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Don Bosco - Regole o Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales secondo il decreto di approvazione
REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO
DI SALES
SECONDO IL DECRETO DI APPROVAZIONE del 3 aprile 1874
TORINO, 1877. {1 [199]} {2 [200]}
[è premesso agli scritti attribuiti o attribuibili a Don Bosco]
INDEX
Ai soci salesiani...........................................................................................................................2
Entrata in religione.......................................................................................................................2
Importanza di seguire la vocazione.............................................................................................3
Seguir prontamente la vocazione.................................................................................................3
Mezzi per custodire la vocazione.................................................................................................4
Vantaggi temporali......................................................................................................................6
Vantaggi spirituali........................................................................................................................6
I voti.............................................................................................................................................7
Ubbidienza...................................................................................................................................8
Dei rendiconti e loro importanza.................................................................................................9
Povertà.......................................................................................................................................10
Castità........................................................................................................................................11
Carità fraterna............................................................................................................................12
Pratiche di pietà.........................................................................................................................14
Cinque importanti ricordi...........................................................................................................14
Dubbio della vocazione.............................................................................................................15
Cari salesiani,.............................................................................................................................16
Lettera di s. Vincenzo de' Paoli indirizzata a' suoi religiosi sul levarsi tutti all’ ora medesima.
................................................................................................................................................... 16
I. Scopo della Società di S. Francesco di Sales.........................................................................19
II. Forma di questa società.........................................................................................................20
III. Del voto di ubbidienza.........................................................................................................20
IV. Del voto di povertà..............................................................................................................21
V. Del voto di castità.................................................................................................................21
VI. Governo religioso della società...........................................................................................22
VII. Governo interno della società.............................................................................................22
VIII. Della elezione del rettore maggiore..................................................................................23
IX. Degli altri superiori..............................................................................................................24
X. Di ciascuna casa in particolare..............................................................................................25
XI. Dell’ accettazione................................................................................................................26
XII. Dello studio........................................................................................................................27
XIII. Pratiche di pietà.................................................................................................................28
XIV. Degli ascritti ossia dei novizi............................................................................................29
XV. Dell’ abito..........................................................................................................................29
Formolario della professione religiosa pei soci di s. Francesco di Sales...................................29
Formola dei voti.........................................................................................................................31
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Ai soci salesiani
Le nostre costituzioni, o figliuoli in G. C. dilettissimi, furono definitivamente approvate
dalla Santa Sede il 3 aprile 1874.
Questo fatto deve essere da noi salutato come uno dei più gloriosi per la nostra
Congregazione, come quello che ci assicura che nell’ osservanza delle nostre regole noi ci
appoggiamo a basi stabili, sicure, e, possiamo dire, infallibili, essendo infallibile il giudizio del
Capo Supremo della Chiesa, che le ha sanzionate.
Ma qualunque pregio porti seco questa approvazione tornerebbe di poco frutto, se tali
regole non fossero conosciute e fedelmente osservate. Egli è appunto per fare in modo che le
medèsime si possano comodamente da ciascuno conoscerò, leggere, meditare e quindi praticare,
che giudico bene di presentacele tradotte dal loro originale. Il testo latino fu stampato
separatamente. Qui avrete le regole comuni a tutti i soci salesiani.{3 [201]} Credo poi cosa utile
notarvi alcune cose pratiche, le quali faciliteranno la conoscenza dello spirito, di cui quelle sono
informate. Io parlo col linguaggio del cuore, ed espongo brevemente quollo che l’ esperienza mi
fa giudicare opportuno per vostro profitto spirituale e per vantaggio di tutta la nostra
Congregazione.
Entrata in religione.
Il nemico dell’ uman genere esercita la sua malignità contro gli uomini in tre modi, cioè:
coi piaceri o soddisfazioni terrene, colle sostanze temporali e specialmente colle ricchezze, e
coll’ abuso della libertà. Omne quod est in mundo, dice l’ apostolo s. Giovanni, concupiscentia
carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vitae1. Come mai liberarci da queste
pericolose catene, con cui incessantemente il demonio tenta di legarci e strascinarci alla
perdizione? Solamente la religione può somministrarci i mezzi, con cui combattere questi tre
formidabili nemici. Il cristiano, che brama di mettere in sicuro 1’ anima propria, abbracciando lo
stato religioso, con un colpo solo riduce in pezzi queste catene. Col voto di castità rinuncia ad
ogni soddisfazione sensibile; colla povertà si libera dai gravi impacci delle cose temporali; col
voto di obbedienza mette freno alla propria volontà, e si trova perciò fuori del caso di abusarne.
{4 [202]} Per questo motivo, chi lascia il mondo per entrare in religione, viene paragonato a
coloro che in tempo del diluvio si salvarono nell’ arca di Noè. In mezzo al mondo siamo come in
un mar burrascoso, in cui l’ iniquità e la malignità sono da per tutto portate in trionfo. Il mondo,
dice il Salvatore, è tutto posto nella malignità: mundus totus in maligno positus est. Il religioso è
simile a colui che monta sopra un bastimento, e tutto affidandosi alle cure di valente capitano
riposa tranquillo anche in mezzo alle burrasche. Il religioso trovasi in una fortezza custodita dal
Signore. E quando un forte presidio ne fa la guardia, dice il Salvatore, ognuno puo dimorarvi con
sicurezza: cum fortis armatus custodit atrium suum, in pace sunt ea quae possidet.
Tanta è la pace e la tranquillità, che si gode in questa mistica fortezza, che se Dio la
facesse conoscere e gustare da chi vive nel secolo, si vedrebbero tutti gli uomini fuggirsene dal
mondo e dare la scalata ai chiostri, a fine di penetrare colà e passare i giorni di loro vita.
Consulto Deus gratiam religionis occultavit, nam si eius felicitas cognosceretur, omnes, relicto
saeculo, ad eam concurrerent. (S. Lorenzo Giustiniani).
1 Epist. 1 Ioan. 2,16
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Importanza di seguire la vocazione.
Iddio misericordioso, infinitamente ricco di grazie, nella stessa creazione dell’ uomo,
stabilisce {5 [203]} a ciascuno una via la quale percorrendo egli può con molta facilità
conseguire la sua eterna salvezza. L’ uomo che si mette in quella via, e per quella cammina, con
poca fatica adempie la volontà di Dio, e trova la sua pace; che se non si mettesse per quella via
correrebbe grave pericolo di non avere poi le grazie necessarie per salvarsi. Per questo motivo il
padre Granata chiamava la elezione dello stato la ruota maestra di tutta la vita. Siccome negli
orologi,.guastata la ruota maestra, è guastato tutto il macchinismo, cosi nell’ ordine della nostra
salvazione errato lo stato andrà errata tutta la vita, come dice S. Gregorio Nazianzeno; e se noi
vogliamo accertare la salute eterna bisogna che cerchiamo di seguire la divina vocazione, dove
Dio ci apparecchia speciali aiuti con cui poterci salvare. Perchè, come scrive S. Paolo,
unusquisque proprium donum habet ex Deo. Cioè, spiega Cornelio a Lapide, Dio a ciascuno dà
la sua vocazione e gli elegge lo stato, in cui lo vuol salvo. Questo è appunto l’ ordine della
predestinazione descritto dallo stesso apostolo: Quos praedestinavit, hos et vocavit, et quos
vocavit, hos et instiftcavit.. illos et glorificavit.
Bisogna però notare che il punto della vocazione è poco inteso dal mondo. Sembra loro
che sia lo stesso il vivere nello stato a cui chiama Dio, che il vivere nello stato eletto dal proprio
genio; e perciò tanti vivono poi malamente e si dannano. Ma è certo che questo è il punto
principale per 1’ acquisto della vita eterna. Alla vocazione succede la giustificazione, cioè la vita
eterna. {6 [204]} Se non segui questa vocazione, dirà S. Agostino, Corri bene, ma fuor di via:
Bene curris sed extra viam; cioè fuor della via per cui Dio ti ha chiamato per salvarti. Ed il
Signore minaccia grandi castighi a coloro che voltano le spalle alle sue chiamate, per seguire i
consigli dell’ inclinazione propria: Vae, filii disertore (dice per Isaia)!
Le chiamate divine a vita più perfetta certamente sono grazie speciali e molto grandi, che
Dio non fa a tutti; onde ha molta ragione di sdegnarsi poi con chi le disprezza. Quanto si stima
offeso un principe, se chiama un suo vassallo nel suo palazzo a servirlo più da vicino e quegli
non ubbidisce! e Dio non se ne risentirà? Comincerà il castigo del disobbediente fin da questa
vita mortale, in cui starà sempre inquieto. Quindi scrisse il teologo Habert: Non sine magnis
difficultatibus poterit saluti suae consulere. Molto difficilmente costui si salverà restando nel
mondo.
E notabile la visione eh’ ebbe un novizio, il quale (scrive il Pinamonti della vocazione
vittoriosa), meditando di uscire dalla religione, Gesù Cristo se gli fece vedere in trono sdegnato,
che ordinava scancellarsi il suo nome dal libro della vita, onde atterrito perseverò nella
vocazione: Quia vocavi et renuistis... ego quoque in interitu vestro ridebo et subsannabo. E ciò
significa che Dio non esaudirà le voci di chi ha disprezzato la voce sua.
Pertanto quando chiama Dio a stato più perfetto, chi non vuole mettere in gran rischio la
sua salute eterna dee ubbidire, ed ubbidire subito. Altrimenti udirà rimproverarsi da {7 [205]}
Gesù Cristo ciò, che egli rimprovero a quel giovane, il quale invitato alla sua sequela disse:
Sequar te, Domine, sed permitte mihi primum ire et renuntiare his quae domi sunt. Io voglio
mettermi di tutto buon grado alla tua sequela, ma permettimi che io vada a fare rinunzia di
alcune sostanze di casa mia. E Gesù gli rispose che egli non era buono pel paradiso: Nemo
mittens manum ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei.
Seguir prontamente la vocazione.
Lo stato religioso è stato sublime e veramente angelico. Quelli che per amor di Dio e
della loro eterna salute, sentono il loro cuore tocco dal desiderio di abbracciar questo
sublimissimo stato, possono senza dubbio giudicare venire tal desiderio dal cielo, perchè troppo
è generoso troppo è elevato sopra i sentimenti della natura.
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Nè temano costoro che mancheranno loro le forze per eseguire gli obblighi che lo stato
religioso impone, poichè Dio, che cominciò il pio disegno, darà un buon successo ed intera
perfezione: Confidens hoc ipsum quia qui coepit in vobis opus bonum, perficiet (Philipp. 1.)
E si noti, dice S. Tommaso, che le vocazioni divine a vita più perfetta debbono eseguirsi
prontamente: quanto citius. Nella sua somma propone il dubbio se sia lodevole 1’ entrare in
religione senza il consiglio di molti e senza lunga deliberazione. E risponde che sì, dicendo {8
[206]} che il consiglio e la considerazione sono necessari nelle cose dubbie, ma non già in questa
ch’ è certamente buona, giacchè l’ ha consigliata Gesù medesimo nel vangelo. Gran cosa! Gli
uomini del secolo, quando si tratta che uno voglia entrare in religione a far vita più perfetta e più
sicura dai pericoli del mondo, dicono che per tali risoluzioni vi bisogna molto tempo a
deliberarle, per accertarsi che la vocazione venga veramente da Dio e non dal demonio. Ma non
dicono poi così quando si tratta di accettare una toga od una carica onorifica, dove vi sono tanti
pericoli di perdersi. Invece S. Tommaso dice, che, ancorchè la vocazione religiosa venisse dal
demonio, anche deve abbracciarsi, come deve seguirsi un consiglio buono, benchè venga da un
nemico. E S. Giovanni Grisostomo assicura che Dio, quando dà tali chiamate, vuole che non ci
esitiamo neppure un momento ad eseguirle: Talem obedientiam Christus quaerit a nobis ut
neque instanti temporis moremur.
Altrove il medesimo santo dice che quando il demonio non può distogliere alcuno dalla
risoluzione di consacrarsi a Dio, almeno cerca di fargliene differire l’ esecuzione, e stima di far
gran guadagno, se ottiene la dilazione di un giorno, d’ un’ ora: Si brevem arripuerit
prorogationem. Perchè dopo quel giorno o quel1’ ora, succedendo altra occasione, gli sarà men
difficile poi di ottenere più lungo tempo; sintantochè il chiamato divenendo più debole e meno
assistito dalla grazia, cede affatto ed abbandona la vocazione! E perciò S. Girolamo a chi è
chiamato ad uscire dal mondo {9 [207]} dà questo consiglio: Festina, quaeso te, et haerenti in
solo naviculae funem magis praescinde, quam soloe. E vuol dire il santo, che siccome chi si
trovasse legato in una barca in procinto di sommergersi, cercherebbe di tagliar la fune più che di
scioglierla; così chi si trova in mezzo al mondo deve cercare di sciorsene quanto più presto può
per liberarsi subito dal pericolo di perdersi, che nel mondo è così facile.
Odasi quel che scrive il nostro S. Francesco di Sales nelle sue opere circa le vocazioni
religiose. “Per avere un segno d’ una buona vocazione, non vi bisogna una costanza, che sia
sensibile, ma che sia nella parte superiore dello spirito. Onde non dee giudicarsi non vera la
vocazione, se mai il chiamato, prima di eseguirla, non provi più quei sentimenti sensibili, che n’
ebbe al principio, anzi vi senta ripugnanze e raffreddamenti, che lo riducano talvolta a vacillare,
parendogli che tutto sia perduto. Basta che la volontà resti costante in non abbandonare la divina
chiamata; purchè vi rimanga qualche affezione verso di quella. Per sapere se Dio vuole che uno
sia religioso, non bisogna aspettare che Dio stesso gli parli e gli mandi un angelo dal cielo a
significargli la sua volontà. Nè tampoco vi abbisogna un esame di dieci dottori per vedere se la
vocazione debba eseguirsi o no; ma bisogna corrispondere e coltivare il primo moto dell’
inspirazione, e poi non pigliarsi fastidio se vengono disgusti o tiepidèzza; perchè facendo così,
non mancherà Iddio di far riuscir tutto a gloria sua.” {10 [208]}
Mezzi per custodire la vocazione.
La vocazione allo stato religioso può considerarsi come la perla preziosa del vangelo, che
noi dobbiamo custodire molto gelosamente e con ogni diligenza. S. Alfonso propone la pratica di
tre mezzi a fine di non perderla e sono: segretezza, orazione e raccoglimento. Ecco adunque
quanto dice S. Alfonso. “Per prima, universalmente parlando, bisogna tener secreta la vocazione
a tutti, fuorchè al direttore spirituale, giacchè ordinariamente non si fanno scrupolo di dire a'
poveri giovani chiamati allo stato religioso che in ogni parte, anche nel mondo, si può servire a
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Dio. Sì Signori, in ogni luogo può servire a Dio colui che non è chiamato alla religione; ma non
già chi è chiamato e vuol restarsi nel mondo; costui difficilmente farà buona vita e servirà a Dio.
“Specialmente poi bisogna occultare la vocazione agli amici ed ai parenti. Fu già
opinione di Lutero, come riferisce il Bellarmino, che i figli peccavano entrando in religione
senza il consenso dei genitori; perchè, diceva, i figli sono obbligati di loro ubbidire in ogni cosa.
Ma quest’ opinione comunemente è stata ributtata da' concilii e dai ss. Padri. Il concilio Toletano
X, nel cap. ult. disse espressamente, esser lecito ai figli di farsi religiosi senza licenza de' parenti,
semprechè avessero passati gli anni 14 di loro età. Lo stesso si prescrisse nel concilio tiburtino
cap. 24. Tale è pure l’ insegnamento di S. Ambrogio, di {11 [209]} S. Girolamo, di S. Agostino,
di S. Bernardo, di S. Tommaso ed altri con S. Gio. Grisostomo, il quale generalmente scrisse:
Cum spiritualia impediunt parentes, nec agnoscendi quidem sunt.
Saviamente soggiunge il p. Pinamonti, che i genitori non hanno alcuna esperienza in
queste cose ed all’ incontro comunemente hanno qualche interesse temporale per consigliarsi
altramente, e perciò si cambiano in nemici. S. Tommaso, parlando delle vocazioni religiose dice:
in negotio vocationis propinqui amici non sunt sed inimici, iuxta sententiam Uomini: inimici
hominis domestici ejus.” E più presto si contentano i padri che i figli si dannino con essi che si
salvino da loro lontani. Quindi esclama S. Bernardo: Oh durum patrem! o saevam matrem!
quorum consolatio mors filii est; qui malunt nos perire cum eis, quam regnare sine eis. S. Cirillo
spiegando il detto di Gesù Cristo a quel giovane che si offrì per seguirlo: Nemo mittens manum
ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei, commenta che chi cerca tempo di conferire
intorno alla sua vocazione coi parenti, egli è appunto quegli che dal Signore è dichiarato inetto
per lo cielo: Aspicit retro, qui dilationem quaerit cum propinquis conferendi. Noi perciò vediamo
molti santi partiti da casa loro senza farne affatto intesi i loro padri. Così fece un S. Tommaso d’
Aquino, un S. Francesco Saverio, un S. Filippo Neri, un S. Luigi Beltrando. E sappiamo, che il
Signore fin coi miracoli ha approvate tali fughe gloriose. S. Pietro di Alcantara mentre andava al
monastero {12 [210]} a farsi religioso, fuggendo dalla casa di sua madre, alla cui obbedienza era
rimasto dopo la morte del padre, si trovò impedito a poter passare avanti da un gran fiume,
raccomandossi a Dio, ed in un tratto si vide trasportato all’ altra riva. Similmente S. Stanislao
Kostka, fuggitosi da sua casa senza licenza del padre, il fratello si pose ad inseguirlo con una
carrozza a tutto corso. Ma quando fu vicino a raggiungerlo, i cavalli, per quanta violenza loro si
facesse, non vollero dare più un passo innanzi, fintantochè voltandosi indietro verso la città
ripigliarono il corso a briglia sciolta.
Per secondo bisogna ritenere che queste vocazioni solo coll’ orazione si conservano. Chi
lascia 1’ orazione certamente lascierà la vocazione. Ci vuole orazione e molta orazione; e perciò
non si lasci di fare mattina e sera circa mezz’ ora di orazione. Non si lasci ancora di fare la visita
al SS. Sacramento ed a Maria Santissima ogni giorno irremissibilmente, per ottenere la
perseveranza nella vocazione. E non lasci il religioso di comunicarsi tre o almeno due volte la
settimana. Mediti spesso sul punto della vocazione; considerando quanto sia grande la grazia che
gli ha fatto Dio della vocazione. Tanto maggiormente metterà in sicuro la sua eterna salute,
quanto più è fedele a Dio in eseguir la vocazione. All’ incontro a quanto pericolo si esporrà di
dannarsi se sarà infedele.
Per terzo vi bisogna il raccoglimento, il quale non si potrà avere senza ritirarsi dalle
conversazioni e divertimenti secolari. Che ci {13 [211]} vuole a perdere in somma, stando nel
secolo, la vocazione? Niente. Basterà una giornata di spasso, un detto d’ un amico, una passione
poco mortificata, un attaccuccio, un pensiero di timore, un rincrescimento non superato. Chi non
abbandonerà i passatempi bisogna che si persuada che senza dubbio perderà la vocazione.
Resterà col rimorso di non averla eseguita, ma certamente non la eseguirà. Oh quanti per
mancanza di quest’ attenzione hanno perduta la vocazione e poi l’ anima. Fin qui S. Alfonso
dottore di S. Chiesa.
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Vantaggi temporali.
Ognuno deve entrare in religione guidato unicamente dal pensiero di assicurare la sua
eterna salvezza; tuttavia possiamo essere anche tranquilli che in questa benedetta fortezza Dio
provvederà a quanto è necessario per la vita temporale. Nelle corporazioni religiose ogni
individuo è membro di una gran famiglia, che ha per capo Gesù Cristo, rappresentato nella
persona del superiore. Non datevi pensiero, egli ci dice, di quanto è mestieri per mangiare, per
bere o per vestirvi. Siate soltanto solleciti del regno de' cieli e delle opere che a questo
conducono, e poi lasciate al Padre celeste la cura di tutte le altre cose. Quaerite ergo primum
regnum Lei et iustitiam eius: et haec omnia adiicientur vobis {14 [212]} Di fatto nella stessa
nostra Congregazione, che non ha possedimento alcuno, ci è forse mancato qualche cosa?
Coll’ aiuto di questa amorosa divina Provvidenza abbiamo potuto fondare case, chiese,
fornirle di suppellettili, provvedere agli allievi, che entro vi sono. Parecchi fecero i loro studi,
altri appresero quell’ arte o mestiere, che loro conveniva, senza che sia mai mancata cosa alcuna
per alloggiarci, nutrirci, vestirci sia in tempo di sanità, sia nei casi di malattia, abbiamo già
iniziato le missioni di America, altre ed altre si stanno preparando. Tutti gli Istituti religiosi, le
Congregazioni ecclesiastiche, e segnatamente gli ordini mendicanti ebbero sempre a provare gli
amorosi tratti della divina Provvidenza.
Dice un Santo che dal religioso si abbandona una casa e se ne acquistano cento, si
abbandona un fratello e se ne avranno mille.
Nel caso di malattia si ha un luogo ove cambiar aria e trovare proprio quella che è più
confaciente per noi di pianura, di montagna, o di mare ecc.
Vantaggi spirituali.
Noi però non vogliamo darci al Signore per cose miserabili della terra. Noi andiamo in
cerca di beni spirituali, beni non più soggetti ai furti o alle rapine; vogliamo beni che giovino per
la vita futura, e ci mettano un giorno al possesso dei godimenti del cielo. S. Bernardo (De bono
religionis) ci fa un breve, ma {15 [213]} chiaro concetto dei beni della vita religiosa con queste
parole: Homo vivit purius, cadit rarius, surgit velocius, incedit cautius, irroratur frequentius,
quiescit securius, moritur confidentius, purgatur citius, remuneratur copiosius. Diamone breve
spiegazione.
Vivit purius, vive con maggior purezza. L’ uomo che si consacra a Dio in religione si
scioglie da tutti gli impacci e da tutte le lusinghe del mondo, perciò vive con maggior purezza di
cuore, di volontà e di opere, e per conseguenza ogni sua opera, ogni parola viene
spontaneamente offerta a Dio con purezza di corpo e con mondezza di cuore: casto corpore et
mundo corde. La qual cosa, se non vogliamo dire impossibile, è certamente assai difficile a chi
vive in mezzo al mondo.
Cadit rarius; cade più raramente. La profession religiosa non rende l’ uomo impeccabile,
ma somministra mezzi da praticarsi, i quali impediscono la caduta, o si cadrà più di rado, e per lo
più solamente in cose leggere, difetti o venialità, in cui le stesse anime giuste cadono spesse
volte al giorno. Septies enim cadit iustus.
Surgit velocius. Si rialza più presto. Chi vive nel secolo, se per disgrazia cade in qualche
male, egli è solo, nè ha chi 1’ aiuti; anzi per lo più è burlato e disprezzato se cerca di rialzarsi.
Vae soli! quia cum ceciderit non habet sublevantem se. Ma in religione qualora sgraziatamente
alcuno cadesse, ha subito chi 1’ aiuta. Le regole, le pratiche di pietà, {16 [214]} 1’ esempio dei
confratelli, gli inviti, i consigli dei superiori, tutto contribuisce a farlo rialzare.Si unus ceciderit
ab altero fulcietur. È aiutato dai confratelli a risorgere, dice san Tommaso, iuvatur a sociis ad
resurgendum.
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Incedit cautius. Cammina con maggior cautela. Egli vive in una fortezza, cui fa guardia il
Signore. Mille mezzi gli vengono in aiuto per difenderlo ed assicurarlo della vittoria nelle
tentazioni.
Irroratur frequentius. Sopra di lui cade più spesso la rugiada delle grazie del cielo. Ha
rinunciato al mondo e a tutte le sue vanità. Mediante 1’ osservanza dei voti religiosi, occupato
unicamente in ciò che torna alla maggior gloria di Dio, si merita ad ogni momento divine
benedizioni e grazie speciali.
Quiescit securius: riposa con maggior sicurezza. Chi vive nel secolo, voglia o non voglia,
deve spesso provare le inquietudini e le amarezze, di cui è piena la vita dell’ uomo. Ma se esso si
allontana dalle cure temporali può liberamente occuparsi del servizio del Signore, affidando ogni
pensiero del presente e dell’ avvenire nelle mani di Dio e de' suoi superiori, che ne fanno le veci.
Se egli osserva fedelmente le sue regole può godere il paradiso anticipato.
Moritur confidentius. Muore con maggior confidenza di sua eterna salvezza. I mondani
paventano al punto di morte per quello che hanno goduto, che devono abbandonare, e di cui
devono quanto prima rendere conto al tribunale del Signore. Ma chi tutto abbandonò {17 [215]}
per darsi a Dio, chi rinunciò a tutti i godimenti della terra nella speranza del premio celeste, egli
non è più affezionato ad alcuna cosa terrena, perciò non altro attende che uscire da questa valle
di lacrime per volare in seno al Creatore. Inoltre la coscienza in buono stato, i Sacramenti e gli
altri religiosi conforti che si ricevono; 1’ assistenza, le preghiere dei confratelli, gli faranno
vedere la morte come fine di quelle fatiche, che devono aprirgli le porte del cielo.
Purgatur citius. Sarà per lui più breve il purgatorio. Le indulgenze acquistate, il merito
dei Sacramenti, i suffragi che in morte e dopo morte si faranno per lui in tutta la Congregazione,
lo assicurano che poco o niente dovrà rimanere in purgatorio. Beati quelli che morti al mondo
muoiono nel Signore. Beati mortui qui in Domino moriuntur; perchè, dice s. Bernardo, costoro
con un sol passo dalla cella volano al cielo. Est facilis via de cella in coelum.
Remuneratur copiosius. In cielo avrà più copiosa rimunerazione. Chi dà un bicchiere d’
acqua fresca per amore del Padre celeste, avrà sua mercede. Colui poi che abbandona il mondo,
rinuncia ad ogni soddisfazione terrestre, dà vita e sostanze per seguire il divin Maestro, quale
ricompensa non avrà in cielo? Inoltre le penitenze sostenute, le preghiere, i Sacramenti, le anime
salvate col suo buon esempio e colle sue fatiche, i molti suffragi che continueranno a farsi nella
Congregazione lo collocheranno senza dubbio sopra di un maestoso trono di gloria, dove nel
cospetto di {18 [216]} Dio, qual luminoso sole, risplenderà per tutta l’ eternità. Iusti fulgebunt
sicut sol in regno Patris eorum (Matth. 13, 43).
I voti.
La prima volta che il Sommo Pontefice parlò della Società Salesiana disse queste parole:
In una congregazione o società religiosa sono necessari i voti, affinchè tutti i membri siano da un
vincolo di coscienza legati col superiore, e il superiora tenga se e i suoi legati col Capo della
Chiesa, e per conseguenza con Dio medesimo.
I nostri voti pertanto si possono chiamare altrettante funicelle spirituali, con cui ci
consacriamo al Signore, e mettiamo in potere del superiore la propria volontà, le sostanze, le
nostre forze fisiche e morali, affinchè tra tutti facciamo un cuor solo ed un’ anima sola per
promuovere la maggior gloria di Dio,secondo le nostre costituzioni, come appunto c’ invita la
Chiesa quando dice nelle sue preghiere: ut una sit fides mentium, et pietas actionum. I voti sono
un’ offerta eroica con cui moltissimo si accresce il merito delle opere nostre. S. Anselmo insegna
che un’ opera buona senza voto è come il frutto d’ una pianta. Chi la fa con voto, col frutto offre
a Dio la stessa pianta. S. Bonaventura rassomiglia l’ opera fatta senza voto a chi offre il reddito,
ma non il capitale. Col voto poi si offre a Dio e reddito e capitale intiero. {19 [217]} Di più
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ingegnano unanimemente i santi padri che ogni azione fatta con voto ha doppio merito, uno è il
merito dell’ opera buona, l’ altro è il merito d’ aver eseguito il voto fatto.
L’ atto poi dell’ emission dei voti religiosi, secondo quel che ci insegna s. Tommaso, ci
ridona l’ innocenza battesimale: cioè chi emette i voti perpetui si pone nello stato come se avesse
ricevuto allora il battesimo. Sono anche soliti i Dottori di santa Chiesa a paragonare i voti
religiosi al martirio, dicendo che tanto è il merito di chi emette i voti come di chi riceve il
martirio; perchè, dicono, ciò che nei voti manca d’ intensità è supplito dalla durazione.
Mentre per altro i voti aumentano in cotale guisa il merito delle nostre opere, e le rendono
tanto care a Dio, dobbiamo darci massima sollecitudine per non trascurarli. Chi non sentesi di
osservarli, egli non deve emetterli, o almeno differirne la emissione finchè in cuor suo non
sentasi ferma risoluzione di osservarli. Altrimenti egli fa a Dio una promessa stolta ed infedele,
la quale non può non dispiacergli. Displicet enim Deo infidelis et stulta promissio. Noi pertanto
prepariamoci bene a questa eroica consacrazione, ma quando l’ avremo fatta procuriamo di
mantenerla anche a costo di lungo e grave sacrifizio: redde Altissimo vota tua. {20 [218]}
Ubbidienza.
Nel voto della ubbidienza sta il complesso di tutte le virtù, dice s. Girolamo, in
obedientia summa virtutum clausa est. Tutta la perfezione religiosa consiste nella pratica dell’
ubbidienza; Tota religionis perfectio in voluntatis nostrae subtractione consistit; cosi s.
Bonaventura. L’ uomo ubbidiente, dice lo Spirito Santo, riporta vittoria su tutti i vizi; Vir
obediens loquetur victoriam. S. Gregorio Magno conchiude che l’ ubbidienza conduce al
possesso di tutte le altre virtù, e tutte le conserva. Obedientia caeteras virtutes in mentem ingerit
et custodit. (Moral. I, 35).
Questa ubbidienza però deve essere secondo 1’ esempio del Salvatore che la praticò nelle
cose, anche più difficili, fino alla morte; e qualora tanto volesse la gloria di Dio, dobbiamo noi
pure obbedire fino a dar la vita. Factus est pro nobis obediens usque ad mortem, mortem autem
crucis.
Si eseguiscano bene sia gli ordini espressi dei superiori, sia le regole della Congregazione
ed anche la regole e consuetudini speciali di ciascun collegio. Ed accadendo qualche volta di
cadere in tallo si sappia in bel modo domandarne scusa al superiore cui si è disobbedito. Questo
atto di umiltà giova immensamente ad ottenere il perdono del mancamento fatto, ad ottenerci
grazia dal Signore per l’ avvenire ed a tener noi in guardia perchè non si ripeta più quel tallo. {21
[219]} S. Paolo Apostolo mentre raccomanda caldamente questa virtù, aggiunge: Siate
ubbidienti ai vostri superiori. e state sottomessi ai loro ordini, imperciocchè non gli inferiori, ma
i superiori devono vegliare come se dovessero a Dio rendere conto delle cose, che riguardano al
bene delle anime vostre. Ubbidite volentieri e prontamente, affinchè possano compiere 1’ uffizio
di superiori con gaudio e non fra gemiti e sospiri: Obedite praepositis vestris et subiacete eis;
ipsi enim pervigilant quasi rationem pro animabus vestrix reddituri, ut cum gaudio hoc faciant
et non gementes.
Notate bene che il fare le cose che ci piaciono e tornano di gradimento, non è vera
ubbidienza, ma è secondare la propria volontà. La vera ubbidienza, che ci rende cari a Dio ed
agli uomini, consiste nel far con buon animo qualunque cosa ci sia comandata dalle nostre
costituzioni, o dai nostri superiori, che sono mallevadori delle nostre azioni in faccia a Dio:
hilarem enim datorem diligit Deus; consiste nel mostrarci arrendevoli anche nella cose difficili,
contrarie al nostro amor proprio, e di volerle eziandio compiere con pena e con patimenti. In
questi casi l’ ubbidienza è più difficile, ma assai più meritoria, e, come ci assicura G. C, ci
conduce al possesso del regno dei cieli: Regnum coelorum vim patitur et violenti rapiunt illud.
Se voi eseguirete l’ obbedienza nel modo su indicato io vi. posso accertare in nome del
Signore che vivrete in Congregazione una vita {22 [220]} veramente tranquilla e felice. Ma nello
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stesso tempo vi devo notare che dal giorno in cui vorrete fare non secondo l’ obbedienza ma
secondo la volontà vostra, da quel giorno voi cominciereste a non trovarvi più contenti del vostro
stato. E se nelle varie Religioni si trovano anche dei malcontenti e di coloro cui la vita della
comunità riesce di peso, si osservi bene e si vedrà che ciò proviene dalla mancanza d’
obbedienza e soggezione della propria volontà. Nel giorno del vostro malcontento riflettete a
questo punto e sappiate rimediarvi.
Dei rendiconti e loro importanza.
La confidenza verso i propri superiori è una delle cose che maggiormente giovano al
buon andamento d’ una congregazione religiosa ed alla pace e felicità dei singoli soci.
Per essa il suddito apre il suo cuore al superiore,e quindi si trova alleggerite le pene
interne; cessano le ansietà che si avrebbero nel compiere i proprii doveri, i superiori possono
prendere i provvedimenti necessari affinchè si eviti ogni disgusto, ogni malcontento; possono
conoscere fino a che punto giungano le loro forze e in conseguenza dar loro gli incarichi più
adatti, e se vi è qualche disordine,che si vada introducendo,subito pub essere rimediato. Si è
perciò stabilito che almeno una volta al mese ognuno conferisca col suo superiore. A questo
proposito dicono le nostre regole, che ciascuno deve manifestare {23 [221]} con semplicità e con
prontezza le mancanze esteriori commesse contro le regole, il profitto nelle virtù affinchè possa
riceverne consigli e conforto.
I punti principali su cui devono versare i rendiconti sono questi:
1°. Sanità.
2°. Studii.
3°. Se si possono disimpegnar bene le proprie occupazioni e qual diligenza si mette in
esse.
4°. Se s’ abbia comodità d’ adempiere le pratiche religiose e qual diligenza si pone in
eseguirle.
5°. Come si diporti nelle orazioni e nelle Meditazioni.
6°. Con quale frequenza e divozione si vada ai Sacramenti.
7°. Come si osservano i voti, e se non vi siano dubbi in fatto di vocazione. Ma si noti
bene che il rendiconto si raggira solamente in cose esterne e non di confessione, a meno che il
socio ne facesse egli stesso argomento per suo spirituale vantaggio.
8°. Se abbia dei dispiaceri o perturbazioni interne, od astio verso qualcuno.
9°. Se conosce qualche disordine cui porre rimedio specialmente quando si tratta d’
impedire l’ offesa di Dio.
Ora ecco come il nostro s. Francesco di Sales parla dei rendiconti:
“Ogni mese ognuno scoprirà il suo cuore sommariamente e brevemente al superiore, e
con ogni semplicità e fedele confidenza gli aprirà tutti i secreti con la medesima sincerità e
candore che un figliuolo mostrerebbe a sua madre le sue graffiature, livori e punture, che le {24
[222]} vespe gli avessero fatto; ed in questo modo ciascuno darà conto non tanto dell’ acquisto e
progresso loro, quanto delle perdite e mancamenti negli esercizi dell’ orazione, delle virtù e della
vita spirituale; manifestando parimenti le tentazioni e pene interiori, non solo per consolarsi, ma
anche per umiliarsi. Felici saranno quelli che praticheranno ingenuamente e divotamente questo
articolo, il quale in se ha una parte della sacra infanzia spirituale tanto raccomandata da Nostro
Signore, dalla quale proviene ed è conservata la vera tranquillità dello spirito.”
Si raccomanda grandemente ai direttori che non trascurino mai simili rendiconti; ogni
confratello poi sappia che se li faranno bene, con tutta schiettezza ed umiltà, ne troveranno un
sollievo grande pel loro cuore,un aiuto potente per progredire nella virtù e la Congregazione
intera avvantaggerà grandemente per questa pratica.
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La cosa poi in cui raccomando maggior schiettezza si è per ciò che riguarda la vocazione:
non si facciano misteri al superiore. Di tutti questo è il punto.più importante; perchè da esso
dipende il filo della vita che si ha da tenere. Disgraziato colui che nasconde i dubbi di sua
vocazione o prende risoluzioni di uscire dalla Congregazione senza essersi ben bene prima
consigliato e senza il parere di chi dirige l’ anima sua. Costui potrebbe mettere in pericolo l’
eterna sua salute.
La prima ragione dell’ importanza e necessità di procedere con questa schiettezza coi
superiori è acciocchè essi possano meglio governare {25 [223]} e indirizzare i sudditi. Il
superiore è obbligato a reggerti e ad indirizzarti, perchè questo è il suo ufficio, questo è esser
rettore e superiore. Or s’ egli non ti conosce nè a lui tu ti scopri, chiara cosa è che non può far
questo. Qui abscondit scelera sua non dirigetur, dice il Savio. Colui che nasconde e cela le sue
colpe non può essere indirizzato. Se l’ infermo non manifesta al medico la sua infermità non
potrà essere da lui curato. Bisogna che tu dichiari al medico la tua infermità, se vuoi ch’ egli ti
medichi; e se hai molte infermità e indisposizioni, bisogna che glie le manifesti tutte; perchè se
glie ne tieni celata una sola, potrà essere ch’ egli ti dia tal medicina,che sia più nociva a quel che
non gli manifestasti, che giovevole a quel che gli hai fatto conoscere.
La seconda ragione, la quale dichiara meglio la precedente, è perchè quanto maggior
notizia avranno i superiori di tutte le cose insieme dei sudditi, con tanto maggior accuratezza ed
amore li potranno aiutare,e custodire l’ anime loro da diversi inconvenienti e pericoli, nei quali
potrebbero incorrere mettendoli in questo o in quell’ altro luogo; in questa o in quell’ altra
occasione.
La terza ragione si è,che questo importa grandemente, affinchè così il superiore possa
meglio ordinare e provvedere quel che conviene al corpo universale della Congregazione, del cui
bene ed onore, insieme col tuo, egli è obbligato ad aver cura. E quando tu ti appalesi con esso, e
gli dai interamente conto del tuo stato allora il superiore, avendo in ogni {26 [224]} cosa
riguardo al tuo onore, e senza alcuna tua taccia, può aver riguardo al bene universale di tutto il
corpo della Congregazione; e se non ti appalesi bene con lui, esporrà forse a qualche pericolo l’
onor tuo e la tua anima, ed anche l’ onore della religione, che dipende dal tuo. O quanta
contentezza e soddisfazione ha un religioso, il quale totalmente si è confidato col suo superiore,e
gli ha manifestate tutte le cose che turbano l’ animo suo! Così quando poi lo mettono in qualche
uffizio,può porre tutta la sua fiducia in Dio che lo aiuterà e libererà da qualunque inconveniente.
Signore, io non mi son posto da me in quest’ uffizio,nè in questo luogo; anzi proposi la mia
insufficienza e le mie poche forze spirituali per questo peso: Tu, Signore, mi ci hai posto, e me 1’
hai comandato: tu supplirai quel che manca in me. Con quanta fiducia dirà con s. Agostino:
Domine, da quod iubes: et tube quod vis: Signore, dammi quel che comandi; e comandami quel
che vuoi. Gli pare così di aver posto Dio in obbligo di concedergli quel che gli comanda. Ma
quell’ altro, il quale non si appalesò,anzi forse lasciò di manifestare le sue debolezze, che
consolazione può avere? Perciocchè questo tale, non lo manda Dio a far quella cosa, nè ve lo
mette 1’ ubbidienza, ma egli di sua propria volontà vi s’ ingerisce e intromette, è intruso, non
chiamato, nè mandato, e le cose gli riusciranno bene? {27 [225]}
Povertà.
Se non lasciamo il mondo per amore, dovremo lasciarlo per forza. Coloro per altro che
nel corso del vivere mortale Io abbandonano con atto spontaneo avranno il centuplo nella vita
presente, e il premio eterno in futuro. Chi al contrario non sa risolversi a fare questo sacrifizio
volontariamente, dovrà farlo per forza in punto di morte, ma senza ricompensa, anzi coll’
obblìgo di rendere stretto conto delle sostanze che per avventura taluno avesse posseduto.
E vero che le nostre costituzioni permettono il possesso e l’ uso di tutti i diritti civili; ma
entrando in congregazione non si può più nè amministrare, nè disporre delle cose proprie se non
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col consenso del superiore, e nei limiti da questo stabiliti, a segno che in congregazione egli è
considerato letteralmente come chi nulla più possiede essendosi tatto povero per divenire ricco
con Gesù Cristo. Egli seguita 1’ esempio del Salvatore, che nacque nella povertà, visse nella
privazione di tutte le cose, e morì nudo in croce.
Ascoltiamo di fatto cib che egli dice: chi non rinuncia a tutto quello possiede, non è
degno di me, non può essere mio discepolo. Ad un cotale che voleva porsi alla sua sequela, va.
gli disse, vendi prima quanto hai nel secolo, donalo ai poveri, di poi vieni, seguimi ed avrai
assicurato un tesoro in cielo.
Diceva a' suoi apostoli che non possedessero più di una veste, nè si dessero pensiero {28
[226]} di ciò che avrebbero potuto mangiare nel ministero della loro predicazione. Di fatto non
leggiamo che egli, i suoi apostoli, o alcuno de' suoi discepoli abbiano in particolare posseduto
campagne, case, suppellettili, abiti, vettovaglie o simili. E san Paolo dice chiaramente che i
seguaci di Cristo dovunque vadano, qualunque cosa facciano, devono essere contenti degli
alimenti strettamente necessari per la vita, e degli abiti con cui coprirsi. Habentes autem
alimenta, et quibus tegamur, his contenti simus.
Tutto quello che eccede alimenti e indumenti per noi è superfluo, è contrario alla
vocazione religiosa. È vero che talvolta dovremo tollerare qualche disagio nei viaggi, nei lavori,
in tempo di sanità o di malattia. Talora avremo vitto, vestito od altro che non saranno di nostro
gusto; ma appunto in questi casi dobbiamo ricordarci, che siamo poveri, e che se vogliamo
averne merito dobbiamo sopportarne le conseguenze. Guardiamoci bene da un genere di povertà
altamente biasimato da s. Bernardo. Vi sono di quelli, egli dice, che si gloriano di esser chiamati
poveri, ma non vogliono i compagni della povertà. Gloriantur de nomine paupertatis, et socios
paupertatis fugiunt. Altri poi sono contenti di essere poveri, purchè loro niente manchi.
Pauperes esse volunt, eo tamen pacto ut nihil eis desit (De Adv. Dom.).
Se pertanto il nostro stato di povertà è cagione di qualche incomodo o sofferenza,
rallegriamoci con s. Paolo, che si dichiarava nel {29 [227]} colmo di allegrezza in ogni sua
tribulazione: superabundo gaudio in omni tribulatione mea. Oppure come facevano gli apostoli
che erano pieni di contentezza, quando ritornavano dal Sinedrio, perchè colà erano stati fatti
degni di patire disprezzi pel nome di Gesù. Ibant apostoli gaudentes a conspectu concilii,
quoniam digni habiti sunt pro nomine Iesu contumeliam pati. Egli è appunto a questo genere di
povertà cui non solo è promesso, ma è assicurato il regno de' cieli. Beati pauperes spiritu,
quoniam ipsorum est regnum coelorum. Anzi il vivere in tale stato, 1’ abitar volentieri una
camera fornita di suppellettili di poco rilievo onora grandemente chi ha fatto voto di povertà. E
anche parte della povertà il non far guasti, aver cura dei libri, delle vestimenta, delle calzature;
perciò non si abbia vergogna a portare cose rattoppate o già un po' legere.
Castità.
La virtù sommamente necessaria, virtù grande, virtù angelica, cui fanno corona tutte le
altre virtù, è la castità. Ad essa possono applicarsi le parole dello Spirito Santo, che dice: Tutti i
beni si raccolgono intorno a questa. Venerunt autem mihi omnia bona pariter cum illa. Il
Salvatore ci assicura che coloro, i quali posseggono questo inestimabile tesoro, anche nella vita
mortale, diventano simili agli angeli di Dio. Erunt sicut angeli Dei. {30 [228]} Ma questo
candido giglio, questa rosa preziosa, questa perla inestimabile è assai invidiata dal nemico delle
nostre anime, perchè egli sa che se riesce a rapircela, possiamo dire che 1’ affare della nostra
santificazione è rovinato. La luce si cambia in caligine, la fiamma in nero carbone, l’ angelo del
cielo è mutato in Satanasso, quindi perduta ogni virtù. Qui, o miei cari, io credo faro cosa
vantaggiosa allo anime vostre, notandovi alcune cose che voi mettendo in pratica vi
apporteranno grande vantaggio, anzi parmi potervi assicurare la conservazione di quella e delle
altro virtù. Ritenete adunque:
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1°. Non aggregatevi alla Società Salesiana so non dopo esservi consigliato con persona
prudente, che vi giudichi tali da poter conservare questa virtù.
2º. Evitate la famigliarità colle persone di altro sesso, nè mai contraete amicizie
particolari coi giovanetti dalla Divina Provvidenza allo nostre cure affidati. Carità e buone
maniere con tutti, ma non mai e non mai famigliarità particolare con alcuno. O amar nessuno o
amar tutti egualmente, dice s. Girolamo.
3º. Dopo le orazioni della sera si vada subito a riposo e non vi siano più rumori fino al
mattino dopo la santa Messa.
4°. Tenete a freno i sensi del corpo. Lo Spirito Santo dice chiaro che il corpo è l’
oppressor dell’ anima: corpus enim quod corrumpitur, aggravai animam. Perciò s. Paolo si
sforzava di domarlo con severi castighi, sebbene {31 [229]} fosse affranto dalle fatiche. Castigo
corpus meum et in servitutem redigo.
Una speciale temperanza poi è raccomandata nel mangiare e nel bere: vino e castità non
possono star insieme.
5°. Scogli terribili della castità sono i luoghi, le persone e le cose del secolo. Io non mi
ricordo d’ aver letto, o di aver udito a raccontare, che un religioso siasi recato in patria sua ed
abbia riportato qualche vantaggio spirituale. Al contrario se ne annoverano migliaia e migliaia,
che non mostrandosene persuasi vollero farne esperimento,ma ne provarono amaro disinganno,
anzi non pochi rimasero vittima infelice della sognata domestica libertà.
6°. Trionfante d’ ogni vizio, e fedele custode della castità è l’ osservanza esatta delle
nostre regole, specialmente delle pratiche di pietà. Le Congregazioni ecclesiastiche sono come
altrettanti piccoli forti avanzati. Urbs fortitudinis Sion, ponetur in ea murus et antemurale. Il
gran muro, ossia i bastioni della religione, sono i precetti di Dio e della sua Chiesa.
Il demonio per farli violare mette in opera ogni arte ed inganno. Ma per indurre i religiosi
a trasgredirli, procura prima di abbattere l’ antemurale, o forte avanzato, vale a dire le regole e le
costituzioni del proprio istituto. Quando il nemico dell’ anima vuole sedurre un religioso e
spingerlo a violare i divini precetti, comincia per fargli trascurare le cose più piccole, poi quelle
di maggior importanza, dopo di che assai facilmente lo conduce alla violazone {32 [230]} della
legge del Signore; avverandosi quanto dice lo Spirito Santo: Qui spernit modica, paullatim
decidet.
Dunque, o cari figliuoli, siamo fedeli nell’ osservanza esatta delle nostre regole, se
vogliamo essere fedeli ai divini precetti. Le nostre sollecitudini siano poi costantemente e con
diligenza speciale dirette all’ osservanza esatta delle pratiche di pietà, che sono il fondamento e il
sostegno di tutti gli istituti religiosi.
Carità fraterna.
Non si può amare Dio senza amare il prossimo. Lo stesso precetto che c’ impone l’ amore
verso Dio c’ impone ancora l’ amore verso i nostri fratelli. Et hoc mandatum habemus a Deo, ut
qui diligit Deum, diligit et fratrem suum. E altrove ci avverte esser bugiardo chi dice d’ amar Dio
e poi odia il suo fratello: si quis dixerit quoniam diligo Deum et fratrem suum oderit, mendax est
(I. 30, 4, 20).
Quando nelle comunità regna questo amor fraterno, tutti i soci si amano vicendevolmente
ed ognuno gode del bene dell’ altro come se fosse bene proprio, quella casa diventa un paradiso
e si prova la giustezza di quelle parole del Salmista: Ecce quam bonum et quam iucundum
habitare fratres in unum (ps. 132 I). Ma appena vi domini l’ amor proprio e vi siano rotture o
dissapori tra' soci, quella casa diventa l’ inferno. Troppo si compiace il Signore di veder abitare
nella sua casa i fratelli in unum,cioè uniti in una sola volontà di servire {33 [231]} a Dio e di
aiutarsi con carità gli uni gli altri. Questa è la lode che dà s. Luca agli antichi cristiani, cioè che
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tutti avevano un sol cuore ed una sola anima: Multitudinis autem credentium erat cor unum et
anima una.
La cosa che più nuoce nelle comunità religiose è la mormorazione direttamente contraria
alla carità: Susurro coinquinabit animam suam et in omnibus odietur. Il sussurrone imbratterà l’
anima e sarà odiato da Dio e dagli uomini. Al contrario come è amato un religioso, che dice bene
del suo prossimo e a suo tempo sa scusarne i difetti! Procurate pertanto voi di astenervi da ogni
parola, che sa di mormorazione specialmente verso i vostri compagni e più specialmente verso i
vostri superiori. È anche mormorazione l’ interpretar male le azioni virtuoso, oppure dirlo fatte
con mala intenzione.
Guardatevi ancora dal riferire ai compagni quel che altri di male ha detto di lui, poichè
con questo alle volte ne nascono disturbi e rancori tali che durano per mesi ed anni. Oh che conto
han da rendere a Dio i mormoratori nelle comunità! Chi semina discordie diventa l’ odio di Dio.
Odit Dominus... eum qui seminat inter fratres discondias (Prov. 6. 16 e 19). Se voi udite cosa
contro ad alcun fratello, fate ciò che dice lo Spirito Santo: Audisti verbum adversum proximum
tuum? Commoriatur in te. (Eccl. 19, 10). Quella parola che avete inteso del vostro prossimo non
solo stia chiusa in voi, ma fatela morire.
Guardatovi dal pungere qualche fratello ancorchè lo facciate per burla. Burle che
dispiacciono {34 [232]} al prossimo o l’ offendono sono contrarie alla carità. Piacerebbe a voi l’
essere deriso e posto in canzone avanti agli altri, come voi ponete quel vostro fratello?
Procurate anche di fuggire le contese. Alle volte per bagatelle da niente sorgono certi
contrasti, dai quali poi si passa a diverbi e ad ingiurie.
Di più se amate la carità, procurate di essere affabili e mansueti con ogni genere di
persone. La mansuetudine è la virtù diletta da Gesù Cristo: discite a me quia mitis sum. Nel
parlare e nel trattare usate dolcezza non solo coi superiori, ma con tutti, e massimamente con
coloro, che per lo passato vi hanno offeso, o che al presente vi mirano di mal occhio. Charitas
omnia sustinet, la carità sopporta tutto; ond’ è che non avrà mai vera carità, chi non vuol
sopportar i difetti altrui. Su questa terra non v’ è persona per virtuosa che sia, la quale non abbia i
suoi difetti. Se egli adunque vuole che gli altri sopportino i suoi, cominci a sopportare quelli
degli altri, e così adempia la legge di Gesù Cristo: Alter alterius onera portate.
Veniamo alla pratica. Procurate per primo nelle occasioni di raffrenare l’ ira. Guardatevi
dal dir parole spiacenti, e più dall’ usare modi alteri ed aspri, mentre alle volte più dispiacciono i
modi rozzi che le stesse parole ingiuriose.
Quando poi accadesse che il fratello che vi ha offeso venisse a cercarvi perdono,
guardatevi dal riceverlo con cera brusca o di rispondere con parole mozze. No: allora
dimostrategli {35 [233]} un affetto di cuore. Se avvenisse all’ incontro che voi aveste offeso
altri, subito cercate placarlo e di togliere dal suo cuore ogni rancore verso di voi. Nè mai
tramonti il sole senza che di buon cuore voi abbiate perdonato qualunque risentimento, e vi siate
riconciliato col fratello. E ciò fatelo subito che potete, tacendovi forza a vincere la ripugnanza,
che sentite nell’ anima vostra.
Non contentatevi di amare i vostri compagni colle sole parole; aiutateli con ogni sorta di
servizi quanto potete. E carità ancora il condiscendere alle oneste domande dei fratelli; ma il
miglior atto di carità è l’ aver zelo del bene spirituale del prossimo.
Non dite mai, questo non è uffizio mio, non me ne voglio impacciare; questa è la risposta
di Caino; il quale disse: Num custos fratris mei sum ego? Ciascuno è obbligato, potendo, a
salvare il prossimo dalla rovina. Dio comandò che ciascuno debba aver cura del suo simile.
Commendavit unicuique Deus de proximo suo.
Cercate pertanto di aiutar tutti quanto potete colle parole e colle opere e specialmente
ancora colle orazioni.
Da tutto ciò che si è detto ben vedete quanto è necessaria la virtù della carità! Praticatela
adunque e ne avrete copiose benedizioni dal cielo.
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Pratiche di pietà.
Siccome il cibo alimenta il corpo o lo conserva, così le pratiche di pietà nutriscono l’
anima e la rendono forte contro alle tentazioni. {36 [234]} Pino a tanto che noi saremo zelanti
nell’ osservanza delle pratiche di pietà, il nostro cuore sarà in buon’ armonia con tutti, e vedremo
il salesiano allegro, contento della sua vocazione. Al contrario comincierà a dubitar di sua
vocazione, anzi provare forti tentazioni quando nel suo cuore comincia a farsi strada la
negligenza delle pratiche di pietà. La storia ecclesiastica ci fa toccare con mano, che tutti gli
ordini religiosi e tutte le congregazioni ecclesiastiche fiorirono e promossero il bene della
religione fino a tanto che la pietà tenne il suo posto; e al contrario ne abbiamo veduti non pochi a
decadere, altri a cessare di esistere, ma quando? Quando si rallentò lo spirito di pietà e ciascuno
si diede a cercare quae sua sunt, non quae sunt Iesu Christi.
Se noi pertanto, o figliuoli, amiamo la gloria della nostra Congregazione, se desideriamo
che si propaghi, e si conservi fiorente a vantaggio delle anime nostre e dei nostri fratelli, diamoci
la massima sollecitudine di non mai trascurare la meditazione, la lettura spirituale, la visita
quotidiana al SS. Sacramento, la confessione ebdomadaria, il rosario della s. Vergine, la piccola
astinenza del Venerdì. Sebbene ciascuna di queste pratiche separatamente non sembri gran cosa,
tuttavia contribuisce efficacemente al grande edifizio della nostra perfezione e della nostra
salvezza. Vuoi crescere e diventare grande agli occhi di Dio? dice s. Agostino, comincia dalle
cose più piccole. Si vis magnus esse a minimo incipe. {37 [235]} La parte poi fondamentale delle
pratiche di pietà, quella che in certo modo tutte le abbraccia, consiste in fare ogni anno gli
esercizi spirituali, ogni mese l’ esercizio della buona morte.
Chi non può fare questo esercizio in comune lo faccia separatamente, e chi per
occupazioni non può impiegare l’ intera giornata faccia quanto può e rimandi ad altro giorno ciò
che non è strettamente necessario, ma tutti da più a meno seguano questa regola:
1°. Oltre la meditazione solita del mattino si faccia anche mezz’ ora di meditazione alla
sera, e questa versi su qualcuno dei novissimi.
2°. La confessione che da tutti si farà in detto giorno, se è possibile, sia più accurata del
solito, pensando proprio che quella sia l’ ultima della vita, e si riceva la s. comunione come se
fosse per viatico.
3°. Si pensi almeno per una mezz’ ora al progresso od al regresso nella virtù che si è fatto
nel mese decorso e specialmente per ciò che riguarda 1’ osservanza delle regole, e e si prendano
risoluzioni a questo riguardo.
4°. Si rileggano in quel giorno tutte o almeno in parte le regole della Congregazione.
5°. Sarà anche bene in tal giorno scegliere un Santo per protettore del mese che si
incomincia.
Credo che si possa dire assicurata la salvezza di un religioso, se ogni mese si accosta ai
SS. Sacramenti, e aggiusta le partite di sua coscienza, come dovesse di fatto da questa vita partire
per l’ eternità. Se adunque amiam l’ onore della nostra Congregazione, se desideriamo {38
[236]} la salvezza dell’ anima, siamo osservanti delle nostre regole, siamo puntuali anche nelle
più ordinarie, perchè colui che teme Dio non deve trascurar niente di quanto può contribuire a
sua maggior gloria. Qui timet Deum nihil negligit.
Cinque importanti ricordi.
L’ esperienza ha fatto conoscere cinque cose, che si possono chiamare i cinque tarli dell’
osservanza religiosa, e la rovina delle congregazioni. Io ve li noterò brevemente.
1°. Fuggire il prurito di riforma. Adopriamoci di osservare le nostre regole senza darci
pensiero di migliorarle o di riformarle. Se i Salesiani, disse il nostro grande benefattore Pio IX,
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senza pretendere di migliorare le loro costituzioni, studieranno di osservarle puntualmente, la
loro Congregazione sarà ognor più fiorente.
2°. Rinunziare all’ egoismo individuale; quindi non mai cercare il vantaggio privato di se
stesso, ma adoperarci con grande zelo pel bene comune della Congregazione. Amarci, aiutarci
col consiglio, colla preghiera, promuovere l’ onore dei nostri confratelli, non come cosa di un
solo, ma come nobile ed essenziale retaggio di tutti.
3°. Non mormorare dei superiori, non disapprovare le loro disposizioni. Qualora vengaci
{39 [237]} a notizia cosa che a noi sembri materialmente o moralmente cattiva, si esponga
umilmente ai superiori. Essi sono da Dio incaricati a vegliare sopra le cose e sopra le persone;
perciò essi e non altri dovranno rendere conto della loro amministrazione.
4°. Niuno trascuri la parte sua. I Salesiani considerati insieme formano un solo corpo
ossia la Congregazione. Se tutti i membri di questo corpo compiono il loro uffizio, tutto
procederà con ordine e con soddisfazione; altrimenti succederanno disordini, slogature, rotture,
sfasciamento ed infine la rovina del corpo medesimo. Ciascuno pertanto compia l’ uffizio che gli
è affidato, ma lo compia con zelo, con umiltà, e non si sgomenti se dovrà fare qualche sacrifizio
a lui gravoso. Si consoli che la sua fatica torna utile a quella Congregazione al cui vantaggio ci
siam tutti consacrati.
5°. In ogni nostro uffizio, in ogni nostro lavoro, pena o dispiacere, non dimentichiamo
mai che essendoci consacrati a Dio, per lui solo dobbiamo faticare, e da lui soltanto attendere la
nostra mercede. Egli tiene minutissimo conto di ogni più piccola cosa fatta pel suo santo nome,
ed è di fede, che a suo tempo ci compenserà con abbondante misura. In fin di vita, quando ci
presenteremo al suo divin tribunale, mirandoci con volto amorevole ci dirà: Tu sei stato fedele in
poco ed io ti farò padrone di molto; entra nel gaudio del tuo Signore: Quia in pauca fuisti fidelis,
supra multa te constituam, intra in gaudium Domini tui. {40 [238]}
Dubbio della vocazione.
Chi si consacra al Signore coi santi voti, egli fa un’ offerta delle più preziose e delle più
gradite alla divina Maestà.
Ma il nemico dell’ anima accorgendosi che con questo mezzo uno si emancipa dal suo
servizio, suole turbare la mente con mille inganni per farci ritornare indietro e indurci a battere la
pericolosa via del secolo. Il principale di questi inganni è farci dubitare della vocazione, cui tiene
dietro lo scoraggiamento, la tiepidezza, e spesso il ritorno a quel secolo, che abbiamo tante volte
conosciuto traditore, e che per amore del Signore erasi abbandonato.
Se mai, figliuoli amatissimi, voi foste assaliti da questa pericolosa tentazione, dovete
tosto rispondere in cuor vostro, che quando entraste in Congregazione, Dio vi aveva concesso il
prezioso dono della vocazione, e se adesso è divenuta dubbiosa è una tentazione, cui forse date
occasione, e che dovete spregiare o combattere come una vera insinuazione diabolica. Spesso la
mente agitata dice al dubbioso: Tu puoi fare meglio altrove. Voi rispondete subito colle parole di
s. Paolo che dico: Ciascuno sia perseverante nella vocazione in cui si trova. Unusquisque in qua
vocatione vocatus est in ea permaneat. Anzi lo stesso s. Paolo supplica a camminare fermi nella
vocazione in cui ciascuno è chiamato. Obsecro ut ambuletis in vocatione qua vocati estis. {41
[239]} Se noi osserviamo esattamente le nostre regole, siamo sicuri di giungere a salvamento. Al
contrario l’ esperienza ha fatto tristamente conoscere che coloro, i quali sono usciti dall’ istituto
già professato, per abbracciarne un altro, per lo più restarono ingannati. Alcuni si pentirono e
non trovarono più pace; altri vennero esposti a gravi pericoli, non pochi perdettero la vocazione,
e taluni divennero perfino ad altri pietra di scandalo con grande rischio della propria e dell’ altrui
perdizione. Mentre poi la vostra mente e il vostro cuore sono agitati dai dubbi, io vi raccomando
caldamente a non prendere deliberazione di sorta, perchè tali deliberazioni non possono essere
secondo la volontà del Signore. Non in commotione Dominus. In questi casi io vi consiglio di
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presentarvi ai vostri Superiori, aprire loro sinceramente il vostro cuore, e seguirne fedelmente i
consigli. Qualunque cosa siano essi per suggerirvi, fatela e non la sbaglerete certamente;
perciocchè nei consigli dei Superiori è impegnata la parola del Salvatore, che ci assicura le loro
risposte essere come date da Lui medesimo. Qui vos audit me audit.
Cari salesiani,
Quanto con brevità qui accennasi vi sarà fra non molto più diffusamente esposto in
apposito manuale. Intanto ricevete queste regole come testamento fatto per tutta la
Congregazione. Ricevete poi i pensieri che le precedono come ricordi, che io vi lascio prima
della partenza {42 [240]} per la mia eternità, cui mi accorgo avvicinarmi a gran passi.
Raccomandate al Signore la salvezza dell’ anima mia, ed io pregherò costantemente anche per
voi, affinchè colla osservanza esatta delle nostre costituzioni possiamo vivere felici nel tempo, e
per tratto della sua infinita misericordia ci sia dato di raccoglierci tutti un giorno a goderlo e
lodarlo nella beata eternità. Così sia.
Giorno di Maria Assunta in cielo,
15 agosto 1875.
Affez.mo in G. Cristo
Sac. Gio. Bosco.
Lettera di s. Vincenzo de' Paoli indirizzata a' suoi religiosi sul levarsi
tutti all’ ora medesima.
15 Gennaio 1650.
Voi sapete che tutte le cose di questo mondo sono soggette a qualche alterazione; che l’
uomo stesso non è mai nel medesimo stato; che Iddio permette sovente decadimenti nelle
Compagnie le più sante. Così avvenne in alcune delle nostre case, di che ci siamo accorti, da
qualche tempo nelle visite fatte senza che da principio ne conoscessimo la sorgente. Per
iscoprirla è stata necessaria un po' di pazienza e di attenzione dalla parte nostra; in fine Iddio {43
[241]} ci ha fatto vedere che la libertà d’ alcuni a riposare più che la regola non accordi, ha
prodotto questo cattivo effetto; col di più che non trovandosi all’ orazione cogli altri, essi erano
privati de' vantaggi che si hanno dal farla in comune, e spesso poco o nulla ne facevano in
privato. Di qui nasceva che tali persone, essendo meno attente sopra se stesse, il loro operare era
più languido, e la comunità ineguale nelle sue pratiche.
Per rimediare a questo disordine, bisogna levare la causa, ed a tal effetto raccomandar l’
esattezza nell’ alzarsi, e farla osservare; per cui un po' alla volta ogni cosa cangi faccia,
affezionandosi di più al regolamento, e ciascuno in particolare sia più sollecito del suo bene
spirituale. Il che ci ha dato argomento di fare la nostra prima conferenza, in questo nuovo anno,
sopra questa prima azione della giornata, per confermarci sempre più nella risoluzione di alzarci
tutti indispensabilmente alle quattro ore. I felici risultati di questa fedeltà, e gl’ inconvenienti che
vengono dal contrario, avendoci servito di argomento alla conferenza,ho pensato di aver a
farvene parte. Vi ho aggiunto le obbiezioni e le risposte che si possono fare, e i mezzi di cui uno
può servirsi, perchè ne diate cognizione alla vostra comunità, a fine di mantenerla nella stessa
pratica, od introdurvela se non l’ ha, e così renderla partecipe al bene medesimo.
Il primo vantaggio, che viene dal levarsi al punto che si ode la sveglia, è che si compie la
regola, e quindi la volontà di Dio. 2°. L’ obbedienza resa a quell’ ora essendo tanto più {44
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[242]} gradita al Signore, quanto è più pronta, essa attira ancora le sue benedizioni sopra le altre
azioni dei giorno, come videsi nella prontezza di Samuele, il quale essendosi levato tre volto in
una notte, è stato lodato dal Cielo e dalla terra e grandemente favorito da Dio. 3°. La prima delle
buone opere è la più onorevole. Ora essendo dovuto ogni onore a Dio,è ragionevole di dargli
questa: se noi gliela ricusiamo, diamo la prima parte al demonio, e lo preferiamo a Dio. Donde
viene che quel leone rugge al mattino intorno al letto, per carpirvi quest’ azione, affinchè se non
può avere da noi altra cosa nella giornata, possa almeno vantarsi d’ aver avuto la prima azione.
4° Si contrae 1’ abitudine quando s’ accostuma all’ ora. Ella fa che poco dopo siasi pronto alla
sveglia, e serve ancora d’ orologio dove non ve no ha, e non si ha più pena a balzare dal letto. Al
contrario la natura si prevale delle concessioni che le si accordano riposando un giorno, essa
domanda al domani la stessa concessione, e la domanderà finche non le sarà tolta del tutto la
speranza. 5°. Se nostro Signore dal Paradiso si è ridotto in questa vita a tale stato di povertà, da
non aver dove posar il capo, quanto più dobbiamo noi abbandonare il letto per andare a Lui? 6°.
Un sonno regolato serve al ben essere del corpo e dello spirito, e chi dorme lungamente si rende
effeminato. Le tentazioni pure soppraggiungono in quel tempo. 7º. Se la vita dell’ uomo è troppo
breve per servire degnamente Iddio, e per riparare al cattivo uso fatto della notte, è cosa
deplorabile il voler ancora accorciare il poco tempo che {45 [243]} abbiamo a tal uopo. Un
mercatante si leva di buon mattino per diventar ricco, tutti i momenti gli sono preziosi; i ladri
fanno altrettanto e passano le notti per sorprendere i passeggieri: abbiamo ad aver noi meno
diligenza pel bene, che essi non abbiano pel male? I mondani fanno le lor visite fin dal mattino,e
si trovano con gran premura al levarsi di un grande personaggio. O mio Dio, qual vergogna se la
pigrizia ci fa perdere l’ ora assegnata per conversare col Signore dei signori, nostro appòggio e
nostro tutto! 8°. Quando si assiste all’ orazione, ed alle ripetizioni della meditazione, si partecipa
alle benedizioni di nostro Signore, il quale vi si comunica copiosamente, trovandosi, come egli
dice, in mezzo a coloro che sono radunati in suo nome. Il mattino è il tempo più proprio per
quest’ azione, è il più tranquillo della giornata. Anche gli antichi eremiti ed i santi, ad esempio di
Davide, lo impiegavano a pregare ed a meditare. Gli Israeliti dovevano levarsi il mattino per
raccogliere la manna; e noi che siamo senza grazio e senza virtù,perchè non faremo lo stesso
onde averne? Iddio non comparte in ogni tempo i suoi favori?
Certamente, dopochè egli ci ha fatta la grazia di levarci tutti insieme, noi vediamo qui
dentro più puntualità, più raccoglimento e più modestia; il che ci fa sperare, che fintantochè
durerà questo bell’ ordine, la virtù andrà ognora crescendo, ed ognuno si assoderà viepiù nella
propria vocazione. La trascuranza ne ha fatto uscire molti, i quali non potendo dormire a lor
piacimento, non potevano pure {46 [244]} affezionarsi al loro stato. Quale aiuto ad andar
volentieri all’ orazione, se non si leva che a malincuore? Come meditar volentieri quando non si
è in chiesa che a metà ed unicamente per convenienza? Al contrario coloro che amano levarsi al
mattino, d’ ordinario perseverano, non si rilassano, e fanno rapidi progressi. La grazia della
vocazione è legata alla orazione, e la grazia dell’ orazione a quella di levarsi. Se noi siamo fedeli
a questa prima azione, se ci troviamo insieme ed avanti al nostro Signore, ed insiememente ci
presentiamo a lui, come facevano i primi cristiani, egli si darà reciprocamente a noi, ci rischiarirà
co' suoi lumi e farà egli stesso in noi e per noi il bene che abbiamo obbligo di fare nella sua
chiesa, e finalmente ci farà la grazia di giugnere al grado di perfezione che egli desidera da noi,
per poterlo un giorno pienamente possedere nell’ eternità dei secoli. Ecco quanto è importante
che la comunità si alzi esattamente a quattro ore, giacche 1’ orazione trae il suo valore da questa
prima azione, e le altre opere non valgono che quello che l’ orazione io fa valere. Ben lo sapeva
colui il quale era solito a dire, che dalla sua orazione giudicava quale sarebbe il rimanente di sua
giornata.
Ma finchè la dilicatezza d’ alcuni non si arrenderà senza replica (non essendo mai senza
pretesti), preveggo che mi si dirà che la regola del levarsi non debba obbligare ugualmente le
persone di debole complessione come quelle che sono più robuste, e che le deboli hanno bisogno
di più lungo riposo delle altre. - Al che oppongo il parere dei medici, che tutti sostengono {47
[245]} essere sufficiente a tali persone sette ore di riposo, e 1’ esempio di tutti gli ordini della
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chiesa che hanno limitato a sette ore il riposo. Nessuno se ne prenda di più, sonvi di quelli che
non ne hanno tanto, e la più parte non lo hanno che interrotto, poichè si alzano una o due volte
per andare al coro. E chi condanna la nostra vigliaccheria, sono le figlie di Maria, (eccettuate le
ammalate che sono nell’ infermeria) quantunque siano deboli ed allevate delicatamente, non
hanno però un maggior privilegio. Ma non riposano esse talvolta più dell’ ordinario? No, non l’
ho mai inteso dire. Un altro mi dirà: signore, si ha da alzarsi quando si è incomodato? Io ho
avuto un gran mal di capo,un dolor di denti, un accesso di febbre, che mi hanno impedito di
dormire quasi tutta la notte! Sì, mio caro amico, bisogna alzarsi se non siete in infermeria,o se
non avete comando di rimaner più lungamente a letto. Poichè se sette ore di riposo non vi hanno
sollevato, una o due prese di vostra volontà, non vi guariranno. Ma quando anche in realtà ne
foste ristorato, è spediente che ne diate gloria a Dio come gli altri, e poi facciate presente il
vostro bisogno al Superiore, altrimenti noi saremo sempre da capo; da che si spesso molti
sentono qualche incomodo, ed altri potrebbero fingere d’ averne per accarezzarsi, e così si
verserebbe in continua occasione di disordine. Se non si potè dormire una notte la natura saprà
ben riparare in un’ altra. - Intendete voi, signore, replicherà qui taluno, di togliere questa sorta di
riposo a coloro che arrivano da qualche viaggio? Sì, al {48 [246]} mattino. E se il Superiore
giudica che la stanchezza sia tale che abbia bisogno più di sette ore di riposo, egli li farà corioare
alla sera più presto degli altri, - Ma se arrivano troppo tardi o troppo stanchi? In tal caso non vi
sarà male il farli riposare al mattino, poichè la necessità in ciò è regola. - Come levarsi tutti i
giorni a quattro ore! E la consuetudine di riposarsi una volta alla settimana o almeno ogni
quindici giorni, a fine di rifarsi un poco! Questo è ben molesto, e capace di farci ammalare! -
Ecco il linguaggio dell’ amor proprio, ed ecco la mia risposta. La nostra regola e la consuetudine
vogliono che ci alziamo tutti allo stesso tempo. Se fuvvi rilassamento non è che da poco tempo, e
soltanto in qualche casa, per abuso d’ individui e per tolleranza di Superiori; da che in altre case
la pratica di levarsi è stata sempre fedelmente osservata; perciò furon esse ognora in benedizione.
Il pensare d’ essere ammalato per interrompere questa esattezza, è un’ immaginazione,e 1’
esperienza fa vedere il contrario. Dopo che tutti si alzano, non abbiamo qui alcun ammalato, che
non fosse già prima, e non ne abbiamo altrove. Ma noi ben lo sappiamo ed i medici lo dicono,
che il troppo dormire nuoce ai flemmatici ed ai cachettici. Se per ultimo si oppone, che può darsi
qualche affare,che impedisca taluno di coricarsi alle ore nove, ed anco alle dieci, e che è
ragionevole che piglisi al mattino il riposo perduto alla sera, io rispondo, che si deve evitare, per
quanto è possibile, ogni impedimento al ritirarsi all’ ora stabilita; e, se non lo si può, è caso {49
[247]} così raro, che la privazione di una o due ore di riposo non è da valutarsi a petto dello
scandalo che si dà dimorando a letto quando gli altri sono all’ orazione. Non ho io forse torto di
essermi esteso a dimostrare l’ importanza e l’ utilità del levarsi, mentre la vostra famiglia è una
delle più ferventi e delle più regolari di tutta la Compagnia? Ciò essendo il mio disegno non è
altro che di persuaderle una tenera riconoscenza della fedeltà che. Iddio le accorda. Ma se è
caduta nel difetto che noi combattiamo, ho ragione, mi sembra, di invitarla ad alzarsi e di
pregarvi, come faccio a porvi mano.
Eccone brevemente i mezzi per voi e per essa. I mezzi propri sono: 1°. Di convincersi che
l’ esattezza nel levarsi è una pratica delle più importanti della Compagnia. 2°. Di darsi a Dio la
sera coricandoci, e domandargli la forza di vincersi alla mattina sènza ritardo e invocare a tal
effetto la protezione della S. Vergine con un’ Ave Maria in ginocchio e raccomandarsi al proprio
Angelo Custode. Molti si sono assai avvantaggiati in questa pratica. 3°. Di figurarsi che la
campana sia la voce di Dio; ed, al momento che la si ode, balzare dal letto,facendosi il segno di
croce, prostrandosi a terra e baciarla, adorare Iddio unitamente al resto della Comunità, che nel
tempo stesso lo adora; e quando vi si manca, imporsi qualche penitenza. Vi hanno di tali, che si
diedero la disciplina per tanto tempo quanto ne avevano perduto disputando col capezzale. Infine
l’ ultimo mezzo per ogni particolare si è di non mai desistere da questa esattezza: poichè quanto
{50 [248]} più si ritarda, tanto più ci rendiamo incapaci a praticarla. I mezzi generali che
dipendono dalle vostre sollecitudini e dagli unici della casa sono: 1°. Che vi sia uno svegliatore
che passi di camera in camera ad accendere il lume quando vi è di bisogno e che dica ad alta
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voce Benedicamus Domino, ripetendolo finche gli si risponda; che dopo un altro faccia la visita
ed anche una doppia visita quando la comunità è numerosa, e che gl’ incaricati a tal uopo il
facciano esattamente. 2°. Che quei che fan la visita stiano saldi a non permettere che alcuno stia
a letto dopo le quattro ore del mattino, sotto pretesto qualsiasi, tranne l’ infermeria, se ve n’ ha,
sempre eccettuato il caso di necessità. L’ esattezza nell’ alzarsi è stata trovata sì bella ed utile,
che si giudicò che coloro che non vi erano fedeli, non dovevano essere impiegati nelle cariche
della compagnia: stante che il loro esempio sarebbe ben tosto seguito in tal rilassamento, e
avrebbero' poi mal garbo a prender per se ciò che sarebbero obbligati a negare per gli altri.
Piaccia a Dio perdonarci le nostre passate mancanze, e farci la grazia di correggerci così, che
siamo come quei beati servidori che il padrone al suo arrivo troverà vigilanti. In verità vi
dico,dice il nostro Signore, che egli li farà sedere a sua mensa e che ei li servirà; e parimenti se
egli arriva alla seconda vigilia ed alla terza e così li trova, beati sono quei servidori! In verità vi
dico che li costituirà sopra tutti i suoi beni. {51 [249]} {52 [250]}
REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI
SALES
I. Scopo della Società di S. Francesco di Sales.
1. Lo scopo della Società Salesiana si è la cristiana perfezione de' suoi membri, ogni
opera di carità spirituale e corporale verso dei giovani, speciabnente poveri, ed anche l’
educazione del giovane Clero. Essa poi si compone di sacerdoti, chierici e laici.
2. Gesù Cristo incominciò a fare ed insegnare; cosi anche i soci Salesiani cornincieranno
a perfezionare se stessi colla pratica di ogni virtù interna ed esterna, e con l’ acquisto della
scienza, di poi si adopereranno a benefizio del prossimo. {53 [251]}
3. Il primo esercizio di carità sarà di raccogliere giovanetti poveri ed abbandonati per
istruirli nella santa Cattolica religione, particolarmente ne' giorni festivi.
4. Avvenendo spesso che s’ incontrino giovani talmente abbandonati, che per loro riesce
inutile ogni cura, se non sono ricoverati, perciò per quanto è possibile si apriranno case, nelle
quali coi mezzi, che la divina Provvidenza ci porrà tra le mani, verrà loro somministrato
ricovero, vitto e vestito; e mentre s’ istruiranno nelle verità della cattolica Fede, saranno eziandio
avviati a qualche arte o mestiere.
5. Essendo poi molti e gravi i pericoli che corre la gioventù, che aspira allo stato
ecclesiastico, questa società si darà massima cura di coltivare nella pietà quelli che mostrassero
speciale attitudine allo studio, e fossero commendevoli per buoni costumi. Trattandosi di
ricevere giovani per gli studi, si accolgano di preferenza i più poveri, perchè appunto non
potrebbero compiere i loro studi altrove; purchè diano qualche speranza di vocazione allo stato
Ecclesiastico.
6. Il bisogno di sostenere la Religione Cattolica si fa gravemente sentire tra i popoli
Cristiani, particolarmente nei villaggi; perciò i soci Salesiani si adopereranno con zelo a dettare
esercizi spirituali per confermare e indirizzare nella pietà coloro, che, {54 [252]} mossi dal
desiderio di mutar vita, si recassero ad ascoltarli.
7. Similmente si adopereranno a diffondere buoni libri nel popolo usando tutti quei
mezzi, che la carità cristiana inspira. Finalmente colle parole, e cogli scritti cercheranno di porre
un argine all’ empietà e all’ eresia, che in tante guise tenta di insinuarsi fra i rozzi e gli ignoranti.
A questo scopo devono indirizzarsi le prediche, le quali di tratto in tratto si tengono al popolo, i
tridui, le novene e la diffusione dei buoni libri.
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II. Forma di questa società.
1. Tutti i soci vivono in comune stretti solamente dal vincolo della Carità fraterna e dei
voti semplici, che li unisce in guisa da formare un cuor solo ed un’ anima sola per amare e
servire Iddio colla virtù dell’ ubbidienza, della povertà e della castità, e coll’ esatto adempimento
dei doveri di buon cristiano.
2. I chierici ed i preti, benchè abbiano fatti i voti, potranno ritenere i loro patrimoni o
benefici semplici; ma non li potranno amministrare, nè goderne i frutti, se non secondo la
volontà del Rettore.
3. L’ amministrazione dei patrimoni, dei benefici, e di quanto si porterà in
Congregazione, spetta al Superiore generale il quale {55 [253]} o por sè o per altri li
amministrerà e ne riceverà i frutti annui, finchè il socio rimarrà in Congregazione2.
4. Al medesimo Superiore o generale o locale ogni sacerdote è tenuto a consegnare
eziandio la limosina delle messe. Tutti poi o preti o chierici o laici gli consegneranno tutto il
danaro, e ogni dono che in qualsiasi modo loro possa pervenire.
5. Ciascheduno è obbligato ad osservare i suoi voti, siano triennali, siano perpetui; nò
potrà esserne dispensato, se non dal sommo Pontefice, ovvero quando sia stato licenziato dalla
Società dal Superiore generalo.
6. Ognuno faccia di perseverare fino alla morte nella sua vocazione, ricordandosi sempre
di quelle gravissime parole del Divin Salvatore: Nemo mittens manum ad aratrum et respiciens
retro aptus est regno Dei; Niuno che pone la mano all’ aratro e guarda indietro, è atto pel regno
di Dio.
7. Nondimeno se taluno uscisse di Congregazione, non potrà pretendere compenso alcuno
pel tempo che vi rimase. Ricupererà tuttavia il pieno diritto di tutti i suoi beni immobili ed anche
di tutti gli oggetti mobili, di cui si fosse riservata la proprietà entrando in Congregazione. Ma
non potrà richiedere {56 [254]} conto alcuno dei frutti, nè dell’ amministrazione dei medesimi, pel
tempo che egli visse nella Società.
8. Colui che porta in Congregazione danari, mobili o qualsivoglia altra cosa con
intenzione di ritenerne la proprietà, devo consegnare un elenco di tutte quelle cose al Superiore,
il quale, fattane la ricognizione, gli darà una carta di ricevuta. Volendo poi il socio ricuperare
quegli oggetti, che coll’ uso si consumano, li riavrà in quello stato che allora si troveranno, nè
potrà ripeterne compenso di sorta.
III. Del voto di ubbidienza.
1. Il profeta Davide pregava Iddio, che lo illuminasse a fare la sua santa volontà. Il Divin
Redentore poi ci assicurò, ch’ egli non è venuto sulla terra per fare la volontà propria, ma quella
del suo celeste Padre. E noi facciamo il voto di ubbidienza appunto per assicurarci di fare in ogni
cosa la santa volontà di Dio.
2. Perciò ognuno ubbidisca al proprio Superiore, e lo consideri in ogni cosa qual padre
amoroso, ubbidendogli senza riserva alcuna, prontamente, con animo ilare e con umiltà; persuaso
che nella cosa comandata gli è manifestata la stessa volontà di Dio. {57 [255]}
3. Niuno diasi sollecitudine di domandar cosa alcuna nè di ricusarla. Qualora conoscesse
che una cosa gli è nocevole o necessaria, la esponga rispettosamente al Superiore, che si darà
massima cura di provveder a' suoi bisogni.
2 Ognuno può liberamente proporre al Superiore la destinazione delle cose di sua proprietà, ma l’ uso deve sempre
essere regolato dal Superiore
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4. Ognuno abbia somma confidenza nel suo Superiore; sarà perciò di grande giovamento
ai soci il rendere di tratto in tratto conto della vita esteriore ai primari Superiori della
Congregazione. Ciascheduno loro manifesti con semplicità e prontezza le mancanze esteriori
commesse contro le regole, ed anche il suo profitto nelle virtù, affinchè possa riceverne consigli
e conforti, e, se farà duopo, anche le convenienti ammonizioni.
5. Ognuno ubbidisca senza alcuna resistenza nè col fatto, nè colle parole, nè col cuore,
per non privarsi del merito della virtù dell’ obbedienza. Quanto più la cosa comandata sarà
ripugnante a chi la fa, tanto maggior premio si avrà da Dio eseguendola fedelmente.
IV. Del voto di povertà.
1. Il voto di povertà, di cui qui si parla, riguarda soltanto l’ amministrazione di qual si
voglia cosa, non già il possesso; perciò quelli, che hanno fatto i voti in questa Società, {58
[256]} riterranno il dominio de' loro beni; ma ne è loro intieramente proibita l’ amministrazione,
come pure la distribuzione e l’ uso delle rendite. Inoltre prima di fare i voti devono cedere, anche
in modo privato, l’ amministrazione, l’ usufrutto e l’ uso a quelli, cui vorranno, ed anche alla
Congregazione, se così loro piacerà. A questa cessione poi si può mettere la condizione, che sia
revocabile quandochessia: ma il professo non può in coscienza usare di questo diritto di revoca,
senza il consenso della Santa Sede. Tutto questo si dovrà pure osservare riguardo a quei beni,
che il socio acquisterà per eredità dopo fatta la sua professione.
2. Tuttavia i membri di questa Congregazione potranno disporre liberamente del dominio,
sia per testamento, sia, col permesso però del Rettore maggiore, durante la vita per altro atto
pubblico. Avvenendo questo ultimo caso, cesserà la concessione da loro fatta dell’
amministrazione, dell’ usufrutto e dell’ uso, tranne che avessero voluto, che, non ostante la
cessione del dominio, quella concessione durasse ancora per quel tempo che loro fosse piaciuto.
3. I professi potranno compiere, col permesso del Rettore maggiore, tutti quegli atti di
proprietà che sono prescritti dalle leggi. 4. I professi non potranno attribuirsi o riservarsi cosa
alcuna da loro acquistata o colla {59 [257]} propria industria, o coi mezzi che la Congregazione
presenta; ma il tutto si dovrà rimettere ad utilità comune della Congregazione.
5. È parte di questo voto il tener le camere nella massima semplicità, studiandosi di
ornare il cuore di virtù, e non la persona o le pareti della camera.
6. Niuno nè in casa, nè fuori serbi danaro presso di sé, o in depòsito presso altri per
qualsiasi ragione.
7. Ciascuno finalmente abbia il cuore staccato da ogni cosa terrena; stia contento di
quanto la Società provvede riguardo al vitto ed al vestito, nè si ritenga veruna cosa senza
particolare permesso del Superiore.
V. Del voto di castità.
1. Chi tratta colla gioventù abbandonata deve certamente studiare di arricchirsi di ogni
virtù. Ma la virtù che deve essere maggiormente coltivata, sempre da aversi innanzi agli occhi, la
virtù angelica, la virtù fra tutte cara al Figliuol di Dio, è la virtù della castità.
2. Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, questa virtù nelle
parole, nelle opere, nei pensieri, non si faccia ascrivere a questa Congregazione, perchè ad ogni
passo egli sarebbe esposto a grandi pericoli. {60 [258]}
3. Le parole, gli sguardi, anche indifferenti, sono talvolta malamente interpretati dai
giovani, che sono già stati vittima delle umane passioni. Perciò si dovrà usare massima cautela
discorrendo e trattando di qualunque cosa con giovani di qualsiasi età e condizione.
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4. Si fuggano i convegni dei secolari, dove questa virtù corre pericolo, e le conversazioni
specialmente colle persone di sesso diverso.
5. Niuno si rechi a casa di conoscenti od amici senza il consenso del Superiore, il quale,
se può, gli destinerà sempre nn compagno.
6. Mezzi per custodire diligentissimamente questa virtù sono la frequente confessione e
comunione, la pratica esatta dei consigli del confessore, la fuga dell’ ozio, la mortificazione di
tutti i sensi del corpo, frequenti visite a Gesù Sacramentato, frequenti giaculatorie a Maria
Santissima, a s. Giuseppe, a s. Francesco di Sales, a s. Luigi Gonzaga, che sono i principali
protettori della nostra Congregazione.
VI. Governo religioso della società.
1. I Soci riconosceranno per loro arbitro e Superiore assoluto il Sommo Pontefice, cui
saranno in ogni cosa, in ogni luogo ed {61 [259]} in ogni tempo umilmente e rispettosamente
sottomessi. Che anzi ogni membro si darà massima sollecitudine di difenderne l’ autorità e
promuovere l’ osservanza delle leggi della Chiesa Cattolica e del suo Capo supremo, che è
Legislatore e Vicario di Gesù Cristo sopra la terra.
2. Ogni tre anni il Rettore maggiore darà alla sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari
una relazione della Società, la quale relazione tratterà del numero delle Case e dei Soci, dell’
osservanza delle regole e di quello che riguarda 1’ amministrazione economica.
3. Per trattar delle cose di maggior momento, e per provvedere a quanto i bisogni della
Società, i tempi, i luoghi richieggono si radunerà ordinariamente il Capitolo generale ogni tre
anni3.
4. Il Capitolo generale così radunato potrà eziandio proporre quelle aggiunte alle
costituzioni e quei mutamenti, che crederà opportuni, ma in modo conforme al fine ed alle
ragioni per cui le regole furon approvate. Nondimeno queste aggiunte e questi mutamenti,
benchè approvati a maggioranza di {62 [260]} voti, non potranno obbligare alcuno, se prima non
otterranno il consenso della Santa Sede.
5. Tutti gli atti dei Capitoli generali saranno mandati alla sacra Congregazione dei
Vescovi e Regolari, perchè siano approvati.
6. I Soci saranno soggetti al Vescovo di quella diocesi, ove è la casa, cui appartengono,
secondo le prescrizioni dei sacri Canoni, salve sempre le Costituzioni della Società dalla Santa
Sede approvate.
7. Ogni Socio si adoprerà con ogni potere in aiuto del Vescovo della diocesi; e, per
quanto gli sarà possibile, ne difenda i diritti ecclesiastici, promova il bene della sua Chiesa,
principalmente se si tratta dell’ educazione della gioventù povera.
VII. Governo interno della società.
1. Nel reggimento interno tutta la Congregazione dipende dal Capitolo superiore, che è
composto di un Rettore, di un Prefetto, di un Economo, di un Catechista o Direttore spirituale e
di tre Consiglieri.
2. Il Rettore maggiore è il Superiore di tutta la Congregazione; egli può stabilire la sua
dimora in qualunque Casa della Congregazione. Offici, persone, beni mobili ed immobili, le cose
spirituali e temporali dipendono {63 [261]} totalmente da lui. Perciò spetterà al Rettore accettare
3 Il Capitolo generale è composto dei membri del Capitolo superiore e dei Direttori delle case particolari. Ogni
Direttore radunerà il suo capitolo particolare, e con esso tratterà delle cose che sono giudicate maggiormente
necessarie a proporsi nel futuro Capitolo generale.
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o non accettare nuovi Soci in Congregazione4, assegnare a ciascheduno i suoi uffici, sia per lo
spirituale, sia pel temporale; le quali cose egli eseguirà o per sè o per mezzo d’ altre persone da
lui delegate. Ma non potrà fare verun contratto di vendita o di compera di cose immobili senza il
consenso del Capitolo superiore.
3. Nel vendere beni della Società, o contrar debiti, si osservi tutto quello, che si deve di
diritto osservare secondo i sacri Canoni e le Costituzioni apostoliche5.
4. Niuno, eccettuati il Capitolo superiore e i Direttori delle Case, può scrivere o ricever
lettere senza il permesso del Superiore, o di un altro Socio a ciò delegato dal Superiore. Del resto
tutti i Soci possono mandare lettere ed altri scritti alla Santa {64 [262]} Sede e al Superiore
generale senza domandare il permesso ai Superiori della casa, a cui appartengono; che anzi i
Superiori non potranno neppur leggerle.
5. Il Rettore maggiore rimarrà in carica dodici anni, e potrà essere rieletto; ma in questo
ultimo caso non potrà governare la Società, se non sarà riconfermato nel suo ufficio dalla santa
Sede.
6. Morto il Rettore, il Prefetto ne farà le veci finchè non sia creato il successore; ma per
tutto il tempo che regge la Società, egli non potrà mutare cosa alcuna nella disciplina, o nell’
amministrazione.
7. Appena morto il Rettore, il Prefetto ne dia tosto avviso ai direttori di tutte le case, i
quali subito si daranno cura perchè si facciano al defunto quei suffragi, che sono prescritti dalle
Costituzioni. Quindi inviti i medesimi direttori a radunarsi per la elezione del nuovo Rettore.
VIII. Della elezione del rettore maggiore.
1. Perchè alcuno possa essere eletto Rettore maggiore, si richiede che sia vissuto almeno
dieci anni in Congregazione, abbia compito trentacinque anni, ed abbia dato non dubbie prove di
vita esemplare e di destrezza {65 [263]} e prudenza nello spedire i negozi della Congregazione,
ed infine sia professo perpetuo.
2. Per due cause può avvenire che si debba eleggere il Rettore, o perchè abbia finito i
dodici anni della sua carica, o per la morte dell’ Antecessore.
3.Se la elezione avrà luogo perchè siano passati i dodici anni, si farà in questo modo: Tre
mesi prima che finisca il tempo del suo officio, il Rettore convocherà il Capitolo superiore, e gli
darà avviso che è imminente il fine della sua carica: e ne darà pure notizia ai direttori di
ciascheduna casa, e a quei soci, che secondo le costituzioni sono ammessi a dare il voto. Mentre
significherà il tempo in cui termina la sua carica, stabilirà il giorno per la elezione del
successore. Contemporaneamente ordinerà preghiere da farsi per ottenere i lumi celesti, ed
ammonirà ognuno chiaramente e distintamente del grave obbligo di dare il voto a quello che
giudicheranno più idoneo a promuovere la gloria di Dio e l’ utilità delle anime nella
Congregazione. La elezione del successore deve tarsi non più di quindici giorni dopo che il
Rettore terminò il tempo del suo officio.
4. Dal termine della sua carica fino alla compiuta elezione del successore il Rettore
maggiore continuerà a reggere ed amministrare la Società coll’ autorità che ha il prefetto alla
morte del Rettore, finchè il successore {66 [264]} sia definitivamente costituito nel suo ufficio.
5. Ad eleggere il Rettore maggiore daranno il voto il Capitolo Superiore e i direttori delle
case particolari, accompagnati da un socio professo perpetuo, eletto dai professi perpetui di
4 I1 Superiore generale può di sua autorità ricevere gli aspiranti ed a suo tempo presentarli o no, secondo che giudica
meglio nel Signore, perchè un allievo sia ammesso alla prova del noviziato oppure ai voti.
5 La Società Salesiana niente possiede come ente morale, perciò eccetto il caso. in cui venisse da qualche governo
legalmente approvata, non sarebbe vincolata da questo articolo. Per la stessa ragione ciascun Salesiano può
esercitare i diritti civili di compra, vendita e simili senza ricorrere alla Santa Sede. Così fu risposto dalla Cong. dei
Vesc. e Reg. 6 aprile 1874.
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quella casa, a cui appartengono. Se per qualunque causa taluno non potesse recarsi a dare il voto,
di pien diritto e validamente la elezione si compirà dagli altri.
6. La elezione si farà in questo modo: Inginocchiati davanti l’ immagine del Crocifisso,
invocheranno l’ aiuto divino recitando l’ inno Veni, Creator Spiritus ecc. Dopo, il Prefetto
esporrà ai confratelli il motivo per cui sono stati congregati. Quindi tutti i soci professi e presenti
scriveranno in una schedula il nome di colui che giudicheranno degno, e la porranno in un’ urna
a ciò preparata. Poi si eleggeranno da tutti i presenti, in modo segreto, tre scrutatori dei voti, e
due segretari. Chi otterrà la maggioranza assoluta dei voti sarà il novello Rettore o Superiore
generale.
7. Se poi la elezione si dovesse fare per la morte del Rettore, allora si tenga quest’ ordine.
Morto il Rettore maggiore, il Pretetto ne darà la nuova ai direttori delle case particolari per
lettera, affinché, quanto più presto si può, si facciano per 1’ anima del defunto i suffragi prescritti
dalle costituzioni. {67 [265]} La elezione dovrà farsi non prima di tre mesi e non dopo di sei
dalla morte del Rettore. A questo scopo il Prefetto convocherà il Capitolo superiore, e col suo
consenso stabilirà il giorno più opportuno per radunare quelli che devono intervenire all’
elezione, li quali avviserà e ammonirà di quanto nell’ articolo 3° si è detto.
8. I voti poi saranno dati da quelli, che godono del diritto di eleggere il Rettore, come è
nell’ articolo 5° di questo capo.
9. Quegli che avrà ottenuta la maggioranza assoluta dei voti sia Superiore generale, a cui
tutti i confratelli dovranno prestare obbedienza.
10. Terminata la elezione, il Prefetto ne darà avviso a tutte le case particolari, facendo in
modo che la notizia del novello Rettore giunga presto a cognizione di tutti i membri della
Società. Con questo atto cessa nel Prefetto ogni autorità di Superiore generale.
IX. Degli altri superiori.
1. Il Prefetto, il Direttore spirituale, l’ Economo e i tre Consiglieri sopraddetti saranno
eletti per suffragi dal Rettore e dagli altri soci, i quali avendo fatto i voti perpetui {68 [266]}
potranno aver parte all’ elezione del Rettor maggiore. Per èssere eletti si richiede, che abbiano
almeno rissato cinque anni in Congregazione, compito trentacinque anni ed abbiano i voti
perpetui. Affinchè poi l’ ufficio loro assegnato non abbia a soffrir detrimento, dovranno
ordinariamente risiedere nella casa in cui dimora il Rettore maggiore.
2. Il Prefetto, il Direttore spirituale, l’ Economo e i tre consiglieri dureranno in carica sei
anni.
3. La loro elezione si farà nella festa di s. Francesco di Sales, nel qual tempo tutti i
direttori delle case particolari sogliono essere convocati. Tre mesi prima della detta festa il
Rettore farà noto a tutte le case il giorno in cui si farà la elezione.
4. Pertanto tutti i direttori raduneranno i professi perpetui della loro casa, e insieme con
un socio da questi eletto verranno alla futura elezione.
5. Nel giorno stabilito il Capitolo superiore coi direttori e i soci venuti con loro daranno il
voto e faranno pubblicamente lo scrutinio. A questo fine saranno eletti tre scrutatori e due
segretari. Chi otterrà la maggioranza dei voti, sarà il nuovo membro del Capitolo superiore. Se
poi il direttore o il socio di qualche casa per la troppa distanza o altra giusta causa non avesse
polato {69 [267]} trovarsi alla elezione, questa nondimeno sarà valida e perfetta6.
6. Oli uffici proprii di ciascun membro del Capitolo superiore saranno assegnati dal
Rettore secondo il bisogno.
7. Tuttavia il direttore spirituale avrà specialmente cura dei novizi. Egli insieme col
maestro dei novizi si darà la massima sollecitudine per far loro conoscere e praticare lo spirito di
6 Nella elezione del R. M. si ricerca la maggioranza assoluta, ovvero oltre la metà dei voti in suo favore. Per gli altri
membri del Capitolo basta la maggioranza relativa, vale a dire in paragone di tutti quelli che ottennero voti.
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carità, e lo zelo che deve animare colui, che desidera dedicare interamente la sua vita al bene
delle anime.
8. È pur dovere del direttore spirituale ammonire riverentemente il Rettore, qualora
scorgesse in lui qualche notabile negligenza nel praticare e far osservare le regole della
Congregazione.
9. Ma è poi ufficio speciale del direttore spirituale significare al Rettore qualunque cosa
vegga utile al bene spirituale; e il Rettore procurerà di provvedervi secondo gli’ parrà meglio nel
Signore.
10. Il Prefetto in assenza del Rettore ne farà le veci sia nel governo ordinario della
società, sia in tutte le cose, di cui avrà ricevuto speciale incarico. {70 [268]}
11. Egli terrà conto delle entrate e delle uscite, noterà ogni lascito, e donazione di qualche
importanza fatto per ciascuna casa con particolare destinazione. Ogni frutto dei beni mobili ed
immobili sarà sotto la tutela e risponsabilità del Prefetto.
12. Il Prefetto adunque è come il centro da cui deve partire e a cui deve riferirsi l’
amministrazione di tutta la Congregazione. II Prefetto poi è soggetto al Rettore, a cui deve render
conto della sua gestione almeno una volta all’ anno.
13. L’ Economo ha il governo di tutto il materiale della Società. Perciò saranno affidate a
lui le compere, le vendite, le fabbriche e simili. Similmente è ufficio dell’ Economo provvedere
che a ciascuna casa siano somministrate quelle cose, di che in quella si abbisogna.
14. I consiglieri intervengono a tutte le deliberazioni che risguardano l’ accettazione al
noviziato, l’ ammissione ai voti, o il licenziamento di qualche membro della Società; e se si tratta
dell’ apertura di una nuova casa, o di eleggere il Direttore di qualche casa particolare; di contratti
di beni immobili; di compre e di vendite. In una parola di tutte le cose di maggior importanza che
spettano al buon andamento generale della Società. La deliberazione si farà per suffragi segreti.
Se nella ricognizione dei voti {71 [269]} segreti, che hanno forza di deliberazione, la
maggioranza non sarà favorevole, il Rettore protrarrà la deliberazione.
15. Uno dei consiglieri per delegazione del Rettore avrà cura delle cose scolastiche di
tutta la Società. Gli altri due, secondo il bisogno, faranno le veci di quelli del Capitolo superiore,
se per malattia o per altra causa non potessero attendere al loro ufficio.
16. Ciascheduno dei superiori, eccetto il Rettore, durerà in carica sei anni, e potrà esser
rieletto. Se poi alcuno del Capitolo superiore cessasse dal proprio ufficio o per morte o per
qualunque altra causa prima che si compiano i sei anni, il Rettore maggiore ne affiderà il
disimpegno a quello che giudicherà meglio nel Signore; questi poi starà in ufficio solo fino alla
fine del sessennio incominciato dal socio uscito di carica.
17. Se sarà necessario, il Rettore maggiore, col consenso del Capitolo superiore, stabilirà
alcuni visitatori, ai quali darà incarico di visitare un dato numero di case, qualora ciò sia richiesto
dal loro numero e dalla loro distanza. Cotali Visitatori, o Riconoscitori faranno le veci del
Rettore maggiore nelle case e nei negozi loro affidati. {72 [270]}
X. Di ciascuna casa in particolare.
1. Qualora, per favore particolare della divina Provvidenza, si abbia da aprire qualche
casa, prima di tutto, il Superiore generale procuri di ottenere il consenso dal Vescovo della
Diocesi, in cui si deve aprire la novella casa.
2. Ma in questo si proceda cautamente, affinchè nell’ aprire case, o nell’ assumere
amministrazioni di qualunque genere nulla si stabilisca, o si faccia contrario alle leggi.
3. Se poi la novella casa fosse un piccolo seminario, od un seminario pei chierici adulti,
allora, oltre la dipendenza nelle cose del sacro ministero, vi sarà pure piena dipendenza dal
Superiore ecclesiastico nell’ insegnamento. Nella scelta della materia d’ insegnamento, dei libri
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da usarsi, nella disciplina e nell’ amministrazione temporale, si dovrà stare a quello, che il
Rettore maggiore stabilirà coll’ Ordinario del luogo.
4. La Società non potrà incaricarsi della direzione di seminari senza espresso permesso
della Santa Sede; il qual permesso si dovrà chiedere in tutti i singoli casi.
5. Nelle nuove case che si dovranno aprire, il numero dei soci non sia minore di sei. Il
Superiore di ciascheduna viene {73 [271]} eletto dal Capitolo superiore, e prenderà il nome di
Direttore. Ogni casa potrà amministrare i beni donati o portati in Congregazione, affinchè
servano per quella casa in particolare, ma sempre nei limiti fissati dal Superiore generale.
6. Il Rettore maggiore visiterà ciascuna casa almeno una volta l’ anno, o in persona o per
mezzo di Visitatori, per esaminare diligentemente se si compiono i doveri imposti dalle regole
della Congregazione, ed osservare se l’ amministrazione delle cose spirituali e temporali tenda
realmente al suo scopo, quale si è di promuovere la gloria di Dio ed il bene delle anime.
7. Il direttore dal canto suo deve in tutte le cose regolarsi in modo da poter ad ogni
momento rendere conto della sua amministrazione a Dio ed al Rettore maggiore.
8. La prima cura del Rettore sarà di stabilire in ogni novella casa un Capitolo
corrispondente al numero dei soci che vi abitano.
9. A costituire questo Capitolo interverranno il Capitolo superiore e il Direttore della
nuova casa.
10. Primo ad essere eletto sarà il Catechista, poi il prefetto, e, se sarà necessario, anche l’
economo; finalmente i consiglieri, secondo il numero dei soci, che in quella casa dimorano, e le
cose che vi si debbono fare. {74 [272]}
11. Qualora la distanza, i tempi, i luoghi consigliassero qualche eccezione nella
formazione di questo Capitolo, o nello assegnare le attribuzioni, il Rettore ha piena autorità, di
farlo col consenso tuttavia del Capitolo superiore.
12. Il Direttore non può comperare, nè vendere immobili, nè costruire nuovi edifizi, nè
demolire i già fatti, nè far novità di grave importanza sènza il consenso del Rettore maggior.
Nell’ amministrazione egli deve aver cura di tutto l’ andamento spirituale, scolastico e materiale;
ma nelle cose di maggior momento sarà più prudente radunare il suo capitolo, e non deliberare
niente senza che ne abbia il consenso.
13. Il Catechista avrà cura delle cose spirituali di quella casa, sia riguardo ai soci, sia
riguardo agli altri, che non appartengono alla Congregazione, e qualora ne sia il caso avviserà il
Direttore intorno a queste cose.
14. Il Prefetto farà le veci del direttore, e suo principal uffizio sarà di amministrare le
cose temporali, avere cura dei coadiutori, vegliare attentamente sulla disciplina degli alunni,
secondo le regole di ciascuna casa ed il consenso del Direttore. Egli deve essere preparato a
render conto della sua gestione al proprio Direttore, qualunque volta questi ne lo richieda. {75
[273]}
15. L’ Economo, qualora la necessità lo richiegga, aiuterà il prefetto ne' suoi offici,
specialmente negli affari temporali.
16. I consiglieri intervengono a tutte le deliberazioni di qualche rilievo, ed aiutano il
Direttore nelle cose scolastiche, e in tutto quello che, loro verrà assegnato.
17. Ogni anno ciascun Direttore deve rendere conto dell’ amministrazione spirituale e
materiale della sua casa al Rettor maggiore.
XI. Dell’ accettazione.
1. Quando taluno avrà fatta dimanda di entrare in Congregazione si richiedano le lettere
testimoniali o certificati, secondo il decreto 25 gennaio 1848, che incomincia Romani Pontefices
ecc. dato dalla Sacra Congregazione sopra lo Stato dei Regolari. Quanto alla sanità del
postulante sia tale che possa osservare tutte le regole della società senza alcuna eccezione.
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Perchè i laici possano essere ricevuti nella Congregazione è necessario, oltre le altre cose, che
sappiano almeno i primi elementi della fede cattolica. Il Rettore maggiore poi accetterà il
postulante, se questi avrà ottenuto la pluralità dei voti dal Capitolo superiore. {76 [274]}
2. Per ammettere postulanti o novizi, che vogliono abbracciare lo stato ecclesiastico, se
avranno qualche irregolarità, si dovrà prima domandarne la dispensa dalla Santa Sede.
3. Dopo il tempo della seconda prova il candidato dipenderà dal Capitolo di quella casa,
in cui egli fu posto dai superiori. Finita la terza prova, il socio può essere ammesso alla
rinnovazione dei voti dai superiori della medesima casa, avuto nondimeno il consenso del
Rettore maggiore. Se avrà ottenuto la maggioranza dei voti, se ne darà notizia al Rettore, il quale
col Capitolo superiore ne confermerà 1’ ammissione o no, come giudicherà meglio nel Signore.
4. Se il Capitolo non è presente, il Rettore maggiore, qualora vi sia una giusta ragione,
può accettare in Congregazione ed ammettere ai voti, o anche licenziare dalla Società in
qualunque casa quelli, che giudicherà meglio: ma questo si potrà fare con senziente e presente il
Capitolo di quella casa. In questo caso il Direttore di quella casa, in cui avvenne l’ accettazione o
il licenziamento, dovrà darne la notizia al Capitolo superiore colle opportune indicazioni,
affinchè il socio sia inscritto nell’ elenco della Società o scancellato.
5. Ciò che spetta all’ accettazione dei Socii e alla loro professione di voti semplici, si {77
[275]} osservino tutte le cose che furono prescritte dal decreto detti 23 Gennaio 1848. Regulari
disciplinae della S. Congregazione sullo stato dei Regolari.
6. Per essere ammesso a fare i voti si richiede che siasi compito il tirocinio della prima e
della seconda prova. Ma nessuno potrà essere ammesso ai voti se non avrà 16 anni compiuti.
7. Questi voti si fanno per un triennio. Passati poi i tre anni, consentendolo il Capitolo,
sarà fatta facoltà ad ognuno di rinnovare i suoi voti per un altro triennio, o di farli perpetui, se
vorrà legarsi per tutta la vita. Tuttavia niuno può essere ammesso alle sacre ordinazioni, titulo
congregationis, se non avrà fatto i voti perpetui.
8. La Società appoggiata alla Divina Provvidenza, che mai non manca a chi spera in lei,
provederà a ciascuno quanto può occorrere sia nel tempo, che è sano, sia quando cadesse
ammalato. Nondimeno essa è soltanto tenuta a provvedere per quelli che emisero i voti o
temporanei, o perpetui.
XII. Dello studio.
1. I chierici e tutti i soci che aspirano allo stato ecclesiastico, devono per due anni
attendere seriamente allo studio della filosofia, {78 [276]} per quattro altri anni almeno alle
materie ecclesiastiche.
2. Il loro studio principale sarà diretto con tutto impegno alla Bibbia, alla Storia
Ecclesiastica, alla Teologia dommatica, speculativa e morale, ed anche a quei libri e trattati che
parlano di proposito dell’ istruzione della gioventù nelle cose religiose.
3. Il nostro Maestro sarà s. Tommaso, e gli altri autori, che nelle istruzioni catechistiche e
nella spiegazione della dottrina cattolica sono stimati più celebri.
4. Ad insegnare le scienze filosofiche ed ecclesiastiche si scelgono di preferenza quei
maestri o soci o esterni, che per probità di vita, per ingégno e dottrina sono maggiormente
stimati.
5. Ciascun socio per completare i suoi studi, oltre le morali conferenze cotidiane, si
adoperi eziandio a comporre un corso di prediche e meditazioni, primieramente ad uso della
gioventù, e quindi accomodato all’ intelligenza di tutti i fedeli cristiani.
6. I soci, finchè attendono agli studi prescritti dalle costituzioni, non si applichino troppo
alle opere di carità proprie della Società salesiana, se non vi son costretti dalla necessità, perchè
questo per lo più suole recare gl’ ave danno agli studi. {79 [277]}
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XIII. Pratiche di pietà.
1. La vita attiva, cui tende specialmente questa Congregazione, fa che i suoi membri non
possano avere comodità di far molte pratiche di pietà in comune. Quindi procureranno di
supplire col vicendevole buon esempio e col perfetto adempimento dei doveri generali del
cristiano.
2. Ciascun socio si accosterà ogni settimana al Sacramento della penitenza da confessori
approvati dall’ Ordinario, e che esercitano quel ministero verso i soci col permesso del Rettore. I
sacerdoti celebreranno ogni giorno la s. Messa: i chierici poi ei coadiutori vi assisteranno
quotidianamente, e faranno la s. Comunione ogni giorno festivo e tutti i giovedì. La compostezza
della persona; la pronunzia chiara, divota e distinta delle parole dei divini uffizi; la modestia nel
parlare, guardare, camminare in casa e fuori di casa devono essere tali nei nostri soci, che li
distinguano da tutti gli altri.
3. Ciascheduno, oltre le orazioni vocali, farà ogni giorno non meno di mezz’ ora di
orazione mentale, ad eccezione che ne sia impedito dal sacro ministero. Nel qual caso supplirà
colla maggior frequenza di giaculatorie, {80 [278]} indirizzando a Dio con gran fervore di
affetto quei lavori, che lo impediscono dagli ordinari esercizi di pietà.
4. Ogni giorno si reciterà la terza parte del Rosario di Maria SS. Immacolata, e si farà un
po' di lettura spirituale.
5. In ciascuna settimana al venerdì si farà digiuno in memoria della passione di N. S.
Gesù Cristo.
6. L’ ultimo di ciascun mese sarà giorno di ritiro spirituale, in cui lasciando, per quanto
sarà possibile, gli affari temporali, ognuno si raccoglierà in se stesso, farà l’ esercizio della buona
morte, disponendo le cose spirituali e temporali, come se dovesse abbandonare il mondo ed
avviarsi all’ eternità.
7. Ogni anno ognuno farà circa dieci o almeno sei giorni di esercizi spirituali, che
termineranno colla confessione annuale. Ognuno prima di essere ricevuto nella società e prima di
emettere i voti farà dieci giorni di esercizi spirituali sotto la direzione di maestri di spirito, e la
confessione generale.
8. Quando la divina Provvidenza chiamasse alla vita eterna qualche socio sia laico, sia
chierico, sia sacerdote, subito il Direttore di quella casa, in cui il socio abitava, procurerà che si
celebrino dieci messe in suffragio dell’ anima sua. Gli altri poi, che non sono sacerdoti, faranno
almeno una volta la s. Comunione a questo fine. {81 [279]}
9. Ogni volta poi che muoiano i genitori di qualche socio, i sacerdoti della casa di quel
socio celebreranno parimenti 10 messo in suffragio della loro anima. Quelli poi che non sono
sacerdoti faranno la santa Comunione.
10. Morendo il Rettore M., tutti i sacerdoti della Congregazione celebreranno per lui la s.
Messa, e tutti i soci non sacerdoti presteranno i soliti suffragi, e ciò per duo motivi: 1° come
tributo di gratitudine per le cure e fatiche sostenute nel governo della Congregazione; 2° per
sollevarlo dalle pene del Purgatorio, che forse dovrà patire per nostra cagione.
11. Ogni anno il giorno dopo la festa di s. Francesco di Sales tutti i sacerdoti
celebreranno una Messa pei soci defunti. E tutti gli altri si accosteranno alla s. Comunione, e
reciteranno la terza parte del Rosario della Beata Vergine Maria con altre preghiere.
12. Ognuno abbia specialmente cura, 1° di non prendere alcuna abitudine anche di cose
indifferenti; 2° di avere vesti, letto e cella pulita e decente: e si studi ciascheduno di fuggire la
stolta affettazione e l’ ambizione. Niuna cosa adorna di più il religioso che la santità della vita,
por cui sia d’ esempio agli altri in ogni cosa.
13. Ciascuno sia preparato, quando la necessità lo richieda, a soffrire caldo, freddo, {82
[280]} sete, fame, fatiche, disprezzi, qualora questo ridondi alla maggior gloria di Dio, all’ utilità
spirituale altrui, e alla salvezza dell’ anima propria.
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XIV. Degli ascritti ossia dei novizi.
1. Qualunque Socio prima di essere ricevuto in Congregazione deve fare tre prove. La
prima deve precedere il noviziato, e dicesi la prova degli aspiranti; la seconda è quella appunto
del noviziato, la terza è il tempo dei voti triennali.
2. Per la prima prova basterà che il postulante abbia passato qualche tempo in una casa
della Congregazione, oppure abbia frequentato le nostre scuole, mostrandosi costantemente
fornito di buoni costumi e d’ ingegno.
3. Se qualche adulto poi vorrà essere ascritto alla nostra Società e sarà ammesso alla
prima prova, innanzi di ogni altra cosa farà alcuni giorni di esercizi spirituali, quindi almeno per
qualche mese verrà impiegato nei vari uffizi della Congregazione, tanto che conosca e pratichi
quella maniera di vita che desidera abbracciare.
4. Compito il noviziato e accettato il socio in Congregazione, col parere del maestro {83
[281]} dei novizi, il Capitolo superiore può ammetterlo a fare i voti triennali. La pratica dei voti
triennali costituirà la terza prova.
5. Nello spazio di tre anni, in cui sarà legato dai voti triennali, il socio può essere
mandato in qualunque casa della Congregazione, purchè vi si facciano gli studi. E in questo
tempo il direttore di quella casa avrà cura del nuovo socio, come maestro dei novizi.
6. Durante tutto questo tempo di prove il maestro dei novizi, o il direttore della casa si
studino di raccomandare e di inspirare dolcemente ai nuovi soci la mortificazione dei sensi
esterni, e specialmente la sobrietà. Ma in tutto questo bisogna usare prudenza, perchè non
indeboliscano di soverchio le forze dei soci, quindi non riescano meno atti a compiere i doveri
della nostra congregazione.
7. Terminate in modo lodevole queste tre prove, se il socio vorrà realmente perdurare in
Congregazione coi voti perpetui, può essere ammesso dal Capitolo superiore ad emetterli. {84
[282]}
XV. Dell’ abito.
1. L’ abito della nostra Società sarà vario e secondo l’ uso di quei paesi, in cui i soci
dovranno stabilire la loro dimora.
2. I sacerdoti porteranno la veste talare, eccetto che la ragione di viaggio, o altro giusto
motivo persuadano diversamente.
3. I coadiutori, per quanto è possibile, andranno vestiti di nero. Ma ciascheduno procurerà
di fuggire tutte le novità dei secolari.
Formolario della professione religiosa pei soci di s. Francesco di
Sales.
Prima di fare i voti ogni confratello farà dieci giorni di esercizi spirituali, diretti
specialmente a riflettere alla vocazione, ed istruirsi intorno alla materia dei voti, che egli intende
emettere, qualora conosca chiaramente esser ciò secondo la volontà del Signore. Terminati gli
esercizi spirituali, si radunerà il Capitolo, e se si può si raduneranno tutti i confratelli di quella
casa. Il Rettore, o qualcun altro da lui delegato, con cotta e stola inviterà ognuno ad
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Don Bosco - Regole o Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales secondo il decreto di approvazione
inginocchiarsi. Quindi {85 [283]} tutti insieme invocheranno i lumi dello Spirito Santo,
recitando alternativamente l’ inno Veni, Creator Spiritus, etc.
Oremus.
Deus, qui corda fìdelium, etc.
Seguiranno le litanie della Beata Vergine coi versetti:
Ora prò nobis etc, e coll’ Oremus, Concede nos etc.
Dopo, in onore di s. Francesco di Sales, Pater, Ave, Gloria.
Ora prò nobis, beate Francisce.
Ut digni efficiamur etc.
Oremus Deus, qui ad animarum salutem etc.
Postosi pertanto il Novizio ginocchioni in mezzo a due professi e davanti al Rettore, o chi per
esso, questi gli farà le seguenti dimando in singolare, se avvi un solo novizio, in plurale se sono
più.
Rettore. Figlio mio, che dimandate?
Novizio. Dimando, mio Reverendo Superiore, di professare le Costituzioni della
SOCIETÀ DI s. FRANCESCO DI SALES.
R. Conoscete bene queste Costituzioni e le avete già messe in pratica? {86 [284]}
N. Mi pare di conoscerle sufficientemente, e di comprenderle secondo le varie
spiegazioni, che me ne fecero i miei Superiori. Ho fatto quello che ho potuto per praticarle nel
tempo del mio noviziato. E sebbene conosca la mia grande debolezza, tuttavia coll’ aiuto di Dio
spero di poterle in avvenire praticare con maggior esattezza e con maggior vantaggio dell’ anima
mia.
R. Avete ben compreso che voglia dire professare le costituzioni della Società di san
Francesco di Sales?
N. Mi pare di averlo compreso. Professando le costituzioni Salesiane io intendo di
promettere a Dio di aspirare alla santificazione dell’ anima col rinunciare ai piaceri ed alle vanità
del mondo, colla fuga di qualunque peccato avvertito e di vivere in povertà di spirito. Conosco
pure che professando queste costituzioni debbo rinunziare a tutte le comodità e a tutte le
agiatezze della vita, e ciò unicamente per amore del N. S. G. C, cui intendo consacrare ogni mia
parola, ogni mia opera, ogni mio pensiero per tutta la vita.
R. Siete dunque disposto di rinunciare al mondo, alle sue promesse e professare con voto
le costituzioni della Società di s. Francesco di Sales?
N. Sì, Reverendo Superiore, sono pronto, e di tutto cuore lo desidero e coll’ aiuto di Dio
spero di essere fedele alle mie promesse. {87 [285]}
R. Intendete voi di emettere i voti triennali o perpetui?
N. Se fa i voti triennali risponderà: Sebbene io abbia ferma volontà di passare tutta la
mia vita in questa Congregazione, tuttavia per secondare quanto prescrivono le nostre
costituzioni per ora fo' solamente i voti triennali, pieno però di fiducia che dopo di essi potrò farli
in perpetuo.
Se fa i voti.perpetui, dirà: Essendo mia ferma volontà di consacrarmi per sempre a Dio
nella Congregazione di s. Francesco di Sales, intendo di fare i voti perpetui, cioè di obbligarmi
cpn voto ad osservare le costituzioni salesiane per tutta la mia vita.
R. Dio benedica questa vostra buona volontà e vi conceda la grazia di poterla mantenere
fedelmente sino alla fine della vita, fino allora quando Gesù Cristo vi darà ampia ricompensa di
quanto avete abbandonato o fatto per Lui.
Ora mettetevi alla presenza di Dio e proferite la formala dei voti di castità, povertà ed
ubbidienza secondo le nostre costituzioni, che per l’ avvenire saranno regela costante della vostra
vita.
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Formola dei voti.
“Nel nome della SS. Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Io N. N. mi metto alla
vostra presenza, Onnipotente e Sempiterno {88 [286]} Iddio, e sebbene indegno del vostro
cospetto, tuttavia confidato nella somma vostra bontà ed infinita misericordia, alla presenza della
Beatissima Vergine Maria Immacolata, di s. Francesco di Sales e di tutti i Santi del Cielo, faccio
voto di povertà, di castità e di ubbidienza a Dio ed a voi N. N. Superiore della nostra Società,
(ovvero a voi che fate le veci del Superiore della nostra Società) per tre anni (ovvero in perpetuo)
secondo le costituzioni della Società di san Francesco di Sales.”
Tutti risponderanno: Amen.
R. Dio vi aiuti colla sua santa grazia ad essere fedele a questa solenne promessa sino alla
fine della vita.
Ricordatevi spesso della grande mercede che promette il Divin Salvatore a chi abbandona
il mondo per seguire Lui: egli ne riceverà il centuplo nella vita presente e la ricompensa eterna
nella futura. Se poi qualche volta l’ osservanza delle nostre regole vi tornasse di pena, allora
ricordatevi delle parole dell’ apostolo s. Paolo che dice: sono momentanei i patimenti della vita
presente, ma sono eterni i godimenti della vita futura; e che colui il quale patisce con Gesù Cristo
sopra la terra, con G. C. sarà un giorno coronato di gloria in Cielo. {89 [287]} Quindi il nuovo
socio scriverà il suo nome nel registro, compiendo la scheda seguente:
“Io sottoscritto ho letto e inteso le regole della Società di s. Francesco di Sales, » e
prometto di osservarle costantemente secondo la forinola dei voti da me ora pronunziata.”
Torino, ecc. anno ecc.N. N.
Dopo si reciterà il Te Deum; quindi se il Rettore giudicherà bene, farà una breve morale
esortazione, e si terminerà col salmo Laudate Dominum, omnes gentes etc.
CONCLUSIONE
A tranquillità delle anime la Società dichiara che le presenti regole per sè non obbligano
sotto pena di peccato nè mortale, nè veniale: perciò se qualcheduno trascurandole sarà reo
innanzi a Dio, ciò proviene non dalle regole direttamente, ma o dai comandamenti di Dio e della
Chiesa, o dai voti fatti, o finalmente dalle circostanze che accompagnano la violazione delle
regole, come il cattivo esempio, il disprezzo delle cose sacre e simili. {90 [288]} {I [289]} {II
[290]}
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