Don Bosco - Vita di S. Policarpo, vescovo di Smirne e martire
quando mandò gli apostoli a predicare il vangelo agli idolatri, aveva detto loro: guarite gli
infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni4.
Mentre era vescovo, ebbe la consolazione di dare ospitalità al suo caro condiscepolo s.
Ignazio, vescovo di Antiochia, quando questi essendo tratto a Roma, per essere esposto alle fiere,
ebbe da soffermarsi a Smirne. E chi può imaginare il trasporto d'affetto di questi due santi
vescovi e martiri, quando si abbracciarono a vicenda?
Tra le altre cure che s. Policarpo si {23 [119]} prese sommamente a cuore, una si fu
quella di allevarsi dei discepoli pieni di zelo, scienza e virtù, i quali propagassero l'evangelo,
convertendo idolatri e confutando gli eretici. E si dà per certo, che Policarpo mandò varii de' suoi
discepoli nelle Gallie (che sono la Francia attuale), i quali tutti dopo avere predicato in quei paesi
idolatri la fede cristiana, terminarono il loro apostolato col martirio. Fra questi discepoli di s
Policarpo, il più illustre fu s. Ireneo, vescovo di Lione. Questo Santo ci narra, che il suo maestro
fece un viaggio a Roma per ristabilire la pace della Chiesa, la quale era alquanto turbata da ciò,
che non tutti andavano d'accordo sul giorno in cui dovevasi celebrare la solennità della Pasqua:
mentre altri la celebravano il giorno 14 della luna di marzo, in qualunque dì della settimana esso
potesse cadere, e altri la celebravano la domenica seguente, secondo la pratica introdotta da s.
Pietro ed osservata costantemente a Roma. S. Policarpo, a cui nulla stava più a cuore che la pace,
la buona armonia e la carità, fece dal canto suo quanto potè per impedire, che i fedeli fossero
divisi tra di loro, e onde riuscirvi, {24 [120]} determinò di abboccarsi col Sommo Pontefice, s.
Aniceto, epperò di intraprendere il viaggio di Roma. A quei tempi simile viaggio era assai lungo
e faticoso per tutti, ma lo era assai più per Policarpo, che allora già toccava oltre i 90 anni dell'età
sua. Arrivato a Roma si portò dal Vicario di Gesù Cristo, e trattò con lui lungamente sul giorno,
che i cristiani avevano da celebrare la Pasqua: e quantunque la questione per allora non potesse
ricevere lo scioglimento che poi ricevette nell' anno 325, quando il Concilio di Nicea decretò che
la Pasqua aveva da essere solennizzata da tutti la prima domenica dopo il plenilunio di marzo;
tuttavia s. Policarpo ottenne da papa Aniceto, che non venissero scomunicati quei che
osservavano una pratica diversa; e che per questo punto di disciplina ecclesiastica, la Chiesa non
avesse ad essere turbata da scismi.
S. Policarpo, mentre si prendeva cura di questo affare, non cessava di esercitare il suo
zelo nella conversione degli eretici, epperò s. Ireneo ci assicura, che durante il suo soggiorno in
Roma, esso convertì molta gente che si erano lasciati ingannare dagli eretici Marcione e
Valentino, {25 [121]} i quali insegnavano non esservi un Dio solo, ma molti dei. Il suo
attaccamento alla fede cattolica, e il suo orrore per gli eretici era tale, che un dì mentre era in
Roma l'eretico Mansione, essendosi avvicinato al santo vescovo, e avendo osato domandargli:
«Mi conosci tu, e sai tu chi io sono?» S. Policarpo immantinenti risposegli: «si, ti conosco, e
bene assai, imperocchè io so che tu sei il primogenito di Satanasso».
Questo era uno dei punti essenzialissimi, sui quali s. Policarpo era pieno di attività e di
fuoco, cioè il procurare che i cattolici conservassero la fede illibata, e per conseguenza stessero
lontani dagli eretici. Per questo egli continuamente si adoperava per inspirare un grande orrore
all' eresia, e soleva raccontare, che l'apostolo s. Giovanni, un dì trovandosi ad Efeso, ed essendo
entrato in un bagno, vi trovò là l'eretico Cerinto. Tale incontro lo colpì di tal timore, che
immantinenti uscì, affermando, che siccome là entro era Cerinto, nemico della verità, così vi
correva gran pericolo che l'edifizio crollasse in un istante e cadesse a terra.
Non contento di propagare e difendere {26 [122]} la fede cristiana colla parola, si
adoperò di propagarla e difenderla cogli scritti: e per questo scrisse molte lettere sia a persone
private, sia alle chiese dell'Asia e di altri luoghi, in cui espose i dogmi della fede, con grande
erudizione e forza. Peccato che di tutti i suoi scritti non ci rimane che una lettera ai cristiani di
Filippi, detta da s. Girolamo utile assai.
Non è senza probabilità, che quando l'apostolo ed evangelista s. Giovanni scrisse il libro
dell'Apocalisse, s. Policarpo fosse vescovo di Smirne: epperò egli è a questo santo vescovo che
dovrebbe riferirsi il magnifico elogio, che Gesù Cristo stesso fa di lui in questo libro, al capo
4 Matt. cap. 10, v. 8.
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