Don Bosco - La pace della Chiesa, ossia il pontificato di S. Eusebio e S. Melchiade
appicccarono il fuoco alla pira, cioè alla catasta di legno sovra la quale stava il cadavere; la pira
si consumò ed un’ aquila lasciata in libertà volò in alto portando, come essi dicevano, l’ anima
dell’ estinto in cielo. Giò fatto si raccolsero le ceneri di Marcello nipote di Augusto; anzi furono
le prime. Agrippa il console Pedone ed Ottavia sorella di Augusto ed altri della famiglia di
Augusto imperatore Claudio ed in ultimo l’ imperatore Nerva ebbero ivi riposo. Dopo quel
tempo il monumento non ricevette più ceneri non essendovi più spazio.
Così rimase chiuso fino all’ anno 409 dell’ era volgare, quando Alarico condottiero dei
Goti, popoli delle regioni settentrionali , concepì l’ audace disegno di impadronirsi di Roma e
dell’ impero. Il suo primo tentativo ebbe non pertanto un esito infelice, perchè venuto a battaglia
col prode Stilicone generale romano, fu sconfitto e fuggi. Ma dopo la morte di Stilicone precipitò
di nuovo in Italia con un nembo di barbari. Nessun ostacolo si {13 [185]} opponeva alla sua
marcia. Laonde i romani per liberarsi dal crudele nemico ne saziarono l’ avidità coll’ oro, e con
altri oggetti preziosi. Alarico ricevette il prezzo offertogli e si ritirò. Ma corse in Roma una terza
volta, la strinse d’ assedio, la prese, e l’ abbandonò al saccheggio dei suoi barbari. Nell’ avidità
di trovarvi oggetti preziosi sconvolsero anche le urne del mausoleo di Augusto; mentre nella
notte la città fu illuminata dalle fiamme del proprio incendio. Dopo tale avvenimento non si
trova più menzione del celebre mausoleo di Augusto fino al secolo XII in cui ne era padrona la
famiglia Colonna.
Nel 1167 vi fu guerra fra i Romani e quei di Toscoli, città in cui i Romani furono vinti.
Tal perdita fu attribuita ad un tradimento della famiglia Colonna, onde il popolo sdegnato corse a
vendicarsene su questo monumento, e lo distrusse da cima a fondo, rimanendo in piedi soltanto
quelle parti che presentavano una solidità insuperabile, e che sono quelle che oggidi rimangono,
cioè il recinto delle celle.
Il Panteon, le Terme di Agrippa.
Sopra tutti gli edifizi che esistevano nel campo Marzio è da ammirarsi il Panteon {14
[186]} di Agrippa, che quasi per intero ci venne conservato e consacrato a S. Maria detta della
Rotonda per la forma del tempio. Questo superbo e sontuoso tempio, il più insigne ed il più bel
monumento superstite dell’ antichità romana, è riguardato per la sua architettura un capo di
opera, si per l’ integrale sua conservazione, si per la solidità, per la eleganza delle sue forme, e la
regolarità delle sue proporzioni, per cui ottenne mai sempre l’ ammirazione universale. Tempio
che dalla sterminatrice mano e dei tempi,.dei barbari fu rispettato, perchè in certo modo fosse
monumento ai posteri della primitiva grandezza di Roma. L‘ iscrizione che si legge sulla faccia
esterna del portico ci dice che esso fu eretto da Marco Agrippa, genero di Augusto, nel terzo di
lui consolato, circa 27 anni avanti la nascita di G. C. Dedicollo a Marte ed a Giove vendicatore,
in memoria della vittoria ottenuta da Augusto contro Marc’ Antonio e Cleopatra. Lo dedicò
peraltro anche a Cibele madre di tutti gli Dei, perchè tutti in questo tempio avevano la propria
statua, chi di bronzo, chi d’ argento, chi d’ oro e chi di pietre preziose. Per questo il tempio fu
chiamato con voce greca Panteon, che significa a tutti gli Dei. Sotto l’ Imperatore Traiano fu
arso, {15 [187]} percosso dal fulmine; sotto Comodo soggiacque ad un altro incendio, ma altri
mperatori lo restaurarono. Consisteva in un gran corpo rotondo ed un portico al davanti. Per sette
gradini si ascendeva al portico; il che lo rendea ancora più maestoso. Ma al presente non ne
rimangono che due soli, perchè cinque restarono caperti dalla strada. Il pòrtico viene sostenuto
da 46 stupende colonne d’ un solo pezzo di granito orientale, e d’ ordine corintio: otto sono di
fronte e sostengono il cornicione, su cui erari un basso rilievo di bronzo, il quale rappresentava
Giove in atto di fulminare i giganti che, secondo la favola, avevano voluto dare la scalata al
cielo; le altre sostengono la profondità del portico. La cupola ed il portico erano coperti di tegole
di bronzo dorato, ma nel 363 furono tolte dall’ Imperatore Costantino per portarle a
Costantinopoli. Due grandi nicchie laterali si osservano all’ ingresso del tempio, le cui pareti
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