Don_Bosco-Biografia_del_giovane_Mazzarello_Giuseppe


Don_Bosco-Biografia_del_giovane_Mazzarello_Giuseppe

1 Page 1

▲back to top
Don Bosco - Biografia del giovane Mazzarello Giuseppe
BIOGRAFIA DEL GIOVANE MAZZABELLO GIUSEPPE PEL
SACERDOTE G. B. LEMOYNE
Direttore del Collegio-Convitto di Lanzo
TORINO
TIP. DELL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES
1870. {77 [359]}
[è premesso alle opere ristampate solo parzialmente; è premesso agli scritti attribuiti o attribuibili
a Don Bosco]
INDEX
Capo XIV. L'Oratorio di s. Francesco di Sales............................................................................2
Capo XV. Mazzarello entra nell’Oratorio di s. Francesco di Sales - Sua tribolazione nella
difficoltà dello studio...................................................................................................................5
Indice...........................................................................................................................................5
www.donboscosanto.eu
1/5

2 Page 2

▲back to top
Don Bosco - Biografia del giovane Mazzarello Giuseppe
[…] circostanze, e così fu consacrato figlio di Maria. Tutti eran commossi. Finita la funzione, lo
accompagnarono per alcun tratto di via. Ad un certo punto si fermarono: «Addio!» disse
Mazzarello. «Addio» risposero gli altri colle lagrime agli occhi. «Pregate per me!» e ciò dicendo
prese cammino alla volta di Torino.
Capo XIV. L'Oratorio di s. Francesco di Sales.
Prima che io racconti l'entrata del nostro Giuseppe nell'Oratorio di s. Francesco di Sales
non sarà discaro al lettore che dia un piccolo cenno della storia di questa casa della quale forse
avrà già udito a parlare.
Fin dall'anno 1841 il Sacerdote Bosco Giovanni, vedendo come la gioventù specialmente
operaia abbisognasse di essere avviata all'adempimento dei doveri del Cristiano ed allontanata
dai pericoli che suole incontrare nei giorni di festa, aveva {78 [360]} concepito un vivissimo
desiderio di consecrar tutta la sua vita al bene dei giovanetti, fondando oratorii festivi nei centri
più popolati della città di Torino. L'esempio di s. Filippo Neri in Roma lo incoraggiva e spronava
alla grande impresa. Senza alcun mezzo umano, fidando solamente nella Divina Provvidenza, e
per consiglio del celebre D. Cafasso si accinse all'opera. Il mattino di una domenica usci per la
città ed incontrati alcuni giovanetti che giuocavano li invitò a seguirlo, ed allettatili coi regalucci
e colle belle maniere fece prometter loro che la domenica seguente sarebbero venuti a trovarlo in
casa. Prometteva un piccolo premio a chi di loro avesse condotto altri compagni. Raccoltone così
un certo numero, pensò al locale per istruirli e ricrearli. Ma sul bel principio incominciarono le
difficoltà. Ricoveratisi al Rifugio, in via Cottolengo, una stanza serviva di cappella e la strada
pubblica di luogo di ricreazione. Ma essendo sconveniente quel posto, fissò il luogo di
ricreazione dei giovani {79 [361]} presso i molini della città. Di qui cacciati, tentò radunarli
nella chiesuola di s. Pietro in vincoli, ma alcuni vicini non volendo sopportare i clamori dei
giovani, dopo alcune settimane obbligarono D. Bosco a ritirarsi di là. Il paziente sacerdote non si
perdette d'animo e pensando che Domini est terra et plenitudo eius prese a pigione un prato in
Valdocco, dove oggidì appunto avvi una fonderia di ghisa presso a casa detta l'Oratorio di s.
Francesco. Qui all'aria aperta si radunavano circa 500 giovanetti, qui si ricreavano con ogni sorta
di giuochi, qui si confessavano al direttore, il quale li ascoltava seduto sopra una riva nell'angolo
del prato, qui recitavano una parte delle loro preghiere, qui si faceva loro la spiegazione del
Catechismo, e simili. Ad una cert'ora poi il suono d'una tromba li radunava e quindi si
incamminavano ordinatamente verso la chiesa indicata. Per via un dei più grandicelli
incominciava la preghiera del rosario a cui tutti gli altri rispondevano. Era meta di questo pio
pellegrinaggio {80 [362]} ora il monte dei Cappuccini, ora la Madonna di Campagna, Stupinigi,
Sassi, Soperga ed altri luoghi circonvicini. Ascoltata la santa Messa, fatta da alcuni la santa
Comunione, dopo un breve sermone si distribuiva a tutti pane e frutta per colazione, e quindi
ognuno se n'andava pe'fatti suoi. Il dopo pranzo si radunavano di bel nuovo nel prato di
Valdocco e la ricreazione terminava col cader della notte. Ma neanche in questo prato D. Bosco
fu lasciato tranquillo. Una domenica il padrone venne a congedarlo pel futile motivo che i
giovani calpestando il terreno toglievano perfino le radici dell'erba, risoluto a perdere il lìlto
purchè andasse via. Dove andare? che fare? Mentre il sacerdote Bosco stava in un angolo tutto
pensoso, una persona avvicinatasi a lui gli domandò se desiderasse prendere in affitto una casa
per aprire un'oratorio.. D. Bosco meravigliato acconsentì e subito andò a visitarlo. Trovò un
miserabile abituro composto di due camerette ed una tettoia {81 [363]} assai lunga per uso di
rimessa. Il contratto fu subito accettato ed ebbe stabile dimora l'Oratorio di s. Francesco di Sales
ove trovasi oggidì. Era l’anno 1845. La rimessa fu subito accomodata ad uso di cappella. Fu
d'uopo abbassare il pavimento di due gradini affinchè un uomo entrando non urtasse nel soffitto.
In questo sito si facevano le funzioni religiose. In un angolo di essa era una cattedra sopra cui
però non tutti potevano stare per predicare. Era per altro molto adattata all'infaticabile Teologo
www.donboscosanto.eu
2/5

3 Page 3

▲back to top
Don Bosco - Biografia del giovane Mazzarello Giuseppe
Giovanni Borelli, che, essendo di assai bassa statura, vi si accomodava a maraviglia, e faceva
ogni sera dei giorni festivi una predica con molto zelo e con molta soddisfazione dei giovanetti,
che numerosi intervenivano ad ascoltarlo. In quell’anno Monsignor Franzoni Arcivescovo di
Torino, amantissimo protettore di quest'oratorio, e che lo riguardava come luogo di benedizione,
venne ad amministrare il sacramento della Cresima in questa chiesuola. La funzione era
incominciata: quando il vescovo {82 [364]} salì all'altare, e dovendo secondo il rito mettersi la
mitra, ne fu impedito perchè urtava nella volta della chiesa.
Le due stanzette, alle quali salivasi per una scala così stretta che bisognava andar quasi di
fianco, furono destinate per abitazione di D. Bosco e della pia sua madre Margherita, la quale
appena seppe le angustie e i lavori del figlio corse per aiutarlo nella sant'opera.
I giovani che santificavano la domenica all'Oratorio erano circa 600, e D. Bosco
procurava ogni allettamento perchè si innamorassero del servizio di Dio. Quindi moltissime volte
dopo il mezzodì li conduceva a far belle passeggiate fuori di Torino, prendendo seco due o tre
somarelli carichi di varie specie di commestibili. Seguiva la musica istrumentale, che allora
consisteva in un violino, in una chitarra, in una tromba con un tamburrino. I giovani non erano
schierati, ma raccolti intorno al Direttore, che li ricreava raccontando qualche interessante
storiella. Quando esso era stanco {83 [365]} di parlare, ripigliava la musica ora vocale ora
istrumentale. Giunti al paese od al santuario fissato, una stupenda merenda li ristorava della
fatica del viaggio, e dopo breve riposo andavano in chiesa, dove prendevano parte ai vespri, alla
predica ed alla benedizione. All'avvicinarsi della notte si raccoglievano tutti intorno a D. Bosco e
qui cominciava il solito canto e suono per tutto il cammino sino a Torino. Alcune volte la
comitiva si fermava, e preso il buon prete, che voleva pur dire non facessero, lo sollevava in alto,
e a volere o non volere lo portavano in trionfo, come gli antichi Romani portavano sugli scudi i
loro imperatori. Entrando poi in città si faceva silenzio e ognuno si metteva schierato, e di mano
in mano che giungea al sito più vicino al proprio domicilio, ciascuno si separava dalle file e si
recava a casa sua. In quella guisa quando D. Bosco arrivava all'oratorio, avea appena seco alcuni
giovani che gli facevano compagnia. A gloria di queste camminate si vuol {84 [366]} notare che
con tanti giovanetti non legati da alcuna disciplina non avveniva il minimo disordine. Non una
rissa, non un lamento, non il furto di un frutto, quantunque il numero fosse stragrande.
Ma non è da farsene stupore. Questi giovani amavan D. Bosco con quell'amore col quale
i giovani si affezionano a chi loro vuol bene. Allorchè nei giorni feriali usciva per le vie della
città, si vedea ad ogni passo sulle porte delle officine giovanetti i quali correvano intorno a lui
per dargli il buon giorno. Guai a chi avesse fatto il minimo segno di disprezzo al loro prete; guai
a chi si fosse permesso di parlare meno bene di lui. Se qualche giovane dell'Oratorio fosse
invitato al male, bastava il pensiero del disgusto che ne avrebbe provato D. Bosco per ritrarlo dal
cattivo passo. Sembra incredibile, ma pure è cosi. Un suo desiderio era per essi un comando.
Questi fatti ebbero luogo fino all'anno 1847. In quell'anno crescendo il numero dei
giovani e così divenuta {85 [367]} ristretta la cappella, si apri in altro luogo della città, viale dei
Platani a porta. Nuova un secondo Oratorio sotto il titolo di s. Luigi Gonzaga col medesimo
scopo dell'antecedente. Divenuti insufficienti questi due locali l'anno 1849 se ne aprì un terzo
sotto il titolo dell'Angelo custode in Vanchiglia, altro quartiere di questa città. Il Superiore
ecclesiastico con tratto di grande bontà di moto proprio approvò il regolamento di questi Oratorii
e ne costituì Direttore capo D. Bosco, concedendogli tutte quelle facoltà che potessero tornare
necessarie ed opportune a questo scopo. Intanto non pochi giovani già alquanto avanzati in età
non potevano essere instruiti perchè di giorno dovevano trovarsi nei laboratori, furon quindi
aperte scuole serali; e in Piemonte fu D. Bosco fra i primi a dare principio ad una così utile
istituzione.
Ma un nuovo bisogno si faceva sentire. Molti giovani totalmente poveri, od orfani
mancavano d'alloggio e di vitto, D. Bosco pensò di ritirarli nella casa {86 [368]} di Valdocco, e
fatta accomodare l'unica soffitta diede principio al collegio. Durante il giorno i giovani andavano
alle officine, e alla sera avevano una refezione, e dormivano nell'Oratorio. In poco tempo crebbe
a circa 60 il numero dei ricoverati, e coll'aiuto di persone caritatevoli s'incominciò a fabbricare.
www.donboscosanto.eu
3/5

4 Page 4

▲back to top
Don Bosco - Biografia del giovane Mazzarello Giuseppe
A poco a poco manifestandosi in alcuni di essi germi di speciale bontà ed ingegno, si pensò di
incamminarli nella carriera degli studi. D. Bosco era solo, non aveva collaboratori, ma non si
sgomentò. Esso faceva tutto; il direttore, professore, maestro di musica, predicatore, assistente,
cuoco. Che giorni felici eran quelli, mi diceva uno degli antichi giovani della casa. Alla sera
tornando noi studenti dalle scuole di D. Picco, e di Bonzanino, e gli artigiani dalle officine, ci
portavamo in cucina colla nostra scodella in mano aspettando che D. Bosco, col suo grembiale e
col mestolo in mano ci versasse la minestra. Avutala, sicome non vi era refettorio, andavamo a
sederci sui muricci e sulle {87 [369]} zolle del prato e mangiavamo col miglior appetito del
mondo. Quindi ci radunavamo intorno al buon padre, il quale mentre cenava c'insegnava il canto,
e riuscimmo a musicare. Nelle feste principali cantavamo le messe ed i vespri nella nostra
cappella,e molte volte anche nelle chiese di Torino. Eran per noi giorni di trionfo, perchè fummo
i primi fanciulli che cantassero sulle orchestre; cosa che per 1'avanti non si era veduta.
Nulla mancava a noi figliuoli della Provvidenza. La signora Gastaldi, madre del Rev.mo
Vescovo di Saluzzo, ci usava ogni più tenera cura. Al sabato sera poneva sul letto di ciascheduno
di noi la camicia ed i fazzoletti, ed ogni mese le lenzuola, che essa stessa aveva fatto lavare, ed
alla domenica veniva a verificare se avessimo deposte le vesti sudicie. Quindi passava in rivista
le nostre mani per vedere se ci eravamo lavati, e visitava ad uno per uno tutti i letti; se non erano
fatti bene, o se i nostri vestiti erano trascurati, una sgridatina non mancava. Tornava poi alla {88
[370]} sua abitazione, facendosi portare dietro la roba sdruscita e vecchia per farla cucire o
sostituire con della nuova.
Intanto la casa che prima era solo in affitto potè essere comprata coll'aiuto di persone
benefattrici, e poscia si incominciò a fabbricare; le scuole e i laboratori furono costrutti, ed i
giovani non dovettero più andare fuori di casa per imparare il mestiere. Altri preti e chierici la
maggior parte educati nella casa si associarono a D. Bosco nella caritatevole missione, e così
anche le classi ginnasiali poterono compiersi nell'oratorio. Ma i giovani ricoverati essendo già
circa 500, l'antica cappella non poteva più servire, e perciò 1'anno 1851 fu posta la pietra
fondamentale di una chiesuola capace di circa mille persone. Ma crescendo sempre i fabbricati e
il numero dei giovani essendo già di 800, anche la nuova chiesa non era più sufficiente e si
dovevano escludere dalle funzioni quasi tutti gli esteri per mancanza di posto. Per questo motivo,
e perchè nel popolassimo borgo di Valdocco vi era {89 [371]} mancanza di chiesa, D. Bosco
progettò di fabbricarne una annessa al suo oratorio dedicandola a Maria sotto il titolo di
Ausiliatrice. Magnifico tempio in forma di croce latina, sopra una superficie di 1200 metri
quadrati, sormontata di una cupola di 27 metri di diametro. Fu messa la prima pietra nell'anno
1865 ed ultimata la fabbrica nel 1868. Maria stessa pose la mano ad edificarlo. Si può dire con
verità che oedificavit sibi domum Maria. Così che 1'Oratorio di s. Francesco di Sales fu quel
granellino di senapa mutato in un gran albero. I giovani oggidì sono sempre divisi in due grandi
categorie: di studenti e di artigiani. Per gli studenti avvi un gran locale apposito per le scuole, ed
un gran salone per lo studio della sera. Da qualche anno aumentando ognora più il numero degli
studenti, si dovettero aprire altre case succursali, una in Mirabello Monferrato, l'altra in Lanzo
Torinese, una terza nella città di Cherasco, ed una quarta ad Alassio nella Liguria. Oltre
all'istruzione classica {90 [372]} sono anche obbligati ad applicarsi alla musica vocale ed al
canto fermo. Per gli artigiani son vi vasti fabbricati e ciaschedun'arte ha il suo laboratorio. Son
divisi in sarti, calzolai, fabbriferrai, falegnami, legatori, fonditori di caratteri, tipografi, cappellai,
panattieri, musici, pittori. In generale poi son tutti studenti, perchè devono tutti frequentare la
scuola serale; ma coloro che manifestano maggior ingegno e miglior condotta sogliono da D.
Bosco essere applicati esclusivamente allo studio. E questo basti per avere una qualche idea
dell'oratorio di s. Francesco di Sales, e del suo scopo.
www.donboscosanto.eu
4/5

5 Page 5

▲back to top
Don Bosco - Biografia del giovane Mazzarello Giuseppe
Capo XV. Mazzarello entra nell’Oratorio di s. Francesco di Sales - Sua
tribolazione nella difficoltà dello studio.
Entrato Mazzarello nell'Oratorio, si presentò a D. Bosco e gli disse: «Son qui per
obbedire; qualunque cosa mi comanderà l'eseguirò puntualmente; {91 [373]}
Indice
INTRODUZIONE.....
CAPO I. Nascita del Mazzarello - Suo amore alla preghiera - Sua
avversione al peccato
CAPO II. Va a scuola – Sua divozione nell’ascoltar la santa Messa -
Sua prima Comunione
CAPO III. Entra nel corso di latinità - Interrompe più volte gli studi
CAPO IV. Fa voto di castità
CAPO V. Mazzarello entra nei Cappuccini, da cui deve uscire per
cagione di malattia
CAPO VI. Torna a Mornese - Vien messo ad una dura prova
CAPO VII. Impara il mestiere del sarto, e collocato in qualità di
fattore presso una ricca famiglia
CAPO VIII. Apre bottega da sarto - Sua smania pel guadagno - Suo
raffreddamento nella pietà
CAPO IX. Un buon libro
CAPO X. Le associazioni religios
CAPO XI. Le prediche
CAPO XII. Un buon amico
CAPO XIII. Conversione del Mazzarella - Sua generosa risoluzione
CAPO XIV. L’Oratorio di s. Francesco di Sales
CAPO XV. Mazzarella entra nell’Oratorio di s. Francesco di Sales -
Sua tribolazione nella difficoltà dello studio
CAPO XVI. Sua mortificazione ed obbedienza
CAPO XVII. Sua severità
CAPO XVIII. Sua pietà straordinaria nell’adempiere i suoi doveri
CAPO XIX. Suo amore ai parenti
CAPO XX. Ultima malattia e preziosa morte
pag. 3
9
14
19
25
28 {137 [375]}
pag. 34
39
46
52
57
61
64
71
78
pag. 91 {138 [376]}
101
108
112
118
124 {139 [377]}
www.donboscosanto.eu
5/5