Don Bosco - Biografie 1881
indispensabili per esercitare con frutto questo sacro ministerio. Il che faceva che il suo
confessionale fosse assai frequentato, e non pochi penitenti lamentassero ancora parecchi anni
dopo l’assenza di lui, da cui avevano ricevuto tanto spirituale vantaggio. Stette parecchi anni
come prefetto del Collegio in Borgo S. Martino, facendo rilevare la sua attività unitamente allo
spirito di calma e dolcezza propria dei figli di S. Francesco di Sales. Di lì venne destinato a
Direttore della nuova casa di Nizza Monferrato, aperta alle nostre Suore, figlie di Maria
Ausiliatrice con l’annesso Educandato di ragazze.
Il quale delicato e difficile incarico disimpegno con frutto circa due anni (1877, 1878),
continuamente occupato nel confessare e predicare, tanto alle Suore {20 [406]} e figlie loro
affidate, quanto nella chiesa a benefizio del pubblico.
Si è nel 1879, che, dovendosi aprire la nuova casa di Cremona, venne egli chiamato a
coprirne la carica di Direttore. Umile come era si sentì dapprima assai sconfortato ed oppresso;
senonchè sempre pronto a far la volontà dei Superiori, vi si adattò fiduciosamente pensando, che
nulla da sè, ma tutto unicamente da Dio doveva aspettarsi l’esito della riescita. Questa sua
destinazione gli fu fatta palese nel mese di Settembre del 1879, e chi gli era stato assegnato a
compagno, ricorda con compiacenza la grata impressione che gli avea fatto il primo colloquio
che ebbe con Lui, che gli doveva esser Direttore in quella nuova casa. Quanto trepido per se
medesimo, tanto più fiduciato nell’aiuto del Signore, si sobbarcava all’arduo impiego, solo
contento di far esattamente la volontà di chi lo mandava! Nel riceverne pertanto la santa
Benedizione, alle varie interrogazioni fatte all’amato Superiore D. Bosco, il caro D. Chicco si
sentì rispondere: Va con grande confidenza, e non temere di nulla; Dominus est tecum et nihil
Ubi deerit. Allietato da cordiale accoglienza, prendeva possesso della bella e spaziosa chiesa
annessa al grandioso locale che era stato allestito per i Salesiani. Il suo studio fu tutto nel
preparare l’Oratorio festivo per accogliere i giovani abbandonati, ai quali portava in Gesù Cristo
la più grande tenerezza, non che le scuole primarie per toglierli dai pericoli dell’ignoranza e della
oziosità. Egli era tutto a tutti, mentre con naturale giovialità sapeva farsi piccolo coi piccoli,
venendo in ricreazione a trattenersi con discorsi facili e giocherellare con ragazzetti, non
badando punto al suo grado di Direttore, si adattava ad ogni sorta d’ufficio quando ne fosse il
bisogno. {21 [407]} Nel principio del primo anno, per deficienza di maestri per più mesi si
addossò l’insegnamento ai più piccoli nella 1a Classe Elementare. Nell’assisterli sia in iscuola,
sia in ricreazione, tale era la sua affabilità ed amorevolezza che tutti lo ricambiavano di sincera
ammirazione e tenera dimestichezza. Coi più provetti s’occupava egli stesso a promuovere nel
loro cuore l’amore al culto divino, coll’addestrarli egli stesso al canto di qualche lode a Maria,
che assai volentieri imparavano e più volentieri ancora ripetevano soventi in divoti cori, e si
sforzava ancora di abilitarli ad accompagnare in musica qualche messa e Tantum ergo. Pur
troppo questo esercizio contribuì non poco a debilitare sempre più il povero suo petto, già logoro
dal male che da qualche anno gli andava consumando la vita.
Se vi si aggiunge lo spirito di mortificazione e di penitenza che dirigeva tutte le sue
azioni a non guardare in se stesso che la vittima del dovere, ad immolarsi per la gloria di Dio ed
a provvedere a tutti i bisogni della casa a lui affidata, si comprenderà facilmente quanto molti
replicati sacrifici abbiano potuto contribuire al sacrifizio della sua vita. È un fatto (così scrive un
suo amico) che col pretesto d’economia si ridusse per qualche tempo a vivere di solo pane e
minestra, e si privò del beneficio del fuoco nel rigido inverno di Cremona.
Questo spirito di mortificazione aveva forse un altro motivo che, col pretesto
d’economia, celando l’amore alla penitenza, tendeva a conservare in se medesimo la più bella
delle virtù, di cui come si disse più sopra egli era amante e geloso al sommo. Un suo confratello
parlando dell’amore ch’egli aveva per questa virtù, così si esprime: Lo stato di sacerdote, e
sacerdote {22 [408]} confessore, di salesiano e salesiano Direttore, espone senza dubbio a molti
pericoli; ma chi si mortifica, vigila e prega è sempre al sicuro, e questo è ciò che faceva il caro
D. Chicco. Egli stava bene in guardia, e fuggiva tutte le occasioni, ed io fui testimonio più volte
di certe sante astuzie che metteva in pratica per ischivare certi incontri e non ricevere certe visite;
di più si teneva ben armato colla preghiera, colla frequente confessione, colla penitenza e colla
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