Don Bosco - Vita de' sommi pontefici S. Lino, S. Cleto , S. Clemente
La città di Corinto era stata istruita nella fede da s. Paolo, e quei fedeli furono per molto
tempo proposti come modelli di virtù e santita. Ma dopo la morte del santo Apostolo
cominciarono a raffreddarsi nella fede, ed alcuni si studiavano di pervertire la verità del Vangelo,
predicando cose affatto contrarie a quanto egli aveva insegnato. Anzi alcuni laici vollero
mischiarsi nelle cose di religione e animati dallo spirito di cabala inventarono calunnie contro ai
sacerdoti, e perseguitandoli giunsero a farne deporre alcuni dai loro uffizi. Questa
insubordinazione all' autorità ecclesiastica dicesi scisma, la qual parola significa rottura o {65
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vogliono credere qualche verità di fede.
Tieni a mente, o lettore, che quando nascono simili turbolenze religiose, l'immoralità e i
disordini trionfano nei popoli. Così i Corinti cominciarono a dispregiare la religione, e facendo
quasi più nissun conto de' loro pastori, deridevano le verità, che loro si predicavano.
In mezzo a quei mali non trovarono migliore spediente che ricorrere alla Chiesa Madre e
maestra di tutte le altre, a quella di Roma. Papa s. Clemente ben informato delle cagioni di quei
mali, scrisse ai Corinti una lettera molto commovente e nello stesso tempo istruttiva, e si può
dire che è uno de' più belli monumenti delle antichità cristiane. Il Pontefice cominciò cosi: «la
Chiesa di Dio, che è a Roma, a quella di Corinto, a coloro che sono chiamati e santificati per la
volontà di Dio nel nostro Signor Gesù Cristo. La grazia e la pace del Signore onnipotente si
accresca sopra ciascuno di voi.» Quindi egli mette davanti ai loro occhi la pazienza e la dolcezza
del Creatore verso le creature che egli ha fatto dal {66 [402]} niente, la docilità con cui tutte le
creature ubbidiscono alla divina volontà; la sommissione colla quale i cieli, la terra, il mare e
tutto il mondo eseguiscono gli ordini del Supremo Signore. «Se noi consideriamo, egli dice,
quanto Iddio sia vicino a noi, e come niun nostro pensiero gli può rimanere occulto, noi
dobbiamo certamente studiar di evitare tutte le cose che sono contrarie a' suoi divini voleri, e
soggettarci a quelli che egli ha collocato sopra di noi. Dobbiamo frenare la nostra lingua e
dominarla coll'amor del silenzio. Educate i vostri figli in questi sentimenti, abbiate cura di far
loro imparare quanto sia grande la virtù della carità e dell'umilta presso Dio, e quanto sia
prezioso il timor di Dio» Il santo vuole che ognuno fugga l'ozio e la negligenza, perchè
solamente colui che lavora ha diritto di vivere. Indi continua cosi: «noi dobbiamo perciò fare con
zelo tutte quelle opere buone che possiamo, perchè Iddio creatore di tutte le cose si compiace
delle nostre proprie opere. Ciascuno mantenga l'ordine e il grado, in cui Iddio per sua bontà lo ha
collocato. Colui che è debole {67 [403]} rispetti il forte, chi è ricco assista il povero, e il povero
benedica Iddio del modo con cui egli provvede a' suoi bisogni. L'uomo savio faccia vedere la sua
saviezza non in parole, ma in buone opere. Chi è umile non parli con vanto di se medesimo, nè
faccia pompa delle sue azioni. Colui che è casto non si lasci prendere dalla superbia, sapendo che
il dono della purità non viene da lui. I grandi non possono sussistere senza i piccoli, nè i piccoli
senza i grandi. Nel corpo umano la testa non può far nulla senza i piedi, nè i piedi senza la testa.
Il corpo non può fare a meno dei servizi dei piccoli membri.»
Cosi il santo Pontefice insegna, che quelli i quali occupano gli ultimi posti nel mondo
possono essere i più cari a Dio. Egli ricorda ai pastori ed ai superiori che devono vivere
nell'umiltà e nel timore, e non proporsi altro scopo che la gloria di Dio nelle loro azioni.
Pieghiamo, egli dice, per tutti quelli che sono divisi, affinchè ottengano la moderazione e
l'umiltà, si sottomettano non a noi ma alla volontà di Dio.
Dopo di aver cosi accennate le virtù {68 [404]} e le obbligazioni proprie di ogni cristiano
per conservare la carità vicendevole, fa questo dolce rimprovero: «Perchè esistono tra di voi
querele e divisioni? Noi abbiamo tutti lo stesso Dio, uno stesso Cristo, uno stesso spirito di
grazia sparso sopra di noi, una stessa vocazione in G. C. Perchè laceriamo le membra sue e
facciam guerra al nostro proprio corpo? Siamo forse insensati a segno di dimenticare che siamo
gli uni membra degli altri? La vostra divisione, o fedeli, ha pervertito molte persone, altre ne ha
scoraggiate, e ci ha tutti immersi nell' afflizione. Togliamo prontamente questo scandalo,
gettiamoci ai piedi del Signore, supplichiamolo con un fonte di lacrime a perdonarci e stabilirci
nella carità fraterna.»
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