Don Bosco - Biografia del giovane Mazzarello Giuseppe
Giovanni Borelli, che, essendo di assai bassa statura, vi si accomodava a maraviglia, e faceva
ogni sera dei giorni festivi una predica con molto zelo e con molta soddisfazione dei giovanetti,
che numerosi intervenivano ad ascoltarlo. In quell’anno Monsignor Franzoni Arcivescovo di
Torino, amantissimo protettore di quest'oratorio, e che lo riguardava come luogo di benedizione,
venne ad amministrare il sacramento della Cresima in questa chiesuola. La funzione era
incominciata: quando il vescovo {82 [364]} salì all'altare, e dovendo secondo il rito mettersi la
mitra, ne fu impedito perchè urtava nella volta della chiesa.
Le due stanzette, alle quali salivasi per una scala così stretta che bisognava andar quasi di
fianco, furono destinate per abitazione di D. Bosco e della pia sua madre Margherita, la quale
appena seppe le angustie e i lavori del figlio corse per aiutarlo nella sant'opera.
I giovani che santificavano la domenica all'Oratorio erano circa 600, e D. Bosco
procurava ogni allettamento perchè si innamorassero del servizio di Dio. Quindi moltissime volte
dopo il mezzodì li conduceva a far belle passeggiate fuori di Torino, prendendo seco due o tre
somarelli carichi di varie specie di commestibili. Seguiva la musica istrumentale, che allora
consisteva in un violino, in una chitarra, in una tromba con un tamburrino. I giovani non erano
schierati, ma raccolti intorno al Direttore, che li ricreava raccontando qualche interessante
storiella. Quando esso era stanco {83 [365]} di parlare, ripigliava la musica ora vocale ora
istrumentale. Giunti al paese od al santuario fissato, una stupenda merenda li ristorava della
fatica del viaggio, e dopo breve riposo andavano in chiesa, dove prendevano parte ai vespri, alla
predica ed alla benedizione. All'avvicinarsi della notte si raccoglievano tutti intorno a D. Bosco e
qui cominciava il solito canto e suono per tutto il cammino sino a Torino. Alcune volte la
comitiva si fermava, e preso il buon prete, che voleva pur dire non facessero, lo sollevava in alto,
e a volere o non volere lo portavano in trionfo, come gli antichi Romani portavano sugli scudi i
loro imperatori. Entrando poi in città si faceva silenzio e ognuno si metteva schierato, e di mano
in mano che giungea al sito più vicino al proprio domicilio, ciascuno si separava dalle file e si
recava a casa sua. In quella guisa quando D. Bosco arrivava all'oratorio, avea appena seco alcuni
giovani che gli facevano compagnia. A gloria di queste camminate si vuol {84 [366]} notare che
con tanti giovanetti non legati da alcuna disciplina non avveniva il minimo disordine. Non una
rissa, non un lamento, non il furto di un frutto, quantunque il numero fosse stragrande.
Ma non è da farsene stupore. Questi giovani amavan D. Bosco con quell'amore col quale
i giovani si affezionano a chi loro vuol bene. Allorchè nei giorni feriali usciva per le vie della
città, si vedea ad ogni passo sulle porte delle officine giovanetti i quali correvano intorno a lui
per dargli il buon giorno. Guai a chi avesse fatto il minimo segno di disprezzo al loro prete; guai
a chi si fosse permesso di parlare meno bene di lui. Se qualche giovane dell'Oratorio fosse
invitato al male, bastava il pensiero del disgusto che ne avrebbe provato D. Bosco per ritrarlo dal
cattivo passo. Sembra incredibile, ma pure è cosi. Un suo desiderio era per essi un comando.
Questi fatti ebbero luogo fino all'anno 1847. In quell'anno crescendo il numero dei
giovani e così divenuta {85 [367]} ristretta la cappella, si apri in altro luogo della città, viale dei
Platani a porta. Nuova un secondo Oratorio sotto il titolo di s. Luigi Gonzaga col medesimo
scopo dell'antecedente. Divenuti insufficienti questi due locali l'anno 1849 se ne aprì un terzo
sotto il titolo dell'Angelo custode in Vanchiglia, altro quartiere di questa città. Il Superiore
ecclesiastico con tratto di grande bontà di moto proprio approvò il regolamento di questi Oratorii
e ne costituì Direttore capo D. Bosco, concedendogli tutte quelle facoltà che potessero tornare
necessarie ed opportune a questo scopo. Intanto non pochi giovani già alquanto avanzati in età
non potevano essere instruiti perchè di giorno dovevano trovarsi nei laboratori, furon quindi
aperte scuole serali; e in Piemonte fu D. Bosco fra i primi a dare principio ad una così utile
istituzione.
Ma un nuovo bisogno si faceva sentire. Molti giovani totalmente poveri, od orfani
mancavano d'alloggio e di vitto, D. Bosco pensò di ritirarli nella casa {86 [368]} di Valdocco, e
fatta accomodare l'unica soffitta diede principio al collegio. Durante il giorno i giovani andavano
alle officine, e alla sera avevano una refezione, e dormivano nell'Oratorio. In poco tempo crebbe
a circa 60 il numero dei ricoverati, e coll'aiuto di persone caritatevoli s'incominciò a fabbricare.
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