè il suo abito non era composto che di peli di camello; e si cingeva con una cintura di
cuoio come Elia; e questo fece si che nei primi secoli della Chiesa fu tenuto come l'autore ed il
modello degli anacoreti. Così Iddio preparava Giovanni pel ministero della predicazione,
affinchè i Giudei colpiti da un modo di vivere tanto al di sopra della umana debolezza,
rispettassero le verità che egli doveva annunziar loro e che il suo esteriore li facesse ricordare
d'Elia che essi sapevano dover precedere la venuta del {22 [400]} Messia. Giovanni lasciava le
mollezza delle vesti a quei che abitavano i pallazzi dei re, e per sè conservava la povertà e la
penitenza. Egli fuggiva il consorzio umano, perchè il conversare cogli uomini è spesso cagione
di peccato, ed anche i cuori più puri s'imbrattano in mezzo al mondo. Predicando la penitenza
egli doveva preparare la strada al Messia, ma per dar forza alla sua parola era necessario mostrar
coll'esempio il disprezzo dei piaceri e l'amor del rigore. Sempre digiunando, pregando,
meditando passò il tempo che gli era necessario per prepararsi a compiere degnamente la sua
missione.
Dio avendolo così tenuto molto tempo nascosto nel fondo del deserto, lo manifestò
finalmente al mondo nell' anno quintodecimo dell' impero di Tiberio Cesare, quando la Giudea,
che era senza re, dopo che Archelao era stato mandato in esiglio, era governata dal procuratore
Ponzio Pilato, e essendo pontefici Anna e Caifa. Giovanni obbedì alla voce del Signore che {23
[401]} lo chiamava per preparare la strada al Messia. E fermatosi intorno al Giordano cominciò a
predicare la penitenza a tutti; e a dichiarare che il regno de' cieli era vicino. Questa novità colpì i
popoli che accorrevano in folla ad udirlo, tanto da Gerusalemme, quanto dai dintorni del
Giordano, e da molti altri luoghi della Giudea. Il suo esteriore che non insegnava meno la
penitenza che i suoi discorsi, non contribuiva poco ad attirargli molti seguaci. Quantunque egli
non facesse miracoli, tutti erano persuasi che era un profeta, e tanto più avevano ardore di
accorrere ad udirlo, in quanto che da molto tempo non si era più veduto profeta alcuno in Israele.
Dava a tutti quelli che venivano a trovarlo istruzioni, che erano necessarie, e convenienti a
ciascuno. Loro faceva riconoscere i peccati, li portava a confessarli, e battezzava quelli che
dimostravano pentimento, bagnandoli nell'acque del Giordano. Così per tutto il paese d'intorno al
Giordano andava predicando il battesimo di penitenza per la remissione {24 [402]} dei peccati;
conforme sta scritto nel libro dei sermoni d'Isaia profeta: voce di uno che grida nel deserto:
preparate la via del Signore.
Capo VI. Alcune predicazioni di s. Giovanni Battista. - Egli proclama il
Messia.
Giovanni predicando, parlava con una autorità che sembrava renderlo padrone di tutti
quelli che l'ascoltavano, e questo non era altro che l'effetto dell' opinione che tutti avevano della
sua santità. Imperocchè la sola sua vista gli conciliava la stima e l'affezione di tutti. E per questo
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molti di tutte le classi accorrevano a lui. Ma i Farisei e Dottori della legge, gente che faceva
professione di aver maggior scienza e pietà di tutti gli altri, dimostrarono verso di lui non altro
che indifferenza e disprezzo. Questi superbi, gonfi di se medesimi, si tenevano {25 [403]} come
giusti. E non solo non volevano accorrere a Giovanni per farsi battezzare, ma si scandalizzavano
dell'austerità della sua vita, e cercavano di farlo passare come un indemoniato. Pur tuttavia molti
Farisei e Sadducei vennero a presentarsi per essere battezzati. Ma quest'uomo pieno di spirito di
Dio e leggendo nel fondo dei loro cuori, li ricevette molto severamente, e gettando loro uno
sguardo con cui scopriva tutta la loro malizia, così loro dicea: « razza di vipere, chi vi ha
insegnato a fuggire l'ira che vi sovrasta? fate dunque, frutti degni di penitenza, e non vi mettete a
dire: abbiamo Abramo per padre.... Imperocchè io vi dico, che può Dio da queste pietre suscitar
figliuoli di Abramo. Imperocchè già anche la scure è alla radice degli alberi. Ogni albero
adunque che non porta buon frutto, sarà tagliato, e gettato nel fuoco. » Queste parole non
facevano impressione su quelle anime vili, superbe ed ipocrite, ma gli altri che s'indirizzavano a
lui nella sincerità del loro cuore l'istruiva {26 [404]} di tutto quello che dovevano fare,
esortandoli a disprezzare le cose della terra per non desiderare che quelle del cielo.
I soldati, i pubblicani medesimi glorificavano Iddio nella virtù di s. Giovanni, e non
mostravano minor promura della plebe per ricevere il suo battesimo. Desiderosi di salvarsi,
interrogavano Giovanni, quale cosa fosse loro necessaria, per conseguire la salute eterna. Esso
rispondea alle turbe inculcando loro la carità; « chi ha due vesti ne dia a chi non ne ha, e il simile
faccia dei commestibili. » Ai pubblicani poi che erano tenuti dagli Ebrei come gente infame,
perchè prendevano in appalto le gabelle e le pubbliche entrate, e per questo erano molto odiati
dagli Ebrei, non prescriveva di lasciar l'impiego, perchè era loro necessario per guadagnarsi il
sostentamento, ma solo di non esigere più di quello che loro era stato fissato. Ai soldati dicea di
non togliere il suo ad alcuno per forza, nè con frode, e di contentarsi della loro paga. {27 [405]}
Così istruiti li rimandava alle proprie case, senza ritenere alcuno presso di sè nel deserto, eccetto
quelli che più particolarmente avessero voluto unirsi con lui, e che si facevano suoi discepoli. La
fama di s. Giovanni divenne così grande, che molti non contentandosi di tenerlo qual profeta,
come tutti facevano, ebbero il pensiero che esso fosse il Cristo. Questo punto fu la più forte
prova della virtù del nostro santo; e si vede in questa occasione, che se egli era il più grande
degli uomini, ne era anche il più umile. Non solo egli dichiarò che non era il Messia, ma si pose
tanto al dissotto di lui fino a dire che non era degno di gettarsegli ai piedi e di sciogliere le
coreggie delle scarpe. Ecco quali sono le sue parole narrateci da s. Luca nel Vangelo. « Stando il
popolo in aspettazione e pensando tutti in cuor loro, se mai Giovanni fosse il Cristo, Giovanni
rispose a tutti: quanto a me io vi battezzo con acqua: ma viene uno più possente di me, di cui non
son degno di sciogliere le coregge {28 [406]} delle scarpe; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo
e col fuoco; egli avrà alla mano la sua pala, e pulirà la sua aia, e ragunerà il frumento nel suo
granaio; e brucierà la paglia in un fuoco inestinguibile, e molte altre cose ancora predicava al
popolo istruendolo. » Così egli predicava dapprima il Messia ed il Cristo senza conoscerlo di
persona fin a tanto che Iddio glielo scoprì come vedremo nel capo seguente.
Capo VII. S. Giovanni riconosce e battezza il Salvatore.
Da dieci mesi circa Giovanni Battista instancabile predicava al popolo ed attendeva alla
sua missione di precursore del Messia, quando Gesù che era sui trent'anni, stava per dar principio
alla sua predicazione. Egli abbandonò l'umile Nazaret, e se ne venne sulle sponde del Giordano
dove Giovanni {29 [407]} battezzava, a fine di essere anch' egli battezzato come gli altri. E
Giovanni, al quale era stato rivelato dallo Spirito Santo che quegli era il Messia Redentore del
mondo fu molto sorpreso quando vide avvicinarsi colui che doveva togliere i peccati del mondo
e chiedergli il battesimo in mezzo alle turbe dei peccatori, come se fosse stato di quel numero.
Fino a quel tempo Giovanni non aveva mai veduto Gesù, e questo fu per una particolare
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Don Bosco - Vita di S. Giovanni Battista
disposizione di Dio, che s. Giovanni non lo conoscesse che in questo modo affinchè non si
potesse dire che in considerazione della parentela e dell' amicizia avrebbe dato in suo favore, una
testimonianza così vantaggiosa. Gesù essendo dunque venuto da Giovanni per essere battezzato,
questi volle impedirneto, riconoscendo di avere esso medesimo bisogno di essere battezzato da
lui. Ma non potendo trovare che ridire che quegli che era al dissopra di lui, lo vincesse anche in
umiltà fu obbligato di cedergli. Era volere di Dio che Gesù, ostia del peccato, {30 [408]} e che
doveva toglierlo col gravarsene, volontario si ponesse nella turba dei peccatori; questa è la
giustizia che gli conveniva di adempiere. Ed a quel modo che Giovanni doveva in ciò prestare
ubbidienza, così il Figliuolo di Dio doveva prestarla ai comandamenti del Padre suo. Giovanni
avendogli condisceso, tutta la giustizia fu adempiuta in un'intera obbedienza al volere di Dio.
Gesù Cristo è tuffato nelle acque del Giordano sotto la mano di Giovanni; egli seco porta
lo stato del peccatore, e comunica alle acque una nuova virtù, quella di lavare le anime. L'acqua
del battesimo è un sepolcro in cui siam ivi gettati con Gesù Cristo per ivi poi risuscitare insieme
con lui.
Appena Gesù è uscito dalle acque del Giordano nelle quali si era sepolto, si spalancò il
cielo, e lo Spirito Santo, che insino allora solo il Battista avea veduto, discese palesemente a
vista di tutti sopra il Salvatore in forma di colomba e posò sopra di lui. Nel medesimo tempo
una voce muove come {31 [409]} folgore dall'alto, e si odono chiare e distinte queste parole: Tu
sei il mio Figliuolo diletto, in te mi sono compiaciuto: con che egli disegnato era il Figliuol di
Dio unigenito.
Qui si manifesta tutta intiera l'adorabile Trinità. Il Padre celeste apparve sul monte, dove
Gesù Cristo transfigurossi, ma lo Spirito Santo non vi intervenne; bensì egli apparve quando
discese in forma di lingua sugli apostoli, ma il Padre non vi fu veduto; in ogni altra parte appare
il Figliuolo; ma solo al battesimo di Gesù Cristo, che dà origine al nostro dove aveva da
invocarsi la SS. Trinità, il Padre vi comparisce nella voce, il Figliuolo nella sua carne, lo Spirito
Santo in forma di colomba. La colomba significa i sette doni discesi sul Messia, ed è simbolo di
riconciliazione, di dolcezza, di carità, di tenera unione, emblema che disegna ai popoli i profeti
ed i santi; e dichiara all'universo che Gesù di Nazaret è il Messia, il dottore delle nazioni, il
salvatore del mondo. {32 [410]}
Capo VIII. Testimonianza formale del santo Precursore. - Mostra
l'Agnello di Dio. - Esalta la gloria del Salvatore.
Gesù Cristo dopo essere stato battezzato da Giovanni, se ne andò nel deserto per
prepararsi col digiuno di quaranta giorni e quaranta notti, a compiere la sua grande missione di
Salvatore del mondo. In quel tempo Giovanni continuava la sua predicazione, e andava sempre
battezzando i popoli, di modo che la sua fama si estese tant' oltre, che Gerusalemme maravigliata
gli mandò una deputazione composta di sacerdoti, di leviti e di farisei, per sapere da lui chi egli
fosse, perchè credevano che egli fosse il Cristo.
Qui Giovanni dimostrò di nuovo quanto fosse umile, e quanto fosse lontano di lasciar
intendere sè essere quello che non era, e perciò disse altamente a quelli che lo interrogavano {33
[411]} che egli non era il Cristo. Gli chiesero in seguito se egli fosse Elia, perehè sapevano che il
profeta Elia doveva precedere la venuta di Gesù Cristo. Giovanni poteva dire con verità ch'egli lo
era, come Gesù Cristo stesso lo disse, perchè ne adempiva la funzione, e ne aveva lo spirito e lo
zelo. Ma di due sensi veri, prendendo quello che non era soggetto ad equivoco, e che era più
favorevole alla sua umiltà, disse che non era Elia. Gli chiesero in seguito se era il profeta
promesso da Mosè che i Giudei distinguevano dal Messia, quantunque Mosè intendesse il
Messia medesimo. Egli rispose che non era quel profeta, anzi che egli non era nemmeno profeta,
quantunque lo fosse in verità, e secondo la testimonianza di Gesù C. più che profeta. Il senso nel
quale s. Giovanni aveva ragione di dire che non era profeta, è questo: che quantunque egli fosse
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al di sopra dei profeti, perchè mostrava col dito quello che i profeti non avevano annunziato che
molto lungi; tuttavia non profetava {34 [412]} quello che doveva accadere dopo la sua morte
sulla terra, come fatto avevano gli antichi profeti. I deputati finalmente gli domandarono non
quello che non era, ma quello che egli era. Egli in questo umiliossi tanto quanto gli fu possibile
senza alterare la verità. Loro disse dunque che non era altro che: la voce di colui che grida nel
deserto, raddrizzate la via del Signore, come aveva detto il profeta Isaia. Di maniera che
riferendo così a Dio la gloria di tutto ciò che faceva, dimostrava nello stesso tempo essere Iddio
che agiva e parlava in lui, e che presto si sarebbero adempiute le promesse fatte da Dio per
mezzo dei profeti. Quantunque illuminati questi deputati che erano stati scelti dalla setta dei
farisei, non intesero, o finsero di non intendere i suoi detti, perchè non erano venuti da lui pel
desiderio di conoscere la verità, ma per la invidia e gelosia che avevano della sua fama. Così essi
trovarono grande male, in ciò che conoscendo Giovanni di non essere nè {35 [413]} il Cristo, nè
Elia, nè profeta, egli battezzasse, e gliene fecero rimproveri. Giovanni rispose loro che il suo
battesimo non era che per fare conoscere quegli che doveva venire dopo di lui, che era più di lui,
e in mezzo di essi senza che fosse da loro conosciuto. Si spiegò ancora più chiaramente l'
indomani quando vide Gesù che se ne veniva dal deserto incontro a lui; egli esclamò ad alta voce
additando Gesù: « Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo. Questi è
Colui del quale ho detto: dopo di me viene uno che è più di me perchè era prima di me: e io nol
conosceva, ma affinchè egli fosse riconosciuto in Israele, per questo son io venuto a battezzare
nell'acqua.....io ho attestato com'egli è il Figliuol di Dio. » Rinnovò l'indomani la medesima
testimonianza quando vide Gesù che passeggiava, e disse additandolo a due discepoli che erano
con lui: « Ecco l'Agnello di Dio. » Ed allora questi due discepoli udite le sue parole lo lasciarono
e seguitarono Gesù. {36 [414]}
A ben comprendere queste parole: Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati
del mondo, convien sapere che tutti i giorni sera e mattina immolavasi nel tempio un agnello, e
questo era quel che chiamavasi sacrificio continuo e perpetuo; questo fu quel che diede
occasione a Giovanni di pronunziare le anzi dette parole; e forse ancora Gesù accostossi a lui
nell' ora in cui tutto il popolo sapea che si offeriva questo sacrificio. Checchè ne sia in questa
testimonianza che rende del Salvatore quel Giovanni che l'aveva fatto conoscere come il
Figliuolo Unigenito, e ne aveva testè manifestato le altezze, il fa conoscere oggi come l'ostia del
mondo. Non crediate già che quell'agnello che si offeriva mattina e sera in sacrificio perpetuo
fosse il vero agnello, la vera vittima di Dio; no: ecco colui che all'entrar nel mondo s'è messo in
luogo di tutte le vittime; egli è eziandio la vittima pubblica di tutto il genere umano, e che solo
può togliere ed espiare quel gran peccato, ch'è la sorgente di tutti {37 [415]} gli altri, e che
perciò può chiamarsi il peccato del mondo, vale a dire il peccato di Adamo che è quello di tutto
il mondo.
Capo IX. Giovanni alla corte di Erode. Sua prigionia.
Erode Antipa in quel tempo era Tetrarca della Galilea, Esso era figlio di Erode il grande,
l'uccisore degl' innocenti. Dopo la morte di suo padre esso ebbe per sua parte il regno di Giudea
e la Galilea. Era un principe vile, dato ai piaceri, lascivo e libertino. Aveva un fratello chiamato
Filippo, il quale teneva un' altra parte del regno di Giudea, ma poco considerevole. Filippo erasi
ammogliato con Erodiade figlia del suo fratello Aristobolo, e per conseguenza sua nipote,
essendo questi matrimonii assai frequenti alla corte di Erode. Il marito era uno spirito dolce e
moderato che reggeva bene il {38 [416]} suo piccolo governo, e si compiaceva assai in rendere
giustizia al suo popolo, e con tanto ardore che arrestava spesso il suo cocchio nelle vie ed
ascoltava con pazienza i più poveri del suo regno che avessero qualche lite, per metterli
d'accordo. La moglie invece era uno spirito superbo, ambizioso ed impudico.
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E non ebbe difficoltà di farsi sposa di Antipa, vivendo tuttora Filippo fratello di lui.
Questo fatto cagionò grave scandalo in tutto Israele. S. Giovanni in quel tempo predicava e
battezzava, e alcuni sono d'opinione che udendo quello scandalo sia venuto alla corte di Erode,
per farlo rientrare nella buona strada. Tuttavia non si sa precisamente quale occasione lo fece
venire, se sia il suo zelo, o se vi fu costretto da Erode. Che che ne sia, sappiamo che Giovanni
andò alla corte di Erode che cercava di scusare questo suo scandalo presso i popoli, e per meglio
arrivarvi desiderava che san Giovanni l' avesse approvato, o che stando presso di lui senza dir
parola, {39 [417]} il suo silenzio mostrasse che egli lo approvava. Ma Erode giudicava troppo
vilmente un uomo di così specchiata virtù. Il sant'uomo non era una canna da piegar ad ogni più
piccolo soffio di vento, ed alzò risolutamente la voce e gli disse: Non ti è lecito di tener la
moglie del tuo fratello: quindi soggiunse che era un adulterio odioso al cuore di Dio e scandaloso
per tutti i suoi sudditi. Gli fece conoscere gli obblighi della legge alla quale era soggetto come
tutti gli altri, gli mostrò l'esempio dei buoni re che l'aveano preceduto, i castighi dei cattivi che
aveano sperimentato il peso della giustizia di Dio. Gli fece vedere come gli stati che erano nella
povertà, nella miseria, e di più nella barbarie, lo erano perchè quei che li governavano erano
ingiusti, iniqui ed empi. Di più nella lezione che gli dava, dimostrò come il disprezzo di Dio era,
sopratutto da temersi, e che doveva guardare all'interesse del suo fratello, al cattivo esempio che
dava alla sua famiglia, al mormorare del popolo; insomma non {40 [418]} dimenticò nulla che
potesse toccare il cuore di lui e farlo rientrare nella buona strada.
Lo spirito di Erode non era del tutto cattivo, nè ancora abbandonato da Dio, perciò
ascoltava s. Giovanni, concepiva qualche volta un po' di rimorso di quel suo scandalo; ma
appena veduto Erodiade dimenticava tutto, e non si ricordava più delle parole dell'uomo di Dio,
o se sene ricordava non osava dimostrare scrupolo alcuno del suo matrimonio, tanto quella donna
malvagia aveva d'impero sul suo cuore. Ella seppe che l' uomo di Dio aveva parlato, e si sentì
trasportata da un furore così grande, che non gli permise di respirare altro che minaccie e
vendetta. E per questo, vedendo che Erode non poteva rifiutarle cosa alcuna, gli insinuò che
Giovanni era pericoloso al bene dello stato, e che era capace, tanto avea del potere sul popolo, di
sollevarglielo contro, per farsi strada al trono; che era una grande arroganza il voler trovare a
ridire al suo padrone, che perciò dovea essere {41 [419]} punito. Essa non cessava mai di
insinuargli diffidenza contro s. Giovanni. Erode subito non volle fare quello che Erodiade gli
consigliava, perchè temeva Giovanni; ma finalmente tanto fece quella iniqua donna, che Erode
ordino d'incatenare s. Giovanni, e lo fece rinchiudere in una prigione sotto pretesto che volesse
turbare lo stato. Questa ingiusta prigionia di un uomo così santo e così celebre fece grande
rumore in tutta la Giudea, ma quella perfida donna avea questa massima: che bisognava
contentare i suoi sensi e non curarsi di quanto avrebbero detto il popolo e le persone dabbene,
che bisognava chiudere tutte le bocche col rigore dei supplizi, e che sarebbero innocenti quando
non avrebbe più osato alcuno ridire qualche cosa alle sue azioni. Questa pessima massima costò
la vita a s. Giovanni. {42 [420]}
Capo X. Deputazione di s. Giovanni Battista. Due risposte del
Salvatore.
S. Giovanni aveva discepoli fedeli che si fecero un dovere di non abbandonarlo per tutto
il tempo della sua prigionia che durò più d'un anno. Esso avea libertà di intrattenersi con essi,
perciò non dimenticò la funzione di precursore, e lavorò fino alla fine per preparare le vie al
Signore. Esso si adoperò per quanto potè affinchè i suoi discepoli conoscessero colui che dovea
essere il loro maestro ed insieme il loro Salvatore. E per questo avendo udito da essi i miracoli
che facea Gesù Cristo, gli mandò dalla sua prigione due di essi per chiedergli se era colui che era
aspettato da tanti secoli, cioè il Messia. E questo fece non per sapere quello che già sapea e che
aveva già fatto conoscere agli altri quando battezzava, ma per confermare i suoi discepoli in
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quanto loro {43 [421]} avea detto, e loro farne trovare le prove in quanto avrebbero veduto ed
udito da Gesù.
Essendo adunque venuti i due discepoli da Gesù gli dissero che Giovanni li avea mandati
per sapere se egli era colui che doveva venire su questa terra, o se doveano aspettarne un altro.
Gesù non rispose loro che con miracoli. Queste erano prove sufficienti che attestavano che era
Dio, e che era stato mandato dal padre suo per salvar gli uomini. Quindi rimandandoli loro disse
queste parole: « Andate e riferite a Giovanni quello che avete udito e veduto. I ciechi veggono,
gli zoppi camminano, i lebrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, si annunzia a'
poveri il vangelo, ed è beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. » Quando i discepoli di
Giovanni furono partiti esso indirizzandosi ai popoli, così parlò loro a favore di Giovanni: « Che
cosa siete andati a vedere nel deserto? una canna sbattuta dal vento? ma pure che siete andati a
vedere? un uomo {44 [422]} vestito delicatamente ? Ecco coloro che vestono delicatamente,
stanno nei palazzi dei re. Ma pure che cosa siete andati a vedere? un profeta? sì, vi dico io, anche
più che un profeta. Imperocchè questi è colui del quale sta scritto: Ecco che io spedisco innanzi a
te il mio angelo, il quale preparerà la tua strada davanti a te. In verità io vi dico, tra i nati di
donna non venne al mondo chi sia maggiore di Giovanni Battista: ma quegli che è minore nel
regno de' cieli è maggiore di lui... e se voi volete capirla egli è quell'Elia che doveva venire.»
Ecco come il Salvatore fa l'elogio di Giovanni. Dice che fra i nati di donna non venne mai al
mondo chi fosse maggiore di Giovanni, e che non era una canna che si lasciasse scuotere e
volgere da ogni banda dal vento, nè uno che potesse tradire la sua coscienza e lasciarsi vincere
dalle delizie della corte. No, egli ivi parlò come un profeta, ivi conversò come un angelo, e quivi
mori come un martire, come vedremo in seguito. {45 [423]}
Capo XI. Martirio del santo Precursore.
L'angelo terrestre aveva tutto sacrificato alla gloria di colui che egli annunziava. Aveva
ancor la vita, e questa vita la offeriva, la immolava ogni giorno sull'altare della carità, e sotto la
spada dei dolori. Allorquando la vittima fu purificata dalle minime imperfezioni, e ornata di tutte
le virtù, Dio permise che il delitto portasse l' ultimo colpo, e l' olocausto fosse consumato.
Erodiade non dormiva di un buon sonno col suo Erode, mentre s. Giovanni era ancora in vita,
temendo sempre che il suo preteso marito, che essa stimava assai leggiero, non fosse preso di
compassione e lo lasciasse libero, o che il popolo che lo teneva come un santo non forzasse le
prigioni per metterlo in libertà, perciò risolvè di vederne la fine per dare ogni libertà alle sue
sfrenate passioni. Giunse il tempo del giorno onomastico di Erode, {46 [424]} nel quale egli
aveva il costume di dare grandi festini ai principali uffiziali del suo regno. Erodiade vedendo che
la sua figlia Salome era un potente istrumento per effettuare i suoi disegni, e che Erode era
estremamente contento quando la vedeva ballare, la scongiurò di adoperare ogni industria, ogni
gentilezza per guadagnare il cuore del re. La figlia obbedisce, e si aggiusta il meglio che le torna
possibile per piacere al principe, ed entra nella sala del pranzo e si mette a ballare nel miglior
modo, e con tanta destrezza, che Erode ne gongolò di gioia. Tutti i convitati, forse guadagnati da
Erodiade, unanimamente si mettono a lodarla ed applaudirla. Non mancava più altro che la
ricompensa.
Erode nel trasporto della contentezza, gli dice che lascia alla sua scelta il dono, che è
pronto a concederle qualunque cosa, fosse anche la metà del suo regno. Questa figlia d'iniquità
corre da sua madre, e le dimanda quale cosa debba chiedere al re. La perfida madre le dice di
chiedere non altro {47 [425]} che la testa di Giovanni Battista. La figlia così ammaestrata fa
quella richiesta sanguinosa, e invece di chiedere la liberazione di Giovanni che difendeva il suo
onore col riprendere Erode, chiede il capo di lui, e che subito le sia portato in un bacino.
Erode si rattristò a tale domanda, perchè aveva giurato in presenza dei grandi di
concederle qualunque cosa ella avesse domandato, ma per paura di rattristarla dà il barbaro
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comando al carnefice di andare nella prigione del castello, poichè essi per quel festino erano
andati al castello di Macheronte, dove era rinchiuso il santo Precursore, e di tagliare il capo di
Giovanni.
Appena l'ordine fu dato, la madre non cessò finchè non ne vide l'esecuzione: si corre alla
prigione, ognuno pensava che fosse per qualche grazia, essendo il giorno onomastico del
principe: ma si vide bentosto un effetto contrario a questo pensiero, quando si chiamò s.
Giovanni, e che gli annunziarono che bisognava risolversi a morire. {48 [426]}
Qual cosa crediamo noi abbia fatto s. Giovanni a questo annunzio? Egli s'inginocchiò, e
rese grazie a Dio che lo faceva morir martire della verità, dopo aver contemplato coi propri occhi
il Verbo incarnato, ciò che non gli lasciava più altro a desiderare in questo mondo. Egli esortò i
suoi discepoli a seguire Gesù che è la via, la verità, la vita. Pregò pei suoi persecutori e per il suo
povero popolo, indegnamente governato da un tiranno. Quindi pregustando la felicità che gli era
riserbata, offerì il collo al carnefice e gli fu spiccata la testa. Il suo corpo fu seppellito
onorevolmente dai suoi discepoli, e la sua testa venne portata in un bacino al ferale banchetto,
messa nelle mani di quella infame ballerina che la presentò a sua madre. La madre, secondo s.
Gerolamo, la pigliò, poi si prese l'orribile divertimento di trafiggergli la lingua coll'ago dei suoi
capegli, per vendicarsi della libertà con cui s. Giovanni l' avea rimproverata della biasimevole
sua vita. {49 [427]}
Che orribile spettacolo! la testa di s. Giovanni, del più grand'uomo del mondo, che pose
termine alla legge antica e che ha aperto il Vangelo; la testa di un profeta, d'un angelo è
indegnamente tagliata, e data per premio ad una ballerina; il più sobrio degli uomini è ucciso in
un banchetto d'ubriachi, ed il più casto per gli artifizi di una prostituta. E condannato in un'
occasione ed in un tempo in cui egli non avrebbe nemmeno voluto essere assolto, per l'orrore che
egli aveva per tutto quello che proveniva dall' intemperanza.
Oh ! quanto è mai dunque malvagia quella donna che ha rinunziato all'onore ! Erode le ha
dato un omicidio per un bacio; i carnefici lavano le loro mani prima di assidersi a mensa, e quelle
donne infami bagnano in un banchetto le loro nel sangue di un santo profeta. Il giusto è ucciso
dagli adulteri, l'innocente da' colpevoli. Quel banchetto che doveva essere fonte di vita, porta un
editto di morte, la crudeltà si mescola colle delizie, la {50 [428]} voluttà con funerali. Quell'
orribile bacino si fa passare in tutta la tavola per saziare gli occhi inumani di Erodiade, e quel
sangue che gocciola ancora dal mozzo capo cade a terra per quindi essere spazzato colle lordure
di quella infame cena.
Ecco Erode, ecco un fatto che non è degno che della tua crudeltà: stendi la mano, tocca
colle dita la piaga che hai fatta, affinchè siano ancora bagnate di un sangue così sacro: bevilo,
crudele, per ispegnere la tua sete: mira quegli occhi spenti che accusano la tua scelleratezza, e
che tu ferisci ancora coll'aspetto dei tuoi infami piaceri. Ohimè ! essi sono chiusi, non tanto per
la necessità della morte, quanto per l'orrore della tua lussuria. Saziati adesso di piaceri, che
presto presto la vendetta di Dio piomberà sul tuo capo scellerato, e ti farà scontare la morte di
colui che ti ammoniva per tuo bene. {51 [429]}
Capo XII. Castigo toccato agli uccisori di s. Giovanni Battista.
La vendetta di Dio che spesso anche nella vita presente cade sopra i colpevoli, non tardò
a far sentire i terribili suoi effetti su quelle anime perverse.
Areta re degli Arabi, irritato dell'affronto fattogli da Erode che aveva ripudiato sua figlia
per prendere Erodiade, radunò un possente esercito, e venne ad attaccare Erode. Questo uomo
vile ed effeminato non si mette che assai debolmente in grado di resistergli. I piaceri lo teneano
talmente incatenato, che egli non ebbe ardire di porsi alla testa del suo esercito ed accorrere a
difendere la frontiera per opporsi allo sdegnato avversario. Si vantava sempre di essere prode e
coraggioso, ma in questa occasione dimostrò quanto poco cuore avesse e quanto fosse vile.
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Imperocchè si contentò {52 [430]} di mandare un suo generale, a cui toccò una sanguinosissima
sconfìtta. Molti giudei perirono in una sola giornata, e quel miserabile Tetrarca stava per essere
spogliato di tutto quanto aveva, se i Romani, che allora erano padroni di tutto il mondo, non
fossero accorsi colle loro legioni, e cacciato non avessero l'Arabo.
Poco tempo dopo avvenne la Passione di nostro Signore Gesù Cristo, il quale fu
disprezzato da Erode, presentato che fu a lui per ordine di Pilato, Esso si contentò di
motteggiarlo, non essendovi Erodiade che lo spingesse all'uccisione.
Egli pensava di poter godere liberamente i suoi piaceri, ma la giustizia di Dio che castiga
esemplarmente le violenze che si commettono contro dei suoi servi, gli suscitò uno strano
avvenimento nel quale egli sperava di potersi innalzare più alto, ma invece fu ridotto alla miseria
estrema.
La sua moglie, che era assai ambiziosa, cercava incessantemente di inspirar al suo preteso
marito i proprii {53 [431]} sentimenti di ambizione. Essa lo persuase di fare un viaggio a Roma
per ingrandirsi col favore dei Romani, e portare quindi apertamente con proprio titolo il nome di
Re. Ad Erode rincresceva di fare questo viaggio, ma la sua moglie fece tanto che egli prese la
strada di Roma, sognando a nuovi piaceri appena sarebbe di ritorno. Ma giunto a Roma, invece
di essere bene accolto e festeggiato, trovò gli animi indisposti verso di lui. Il suo parente
Agrippa, fratello di Erodiade, approffittandosi del favore che aveva presso l'imperatore Claudio,
soppiantò Erode Antipa, si fece eleggere Re di Giudea, e gli fu dato il regno di Erode con quello
di Filippo già morto prima; cosicchè Erode rimase spogliato del regno invece di ingrandirlo.
Ma questo non bastava ancora a punire l'uccisore del profeta. Egli fu accusato di molte
insolenze contro l'imperatore, di codardia da quel suo parente Agrippa, cosicchè nel trasporto del
suo sdegno quell'imperatore lo {54 [432]} fece bandire e lo relegò a Lione. Erodiade essendo
sorella di Agrippa fu risparmiata e non fu compresa nell'editto, avuto riguardo al fratello. Ma
essa fu costante nella sua rea passione. Rispose all'imperatore che le avea lasciato la libertà di
rimanere in Giudea, che essendo stata compagna del marito nella prosperità, non voleva
abbandonarlo nella sventura, e che amava meglio essere bandita con lui, che di possedere un
regno non compagna del marito. Le fu data facoltà di fare come meglio credeva, ed allora tutti e
due si posero in via per andare al luogo del loro esiglio, accompagnati da quella ballerina che
aveva chiesto il capo del santo precursore.
La vendetta di Dio dovea pesare anche su quest'ultima. Passando in tempo di inverno sul
ghiaccio di un torrente, e credendo di poter traversare senza pericolo, il ghiaccio le si ruppe sotto
i piedi ed ella cadde nell'acqua e ricongiungendosi i pezzi del ghiaccio essa fu presa di mezzo, e
si {55 [433]} dimenò lungo tempo in questa trappola, muovendosi come se avesse voluto ballare,
quindi il suo collo fu tagliato da due pezzi di ghiaccio che si congiunsero: così la sua vita fu
spenta sotto le acque ed il suo capo fu tagliato in vendetta della decollazione del santo precursore
fatta a sua richiesta. Erode Antipa e la sua Erodiade giunti al luogo del loro esiglio, dopo aver
sofferto gli stenti di un lungo viaggio in tempo d'inverno, furono aggravati dalla povertà, dalla
miseria, dalla ignominia su di una terra straniera, in mezzo a popoli ancor barbari, ed in fine
perirono d'inedia. Cosè finivano i carnefici di s. Giovanni Battista: tali sono le conseguenze del
ballo e della disonestà.
Capo XIII. Culto del santo Precursore.
Non sappiamo precisamente quale sia il tempo della morte del santo Precursore, ma si
crede che sia accaduta {56 [434]} verso il fine del secondo anno della predicazione del nostro
Signor Gesù Cristo, o al più tardi del terzo, nel principio del mese di febbraio. Sappiamo che fu
qualche tempo prima della Pasqua. La Chiesa ne celebra la Natività nel giorno 24 di giugno e la
Decollazione addi 29 agosto in memoria della traslazione delle sue reliquie fetta in quel giorno,
come è segnato in alcuni martirologi. È venerato come martire, perchè egli è stato testimonio di
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Don Bosco - Vita di S. Giovanni Battista
Gesù Cristo come gli altri martiri, essendo egli morto per la giustizia che è inseparabile dalla
verità. La festa della sua Natività è antichissima, essendo essa già stabilita al tempo di s.
Agostino che scrisse sette sermoni relativi alla medesima. Quella della sua Decollazione fu poi
instituita molto tempo dopo. Esso fu sempre onorato assai nella festa della sua Natività, e fu
un'epoca nella quale vi si celebravano tre messe, una la vigilia come a Precursore, la seconda nel
di della festa come a santificato nel seno materno, la terza nel dì seguente in {57 [435]} onore
del battesimo, come a ministro del battesimo. Di più nel concilio Salingestadense fu ordinato,
che nei quattordici giorni prima della festa si astenessero i fedeli dalla carne e dal sangue. I Greci
lo onorarono coll'alzare molte chiese sotto il suo nome, e nella sola città di Costantinopoli
quindici furono le chiese il cui principale protettore era s. Giovanni Battista. Molte chiese e molti
altari vennero consacrati a questo santo Precursore, e molte diocesi lo hanno per titolare e
patrono principale, come appunto è la diocesi di Torino. Oltre le feste principali della Natività e
della morte del nostro santo, molte altre nelle chiese particolari furono ancora istituite per
onorare le sue reliquie, delle quali traccieremo brevemente la storia.
I suoi discepoli, come abbiamo detto di sopra, udita la morte del loro maestro, andarono e
ne portarono via il corpo, e gli diedero onorevole sepoltura, come credesi, vicino al castello di
Macheronte. Portato poscia a Sebaste o Samaria, fu ivi rinchiuso nella {58 [436]} tomba ove
riposavano le ossa del profeta Eliseo. Quivi dimorarono fino all'anno 362, finchè sotto l'impero
dell'empio Giuliano apostata, alcuni imitando il mal esempio del loro imperatore aprirono la
tomba di s. Giovanni Battista ed abbruciarono una parte delle sue reliquie e quelle del profeta
Eliseo; ma alcuni monaci mescolati a quei sacrileghi salvarono in parte quelle di s. Giovanni
Battista e le mandarono a s. Atanasio il grande patriarca di Alessandria, il quale le nascose in una
muraglia della sua chiesa. Ne vennero poi tratte nel 395 e furono poste nella chiesa che Teodosio
imperatore fece edificare col nome del santo, nel luogo in cui era stato il tempio di Serapide, ed
allora si fecero distribuzioni di quelle sacre reliquie ad alcune chiese. Nell'anno 453 si scoperse
ad Emesa nella Siria il suo sacro capo, il quale rimase nella chiesa di quella città fino all'anno
954, in cui fu portato a Costantinopoli. Presa questa capitale dai Francesi nell'anno 1204 un
gentiluomo, {59 [437]} Wallon di Sortons, che era presente alla presa della città trovò il capo di
s. Giovanni in un vecchio palazzo e portò ad Amiens in Francia una parte di questa testa, cioè
tutto il viso, trattane la mascella, inferiore, e la diede alla sua chiesa.
Si dice che a Roma si custodisse una parte di questa medesima testa, ma alcuni volevano
che si fosse confuso s. Giovanni Battista con un altro s. Giovanni che fu martirizzato a Roma, il
perchè papa Clemente VIII per torre ogni dubbio fece arricchire la chiesa di s. Silvestro di una
porzione del capo del santo precursore che si venera in Amiens. Nel tesoro della basilica di s.
Marco in Venezia conservasi in un antichissimo calice di agata, porzione del suo cranio; e
Genova oltre le sue ceneri trasportate dalla Palestina, possiede il sacro disco e bacino che accolse
il suo capo. Si venera pure nell'abazia di Tiron nella diocesi di Chartres il cervello del suo capo.
Si vedono in altri luoghi denti e capegli che portano il {60 [438]} nome di s. Giovanni Battista.
Trovasi pure in Torino una parte della mascella del nostro santo.
I popoli si fecero sempre premura di onorarlo e la Chiesa ne celebra la Natività e la
morte, ciò che non fa a nessun altro, perchè tutti i santi si onorano il giorno della loro morte, ma
si celebra, la Natività di s. Giovanni Battista perchè gli fu data la grazia santificante colla
remissione del peccato originale fin dal seno di sua madre, nella visita che fece la B. Vergine a s.
Elisabetta. Si narrano molti miracoli operati da s. Giovanni Battista dopo la sua morte, coi quali
il Signore volle onorare il suo santo precursore.
Veneriamo pertanto anche noi questo gran santo, ed imitiamone le virtù, la penitenza, ed
egli ci aiuterà ad essere costanti nella fede, perseveranti ne' nostri cristiani doveri; potremo
fuggire le vanità del mondo, specialmente la intemperanza e la disonestà, e così giungere alla
salvezza eterna dell'anima nostra. {61 [439]}
Con permissione Ecclesiastica. {62 [440]}
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Don Bosco - Vita di S. Giovanni Battista
Indice
Capo I. Rivelazione della nascita di s. Giovanni Battista pag. 3
Capo II. Santificazione di s. Giovanni Battista prima di sua
nascita
Capo III. Natività di s. Giovanni Battista. Cantico di Zaccaria
Capo IV. Ritiro di s. Giovanni Battista nel deserto
Capo V. Austerità del santo Precursore. - Dà principio alla sua
missione
Capo VI. Alcune predicazioni di s. Giovanni Battista. - Egli
proclama il Messia
Capo VII. S. Giovanni riconosce e battezza il Salvatore pag. 29
Capo VIII. Testimonianza formale del santo Precursore. - Mostra
l' Agnello di Dio - Esalta la gloria del Salvatore
Capo IX. Giovanni alla corte di Erode. - Sua prigionia
Capo X. Deputazione di s. Giovanni Battista. - Due risposte del
Salvatore
Capo XI. Martirio del santo Precursore
Capo XII. Castigo, toccato agli uccisori di s. Giovanni Battista
Capo XIII. Culto del santo Precursore
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