Don Bosco - Valentino o la vocazione impedita
I rimorsi, l'orrore al male mi hanno sempre accompagnato, ma non potei mai risolvermi a
ritornare indietro. L' ultimo delitto, inoridisco a dirlo, fu un assassinio. O cielo! che nefanda
parola! Un vostro allievo che riportò il primo premio di moralità; che voleva abbracciare lo stato
ecclesiastico oppure percorrere una luminosa carriera nel secolo, ora è costretto di coprirsi della
più nera infamia e chiamarsi assassino. Ascoltate. Dopo aver passato alcuni anni nel giuoco e nei
bagordi io mi trovava oppresso dai debiti ed inseguito dai creditori. Colla speranza di guadagno
aveva passata una notte nel giuoco con alcuni ribaldi. Quando trovandoci tutti senza danaro uno
di loro propose d'introdurci in una casa mentre il padrone dormiva, e commettere un furto.
Ognuno guardò fisso in volto il male augurato consigliere e tremò a quella detestabile proposta,
giacchè appartenevano tutti ad onesta famiglia, ma niuno ardì fare osservazioni - Con false
chiavi e con qualche rottura eravamo già penetrati in una {46 [224]} camera, scassinata una
cassa di ferro, già poste le mani sopra una vistosa somma di danaro, allora che svegliandosi il
padrone, « ai ladri, ai ladri si mette a gridare, ai ladri, » gridano i servitori, e tosto danno di piglio
a stanghe, bastoni, tridenti od altro che cadde loro nelle mani. Uno dei miei compagni per frenare
le grida di spavento e per difendersi sconsigliatamente sparò una pistola che andò a colpire un
braccio della moglie del padrone che giaceva tuttora in letto ammalata. Alle grida che si
andavano da ogni angolo elevando tentammo di fuggire, ma non fummo più a tempo. La forza
pubblica si era impadronita di tutte le uscite e noi in numero di cinque cademmo nelle mani de'
gendarmi. La povera ammalata sia per la ferita toccata, sia pel male che già aveva, o per lo
spavento che provò rimase convulsa e nel giorno seguente cessò di vivere. Intanto fummo tutti
condotti prima in una di poi in altra prigione. Finalmente dopo due anni uno fu condannato ai
lavori forzati a {47 [225]} vita, io e gli altri tre ad anni quindici della medesima pena. Ora sono
qui da tre anni; in vista della mia buona condotta mi vennero già condonati due anni. Chi sa che
qualche favorevole avvenimento non mi procuri altra diminuzione di pena!
O caro padre dell' anima mia, chi l'avrebbe mai immaginato che un vostro allievo, il
quale accolse con tanto piacere i vostri avvisi, e fu tante volte confortato dalle vostre carezze
dovesse un giorno diventare, orrendo a dirsi! un galeotto? Ora ascoltate dove andarono a
terminare tutte le agiatezze di mia famiglia ed in quale condizione io mi trovo. Da mattino a sera
condannato a duri e faticosi lavori senza altro compenso che continui strapazzi e non di rado
sonore vergate. Il mio letto è un duro saccone; una scodella di minestra al sale, un po' di pane e
di acqua sono il mio alimento quotidiano. Ma questo è niente. L'odio poi, il disprezzo, le
imprecazioni, le oscenità, le bestemmie che orrende e continue ci suonano all'orecchio {48
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ho coperto il mio nome, il tristo mio avvenire, la morte anticipata all'amato mio genitore sono
rimorsi che mi agitano giorno e notte. Forse voi direte: Come hai tu potuto diventare tanto
scellerato, mentre per cinque anni fosti cotanto buono con noi? Io non sono mai stato, nemmeno
adesso non sono un scellerato. Io sono un giovane infelice, uno sventurato, ma non perverso.
L'opposizione fatta dal padre alla mia vocazione, una guida infame mi condussero prima alla
frequenza di perversi compagni, di poi all'abisso in cui mi trovo. Ma la religione fu sempre meco
ed in ogni malvagia azione non potei mai dimenticare quella parola che con tanta bontà mi avete
più volte fatto risuonare all'orecchio: Se perdi l'anima tutto è perduto, se salvi anima tutto è salvo
in eterno. Ora conosco le enormità de' miei delitti, adoro la mano del Signore che mi ha percosso
e accetto {49 [227]} i miei mali in penitenza de' miei misfatti. Non so quale sia per essere il
futuro mio destino; ma se mai potrò un giorno uscir dal luogo del disonore, correrò
immediatamente ai vostri piedi; i vostri consigli saranno la norma delle mie azioni per tutta la
vita; anzi ho ferma speranza che nella vostra grande bontà sarete per darmi presso di voi una
qualunque siasi occupazione comunque vile, purchè io possa lavorare, far penitenza e salvarmi
l'anima. Vogliate intanto raccomandare caldamente ai genitori di giovani studenti di aprire
l'occhio se dove mettono i loro figli ad educare vi sia religione e moralità, nè mai si oppongano
alla scelta della loro vocazione. Ma non cessate mai di raccomandare due cose speciali a' miei
antichi compagni o ad altri giovanetti che si trovassero tuttora sotto alla vostra paterna disciplina,
che: 1° Fuggano i cattivi compagni come nemici funesti che conducono anima e corpo alla
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