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DON BOSCO
SOGNATORE
ISPIRATORE
PROMOTORE
EDUCATORE
FONDATORE
COMUNICATORE
SANTO

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SALESIANI 2013
In copertina:
Apriamo i nostri cuori
Missionari salesiani in Austria,
- Praveen Antony (dall’India),
- Simplice Tchoungang (dal Togo),
"Ogni paese è una missione - non ci
sono limiti per Dio e il suo Vangelo".
indice
Rettor Maggiore, Don Bosco scrive…
Don Bosco sopra i cieli di Pechino
Un concerto di mani
Formazione per i laici un modo per trasfor-
mare la società
Raccontare Don Bosco
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuita-
mente date”
Dammi gli uomini all'altezza delle mie
montagne!’
Il sogno di Don Bosco
Social Network Salesiano dai giovani per i
giovani
Canta per l’impegno sociale e la difesa dei
diritti umani
Magia alla Don Bosco
A proprio agio con Don Bosco
Un cuore che pulsa al centro del mondo
Romania, Essere Don Bosco oggi
Sicelo: ti stiamo aspettando!
La prima tipografia salesiana ha 150 anni
BIOSELVA: sviluppo rispettoso, sostenibile
Alla scoperta delle missioni salesiane
Creare una cultura missionaria per i nostri
giovani
Nigeria, il gigante giovane dell’Africa
Come agnelli senza pastore
Missionario riciclato
Dalla Valtellina alle Isole Salomone
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SALESIANI 2013
Edizione italiana, 8 dicembre 2012. Roma

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Tra “figo” e “sfigato”
CESAM: Centro salesiano per i giovani la-
voratori
Un supermercato come Scuola
Costruendo mattoni di pace!
Movimento Giovanile Salesiano Triveneto
Don Bosco oggi nel mondo del lavoro
Imparare l’arte della Vita
MGS Valencia: Programmi di Pastorale Giova-
nile
Un sogno, lungo un centenario
Famiglie in cammino alla scuola di don
Bosco
Tabernacolo di speranza
Due cuori ed un Carisma
140 anni a servizio dei giovani
Dono ricevuto, impegno da realizzare
Da allievo ad insegnante, la storia di Wil-
liam
Don Bosco scrittore
Un impegno attuale per la buona stampa
Scienza e tecnologia: al servizio di chi?
Il Vangelo attraverso i media
Shake & Pray, App per iPhone & Android
Una Radio fatta dai ragazzi di strada
I tascabili della fede, Libretti pratici per
ogni cristiano
Festiclip, clip per i giovani dai giovani
Nino Baglieri: apostolo instancabile
Dal “Inferno” alle porte del Paradiso
Un nuovo don Bosco
Santità famigliare
Don Filiberto González Plasencia, sdb
Amici e amiche,
Consigliere Generale per la SC
I “Salesiani” desiderano condividere con voi, a partire da questo numero,
un processo e un Progetto di Congregazione, che richiede un cammino di
preparazione che porti buoni frutti a tutti noi, in particolare per i giovani più
bisognosi della società: il Bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco.
La nostra rivista accompagna il cammino di questo grande evento
presentando opere, esperienze e testimonianze specifiche per ciascuno
dei tre anni di preparazione, culminando con quello della celebrazione
dall'anno che comincia il 16 agosto 2015. La finalità di questo nostro
cammino comune, che deriva dal “da mihi animas, cetera tolle”, è, nelle
parole del Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez, “assumere il pro-
gramma spirituale e apostolico di Don Bosco e la ragione del suo infa-
ticabile operare per “la gloria di Dio e la salvezza delle anime”. Così
potremo dirigerci ad incontrare l’origine del nostro carisma, il fine della
nostra missione, il futuro della nostra Congregazione”.
Tre sono le tappe che ci preparano alla celebrazione del Bicente-
nario, ciascuna segnata da tempi e temi programmatici: la prima tappa
si riferisce alla conoscenza della storia di Don Bosco dal 16 agosto 2011
al 15 agosto 2012; la seconda ci impegna nell’approfondimento, attua-
lizzazione e applicazione pratica della Pedagogia di Don Bosco, dal 16
agosto 2012 al 15 agosto 2013; la preparazione culminerà con l’appro-
fondimento e assimilazione della spiritualità di Don Bosco, e questa
terza tappa ci occuperà dal 16 agosto 2013 al 15 agosto 2014.
In questo numero condividiamo con voi ciò che abbiamo già vissuto
nella prima tappa, centrata sulla conoscenza della storia di Don Bosco: la
sua figura, la sua esperienza di vita, il suo pensiero. Lo studio di Don Bosco
è stata la prima condizione per poter comunicare il suo carisma e proporre
la sua attualità. Dice il Rettor Maggiore: “Senza conoscere non si può amare,
imitare e invocare; soltanto l’amore spinge alla conoscenza. Si tratta, poi, di
una conoscenza che nasce dall’amore e conduce all’amore”. Per questo
motivo vi renderete conto che il filo conduttore degli articoli non riguarda
unicamente la storia di Don Bosco, ma mira a far notare nella presentazione
delle persone, comunità, opere e progetti, che Don Bosco è ancora vivo,
che Don Bosco scrive ancora la storia.
Grato per l’accoglienza che continuate a dare alla Rivista “Salesiani”,
tutti noi del gruppo di redazione, vi invitiamo a collaborare con Don Bosco
e la Famiglia Salesiana per il bene dei giovani soprattutto i più poveri.
Vostro amico a vostra disposizione.
8 dicembre 2012
redazionerivistesdb@sdb.org, www.sdb.org, ©Direzione Generale Opere Don Bosco
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Don Bosco Scrive…
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Don Bosco
SCRIVE
Scrivo a voi,
come padre ed amico,
per mezzo del mio nono Successore.
Miei amatissimi figli,
Carissimi giovani
Ho ancora impresso nella mente e nel cuore
l’incontro avuto con voi a Madrid, il 17 di agosto
2011, nel grande cortile dell’Istituto Salesiano di
Atocha. Un’esperienza certamente indimenticabile
dal punto di vista emotivo, ma soprattutto molto
significativa dal punto di vista salesiano. Ho goduto
nel vedere il vostro senso di responsabilità, la vostra
fierezza di essere giovani impegnati nel vivere la
propria fede. Ho ammirato il desiderio di investire
bene la vostra vita, secondo il progetto di Dio ed il
sogno che custodite nel cuore. Mi sono commosso
nel vedervi pregare, accogliendo con gioia la Parola.
È stato un incanto guardarvi immersi nel silenzio
adorante di Gesù Eucaristia. Alla luce di tutto questo
la vostra allegria mi è sembrata ancor più bella, più
pura, più contagiante. Ho goduto poi nel vedere in
mezzo a voi, insieme a tanti giovani animatori, molti
Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice. Tra questi vari
Ispettori, delegati e delegate di Pastorale Giovanile. È
questo il loro posto! Presenti e attenti alla vostra vita,
ai vostri desideri e nello stesso tempo fedeli
accompagnatori della vostra crescita e del vostro
cammino spirituale.
Ora sono felice di sapere che mi state preparando
una grande festa per il 2015. Quassù, in cielo,
guardando il volto di Gesù, conosciamo tutta la
storia che si svolge sulla terra. È una storia bellissima
perché redenta, anche se, talvolta, voi ne vedete
solo i risvolti drammatici. Diversamente da quanto
forse pensate, non esistono distanze tra noi e voi,
poiché sapete bene che, dal momento in cui Gesù è
entrato nella storia con il Suo Natale, non c’è nascita
umana che non sia sacra, non c’è volto di bambino
che non abbia impressa nei suoi occhi la Luce
splendente del Redentore. Questa vicinanza rende la
mia presenza tra voi più autentica ed efficace, reale
come ai tempi dell’Oratorio di Valdocco in Torino,
con un vantaggio in più, quello di potermi render
vivo in tutte le presenze salesiane sparse nel mondo.
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“Il mio sogno …, il vostro sogno …,
il sogno di Dio”
Quel sogno dei nove anni, come vi ho ripetuto tante
volte, è stato l’evento che ha segnato la mia vita, che
mi ha dato, con il passare del tempo, l’ispirazione per
orientarmi nella scelta del campo dove operare, la
capacità di escogitare un indovinato sistema
pedagogico per conquistare il vostro cuore, la
temeraria pazienza di battermi per cambiare il
mondo, il vostro mondo.
Con l’aiuto del Signore invito anche voi, che siete la
“speranza fatta carne”, a trovare, tra le tante
suggestioni illusorie che vi raggiungono, il sogno
che vi rende persone creative.
Sognare con il cuore rivolto a Dio e con i piedi per
terra non è evasione, ma significa aprire la propria
vita a qualcosa di nuovo, che ancora non si conosce
del tutto, ma che si sente comunque significativo.
Vuol dire proiettarsi verso qualcosa che ancora non
si possiede, ma in cui ci si riconosce; vuol dire
scoprire con intelligenza la presenza di “un Dio che ci
accompagna” nel fluire dei giorni. Nessun progetto,
dal più modesto fino al più prestigioso, che riempia
di senso l’esistenza, può diventare realtà senza
essersi prima guidato e nutrito di un sogno. È
indispensabile, per fare scelte coraggiose dentro una
società liquida, senza anima e povera di valori,
ritrovare la forza di avere ampie visioni che
sradichino l'uomo dalla sua mediocrità e lo facciano
camminare verso cieli nuovi e terra nuova.
Al compimento del 58° anno, per comando di Papa
Pio IX, ho scritto la storia dei primi 40 anni della mia
vita, cui ho dato come titolo «Memorie dell’Oratorio
di San Francesco di Sales». Non l’ho fatto certo per
desiderio di immortalità o per bramosia di
grandezza. È un gesto che ho compiuto per amore,
un testamento spirituale per esservi di aiuto nel
presente e per il futuro. Vi invito a leggere questo
“vissuto”, non tanto per una curiosità storica del mio
passato, quanto perché, tra le righe segnate di
sangue e di sudore, scopriate che il fine di tutto è
realizzare appieno la vita. Capirete che quanti hanno
responsabilità educative devono necessariamente
intendere la propria vita come un servizio d’amore,
devono leggere il loro tempo come opportunità di
accoglienza, devono acquisire sapere non per
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SALESIANI 2013

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umiliare o manipolare, ma per “plasmare” il cuore, per
orientarlo a Cristo. L’educare ci rivela come
innamorati di Dio e dell’uomo, perché è un esercizio
pratico di carità.
Vorrei, mentre vi abbraccio tutti con affetto, rivelarvi
il più grande segreto del mio cuore. Ho sempre
creduto che la mia missione doveva avere una
caratterizzazione particolare: salvare i giovani
attraverso i giovani. Ho sempre voluto che il mio
amore per voi fosse missione condivisa da voi e che
voi stessi diventaste apostoli dei giovani. Conto su di
voi, scommetto la mia vita ancora una volta sulle
vostre capacità di rialzarvi, di ritrovare fiducia nella
vita, intuizioni per programmarvi un futuro di
solidarietà e di pace.
Nel formare il mio gruppo di Salesiani ho puntato
tutto sui giovani ed è stata una folgorazione
vincente. Solo voi giovani avete le potenzialità di
trasformare le vostre conoscenze in sapienza, e di
immettere questa sapienza nella vita. Non
ripiegatevi su voi stessi, viandanti stanchi e
rassegnati, ma interpretate la vostra condizione
umana come “avventura divina”, coinvolgendovi ed
integrandovi con tutti i figli di Dio sparsi nel mondo,
nella splendida Storia della salvezza.
Siate i nuovi profeti, uomini capaci di indicare nello
smarrimento degli spiriti la via da percorrere,
nell'incertezza del variabile il nuovo che Dio fa
germogliare nel cuore e nella storia. Il senso della
vita, come profezia e come missione, diventa un
tesoro immenso per la società.
Non c'è più tempo né spazio per la mediocrità,
poiché la tiepidezza e il grigiore spirituale ci stanno
forzando a nutrirci degli scarti culturali del nostro
tempo. Non sciupate, cari giovani, la vostra
giovinezza vivendola superficialmente, senza
bussola e senza energia! Sognate in grande! Fate
cose grandi nella vostra vita!
Con l’amore di un padre.
Roma, 31 gennaio 2012
Il vostro don Bosco
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SOGNATORE
Don Bosco sopra i cieli di Pechino
Un concerto di mani
Formazione per i laici: un modo per
trasformare la società
Raccontare Don Bosco
“Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date”
“Dammi gli uomini all'altezza delle mie
montagne!”
Il sogno di Don Bosco
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A quell'età ho fatto un sogno, che mi rimase profondamente impresso nella mente per
tutta la vita.
(Memorie dell’Oratorio)
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Don Bosco sopra i cieli di
Pechino
Il famoso sogno missionario fatto da don Bosco nella città di Barcellona è diventato
realtà grazie alla presenza della famiglia salesiana in ben 131 paesi del mondo. Con
questa realizzazione possiamo essere sicuri che la lunga linea dei figli di don Bosco
che era già stata tracciata mentre lui era in vita, ha con costanza coltivato le virtù
della Vergine Maria, seguendo quindi l’esempio del proprio padre fondatore…
Ma, nonostante tutto, c’è ancora una piccola
cosa che manca. Da Santiago del Cile, il
mondo è stato riempito dello spirito di Don
Bosco, per arrivare all’altro antipodo, a Pechino in
Cina dove la presenza dei salesiani non è ancora
ufficiale. Tutti gli altri luoghi e città citate nel
sogno, Hong Kong, Calcutta, Africa, Madagascar
hanno le loro presenze salesiane già ben radicate,
Pechino, che si trova alla fine della linea tracciata
dalla Vergine, resta un luogo dove l’amore di Don
Bosco per i giovani non si è ancora potuto espan-
dere. Cosa ne penserebbe quindi Don Bosco
oggi, a quasi 200 anni dalla sua nascita?
Forse è stato proprio Don Bosco a decidere che il
suo pellegrinaggio avesse luogo nei paesi del-
l’Asia orientale e dell’Oceania. All’inizio del pelle-
di Seo Jeongkwan Hilario
grinaggio in questa seconda regione, che
chiaramente include Pechino, signifi-
cante riferimento al sogno, ha
deciso di cercare il
miglior modo
possibile per avvicinarsi a
tutti quei poveri giovani che, con
grande ansia, aspettavano il suo amore pa-
terno.
L’urna di Don Bosco, dopo un lungo pellegrinag-
gio in America, è tornata in Italia, per poi prose-
guire verso la Corea del Sud ed iniziare così la fase
del pellegrinaggio nella zona Asia-Oceania. Il 25
ottobre 2010 alle 15.50 molte comunità salesiane,
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SALESIANI 2013

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in particolar modo quella della Pisana a Roma
dove risiede don Pascual Chávez (nono succes-
sore di Don Bosco) hanno ricevuto la notizia che,
in quel preciso istante, l’urna di Don Bosco si tro-
vava in volo sopra la città di Pechino. A Roma era
in corso la celebrazione della messa mattutina
quando è arrivata la notizia che il volo KE927 con
a bordo l’urna di Don Bosco in direzione Seoul
stava in quel preciso momento sorvolando i cieli
della capitale cinese. In quanto autore di questo
articolo, posso dire che è vero: perché stavo viag-
giando insieme a Don Bosco dall’Italia verso Seoul.
Don Bosco stava passando proprio sopra i cieli
della città che aveva sognato quella notte mentre
era a Barcellona, la città che tanto desiderava vi-
sitare per poter costruire un oratorio per i ragazzi
più poveri e bisognosi, la città dove era sua inten-
zione di fare da pastore ad un gregge per poi
condurlo ai verdi pascoli. È stato un passaggio
veloce, un vedere la città a 10.000 metri di altezza,
ma Don Bosco sa che le parole di Maria divente-
ranno realtà un giorno, e accorrerà da quei gio-
vani che da tanto tempo aspettano l’arrivo di un
padre che li ami.
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Un concerto
di mani
di Jean-Marc Marie Mutangala
«E’ lui o non è lui?»,
«E’ vero o è solo una statua?».
Molti dei presenti erano come persi
in silenziosi pensieri e continua-
vano a farsi domande , tutte che scatu-
rivano dal profondo del cuore. Ma è
stato anche un momento di stupore,
come quello del centurione Romano e
della sua famosa frase biblica «Davvero
questi è il Figlio di Dio» (Matteo 27,55).
La venerazione della reliquia di Don
Bosco è stata qualcosa di simile. Chi è ri-
masto semplicemente a livello delle ap-
parenze, ad una cosa che era visibile, non
sarebbe mai riuscito a toccare l’invisibile,
non avrebbe toccato il divino, la stu-
penda e straordinaria personalità di
fronte a sé nella guisa del Don Bosco che
i missionari avevano trasmesso. Ognuno
di noi, per percepire alcune cose con il
cuore, deve chiudere gli occhi.
Chiunque era in grado di fare il passo il-
luminato dalla fede, ha scoperto un
mondo pieno di grazia, un’opportunità
presentata su un vero e proprio piatto
d’argento grazie alla decisione presa dal
Rettor Maggiore, don Pascual Chávez,
ed il suo consiglio, di fare incontrare
Don Bosco ai giovani, in ogni parte del
mondo, qualsiasi essa sia, purchè vi sia
il canto del Magnificat da parte dei
poveri e dei giovani abbandonati.
È’venuto quindi a crearsi un vero e pro-
prio concerto di mani: tutti volevano
toccare Don Bosco, tutti volevano rag-
giungere e toccare le tracce visibili del
carisma salesiano. Don Bosco non era
quindi solo un’invenzione dei missio-
nari, era finalmente qualcosa di reale
per noi tutti: Don Bosco era lì, proprio
davanti ai nostri occhi.
Le strade erano stracolme di gente,
spesso pressata su entrambi i lati; ogni
persona aveva il desiderio di toccare
Don Bosco, e con le proprie mani. Mani
che si sporgevano alla ricerca, mani
che si intrecciavano! Se in Italia, per
una questione di scaramanzia, non
s’incrociano le mani per non formare
una croce con le braccia, al contrario,
qui nella Repubblica Democratica del
Congo, le mani di coloro che si cer-
cano a vicenda, le mani di coloro che
si amano, e anche di quelli che lavo-
rano, sì che si possono incrociare.
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SALESIANI 2013

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Don Bosco ha fatto visita alla Repubblica Democratica del Congo, nel
cuore dell’Africa, dal 16 marzo al 15 aprile 2012. Proveniente dalla città
di Brazzaville (Congo), Don Bosco è atterrato alle 9.30 del mattino a
Kinshasa. E, come in ogni incontro con un santo nell’ambito della
Chiesa Pellegrina, è stato un momento di silenzio, di curiosità e di
grandi emozioni che arrivano dal cuore.
Don Bosco era il santo della gente, e
così lo è stato per tutta la sua perma-
nenza in mezzo a noi. Il traffico era
sempre bloccato, una marea di giovani
erano in strada per toccare il corpo del
loro maestro. La colonna dei veicoli
che seguivano l’urna, in un caso, ha
dovuto addirittura fermarsi perché una
giovane ragazza si era sporta, con un
po’troppo entusiasmo dal finestrino di
un autobus perché con la mano
voleva raggiungere l’urna di San Gio-
vanni Bosco.
Don Bosco ha fatto piangere persone
che non avevano fede, nel momento
in cui si sono accorte di aver ricevuto il
dono di vedere nel proprio io. Ha zittito
alcuni miscredenti, che si sono resi
conto che tutto procedeva nel mi-
gliore dei modi, come se si venisse gui-
dati da una mano invisibile. Ha aperto
i cuori di molte persone a ricevere la
grazia del perdono ed essere così li-
berati dal peccato. Ha chiamato a sé
persone di varie classi sociali per incon-
trare Cristo attorno all’altare. È rimasto,
come sempre, il discepolo di Cristo,
che chiama e raccoglie le persone at-
torno alla tavola dell’agnello pasquale.
L’urna di Don Bosco ha fatto visita alle
varie comunità e opere di Kinshasa,
Goma e Lubumbashi. Per noi, questa
presenza è stata occasione di conver-
sione e di riscoperta del carisma sale-
siano. Ogni singolo gruppo della
Famiglia Salesiana ha anche avuto
modo di rinnovare le proprie pro-
messe.
Il pellegrinaggio di Don Bosco è
dunque una fonte di incoraggiamento
in questo periodo in cui ci avviamo
verso i 200 anni di presenza qui nella
Repubblica Democratica del Congo.
Quello che i nostri occhi hanno visto,
quello che le nostre mani hanno
potuto toccare, ci staranno accanto in
questo momento di rilancio del cari-
sma salesiano, nelle aree in cui siamo
già presenti qui in Congo, così come in
quelle dove non lo siamo ancora.
Quando la mano di una persona viene
a contatto con la mano di un santo,
non si può fare a meno di
essere spinti dalla motiva-
zione di alzarsi in piedi
e di portare avanti la
propria missione.
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2.6 Page 16

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Formazione per i laici
un modo per trasformare la società
di Randy Figuracion
In risposta alla sfida lanciata dal
CG 26, il DB-CLAY è nato nel
mese di ottobre 2002 nel sud
delle Filippine. Lo scopo è quello
di essere un centro di
formazione salesiana per laici
adulti e per i giovani, per far sì
che crescano con la figura di
Cristo al centro della loro vita,
diventino abili lavoratori,
testimoni e promotori di
trasformazione nelle loro
famiglie, nella società e nella
Chiesa. Il centro vuole dare una
formazione cristiana olistica,
ispirata dallo spirito ed esempio
di San Giovanni Bosco. Vuole
altresì essere un centro per i
laici e gestito anche da laici,
che hanno nel cuore la
missione salesiana e il desiderio
di condividerla con altre
persone. Attraverso questo, le
varie associazioni laiche che
collaborano con il centro
hanno uno spazio qualitativo
nelle varie attività e hanno
altresì modo di condividere le
responsabilità del lavoro
pastorale.
All’interno del negozio di falegna-
meria del Centro Don Bosco, Alex
del Mar tira un sospiro di sollievo. Piano
piano il bassorilievo “Il sogno dei 9
anni” sta prendendo forma. Le mani
degli artisti, sia salesiani che laici,
hanno fatto meraviglie con quel mate-
riale che vuole essere simbolo della
strenna 2012 del Rettor Maggiore. Alex
è sia il capo che uno degli artisti e non
può fare a meno di notare quanto
grande sia stato il contributo di due sa-
cerdoti salesiani: don Nioret e don Joel.
L’opera, una copia del poster della
strenna, realizzato da DOSA Comuni-
caciones e ispirato ad un dipinto di
Manuel Montes, sarà poi realizzata in
fibra di vetro. Una volta finito, avrà la
sua collocazione all’ingresso principale
del centro di formazione professionale
Don Bosco.
L’idea originale è di don Fidel Orendain,
precedente direttore del DB CLAY
(Centro don Bosco per adulti laici e gio-
vani), e dunque Alex si sta
prendendo cura della
realizzazione dei detta-
gli del progetto. Questa scultura-basso-
rilievo vuole essere una icone di quello
che il DB-CLAY è. L’idea di base è di espri-
mere il concetto “da lupi ad agnelli”. Per
realizzare questo sogno, si è richiesto un
grande sforzo di cooperazione da parte
di molti salesiani e di gruppi laici. È una
cooperazione nell’ambito dell’educa-
zione, che dunque coinvolge diverse ti-
pologie di persone.
Nel dare assistenza ai giovani per cre-
scere e diventare abili lavoratori e
onesti cittadini e poter così rispondere
alla chiamata verso la santità, il DB-
CLAY offre programmi come “Youth
Encounter”, (incontri per giovani),
“Youth Encounter for Yuppies”(incontri
per giovani imprenditori), incontri per
gli animatori di quest'ultimo, con semi-
nari e workshop, formazione dei leader,
seminari sulla sessualità, attività di
gruppo, ritiri spirituali. Recentemente
ha anche intrapreso progetti di forma-
zione per catechisti e lavoratori laici
nel campo della pastorale giovanile,
offrendo quindi i propri programmi
anche alla Chiesa locale.
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Un’importante elemento per un
coinvolgimento qualitativo dei laici è
che essi abbiano una adeguata
formazione
Una delle iniziative che ormai viene
portata avanti dal DB-CLAY ogni anno,
nel mese di ottobre, è il Congresso
“Beato Giovanni Paolo II” per la comu-
nicazione e destinato agli animatori
dei giovani e catechisti. Le attività di
questo congresso si basano tutte sulla
Conferenza John Paul II Catechetics
and Youth Ministry iniziata nel 2005
dalla casa salesiana di Parañaque, e ge-
stita dall’Ufficio Catechistico Salesiano.
Ognuno di questi incontri aveva lo
scopo di radunare gli animatori nella
pastorale giovanile che erano alla ri-
cerca di metodologie nuove e mo-
derne per l’educazione dei giovani
d’oggi.
La versione del FIS (Filippine del Sud)
intende mettere una maggiore enfasi
nel volere migliorare sia il contenuto
che le abilità dei giovani animatori e
catechisti nel comunicare la Parola di
Dio e, allo stesso tempo, creare delle
opportunità di aggregazione poiché
ogni partecipante è arricchimento per
gli altri dando testimonianza della sua
vita e condividendo con gli altri le pro-
prie esperienze della pastorale. Siamo
ormai giunti alla terza edizione di
questo meeting che si svolge nell’arco
di 3 giornate, meeting che coinvolge
un grande numero di operatori pasto-
rali che hanno il desiderio di maturare
nel loro servizio ed ogni volta riflettono
sul messaggio del Santo Padre che
viene divulgato in occasione della
Giornata Mondiale delle Comunica-
zioni. E’ necessario avere un tipo di
formazione integrale per tutti gli ope-
ratori pastorali. E da questi incontri è
anche nato un seminario-workshop
estivo, ogni anno nel mese di maggio,
e destinato in particolar modo agli in-
segnanti della vita cristiana.
Un’importante elemento per un coin-
volgimento qualitativo dei laici è che
essi abbiano una adeguata forma-
zione. Per rispondere a questa neces-
sità, la versione FIS del programma
Evangelium è stata introdotta come
parte integrante del DB-CLAY. Il pro-
gramma prevede un corso di 2 anni
nella Catechesi e nella Pastorale Gio-
vanile e si svolge ogni sabato. Vuole
dare un maggior livello di professiona-
lità ai catechisti e a coloro che sono
coinvolti nei vari ministeri della Chiesa,
con metodi di studio sistematici e pra-
tici. Allo stesso tempo, vuole anche ar-
ricchire la conoscenza delle dottrine
della Chiesa e fare acquisire metodi
pedagogici e strategie per diventare
migliori educatori nel campo della
fede. La speranza è che questo pro-
gramma dia personale qualificato che
può essere di aiuto nella missione
evangelizzatrice della Chiesa e che
possa anche trasformare positiva-
mente la società umana.
Manca ancora molto alla fine della rea-
lizzazione del bassorilievo. Ma Alex si
prende cura della realizzazione di
questo progetto ogni giorno. E così
anche la missione del DB-CLAY va
avanti nel desiderio di migliorare la for-
mazione e l'aggiornamento di molti
laici. Con una chiara visione di quel che
si vuole ottenere, il lavoro continua,
con quelli che già partecipano al pro-
getto in qualità di collaboratori della
vigna del Signore.
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2.8 Page 18

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Raccontare Don Bosco
Il teatro, la musica, i giochi, erano per Don Bosco le basi
pedagogiche dell’intrattenimento, riempivano i momenti del tempo
libero e, allo stesso tempo, incoraggiavano alcune delle qualità dei
ragazzi. Queste stesse cose, al giorno d’oggi, nel XXI secolo,
diventano modi per capire meglio la storia di Don Bosco.
Di solito, gli ex allievi delle giovani generazioni, artisti, poeti e
scrittori che sono venuti a contatto con la storia di Don Bosco hanno
cercato vari modi per ripresentarlo, di spiegarlo in modo migliore, e
lo hanno così reinterpretato in chiave moderna attraverso la musica,
opere di teatro, poesie e folklore. Tra questi possiamo citare i
carnevali in Uruguay e Brasile, o i vari musical sulla sua figura che
sono recentemente nati in tutti i continenti.
La storia di Don Bosco sarà sempre
attuale e potremo sempre capirla in
modo migliore se faremo uso delle
risorse che lui stesso ci ha proposto
come parti fondamentali della sua
pedagogia.
di Jaime González
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In Uruguay il“Gruppo teatraleTexas”, composto da ex allievi, ha preso
parte al Carnevale di Montevideo insieme ad altri 47 gruppi ed ha
rappresentato la vita di don Bosco sotto chiave di parodia. Come gli
stessi attori ce lo hanno descritto, attraverso la musica è possibile de-
scrivere alcuni aspetti del santo, la sua lotta contro tutto quello che
c’era di male per i suoi giovani, la sua profonda fiducia in Dio e la sua
missione educativa.
Un membro del gruppo, alla fine della performance, ha affermato:“Il
nostro desiderio di far conoscere agli altri la vita di Don Bosco è molto
importante, è la storia di un uomo che ci ha fatto da guida, ci ha inse-
gnato tanto, ci ha cambiati e ci ha dato la forza di cui abbiamo bisogno
per realizzare i nostri sogni, per quanto difficili essi possano essere”.
Spostandoci in Italia, il cantante e compositore Marco Anzovino ed
il fumettista torinese Giampiero Perone, hanno accolto la sfida di par-
lare di Don Bosco in una accattivante e moderna veste, usando il lin-
guaggio dei giovani di oggi. Lo spettacolo con il titolo “Don Bosco e
la forza del sorriso”ha quindi voluto presentare uno dei molti aspetti
della personalità del santo: il suo sorriso. Il suo carattere positivo ed
ottimista gli ha sempre dato modo, nonostante il difficile periodo
storico in cui è vissuto, di portare avanti un progetto destinato ai gio-
vani e, in particolar modo, per quelli più bisognosi, gli emarginati ed
ultimi della scala sociale.
Grazie a questa idea fatta di musica, parole, video, i due artisti hanno
accompagnato il pubblico in un viaggio attraverso la personalità del
santo, ponendo un grande accento alla grandezza del lavoro da lui
compiuto. Lo spettacolo ha infatti lo scopo di voler far capire ad ogni
singolo spettatore quanto il messaggio di Don Bosco sia ancora at-
tuale, pur a quasi duecento anni dalla sua nascita.
In Brasile, il 20 febbraio, la scuola di samba Reino Unido de la Li-
bertad ha vinto il primo premio del Carnevale di Manaus grazie al
loro spettacolo in onore di Don Bosco. Lo spettacolo, il cui titolo
era “Un ragazzo, un sogno, un lavoro: l’amore di Don Bosco diventa
realtà”, sottolinea cinque aspetti della sua vita: il sogno dei nove
anni, le Missioni Salesiane, i Salesiani in America Latina, i Salesiani
in Amazzonia ed i 90 anni della casa di Manaus.
La scuola di samba, in questo periodo, ha già raccolto la sfida di
creare qualcosa per il proprio 30mo di fondazione: un nuovo spet-
tacolo in onore di Don Bosco che, questa volta, descriverà una delle
cose più grandi che abbia mai compiuto, ovvero il diffondersi della
sua famiglia in 132 nazioni diverse. Secondo le parole del preside
della scuola, Fábio Pierre, sia la famiglia Salesiana sia la scuola di
samba sono stati il frutto di ottimi studenti spinti dal vivo desiderio
di costruire un mondo migliore attraverso il lavoro con i giovani
poveri e più bisognosi. Ed i principali mezzi
per ottenere i loro grandi risultati sono
stati proprio l’arte e la musica.
La scuola Reino Unido de la
Libertad ha già allestito
un’altra grande opera,
divisa in cinque atti,
ognuna delle quali simboleggiata da un galleggiante, a cui ha
preso parte una banda di 300 elementi ed un corpo di ballo/attori
di circa 400 persone. I due galleggianti principali sono stati quelli
dedicati all’Oratorio ed alle Missioni. Quello dedicato al sogno ed
all’oratorio ha visto protagonisti due clown che spiegavano come
si può affrontare la vita con gioia, dimostrando inoltre la totale de-
dizione di don Bosco ai ragazzi. E’ stata poi la volta di un prestigia-
tore, che indossava un coloratissimo abito e che, con la sua
bacchetta magica, ha sottolineato il modo in cui Don Bosco at-
traeva a sé i giovani.
Nel galleggiante dedicato alle missioni, in scena erano presenti
molti simboli che alludevano ai luoghi di lavoro dei Salesiani oggi,
ed allo stesso tempo, descrivevano l’opera evangelizzatrice di Don
Bosco. Un elefante a simbolo del continente africano, l’imponente
splendore del Taj Mahal e due pagode cinesi attorniate da tantis-
sime bandiere svolaz-
zanti come simbolo
dell’Asia. Sullo sfondo,
invece, una luce bianca, che
dava sensazione di pace,
emanata da un grande faro,
ambientato in Patagonia.
SALESIANI 2013
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2.10 Page 20

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di Chiemeka Utazi (intervista)
“Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date”
Don Bosco non ha mai smesso di attrarre a sé persone di ogni classe sociale e
religione, proprio come faceva anche quand’era in vita. Il suo carisma e fascino
sono rimasti vivi per mezzo del duro lavoro, la dedizione e la fedeltà dei suoi figli.
Questo stesso spirito ha anche ispirato molti giovani che sono entrati in contatto
con i salesiani, che sono presenti in molte parti del mondo.
Lo stesso spirito che ha mosso Mohamed
Abubakar (Pietro), un giovane artista di
Sunyani, piccolo distretto del Ghana, ad
avvicinarsi a Don Bosco.
Questa è la testimonianza di Abubakar:
Sono nato e cresciuto nella zona di Su-
nyani ma i miei genitori sono originari
del nord del Ghana. Pensavo di essere
stato uno dei bambini più sfortunati
al mondo perché provenivo da una
famiglia di sei persone, totalmente di-
strutta, e non avevo mai avuto nes-
suno che mi aiutasse a crescere. Avevo
lottato da solo per vivere per ben dieci
anni e non avevo nemmeno finito gli
studi. Ma Dio mi ha mandato qualcuno
ad aiutarmi e a farmi riottenere la spe-
ranza: un mio amico, alunno dell’Isti-
tuto Tecnico Don Bosco… è stato lui a
portarmi da Don Bosco.
La prima volta che ho messo piede nel
complesso ho visto tantissimi giovani,
alcuni giocavano, altri studiavano;
sono rimasto profondamente colpito
dal clima che c’era, volevo stare in
mezzo a loro, essere come loro.
Dunque, tornato a casa, ho iniziato a la-
vorare duramente e, grazie a Dio, sono
entrato a fare parte della casa di Don
Bosco. Era come un sogno che non
pensavo ci sarebbe mai potuto avve-
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SALESIANI 2013

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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rare. Ogni persona che incontravo
sembrava essere migliore di me.
Quando ho scoperto Don Bosco, ho
anche visto la grande generosità del
suo cuore. Ho incontrato così tanti gio-
vani che si trovavano nella mia stessa
e disagiata situazione ma, al contrario
di me, erano felici. Ormai non potevo
più fare a meno di stare lì ed ho quindi
deciso di non tornare più a casa. Avevo
trovato una nuova casa. Volevo restare
insieme a Don Bosco, anzi, volevo re-
stare qui nella casa salesiana, perchè è
qui che sono veramente felice.
Alla scuola professionale ho scelto il
Sono stato allievo dell'Istituto Don
Bosco per due anni e, in questo pe-
riodo, ho visto e poi anche vissuto in
prima persona un diverso stile di vita.
Alla fine degli studi avevo ancora da
pagare una parte delle rette scolasti-
che e per questo decisi di non conti-
nuare a frequentare poiché tanto ero
sicuro che non avrei mai trovato il
denaro che mi serviva. Ma nonostante
tutto, sono una persona che crede ai
miracoli e prego sempre. Un giorno mi
si avvicinò una ragazza dicendomi che
il preside mi voleva parlare. Ero terro-
rizzato per via della retta che ancora
non avevo saldato. Con mia grandis-
sima sorpresa il preside mi chiese di ini-
meno conoscono, in particolare dei
giovani e dei poveri. Nemmeno mi co-
noscono. E guardate ora… ho ricevuto
un’educazione, ho un lavoro e sono
una persona veramente felice.
Era poi anche nato in me il desiderio di
sapere perché i Salesiani erano così
buoni. Questo mi ha portato a riflettere
su che tipo di persona fossi, su quali
fossero le mie motivazioni e compor-
tamenti. In un certo senso, ho iniziato
a capire che avevo un’anima e improv-
visamente mi sono reso conto che era
importante che la salvassi. Questa si-
tuazione mi ha dunque spinto ad una
ricerca interiore per capire che cosa
Dio volesse da me e per il mio futuro,
così ho anche riflettuto sul fatto che
era stato Dio a darmi l’aiuto di cui
avevo bisogno e per mezzo della
figura di Don Bosco. Mi misi quindi a
pregare Dio che mi indirizzasse sulla
giusta via. Decisi di ricevere il batte-
simo e di iniziare a studiare la via di
Gesù e della chiesa cattolica e, per
questo, iniziai ad andare a catechismo.
Con il battesimo ho ricevuto il nome di
Pietro, ora sono cristiano e mi sento
davvero molto bene.
corso di commercio, un po’perché sen-
tivo di avere del talento in questo tipo
di studi, un po’ perché ero cosciente
che, vista la mia povertà economica,
non avrei potuto arrivare ad alti stadi di
scolarizzazione ma soprattutto perché
è stato Don Bosco a guidarmi in questa
scelta. Vedevo la sua immagine e quel
che mi colpiva è che era un insieme di
bellissimi colori. Il suo volto era ovunque
all’interno del complesso e continuavo
a chiedermi chi fosse quell’uomo. Iniziai
ad incuriosirmi poiché mi sembrava che
fosse qualcuno di molto importante.
Proprio per questo motivo iniziai a fare
dei dipinti con lui come soggetto.
ziare l’avviamento professionale. Dopo
un anno di avviamento ed uno di ap-
prendistato, sono stato mandato nella
capitale, ad Accra, per continuare gli
studi ed ottenere la qualifica all’inse-
gnamento. Don Bosco era il responsa-
bile di questa mia scolarizzazione.
Durante l’intero periodo della mia per-
manenza nella casa di Don Bosco, ho
sempre sentito una grande forza che
mi attirava a fare qualcosa; ma non
sapevo esattamente cosa; a volte riflet-
tevo… ero musulmano e non ero mai
venuto a contatto con persone simili.
Si prendono cura di gente che nem-
Quando ho visto l’urna di Don Bosco,
ho subito capito che devo tutto questo
a lui. Ero al culmine della felicità e avrei
voluto che non se ne fosse mai andato
da qui. Gli ho chiesto di avere lo stesso
spirito che ha avuto lui così da poter aiu-
tare altri ragazzi che non hanno nes-
suno che li possa aiutare. Ho scritto una
lettera ai Salesiani, dove dicevo di voler
andare ad aiutare nella loro Casa per Ra-
gazzi di strada. Ho il grande desiderio di
aiutare gli altri perché sono cosciente di
quanto sono stato a mia volta aiutato
da tante persone. Ho anche il desiderio
di andare nei villaggi ed insegnare alla
gente come tingere la stoffa e stam-
parla, così da fare dei piccoli oggetti per
sopravvivere. Ho ricevuto tanto e gra-
tuitamente, ora voglio rendere altret-
tanto, nello stesso modo.
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3.2 Page 22

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L’aspirantato missionario
Hubert D’Rosario a Sirajuli
nello stato dell’Assam,
India Nord-Est, è una delle
due opere speciali in
Congregazione, l'altra è a
Chennai: versioni
moderne dell’Istituto
Cardinale Cagliero di
Ivrea!
Dammi gli uomini
all'altezza delle mie montagne!’
di Joseph Pulinthanath
Da tempi memori, le più orientali
zone della catena dell’Himalaya,
nota al mondo come l'India Nord-Est,
sono state oggetto di tantissimi sogni,
tribù e promesse di svariato tipo, di-
stinte come la terra aspra stessa. Uno
di questi sogni ha avuto inizio nel
primo decennio del XX secolo, quando
undici uomini, armati di una saldissima
fede in Dio e colti da un ardore inarre-
stabile, hanno messo piede in queste
colline e nelle vite delle persone che lì
abitavano. Il primo gruppo di Salesiani
arrivava dall’Italia, ed era capeggiato da
don Louis Mathias: questo era solo l’ini-
zio di uno dei capitoli più avvincenti
degli annali della storia della congre-
gazione salesiana.
Il gruppo arrivò non certo senza sacri-
fici, dato che l’Europa era ancora coin-
volta nelle conseguenze della Prima
Guerra Mondiale, e la stessa congrega-
zione doveva affrontare una scarsità di
uomini e di mezzi. Ma, nonostante
questo, il Rettor Maggiore, don Paolo
Albera, accettò l’idea di mandare mis-
sionari in Assam non solo per la pres-
sante richiesta che arrivava dalla Santa
Sede, ma anche perché riteneva che lo
spirito missionario era parte integrante
della Società Salesiana.
I salesiani hanno messo piede a Shil-
long il 13 gennaio 1922, una data che
ha lasciato traccia nel tempo, un vero
e proprio giorno memorabile per il
Nord-Est. Da quel momento infatti il
destino di quasi 200 etnie diventerà
gradualmente e inevitabilmente
invischiato con quello per cui
quei salesiani e tutti gli altri
gruppi che arriveranno
dopo di essi decide-
ranno di lottare, con la
forza dell’amore e del
sacrificio.
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SALESIANI 2013

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Don Bosco, nel sogno fatto nell’aprile del 1886,
vide continenti e nazioni in cui i salesiani
avrebbero lavorato un giorno.
Ben presto l’India Nord-Est divenne
una delle missioni salesiane più sensi-
bile nel mondo alle differenze culturali.
Non è mai stato facile trovare persone
ed aiuti finanziari per il progetto delle
missioni oltreoceano all’interno della
congregazione. Tuttavia, è stato l'Isti-
tuto Cardinale Cagliero, a Ivrea, che è
venuto in aiuto della congregazione,
fornendo missionari ben preparati e
motivati. Don Filippo Rinaldi decise di
fondare un aspirantato destinato ai soli
missionari, e di dargli il nome di Ca-
gliero, primo vescovo e missionario sa-
lesiano. Lo scopo di questa istituzione
era la formazione di giovani salesiani
che sarebbero diventati missionari “ad
gentes”.
È degno di nota scrivere che l’Istituo
Cardinale Cagliero di Ivrea venne fon-
dato nel 1922, lo stesso anno in cui i
Salesiani arrivarono in Assam per la
prima volta. La terra promessa delle
missioni in Assam sarebbe stata fortu-
nata nell’avere come missionari una
schiera di uomini coraggiosi, degni
di ammirazione e capaci di miracoli
come, per esempio, Vendrame, Pia-
secki, Ravalico, Marengo e molti altri
che, come loro, avevano gettato le
radici del loro indomabile fervore mis-
sionario nell’opera di Ivrea.
splendore, fu capace di dare ben 1000
missionari, che vennero mandati in di-
versi parti del mondo tra cui, ovvia-
mente, anche l’Assam.
Il vescovo Michael Akasius Toppo
della diocesi di Tezpur ha ufficializ-
zato alla cerimonia di inaugurazione
e ha benedetto l’edificio, a cui è stato
dato il nome di un grande missiona-
rio e arcivescovo salesiano della dio-
cesi di Shillong. La data era quella
dell’11 novembre 2011 ed alla ceri-
monia era presente anche don Vaclav
Klement, Consigliere Generale per le
Missioni.
È stato proprio il Rettor Maggiore don
Pascual Chávez a lanciare la sfida e a
coinvolgere le varie regioni dell’India,
assai ricche di vocazioni, a voler seguire
quello che era stato fatto ad Ivrea e a
mantenere quindi vivo lo spirito mis-
sionario della congregazione. Don
John Almeida, allora ispettore del-
l'ispettoria di Guwahati, insieme ai suoi
consiglieri, hanno quindi preso la de-
cisione di fare il via a quest’esperienza
a Sirajuli, un villaggio che si trova nei
pressi dell’autostrada numero 52, 130
chilometri a nordest di Guwahati, ca-
pitale dello stato dell’Assam.
Da questo momento in poi la storia
delle 7 ispettorie dell’India settentrio-
nale, Guwahati, Dimapur, Silchar, Kol-
kata, Delhi, Mumbai, e Konkan non
sarà mai più la stessa. Sirajuli è il loro
punto diretto di collegamento verso le
terre di missione.
Don Bosco, nel sogno fatto nell’aprile
del 1886, vide continenti e nazioni in
cui i salesiani avrebbero lavorato un
giorno. Il ruolo dell’Istituto di Ivrea nella
formazione dei Salesiani che sarebbero
poi partiti per quelle terre è stato de-
terminante. C’è molto di cui essere
felici e grati e che, nonostante i tempi
siano cambiati, ed anche molto, lo spi-
rito di Ivrea non cessa mai di esistere.
Non muore ma viene bensì rigenerato
e rinasce invece in parti del mondo,
che all’inizio non erano conosciute alla
congregazione. Sirajuli, con i suoi at-
tuali 60 giovani che si stanno nutrendo
di questo sogno missionario ne è
l’esempio più tangibile..
Oggi, quasi 90 anni dopo, mentre assi-
stiamo ad una rinascita del Nord-Est
dopo anni di buio, è cosa assai gratifi-
cante vedere che il concetto di mis-
sione salesiana sta compiendo un
cerchio. La fondazione dell’aspirantato
Hubert D’Rosario nella città di Sirajuli
(Assam) è come se fosse una seconda
nascita dell’Istituto Cagliero di Ivrea
che, nel suo periodo di maggiore
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Il sogno di Don Bosco
intervista con Starsky
di Andrew Ebrahim
Per prima cosa, guarda il video "Il sogno". Ti accorgerai
che è un bellissimo mix realizzato da un ragazzo che è
appena approdato nel mondo del digitale. Starsky
Torchia ha diretto la realizzazione di questo breve fil-
mato ed è stato aiutato dai suoi compagni di classe,
scuola media, primo anno, della scuola Salesiana di
Chertsey. Era il loro personale contributo al "Progetto
Don Bosco". E come uno dei commentatori ha affer-
mato:
"La durata è di circa 12 minuti; momenti di azione dal
vivo, video, immagini ferme, un sottofondo musicale
ed effetti grafici, ed una storia raccontata in modo molto
chiaro - ha richiesto molto impegno e spirito di iniziativa.
Il messaggio salesiano è molto radicato nelle persone che
frequentano l'istituto di Chertsey!".
E di questo non c'è alcuno dubbio… è in assoluto uno dei
migliori lavori sul tema di Don Bosco che si possano trovare
su YouTube.
Il Sogno di Don Bosco è, per prima cosa, un'invito all'ascolto. Al
giorno d'oggi, non possiamo negarlo, le persone non hanno la pa-
zienza di ascoltare. A meno che uno non crei delle brevi presenta-
zioni (ppt) o che, ai propri discorsi, intervalli delle brevi clip,
l'attenzione del pubblico è assai più limitata del tempo di quella
di una volta. Ma questo lavoro è diverso. E' un racconto
dinamico, con effetti video che sono di grandissimo
aiuto all'audio.
E pensare che a dirigere tutto questo
è stato un ragazzo di appena
11 anni! E' proprio
questo che rende il
lavoro ancora più
meraviglioso. Beh,
diamo dunque la
parola a Starsky.
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3.5 Page 25

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http://www.youtube.com/watch?v=hRDV7XxsqaE
Dì qualcosa di te stesso – chi sei tu?
Ho 11 anni. I miei nonni sia da parte di papà che di mamma
sono italiani eccetto mia nonna che è francese. Io sono
Cattolico Romano. I primi cinque anni della mia vita li ho
vissuti in Germania, Italia ed anche in Inghilterra.
Chi c’è nella tua famiglia?
Io vivo con mia mamma, Maria, che è una danzatrice di
professione; mio papà, Sebastiano, fa l’attore; la mia
sorella più piccola si chiama Livia e mio fratello Tyler.
Quali sono le cose che ti piacciono e quelle che non ti piacciono?
Mi piace molto pensare a future invenzioni e fare dei modelli.
Mi piace molto anche fare del cinema per la famiglia e
sperimentare dei programmi come Word e Powerpoint.
Perché ti piace stare in una Scuola Salesiana?
Mi piace veramente stare in una scuola Salesiana
perché tutti sostengono e si prendono molta cura della
nostra condotta e ci incoraggiano per quanto riguarda il
nostro futuro. Don Bosco, poi, è una persona brillante da
ammirare. Mi son fatto tanti amici in poco tempo e tutti
gli insegnanti qui nella scuola Salesiana rendono
l’insegnamento molto interessante come un
divertimento. Sono sempre molto gentili e generosi con
noi. La scuola ci offre molte opportunità che potranno
esserci di aiuto in futuro.
Quale è stata la tua prima reazione quando ti è stato assegnato
il Progetto Don Bosco da fare come compito?
Al primo momento ero molto ansioso e pensavo alle
possibilità di fare un progetto e come presentarlo.
Ho deciso subito di fare un cinema, e dopo ho pensato a
come avrei fatto la bozza strutturale di questo cinema.
Come hai fatto a escogitare il tuo video?
Prima ho pianificato lo schema cronologico del mio
cinema e dove avrei messo i vari momenti o episodi; poi
ho filmato dei miei compagni di classe che litigano. Ho
quindi messo tutto questo nel movie e ho incominciato ad
aggiungervi delle foto, degli effetti sonori e dei titoli da
schermo efficienti per tutto il filmato. Ho chiesto ai miei
genitori di leggere alcune frasi da inserire nel sogno e ho
chiesto al mio insegnante di Religione, don Andrew, se mi
poteva imprestare il filmato degli alunni della sesta classe
che andavano a Kolkata per usarlo in parte nel mio cinema.
Quale è stata la cosa più interessante in tutto questo svolgi-
mento?
Ho scoperto molto di Don Bosco e che è veramente
interessante; come Don Bosco cominciò a lavorare,
iniziando da un contesto di ragazzo molto povero e
come sia diventato molto conosciuto dopo che si è
preso cura dei fanciulli, e abbia dato inizio ad una società
che è forte e importante ancor oggi.
Che cosa realmente ti ha impressionato della personalità di
Don Bosco?
Mi è piaciuto molto come approvava la lotta nel cinema
“Missione d’amore”, per dimostrare ai fanciulli che lui era il
capo e che dovevano dar retta a lui e non ignorare quello
che diceva cercando di sbarazzarsi di lui. Mi è anche
piaciuto il fatto che quando non riesce ad ottenere
qualcosa al primo tentativo, non si arrende e cerca ogni
mezzo legale per poter raggiungere il suo scopo.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro … che cosa intendi fare
con la tua vita?
Nel prossimo futuro desidererei concentrarmi ad
ottenere buoni risultati a scuola, e dopo spero di
impegnarmi con qualcosa che ha a che fare con il
cinema.
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3.6 Page 26

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ISPIRATORE
Social Network Salesiano dai giovani per i giovani
Canta per l’impegno sociale e la difesa dei diritti umani
Magia alla Don Bosco
A proprio agio con Don Bosco
Un cuore che pulsa al centro del mondo
Romania, Essere Don Bosco oggi
Sicelo: ti stiamo aspettando!
La prima tipografia salesiana ha 150 anni
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A che dunque potrà servire questo lavoro? Servirà di norma a superare le difficoltà future
prendendo lezione dal passato; servirà a far conoscere come Dio abbia egli stesso guidato
ogni cosa in ogni tempo; servirà ai miei figli di ameno trattenimento, quando potranno
leggere le cose cui prese parte il loro padre
(Memorie dell’Oratorio)
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3.8 Page 28

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SSaocliael Nseitawonrko
di Heriberto Herrera
Alle 8 di sera, una volta al mese,
gli schermi dei computer
iniziano a riempirsi di messaggi
di giovani con strani “nick”, i
nomi che vengono usati quando
si è online. È arrivato il
momento della “chat salesiana”.
Questi messaggi felici aiutano ad
identificare le persone che sono
coinvolte. Da Panama,
El Salvador, Costa Rica,
Argentina… è tutto un via vai di
SMS… La conversazione dopo
un po’ arriva ad un ben definito
argomento. Può essere una
conversazione alquanto caotica
ma, alla fine, un senso di
soddisfazione di aver condiviso
una identità comune c’è:
l’identità salesiana.
La sessione di chat è uno dei tanti
servizi offerti dalla versione online
del Bollettino Salesiano dell’America Cen-
trale. È possibile poi anche trovare la sua
corrispettiva versione cartacea. Edizioni
di repertorio possono essere anche loro
trovati all’interno del sito.
Le persone che hanno indicato la
loro preferenza con il “like” su Facebook
e Twitter sul nostro sito sono già più di
700 e il numero è sempre in crescita.
Ad ognuno di loro vengono inviate
delle e-news alla settimana.
Gli utenti scoprono, ogni giorno,
notizie nuove sul sito. Notizie che pro-
vengono dalle varie opere che noi sa-
lesiani abbiamo sparse nelle varie nazioni
dell’America Centrale. Alcune proven-
gono anche da canali di informazione
gestiti dalla congregazione o dalla Chiesa.
Ogni articolo non è fatto solo di testo,
ma corredato da una o più fotografie.
Un gruppo di 30 volontari è a capo
di questa grande fonte di informazioni.
Ognuno di loro ha frequentato un corso
di base con nozioni di giornalismo, di
fotografia di base, uso intelligente dei
social networks: 7 corsi della durata di
tre giorni l’uno. E, in futuro, non man-
cheranno certo degli altri corsi di ag-
giornamento.
Il sito, al suo interno, ha ben 3 blog,
che vengono aggiornati almeno una
volta ogni due settimane. Un salesiano
parla della propria vita, un giornalista
commenta il mondo di Internet, una
madre di famiglia scrive come il sistema
preventivo abbia grandi esiti nell’allevare
e crescere i propri bambini. Un altro
blog invece è destinato a coloro che
vogliono semplicemente lasciare un
messaggio intelligente e ricco di sensi-
bilità.
Ogni giorno c’è gente che lascia mes-
saggi sul sito. Chiedono informazioni
su come iscrivere il proprio figlio o figlia
a scuola, o magari come poter ricon-
tattare un salesiano che era stato loro
insegnante tanto tempo fa. Altri invece
lasciano commenti su argomenti im-
portanti e di attualità. Sono pochi coloro
che mandano messaggi offensivi ma,
anche per loro, c’è una risposta gentile
e rispettosa. E spesso ci rispondono
nuovamente, chiedendo scusa.
Il“muro”, invece, è un altro componente
del sito: qui ci pubblicizzano i futuri
eventi che avranno luogo nelle case
salesiane. Non mancano certo i concorsi
di fotografia o di scrittura su temi stabiliti.
I capigruppo trovano qui grandi risorse
per i loro incontri di preparazione per
la pastorale giovanile. Un video ogni
giorno, quasi sempre su YouTube, fa da
invito alla riflessione su importanti ar-
gomenti. Radio Don Bosco, gestita dalla
vicina Università Don Bosco, è stretta-
mente collegata al nostro sito.
Don Bosco in America Centrale è col-
legato sia a Facebook sia a Twitter.
Questi link infatti ci danno la possibilità
di avere una diffusione ampia dei nostri
messaggi. Ogni giorno infatti spediamo
un messaggio di Don Bosco che, centi-
naia di utenti sono ansiosi di ricevere.
Questa è la nostra chiave moderna
della tradizionale “parolina nell’orecchio”
che Don Bosco era solito usare.
I nostri utenti sono, in gran parte, gio-
vani e non possiamo dimenticare che,
in nostro aiuto, c’è anche un gruppo di
giovani adulti che hanno la responsabilità
di mantenere sempre affascinante ed
attraente questo importante mezzo di
comunicazione con il mondo dei gio-
vani.
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3.9 Page 29

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dai giovani per i giovani
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3.10 Page 30

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Juan
Francisco
Lastra
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Canta per
Juan Francisco Lastra è un exallievo del Liceo “Camilo
Ortúzar Montt” di Santiago e dell’Università Cattolica
“Silva Henríquez”. Oggi si sta affermando come
cantautore impegnato ed è stato nominato
Ambasciatore della pace e difensore dei diritti umani in
Cile. Juan Francisco racconta come nella scuola
salesiana ha imparato la musica e i valori che canta.
di ANS
Oggi, a 28 anni, Juan Francisco si dedica totalmente alla musica. La sua
passione impegnata è cresciuta pian piano fino a scoprirla come
vocazione.
Nei brevi tratti biografici pubblicati sul suo sito si legge: “Nel 1989 è
entrato nel Liceo Salesiano ‘Camilo Ortúzar Montt’, luogo dove ha
sperimentato diverse forme di espressione musicale e artistica, cercando
la risposta alle domande indomite che dalla fanciullezza si sono sommate
al bagaglio ancora carico di idee da esplorare”. Durante la sua permanenza
nel liceo salesiano, oltre a ricevere una formazione accademica e umana,
decise nell’ultimo anno di imparare a suonare la chitarra e
progressivamente s’interessò al lavoro di alcuni cantautori impegnati
come Violeta Parra, Silvio Rodriguez, Joan Manuel Serrat, Víctor Heredia,
Atahualpa Yupanqui. Così cominciò a scrivere le proprie canzoni.
Dopo il liceo, Juan Francisco si è iscritto a Educazione Fisica presso
l’Università Cattolica “Silva Henríquez”, laureandosi. Durante il secondo
anno fu invitato a partecipare con tre canzoni al festival “Víctor Jara”,
organizzato dalla stessa Casa Salesiana per gli Studi Superiori, ma la sua
esibizione si protrasse per circa un’ora. Capì come con la musica poteva
raggiungere le persone. “Credo che questa sia la prima qualità di un
musico, quando la gente riconosce che si trasmette qualcosa. Non tutti
coloro che salgono su un palcoscenico trasmettono qualcosa”.
Con il tempo e il succedersi delle esibizioni l’impegno di Juan Francisco si
è fatto più intenso. Ha conosciuto nuovi musicisti. “Ben presto la gente ha
iniziato a cercarmi per posta, internet, ascoltava i miei temi. Così ho avuto
il coraggio di fare un concerto con altri musicisti. Il mio pubblico ha
iniziato a crescere. In questa maniera si è consolidato il mio impegno di
cantante”.
Nel giugno dello scorso anno ha pubblicato il suo primo disco “Desde mi Calle a
la Imaginación”(Dalla mia strada all’immaginazione) che raccoglie 13 canzoni

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4.1 Page 31

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l’impegno sociale
e la difesa
dei diritti umani
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4.2 Page 32

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Magia alla
Don Bosco
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Ovunque una persona vada nel mondo salesiano, di
sicuro entra in contatto con un mago salesiano, e non
solo un principiante. Ci sono infatti molti membri della
Famiglia Salesiana che sono membri dell’Unione Pre-
stigiatori in tutto il mondo.
di Brian Barnes
All’età di nove anni, Giovannino
Bosco, già in quel periodo ragazzo
appassionato della lettura e bravo nel
raccontare le storie, fece uno dei suoi
famosi sogni, in cui c’era una turba di
ragazzi ed un uomo dall’imponente
aspetto che gli disse: «ti darò la mae-
stra sotto alla cui disciplina puoi diven-
tare sapiente». E quale miglior dono
avrebbe potuto ricevere Giovannino
se non il dono della saggezza! Non
dobbiamo dimenticarci che Giovan-
nino aveva solo nove anni, stava per
compierne dieci, e di quale meravi-
gliosa attività sarebbe stato capace nei
due anni a venire.
Mamma Margherita, ogni settimana,
portava Giovannino al mercato nella
piazza principale del vicino paese di Ca-
stelnuovo. Giovanni si rese subito conto
che i giocolieri e gli acrobati attraevano
intorno a sé un gran numero di per-
sone. Con astuzia capì che, se fosse
stato in grado di ripetere i loro numeri,
avrebbe potuto attrarre un numero
ancora più grande di persone che già
andavano a sentirlo raccontare storie.
Usando i doni dell’osservazione, della
memoria e di un esercizio pratico co-
stante, fu in grado di copiare i loro spet-
tacoli e aggiunse così al semplice
racconto delle storie, numeri di gioco-
liera e acrobazie, come il fatto di cam-
minare su una corda sospesa tra due
alberi. Era dunque diventato anche lui
una persona in grado di fare spettacoli!
La fase successiva di questo processo
di fare spettacoli fu cruciale. Giovanni
iniziò ad affascinarsi anche ai numeri
di magia. E capì che quello che lo col-
piva di quei numeri, avrebbe colpito
anche le persone che partecipavano
ai suoi spettacoli. E così passava le ore
a osservare i numeri dei magi, finché
non capiva da solo quelli che erano i
trucchi. Poi provava e riprovava, finchè
non si sentiva totalmente sicuro di sa-
perli fare da solo.
E, mano a mano che la confidenza au-
mentava, cresceva anche il repertorio
ed il numero degli spettacoli. Quegli
spettacoli comprendevano un conte-
nuto spirituale formato da preghiere
e omelie, condizione senza la quale
lo spettacolo non aveva nemmeno
luogo. Non era una cosa di certo facile
quella di attrarre le folle, ma Giovanni
era astuto e ricorda che i numeri di pre-
stigio erano una fonte di meraviglia.
Giovanni era totalmente determinato
a diventare sacerdote. Gli spettacoli
pubblici vennero quindi a essere sosti-
tuiti da ore e ore di studio e di lavoro,
per poter guadagnarsi il necessario.
Durante gli anni dell’adolescenza non
smise però mai di lavorare anche sulle
abilità di dialogo e di drammatizza-
zione. E quanto questi due elementi
diverranno importanti negli anni futuri.
La saggezza che era stata promessa al
piccolo Giovannino stava iniziando a
dare forma a molte delle sue decisioni.
Durante l’ultimo anno di scuola, quello
prima di entrare in seminario, venne
deciso che sarebbe stato ospite
della famiglia di un certo Tommaso
Comino. Giovanni non seppe resistere
alla voglia di fare “cose che facevano
trasecolare”. E come scrisse, «si comin-
ciò da taluno a dubitare che io fossi
un mago e che non potessi operare
quelle cose senza l’intervento di qual-
che diavolo». Tommaso Comino sentì
quindi il dovere di informare le autorità
ecclesiastiche di quello che Giovanni

4.3 Page 33

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Scuole e oratori hanno anch’essi i loro gruppi, una specie di palestra per i talenti in
erba. Gli allievi della scuola salesiana di Chertsey (Gran Bretagna), per esempio,
hanno la fortuna di avere come insegnante un vero esperto nel mondo della magia e
membro del Circolo Magico, un salesiano cooperatore. Ma cosa si nasconde dietro
questo mondo di magia ed illusione?
stava facendo e iniziarono i dubbi sul
fatto che potesse essere un mago e
praticamente della magia nera.
I rapporti fatti alle autorità ecclesiasti-
che arrivarono fino al canonico Burzio.
Il canonico si mise dunque a fare delle
ricerche, perché vedeva anche che
Giovanni aveva ottimi voti a scuola.
Chiese a Giovanni di dare lui stesso
delle spiegazioni. Per fare questo Gio-
vanni chiese in prestito allo stesso ca-
nonico il suo orologio. E quando egli
non lo trovò, Giovanni chiese di avere
in prestito una moneta. Il canonico
non riuscì nemmeno a trovare il porta-
monete e, con tono arrabbiato, disse a
Giovanni: «Briccone. O che tu sei servo
del demonio o che il demonio serve
a te». Giovanni alzò dunque
un paralume che era
lì vicino e fece
dunque
vedere al canonico che sia l’orologio
che il portamonete si trovavano lì. Con
il furioso canonico che chiedeva una
spiegazione dell’accaduto, Giovanni fu
costretto a rivelare il trucco. Spiegò
come aveva trovato sia l’orologio che
il portamonete e di come, in un mo-
mento di distrazione del canonico, li
aveva nascosti. Con grande sollievo
per Giovanni, il canonico scoppiò a
ridere e addirittura chiese a Giovanni
di insegnarli qualcuno dei suoi gio-
chetti.
Il 25 ottobre 1835 Giovanni indossò
per la prima volta l'abito clericale.
Quello stesso giorno, in modo del tutto
privato, fece alcune promesse che lo
avrebbero aiutato nel suo cammino
di miglioramento spirituale. Ironica-
mente, tra queste, c’è quella di «Non
farò mai più i giuochi de' bussolotti, di
prestigiatore…». Forse perché l’episo-
dio con il canonico Burzio lo aveva in
qualche modo segnato profonda-
mente. I numeri di prestigio avevano
fatto accorrere le folle quando Gio-
vanni era adolescente, ma forse non gli
sarebbero stati utili per il suo futuro mi-
nistero. Non potremo mai sapere che
cosa frullava in quel momento nella
mente di Giovanni, ma è sicuro che i
doni della saggezza e della compren-
sione hanno giocato un ruolo impor-
tante in questa decisione. Se Giovanni
non avesse deciso di smettere di fare i
numeri di prestigio quel giorno, forse il
Giovanni Bosco che ne sarebbe
emerso sarebbe stato un
personaggio assai
diverso.
SALESIANI 2013
31

4.4 Page 34

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A proprio agio con Don Bosco
di Erwin Joey E. Cabilan
Vista la passione per il catechismo, iniziai quindi a cercare delle famiglie religiose
dove mi sarei sentito più a mio agio nel ruolo di educatore nella fede. Una sera,
mentre studiavo, scrissi quindi una mail ai salesiani, dopo una visita al loro sito
web. Pregai “Signore, se non ricevo risposta entro due settimane, vuol dire che il mio
destino è di fare il catechista laico. In caso contrario, questo sarà un segno del fatto
che devo cambiare il mio stile di vita”. Il giorno prima della scadenza, infatti, arrivò
una mail del salesiano don Randy Figuracion. Ero in cerca della mia vocazione e,
non ci sono dubbi, Dio mi aveva trovato!
Ho sempre sognato, fin da piccolo,
di avere successo. Ho faticato per
ottenere quello che desideravo, ma ho
poi avuto la fortuna di una laurea di
primo livello in educazione, due lauree
di secondo livello, l’opportunità di
studiare all’estero, un lavoro da inse-
gnante e l’arricchente esperienza di
insegnare catechismo. Ho sempre as-
saporato ogni singolo momento della
mia vita nello stesso modo in cui lo fa-
rebbe un giovane scapolo.
Ma, ad un certo punto, ho iniziato a
chiedermi: “Non è che forse debbo
avere e fare di più o, al contrario, devo
essere qualcosa di più?”. Ho quindi ini-
ziato a riflettere seriamente su questa
domanda e proprio mentre cercavo
dentro di me una possibile risposta,
piano piano riaffiorava quel sogno che
avevo da bambino, il desiderio cioè di
diventare sacerdote.
Educatore nella fede
Il mio lavoro di catechista mi ha
sempre messo in contatto con molte
persone, ognuna con un diverso cam-
mino di vita e, in modo particolare, con
giovani catechisti che svolgevano
questa opera come volontariato tra i
giovani. Ho imparato a conoscere le
loro situazioni di vita e a comprenderle.
Vivendo con loro e come loro --- con
semplicità e povertà ed alla ricerca di
Dio --- sono così riuscito a capire,
amare e a seguire Don Bosco.
L’articolo 34 delle nostre Costituzioni
dice che “l’evangelizzazione e la cate-
chesi sono la dimensione fondamen-
tale della nostra missione educativa”.
San Giovanni Bosco è stato chiamato da
Gesù a lavorare in un vasto campo
quando, all’età di nove anni, fece un
famoso sogno. Ed io, come giovane sa-
lesiano, ho dunque il compito di fare
conoscere ed amare Gesù, in special
modo ai ragazzi poveri ed abbandonati.
Accompagnatore dei giovani
Condivido il dono della fede insegnando
nelle scuole pubbliche di Lawaan, Tabu-
noc e Cebu, così come nel mio lavoro
presso l’aspirantato del Don Bosco For-
mation Center di Lawaan.
32
SALESIANI 2013

4.5 Page 35

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La domenica, invece, aiuto all’oratorio
Don Bosco di Pasil, cercando di essere
per ogni oratoriano fratello, amico e
compagno e, allo stesso tempo, di ar-
ricchirne la fede. I giovani di Pasil sono
ragazzi semplici, ma allo stesso tempo
dotati di grandi talenti, accoglienti e
assai espressivi. Nonostante tutte le
lotte quotidiane che devono affron-
tare, hanno poi ancora la forza di sorri-
dere e di ridere. Sono sicuro che siano
un terreno fertile in cui è possibile se-
minare la Parola di Dio. La fede in loro
c’è, hanno semplicemente bisogno di
qualcuno che stia loro accanto e che li
aiuti a crescere.
Nello scorso mese di maggio sono stato
testimone di quanto il lavoro di volon-
tariato del gruppo dei catechisti abbia
aiutato le varie attività dell’oratorio. No-
nostante il baccano e l’inquietudine del-
l’inizio, tutti i bambini hanno poi aiutato
don Andy Mendoza e la santa Messa è
poi stata seguita con molta partecipa-
zione ed attenzione. Ho capito che il
frutto di questo apostolato non si vede
per forza nelle grandi cose. Una volta, alla
fine della Messa, un bambino è venuto
da me , mi ha preso la mano e ha fatto il
gesto della “mano” (un gesto di rispetto
che, nella tradizione filippina, significa ri-
spetto per una persona più anziana). Era
un semplice gesto di rispetto e gratitu-
dine per la mia presenza in mezzo a loro.
E, proprio grazie a questo piccolo ma
bellissimo gesto, ho capito che stavo get-
tando dei dolci semi in mezzo a quei ra-
gazzi. Nonostante la grande povertà in
cui vivono, sanno donare uno dei tesori
più grandi che esistono al mondo: l’ami-
cizia. Ed è proprio per questo che Gesù è
in mezzo a loro.
Non è certo facile passare da un luogo
all’altro del mio apostolato, questo crea
stanchezza fisica, a volte parecchia.
Ma mi rendo conto di essere come
una nave terrena della speranza e del-
l’amore di Dio e che, davvero, questa è
una delle cose più nobili che una per-
sona possa fare. Ho lasciato la mia fami-
glia ed i miei amici ma, insieme alla
famiglia salesiana e ai giovani, posso
dire che sì ho una casa: il cuore di don
Bosco. Con lui ho un unico desiderio
“Dammi anime, il resto non importa”.
SALESIANI 2013
33

4.6 Page 36

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Un cuore
che pulsa
al centro del mondo
Al
centro del mondo
c’è una casa. Proprio qui,
a Quito, nel centro del
mondo, i Becchi e Valdocco
accendono il cuore di un
continente.
di Javier Altamirano
Al centro del mondo… un'oasi. A soli 25 km a sud della linea
dell’Equatore, nella lunga valle di Quito, ecco una casa. È proprio
qui che un piccolo gruppo di Salesiani e laici accolgono membri
della Famiglia Salesiana per tre settimane. Le persone vengono qui
per far sì che i loro cuori battano in armonia con il cuore di un sem-
plice contadino sognatore, di un semplice prete fondatore di una
delle più meravigliose esperienze educative del mondo dei giovani:
l’Oratorio di Valdocco. Qui non c’è la catena montuosa delle Alpi,
ma quella delle Ande. Non si parla piemontese, ma varie forme dello
spagnolo dell’America Latina e del portoghese del Brasile. Ma una
cosa è certa: lo stesso cuore che batteva al Colle don Bosco e a
Torino nel 800 ora batte anche qui.
Siamo soliti chiamare questa casa “il Centro”, anche se il nome com-
pleto è Centro Salesiano Regional de Formación Permanente; in ita-
liano: “Centro Salesiano Regionale di Formazione Permanente”. La
nascita risale al 1974, come parte dell'ondata di rinnovamento del
post-concilio da parte dei Salesiani e venne creato per una Regione.
Oggi è diventato punto di riferimento per la Famiglia Salesiana in
tutto il continente americano, in particolar modo a partire dal 2000,
anno in cui è stata creata la Scuola di Docenza in Salesianità. Fino
ad ora sono già passati più di 400 tra insegnanti e animatori (sdb,
fma e laici) provenienti dalla Terra del Fuoco fino ad oltre i fiumi
Grande e Colorado, nel nord del continente, dove la lingua spa-
gnola comincia a fluire in inglese.
34
SALESIANI 2013

4.7 Page 37

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È un bell’edificio, con 24 confortevoli stanze, un’ampia sala per le
classi, 6 sale più piccole per i lavori di gruppo, una biblioteca
specializzata in Salesianità, un refettorio, una sala giochi ed una
Equatorebellissima terrazza panoramica. Ma, senza ombra di dubbio, la
parte più bella del complesso è quella della cappella. Si trova
esattamente nel cuore del Centro.
Il Centro si trova all’interno del grande complesso dell’Uni-
versità Politecnica Salesiana di Quito. È un bell’edificio, con
24 confortevoli stanze, un’ampia sala per le classi, 6 sale
più piccole per i lavori di gruppo, una biblioteca specializ-
zata in Salesianità, un refettorio, una sala giochi ed una bel-
lissima terrazza panoramica. Ma, senza ombra di dubbio,
la parte più bella del complesso è quella della cappella. Si
trova esattamente nel cuore del Centro. Vuole essere
espressione dell’anima di Don Bosco: accogliente e lumi-
nosa, invita al raccoglimento ed alla devozione. L’atten-
zione di chiunque entra qui è subito rivolta al Cristo Buon
Pastore, che prima si fa vittima ed altare per riportare poi
all’energia e bellezza della Risurrezione: un Cristo Risorto,
come uno sportivo che ha finito la sua corsa, con le brac-
cia spalancate, le mani rivolte verso l’alto, il torace che re-
spira quell’aria di vittoria che c’è intorno a lui… Tutto fa
pensare a quella domenica di Pasqua in cui Don Bosco
arrivò nella casa Pinardi dove l’oratorio iniziò ad avere la
sua sede fissa.
In questi dodici anni in cui sono stati centinaia gli allievi
della scuola di Docenza in Salesianità ognuno ha portato
con sé un particolare dono della propria personalità, dello
stile salesiano, della sua cultura e professionalità. La casa
infatti si riempie di colori brillanti, di gusti, suoni e canzoni
proprie delle diverse provenienze. Chi viene qui non viene
solo per ricevere e rafforzare il proprio carisma salesiano,
ma anche per trasmettere questo carisma ad altre per-
sone, dar loro nutrimento spirituale, condividerlo con gli
altri per aiutarli a crescere.
Il metodo di studio ha due componenti di base: la storia e
la teologia spirituale. La storia aiuta a conoscere Don
Bosco a partire dai fatti e a entrare nella sua mentalità at-
traverso gli eventi, le trasformazioni storiche e culturali del
periodo in cui è vissuto; la teologia fornisce una base per
studiare le profonde intuizioni che ha avuto ed i valori che
definisco la sua missione e la sua spiritualità nel contesto
della chiesa e della società. Qui si fa esperienza per poter
capire e si impara per poi poter comunicare. Il Centro di-
venta dunque un nucleo di irradiazione, di entusiasmo
coinvolgente, di passione, di conoscenza esperienziale, di
conversione. Una cosa è assolutamente chiara: nessuno
torna a casa come quando è arrivato. Nessuno resta indif-
ferente a quello che vive qui.
Tre livelli, una vita, molte vite. Nell’arco di tre anni (tre set-
timane per ogni anno) uomini e donne vivono insieme
nel Centro, con il desiderio di migliorare la propria vita e,
quella di altre persone. C’è poi anche un quarto livello, che
porta gli allievi del corso proprio sui luoghi di Don Bosco,
al Colle e a Torino. Dietro a questo progetto c’è un uomo,
un sognatore, uno storico e ricercatore con cuore di pa-
store, un educatore in gamba, mistagogo e “nonno” di tutti:
don Fernando Peraza.
Sono già molti coloro che, finito il corso, hanno cominciato
a produrre abbondanti frutti, incendiando il continente
come scintille nei campi assetati. Don Bosco è più vivo
oggi che dodici anni fa in queste terre sognate da lui, dove
ancora oggi ci sono molti sogni ma, sfortunatamente, ci
sono anche tanti incubi. Molti giovani, proprio come ai
tempi di Don Bosco, aspettano ansiosi di entrare in con-
tatto con salesiani appassionati (persone laiche e religiosi,
uomini e donne) che assicurino loro che l’oratorio non
cessi mai di esistere.
SALESIANI 2013
35

4.8 Page 38

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Romania Essere
Don Bosco
oggi
di Andrei Laslău
Ho iniziato facendo il chierichetto
nella mia parrocchia, poi ho fre-
quentato il seminario minore. Lì, cer-
cando qualcosa di diverso, mi sono
imbattuto in un libro sulla vita di Don
Bosco; era quel qualcosa di diverso che
cercavo: Don Bosco era il tipo di prete
che mi sarebbe piaciuto essere. Leg-
gendo la sua vita, le vicende del primo
Oratorio di Valdocco, mi sono immagi-
nato tra i suoi ragazzi.
La grande gioia è stata quando, incon-
trando i salesiani di Bacău, ho trovato
dei preti che sembravano usciti fuori
dalle Memorie dell’Oratorio: non solo
erano in mezzo a noi giovani, ma
erano il cuore di tutte le attività. Ho
pensato che la loro vita poteva essere
anche la mia vita.
Sono diventato salesiano nel 2009 e
dopo gli studi di filosofia fatti a Nave,
in Italia, i superiori mi hanno mandato
per il tirocinio pratico proprio a Bacău,
la mia città, per essere l’incaricato del-
l’oratorio. Chi avrebbe mai immaginato
che sarei stato mandato a fare il tiroci-
nio nel posto dove sono cresciuto
come animatore?
Nel posto dove sono
cresciuto
La realtà di Bacău è bella, ma com-
plessa. La città conta circa 200.000 abi-
tanti ed i salesiani sono in una zona
popolare. Il nome di Don
Bosco si sta diffondendo nelle case
della gente e si crea attorno una cul-
tura e un senso di rispetto. È un segno
del lavoro che stiamo facendo. La “casa
gialla”, ossia la nostra casa, è diventata
un centro di interesse ed un punto
d’incontro per i giovani ed i ragazzi del
quartiere e della città.
Se all’inizio si è cominciato solo con
l’oratorio, offrendo ai ragazzi un am-
biente sicuro dove poter giocare ed
imparare qualcosa di buono per la vita,
in breve tempo si è visto il bisogno di
dare anche qualcos’altro, e così le atti-
vità sono aumentate.
In comunità siamo 4 confratelli. Ab-
biamo l’oratorio, un centro diurno con
doposcuola, un centro per lo sviluppo
delle abitudini alla vita indipendente ed
un piccola scuola
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SALESIANI 2013

4.9 Page 39

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Sono Andrei Laslău ho 23 anni e sono di
Bacău, una città dell’est della Romania. Sono
cresciuto come tanti ragazzi della mia età, ma il
Signore, nei suoi progetti, mi ha portato su strade
che non avrei mai immaginato…
di corsi professionali per elettricisti ed
idraulici. C’è una buona collaborazione
con il comune ed anche con le parroc-
chie vicine. Importante è il contributo
degli animatori, che in buona parte
sono i ragazzi che animavo io prima di
partire per l’Italia. In media hanno 16-17
anni e sono un’esplosione di creatività.
Capita spesso che io abbia un’idea, la
condivido con loro ed insieme fac-
ciamo delle cose impressionanti, delle
attività molto apprezzate dai ragazzi.
Come ai tempi di Don Bosco: giovani
per i giovani.
Dai i libri di Nave, mi ritrovo immerso
in questa realtà che in parte già cono-
scevo, ma che nel tempo è anche
mutata. Le prime settimane sono state
tutte un’avventura per capire come
avrei potuto portare avanti le attività
già esistenti e quali avrebbero potuto
essere le possibilità per il futuro. Ma le
cose dovevano essere fatte comun-
que, è allora ho imparato man mano
che c’era bisogno.
L’oratorio ed il centro diurno sono le
attività che mi impegnano per tutta
la giornata: programmazione, siste-
mazione, incontrare i ragazzi e gli
animatori, i volontari, progettare, pre-
parare gli incontri e stare in cortile.
Alla “casa gialla” offriamo doposcuola,
attività manuali, corsi di musica e di
lingue straniere, gruppi sportivi, for-
mativi, come quello degli Amici di
Domenico Savio, e di clown, la banda
dell’oratorio. E queste sono solo le at-
tività dei tempi feriali. Poi in base al
calendario abbiamo anche altre pro-
poste come l’Estate Ragazzi, che
raduna oltre 350 ragazzi e circa 100
animatori.
Il dover aiutare i giovani a
sperare
Spesso mi chiedo se sono capace di
portare avanti il tutto. Per questo, e per
tutto il resto, c’è sempre la Grazia di Dio
che continua a seguirmi e a provve-
dere a tutte le mancanze.
I ragazzi ed i giovani di Bacău amano
sognare in grande. Nonostante le diffi-
cili condizioni di vita ed il futuro incerto
sanno essere ottimisti e sperare in un
paese migliore. I problemi in Romania
ci sono, come dappertutto, ma ammiro
molto la nuova generazione di giovani
che ha capito che la situazione non
cambierà se lasciano il proprio paese
per andare in Occidente; rimangono,
anche con un stipendio più basso, ma
continuano a sperare e a consolidare
un futuro per la Romania.
Come giovane, come salesiano e come
rumeno, mandato ad essere uno dei ra-
gazzi di Don Bosco a Bacău, mi sento
parte di questa nuova ondata. Il futuro
del paese avrà bisogno di tanti buoni
cristiani ed onesti cittadini e sento di
dover aiutare i giovani a sperare, ma
anche a dare una base solida ed ogget-
tiva alla loro speranza. Questo è quanto
facciamo come salesiani sia attraverso
la formazione professionale e sia attra-
verso la formazione per la vita.
SALESIANI 2013
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4.10 Page 40

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L’Oratorio Don Bosco non ha
mai cessato di svilupparsi e
crescere fin dall’arrivo dei primi
salesiani nel 1949. L’Oratorio
raccoglie in particolar modo la
gente del luogo nel 'Bosco
Village', bambini della classe
operaia e staff del “St. John
Bosco College”.
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SALESIANI 2013
Sicelo:
di Clarence Watts
Il coadiutore salesiano, Maurice
Bondioni, è stato il primo salesiano
ad arrivare a Daleside, Johannesburg
per andare ad abitare nella prima
casa che, una volta, era nota come
Transvaal (oggi parte della provincia
di Guateng). La data era quella del 2
marzo 1949. Il 14 novembre 1949 ar-
rivarono i primi studenti ed ebbe
così inizio la scuola, in un piccolo edi-
ficio, a cui venne dato il nome di
“Scuola Don Rua” che, con il passare
del tempo, è arrivata ai 900 allievi at-
tuali.
Poiché l’area attorno al 'Bosco Centre'
cresceva, anche il numero dei ragazzi
che volevano far parte dell’oratorio
aumentava. Il “Bosco Centre” è cir-
condato, in gran parte, da campi e
fattorie; quindi le zone di Drum-
balde, Daleside, Walkerville e De
Deur hanno iniziato ad espandersi.
La scuola Michele Rua, all’inizio, nel
1949, una scuola di campagna, piano
piano si è sviluppata, con il conse-
guente risultato di essere stata sposta
di 500metri verso la strada che porta
al “Bosco Centre” e raccoglie giovani
dalle aree agricole sopra citate e
sotto la guida di don Dino Miotto.
Il mio primo contatto con l’Oratorio
è stato nel 1994 quando, come pre-
novizio, ero sotto la guida di don Paul
Borok Kim della Corea del Sud. L’ora-
torio aveva luogo ogni domenica
dalle 13.30 alle 16.30 e consisteva in
un momento di preghiera iniziale, un
messaggio, divertimento e giochi. La
giornata si chiudeva con una pre-
ghiera. I giovani che vi partecipavano
arrivavano della vicina zona rurale di

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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ti stiamo aspettando!
Oratorio Don Bosco, Daleside
Daleside, mentre la maggior parte dei
giovanissimi dal 'Bosco Village'. I gio-
vani erano all’incirca 40.
Una nuova sfida
Tornato dai miei studi in Kenya nel
2008, mi venne dato l’incarico di Di-
rettore dei programmi al “Bosco Youth
Centre”. In quel periodo il direttore
dell’oratorio era il chierico Lingoane e
lo sarebbe stato fino al mese di luglio
del 2009 quando poi sarebbe partito
alla volta dell’Italia per continuare gli
studi di teologia. Sotto la sua guida
l’oratorio era cresciuto tantissimo.
La zona da cui arrivavano i giovani
per prender parte all’oratorio si era
espansa fino a raggiungere Sicelo
(Meyerton). In molte delle nostre riu-
nioni dei vari referenti dell’oratorio a
lungo abbiamo discusso su come
risolvere il problema del trasporto,
considerando il fatto che avevamo
a disposizione solo due pulmini,
ognuno dei quali per 8 persone. Ri-
cordo ancora una domenica in cui
don Roy ed io dovemmo fare per 6
viaggi andata e ritorno per Sicelo.
In uno di questi incontri, Zanele, uno
dei responsabili più giovani, disse che
c’era una zona di ricreazione libera e di-
sponibile a Sicelo; era dotata di campo
da calcio, uno da netball, una grande
stanza e un parco giochi per i bambini
più piccoli. Iniziai quindi a pensare e a
fare ricerche sul fatto di postare la sede
dell’oratorio a Sicelo, zona da cui
veniva il maggior numero dei ragazzi.
Chiedemmo anche i necessari per-
messi al consiglio comunale di Mid-
vaal. Ci venne risposto che non
avevano nessuno problema a fare uti-
lizzare a noi salesiani gli spazi del “Sicelo
Sports and Recreation Centre” alla do-
menica.
La comunità del “Bosco Centre” ap-
provò il trasloco dell’oratorio e così il
22 maggio 2011 venne aperto uffi-
cialmente l’oratorio di Sicelo con 50
giovani. L’oratorio funziona tutte le
domenica dalle 14 alle 16. Il team
del“Bosco Centre”è responsabile del-
l’animazione che, ogni mese, pre-
vede attività diverse; ad agosto, per
esempio, abbiamo parlato dei pro-
blemi delle donne, a settembre
invece gli incontri sono stati incen-
trati su temi di cultura e tradizioni
locali.
Il numero medio di giovani che fre-
quenta l’oratorio varia dagli 80 ai 100.
Questi giovani aspettano con così
tanta gioia l’oratorio domenicale e
siamo grati alla Ferrero che ci dona il
suo cioccolato, che di tanto in tanto,
possiamo poi così offrire ai nostri ra-
gazzi.
Non smettiamo mai di lottare affinché
l’oratorio sia un luogo di apprendi-
mento, di preghiera, di gioco e che
ognuno si senta come a casa propria.
Con questa esperienza in mezzo ai gio-
vani che si svolge ogni domenica a
Sicelo, noi salesiani diventiamo missio-
nari in mezzo ai giovani e chissà se un
giorno non vedremo i frutti di questi
nostri sforzi fatti sempre con l’intento
di seminare il seme del vangelo in
mezzo alla gioventù. La parola Sicelo,
in lingua Sotho significa “chiedere”.
Sono stati i giovani della zona che ci
hanno chiesto… e noi abbiamo rispo-
sto alla loro chiamata.
SALESIANI 2013
39

5.2 Page 42

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La Tipografia fondata da
Don Bosco celebra 150°
anni. Avviata in maniera
familiare, ha raggiunto
ben presto l’eccellenza
nel campo della stampa
e della legatoria
divenendo scuola
professionale e forgiando
generazioni di abili e
apprezzati artigiani e
maestri del libro.
La prima
tipografia salesiana
ha 150 anni
di ANS
Ametà dell’Ottocento Don Bosco
capì che il futuro sarebbe stato
nella capacità di comunicare. Un
giorno depose sopra un tavolino i fogli
stampati di un libro che aveva per
titolo “Gli Angeli custodi”, e chiamato
un giovane gli disse: «Tu farai il lega-
tore!». «Io legatore? Ma come farò se
non so nulla di questo mestiere!» ri-
spose il ragazzo. «Vieni qua! – insistette
Don Bosco – Vedi questi fogli! Siediti al
tavolino: bisogna cominciare dal pie-
garli». Lui stesso si sedette con il gio-
vane e insieme piegarono i fogli. Poi
con l’aiuto di mamma Margherita si
cucì. I giovani intorno ridevano. «Voi
ridete – esclamò Don Bosco – ma io so
che in casa nostra ci deve essere
questo laboratorio dei legatori, e
voglio che s’incominci».
Alla fine del 1861 Don Bosco fece col-
locare in un locale appositamente co-
struito due macchine a ruota e un tor-
chio. Il banco e le casse per i caratteri
furono preparati dai falegnami della
casa. Vedendo quell’attrezzatura non
proprio moderna, i giovani che dove-
vano iniziare il lavoro, non erano entu-
siasti, ma Don Bosco li incoraggiava:
«Vedrete! Avremo una tipografia, due,
dieci tipografie. Vedrete!»
La prima – ma non l'ultima!
La Tipografia dell’Oratorio, com’era chia-
mata la prima Scuola Grafica Salesiana,
iniziò a produrre nel 1862. Come ogni
albero destinato a una buona crescita,
la Tipografia dell’Oratorio ebbe diversi
spostamenti, e di volta in volta crebbe.
Mentre s’ingrandivano e trasformavano
i locali, si compravano macchinari più
potenti e moderni. La tipografia di-
venne grandiosa ed efficiente, tanto da
competere con le migliori della città:
quattro torchi, dodici macchine mosse
prima dal vapore, poi dal gas e infine
dall’energia elettrica, fonderia di carat-
teri, stereotipia, calcografia.
Nell’ottobre del 1872, alcuni tipografi
privati, gelosi dell’opera salesiana e
spaventati dal suo promettente avve-
nire, si unirono in società, e presenta-
rono al Governo una petizione per far
abolire tutte le tipografie“aventi scopo
e carattere di beneficenza”. Ma Don
Bosco allontanò la minaccia con il con-
sueto vigore.
Nel 1884, all’Esposizione Nazionale, la
Tipografia Salesiana fu presente con
un enorme capannone che portava
l’insegna “Fabbrica di carta, tipografia,
fonderia, legatoria e libreria salesiana”.
40
SALESIANI 2013

5.3 Page 43

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L’anno seguente Don Bosco animò i
suoi confratelli salesiani con una lettera
sulla “diffusione della buona stampa”
con lo scopo d’incentivarli a prestare
grande attenzione alle possibilità di
apostolato che la stampa permetteva:
«Il buon libro – scrisse – entra persino
nelle case dove non può entrare il sa-
cerdote, è tollerato eziandio dai cattivi
come memoria o come regalo. Presen-
tandosi non arrossisce, trascurato non
s’inquieta, letto insegna verità con
calma, disprezzato non si lagna e lascia
il rimorso che talora accende il deside-
rio di conoscere la verità; mentre esso
è sempre pronto a insegnarla. (…) Chi
dona un libro buono, non avesse altro
merito che destare un pensiero di Dio,
ha già acquistato un merito incompa-
rabile presso Dio».
La fama della Tipografia di Don Bosco,
nel tempo, si è espansa per l’Europa ed
ha portato come frutti numerosi premi
e riconoscimenti. Col passare degli
anni sono stati aperti e attrezzati nuovi
settori, per rispondere adeguatamente
alle esigenze della società attuale e ri-
manere sempre all’avanguardia, come
desiderato dal Fondatore. Anche la
sigla è cambiata, divenendo Scuola
Grafica Salesiana (SGS).
Nell'era digitale
E la comunicazione stessa si è trasfor-
mata. È sempre più veloce, elettronica,
digitale, ed è divenuta una rete che av-
volge il mondo. Il libro, tanto amato da
Don Bosco, potrebbe sembrare una
vittima designata; ma presso la Tipo-
grafia Salesiana si ricorda che il libro
non è solo un oggetto di rapido con-
sumo, ma un’espressione di arte, di
mestiere, di capacità professionale e
competenza. La Tipografia di Valdocco
è nata come scuola e continua ancora
oggi a fare scuola. Tra i tanti cambia-
menti, essa è rimasta la stessa voluta e
orientata da Don Bosco, ancorata,
anche geograficamente, alle sue ori-
gini: il suo posto è sempre là, a fianco
della Basilica di Maria Ausiliatrice.
Gli elementi fondamentali della sua
natura non sono cambiati: dopo 150
anni di esperienza essa continua
ad operare quotidianamente, senza
pause e con la stima crescente di tutti
gli operatori, con un respiro internazio-
nale e la soddisfazione di poter ancora
insegnare il mestiere a tanti giovani.
E con due caratteristiche che si tra-
mandano da sempre: il clima di fami-
glia e la professionalità.
SALESIANI 2013
41

5.4 Page 44

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PROMOTORE
BIOSELVA: sviluppo rispettoso, sostenibile
Alla scoperta delle missioni salesiane
Creare una cultura missionaria per i nostri giovani
Nigeria, il gigante giovane dell’Africa
Come agnelli senza pastore
Missionario riciclato
Dalla Valtellina alle Isole Salomone
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SALESIANI 2013

5.5 Page 45

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Mi ha più volte fatto dire che egli molto stimava questa parte di ecclesiastico ministero,
paragonandolo al lavoro delle missioni straniere, esprimendo vivo desiderio che in tutte le
città e paesi del suo stato fossero attivate simili istituzioni.
(Memorie dell’Oratorio)
SALESIANI 2013
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5.6 Page 46

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BIOSELVA:
sviluppo rispettoso,
sostenibile
di Vicente Santilli
Bioselva è un gruppo di volontariato
nato come aiuto alle popolazioni
native dell’Amazzonia peruviana. Il
progetto è nato come una risposta
alle circostanze di popolazioni che
non sono mai stati presi in considera-
zione da parte dello Stato. Questa
gente vuole delle risposte vere e ri-
spetto per il loro stile di vita. Molti
sono stati gli “esploratori” che sono
passati per queste terre, ognuno con
tantissime promesse, mai però portate
a termine, creando quindi un clima di
sospetto e di pochissima fiducia.
Ma, grazie a Bioselva, la mentalità di
queste popolazioni sta piano piano cam-
biando. Il progetto prevede la prepara-
zione di membri della comunità locale in
ambito agro-forestale, la costruzione
e l’installazione di due fabbriche per la
raccolta e produzione di prodotti che,
in seguito, verranno commercializzati.
“Stiamo incrementando la coltivazione
di arachidi e del sacha inchi (olio vegetale
di cocco), così di raggiungere un utilizzo
sostenibile dell’ungurahui e del aguaje
(entrambi frutti della foresta tropicale pe-
ruviana)” afferma Enrico. E tutto questo
senza dimenticare l’importante ruolo
dell’insegnamento di nuove tecniche
che permettano una migliore raccolta
dei frutti, senza mai venire ad abbattere
o tagliare le piante.
I promotori
La signorina Rosario appena conobbe il
leggendario don Yankuam (Luis Bolla),
si innamorò subito della sua missione.
“Il suo lavoro – afferma- mi riempì il
cuore di emozione e subito accettai di
far parte del suo progetto. Certamente
non mancarono i dubbi ed i timori ma,
appena fui accolta dal popolo Achuar,
desideroso di migliorare il proprio stile
44
SALESIANI 2013

5.7 Page 47

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Una sfida per la difesa delle popolazioni più abbandonate della foresta amazzonica
peruviana. Enrico Marinucci e la signorina Rosario Miñano con l’aiuto del VIS
(Volontariato Internazionale per lo sviluppo) stanno promuovendo un progetto che
migliorerà il livello di vita e allo stesso tempo conserverà la cultura delle popolazioni
amazzoniche, iniziando da quelle di etnia Achuar.
di vita e aperto all’evangelizzazione, mi
riempii di entusiasmo”.
Enrico aveva già lavorato con la Fonda-
zione Chankuap, una organizzazione
ecuadoregna che aveva già fatto espe-
rienze simili e con grandi risultati. All’in-
vito di don Ferdinando Colombo di
riproporre quindi la stessa esperienza
in Perù, all’inizio con alcuni dubbi, ma,
cosciente del fatto che i problemi si
risolvono strada facendo, anche lui ac-
cetta la sfida. “Gesù è un ottimo com-
pagno, le paure più grandi erano sulle
capacità del personale e sulla commer-
cializzazione, ma noto che il popolo
Achuar risponde molto bene, cercando
un modo di sviluppo che sempre ri-
spettiva la propria cultura”. Ed inoltre
“Gli Achuar sono felicissimi di questo
progetto, li riempie di gioia, garanzia
del fatto che stiamo procedendo nel
modo giusto” dice Rosario.
Difficoltà e problemi
Non mancano certo le problematiche
dovute agli interessi economici. Molte
comunità che vivono nella foresta e
nella sierra, non vogliono la presenza di
fabbriche o miniere che quindi rovine-
rebbero le loro terre, anche perché esse
non rispettano l’ambiente. Più della
metà dei conflitti sociali in Perù hanno
come origine proprio la difesa delle
terre. Alcune fabbriche si sono infiltrate
nel mondo Achuar per creare divisioni
tra le varie comunità, con regali, soldi,
alcool, promesse di un falso paradiso,
hanno manipolato e corrotto alcuni capi
tribù. Ma, nonostante tutto, la maggior
parte della popolazione non accetta
questo tipo di proposte e di corruzione.
A causa dell’inquinamento che ha coin-
volto il fiume Corrientes ed altre zone,
gli Achuar non vogliono che le fabbri-
che mettano piede nella loro foresta,
poiché arrecano danno alla biodiversità,
all’ambiente ed alla loro cultura. I nativi
Vogliono invece uno sviluppo umano e
non solo socioeconomico. È dunque più
che necessario appoggiare il progetto
Bioselva ed accompagnare le popola-
zioni affinchè le idee che arrivano dal
mondo esterno non portino danni al
loro stile di vita, alla loro cosmovisione e
natura.
Gente senza scrupoli ha voluto “minare”
fin dall’inizio questo progetto, offrendo
denaro per ricevere informazioni circa il
progetto che si sta realizzando. Ma, per
fortuna, alle popolazione native non le
si inganna più con tanta facilità, sono
fermamente disposti a difendere con la
loro stessa vita il proprio popolo e la loro
cultura. Questa solidarietà riempie di
gioia, e ci dimostra che tutti i sacrifici che
stiamo facendo con sono vani.
SALESIANI 2013
45

5.8 Page 48

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Alla scoperta delle
missioni salesiane
di John Dickson
Il giovane Shaun Larcom è entrato in
contatto con la Papua Nuova Guinea
grazie ad un’esperienza lavorativa a
Port Moresby. Dopo averci vissuto per
alcuni mesi, è tornato a casa e, finiti gli
studi, è ritornato nel Pacifico meridio-
nale per portare avanti una ricerca sulla
relazione che esiste tra la criminalità ed
il pluralismo giuridico in Papua Nuova
Guinea.
Nella cappellania dell’università di
Londra, un giorno, Shaun incontra don
John Dickson SDB e, tramite lui, entra
in contatto con don John Cabrido,
missionario filippino a Vunabosco, che
ci rivelerà poi essergli di grande aiuto. “
Non solo don Cabrido mi invitò calda-
mente a fargli visita, ma nell’arco di
poche settimane mi aveva program-
mato un itinerario di due mesi di viag-
gio con aree di interesse per il mio
lavoro, viaggio che comprendeva
luoghi per dormire, guide, traduttori e
mezzi di trasporto”.
Dalla sua ricerca sul campo, Larcom ha
ottenuto due importanti risultati, uno
dei quali confermava le sue teorie,
mentre il secondo si è rivelato essere
una vera e propria sorpresa. Come si
aspettava di trovare, ed è quello che ha
anche dimostrato la sua analisi econo-
metria, l’educazione ha un ruolo ben
più importante di quel che si creda nel
ridurre la predisposizione ad assumere
dei sicari che le pene criminali.
46
SALESIANI 2013

5.9 Page 49

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Un dottorato di ricerca presso l’università di Londra, ha dato
la possibilità a Shaun Larcom, giovane studente inglese, di
entrare in contatto con la realtà in cui vivono i missionari
salesiani in Papua Nuova Guinea e la positiva influenza che
hanno sulle comunità locali.
Quel che invece il giovane non si sa-
rebbe immaginato di trovare era la ben
radicata esperienza quotidiana del
Vangelo all’interno delle comunità sa-
lesiane. Scrive: “Sono spesso colpito dal
radicale messaggio del Vangelo e di
quanto la mia risposta personale vada
esattamente verso una direzione op-
posta. Questo però non si può certo
dire riferendosi ai sacerdoti ed ai coa-
diutori salesiani che ho conosciuto e
con i quali ho vissuto. Hanno in tutto e
per tutto abbracciato la radicale sfida
di Cristo di donarsi totalmente agli altri
e di seguirlo. Hanno lasciato gli agi
delle proprie case, le famiglie e gli
amici, vivono una vita di servizio e di
preghiera, e questo mi fa venire in
mente le descrizioni che solitamente si
leggono sugli inizi della chiesa nel libro
degli Atti degli Apostoli”.
Le scuole salesiane e gli istituti profes-
sionali in Papua Nuova Guinea offrono
a tantissimi giovani la possibilità di ri-
cevere un’educazione che, altrimenti,
sarebbe impossibile ottenere. Al Vuna-
bosco la comunità salesiana dirige una
scuola dove non vi sono criteri selettivi
di ammissione e viene accettato il
numero maggiore possibile di allievi,
senza tenere in considerazione il loro
livello di istruzione precedente. In un
paese dove l’educazione alla scuola se-
condaria e l’educazione professionale
sono un lusso di cui pochi possono
godere, le scuole salesiane sono invece
una grande opportunità per l’intera
popolazione.
Gli allievi ricevono un’ottima educa-
zione, nonostante le poche risorse a
loro disposizione, e questo li rende in
grado di poter tornare nelle proprie co-
munità ed essere in grado di aiutarle.
Larcom ci dice: “Uno dei primissimi stu-
denti che ho incontrato a Bougainville,
una volta tornato nel proprio villaggio,
è riuscito a costruire un generatore di
elettricità, che continua quindi ancora
oggi a dare regolarmente energia a
tutto il villaggio”.
Shaun Larcom conclude: “ Non potrò
mai dimenticare quell’aria di pace e di
gioia che provavo in ogni momento
della mia esperienza con la comunità
salesiana del Vunabosco. È grazie alle
vite di questi uomini, e di tanti altri
come loro, che la Chiesa risplende in
tutta la sua bellezza e brilla come luce
del mondo”.
SALESIANI 2013
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5.10 Page 50

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Creare
una cultura missionaria per
Ci
sono molti modi
per creare uno spirito
missionario nell’ambito di
un'ispettoria. Uno di questi è
attraverso una breve esperienza in
un luogo di missione. Parliamo
quindi della storia, delle
problematiche e dei successi
di “Gospel Roads:
Tijuana”.
di Juan Carlos Montenegro
La breve esperienza missionaria ebbe inizio 8 anni fa quando il
Coordinatore della Pastorale Giovanile capì che i giovani stu-
denti della scuola Domenico Savio non avevano alcuna possibi-
lità di fare dei servizi al prossimo. Andò dunque a Tijuana per
vedere come avrebbero potuto partecipare a momenti di coin-
volgimento pastorale insieme ai Salesiani del Messico. Quando
arrivò, apprese che un gruppo dall’Oregon (Stati Uniti), che aveva
il nome di “Ambasciatori”, aveva già da tempo iniziato il progetto
di portare ragazzi giovani come aiuto negli oratori. I salesiani
provvedevano a dare a questi giovani cibo, lavoro ed alloggio.
L’idea piacque molto al responsabile della pastorale giovanile della
scuola Domenico Savio, e così si diede inizio a queste piccole espe-
rienze missionarie a Tijuana. All’inizio del progetto, queste esperienze
si facevano solo due volte all’anno, durante i fine settimana. I giovani
allievi della Domenico Savio arrivavano il venerdì sera per poi ripartire
la domenica mattina dopo aver dato il pro-
prio aiuto in qualsiasi tipo di attività in
cui ci fosse bisogno di loro nell’am-
bito degli oratori. E questo è andato
avanti per anni.
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SALESIANI 2013

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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i nostri giovani
Fino a quel momento, l’esperienza era solo a livello di collabora-
zione: I giovani lavoravano dove era necessario il loro aiuto. Ma,
a quanto pare, c’era qualcosa che mancava. La vita di comunità
– fattore molto importante in una missione – non era in quel
momento una priorità. Con questo ben a mente, il responsabile
della pastorale giovanile ed il direttore della comunità salesiana
di Tijuana, hanno dunque iniziato ad incontrarsi e a pensare alla
possibilità di integrare le due esperienze. Il risultato è stato quindi
che la comunità salesiana ha approvato la partecipazione dei
missionari ai momenti della Messa, della preghiera del mattino
e della Buona Notte. Con queste piccole ma importanti ag-
giunte quindi, le breve esperienze missionarie a Tijuana hanno
quindi iniziato ad avere anche una componente di vita di co-
munità religiosa.
Nello stesso periodo in cui queste esperienze stavano pren-
dendo piede, il Delegato della Pastorale Giovanile dell’ispettoria
San Filippo Apostolo (Stati Uniti Est) stava creando il movi-
mento chiamato“Gospel Roads”oppure“Strade
del Vangelo”. Il movimento consiste in 3
ritiri che si basano sul servizio comu-
nitario. Il primo incontro prevede
l’aiuto in un centro di acco-
glienza, una visita in ospe-
dale, e la creazione di un
oratorio per i giovani. Il secondo incontro è già un tipo di espe-
rienza più complicata perché i giovani partecipanti devono la-
sciare la zona in cui vivono ed andare in una zona che non
conoscono affatto per aiutare il prossimo. Questo può essere
fatto anche all’interno della stessa città, ma spesso in un altro
stato.
Il terzo ed ultimo incontro si svolge al di fuori degli Stati Uniti. I
giovani che hanno preso parte agli incontri numero 1 e 2 delle
“Strade del Vangelo” posso quindi partecipare a questa espe-
rienza missionaria a livello internazionale.
Grazie alla Divina Provvidenza, i due delegati dell’Animazione
Missionaria dell’ispettoria Stati Uniti Ovest e Stati Uniti Est si sono
incontrati e, parlando, si sono resi che stavano intraprendendo
progetti simili e hanno quindi aumentato gli sforzi comuni per
creare una cultura missionaria in ogni stato degli USA.
Oggi, le strade del Vangelo Tijuana è la migliore opportunità che
un giovane possa avere per ottenere una diversa visione della
vita. Per dieci anni, i giovani hanno condiviso la preghiera del
mattino con la comunità salesiana, e hanno contributo con
lavori fisici all’interno degli oratori: mescolare il cemento, dipin-
gere muri, pulizia di spazi e cose, o quant’altro possa essere ne-
cessario per migliorare la qualità del luogo e, ultimo ma non per
questo il meno importante, creare comunità con le per-
sone che avevano intorno. Tutto questo è stato
possibile tramite la condivisione dei pasti, l’or-
ganizzazione di partite di diversi sport e, so-
prattutto, la condivisione di momenti di
gioia in oratorio con i bambini. Ogni
giorno si conclude con la comunità riu-
nita, salesiani e giovani, per il tanto me-
ritato Messaggio della Buona Notte.
Questa esperienza ci ha aiutato a moti-
vare tanti giovani a prendere la deci-
sione di donare un anno della loro vita e
dedicarlo totalmente, come volontario, al
servizio di coloro che hanno più bisogno.
Questa esperienza missionaria a Tijuana ci ha
insegnato che il lavoro di squadra può fare la dif-
ferenza all’interno di una società. È che, non ci sono
dubbi, l’amore verso il prossimo si trasmette attraverso il
servizio.
SALESIANI 2013
49

6.2 Page 52

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Nigeria,
il gigante giovane dell’Africa
La Nigeria è un universo, più che un paese. Purtroppo quel che
se ne dice dall’esterno è spesso limitato e limitante. Ciò che fa
notizia sono eventi tragici, resi ancora più drammatici dai
numeri alti di persone coinvolte.
La Nigeria è grande e i problemi sono
proporzionalmente complessi e vasti. I
dati ONU del 2010 parlano di
158.423. 000 abitanti; 80 milioni
sono cristiani, 20 milioni i cattolici.
È un universo perché all’interno si
incontrano costellazioni di storia,
civiltà e culture radicate nei secoli, in
popoli che sono stati forzatamente
congiunti per favorire interessi
coloniali esterni. Continuano a
convivere sotto una stessa bandiera,
che ha come maggiore fattore di
unificazione nazionale le risorse
provenienti dall’esportazione del
petrolio, di cui la Nigeria è
attualmente al sesto posto nel mondo
come volume di esportazione
giornaliera e al decimo come riserve
(circa 25 milioni di barili di greggio).
50
SALESIANI 2013
L’Africa è fatta per don Bosco
Ciò che fa meno notizia è la vita quotidiana di questo gigante
dell’Africa, soprattutto dei giovani, che costituiscono la parte
più ampia della popolazione. Secondo i dati ONU già citati il
53,25% dei Nigeriani (84 ,210, 000) non ha ancora compiuto
vent’anni.
I Salesiani hanno iniziato una prima duplice presenza in Nigeria
nel 1982, ad Akure e ad Ondo, a cui è seguita l’apertura di Onit-
sha nel centenario della morte di don Bosco.

6.3 Page 53

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di Silvio Roggia
Ci si è subito resi conto che se «L’Africa è fatta per don Bosco
e don Bosco è fatto per l’Africa», come don Viganò amava
ripetere, questa è la verità sulla Nigeria al 100%.
Ne sono prova le tantissime associazioni cattoliche dedicate
a don Bosco ben al di là delle zone prossime a centri sale-
siani; ne è prova soprattutto il numero consistente e cre-
scente di giovani che sono pronti a dedicare tutta la loro vita
per essere un dono come don Bosco per i loro coetanei.
E se in passato si continuava a sognare mentre gradual-
mente si consolidavano le opere salesiane già esistenti, a cui
nel 2002 si è unita Ibadan, negli ultimi anni la realtà sembra
superare speranze e desideri: si è iniziata la presenza ad
Abuja, la capitale amministrativa; da Ottobre 2011 due con-
fratelli hanno dato il via alla nascente comunità di Lagos;
con l’estate ragazzi si è raggiunta Kintagora, nel Nord del
paese: un primo passo in vista dell’arrivo permanente di don
Bosco anche là. L’ottobre scorso il Rettor Maggiore ha fatto
della Nigeria una Delegazione della Visitatoria dell'Africa
Ovest, comprendente anche Ghana, Liberia e Sierra Leone.
Tra tutte, quella che apre la lista come prima e più importante,
è la qualità della comunicazione dello spirito salesiano alle
nuove generazioni: come se fossimo in una staffetta dove si
è giunti al momento cruciale del passaggio del testimone.
Se in passato la missione ha avuto bisogno di container,
muri, macchinari per i laboratori, oggi l’appello più forte ri-
guarda direttamente le persone, a cominciare da chi si sta
preparando non solo a continuare a camminare sul sentiero
iniziato dai primi arrivati, ma a dare ali a un carisma che ha
qui il potenziale di trasformare milioni di vite.
Se il rumore dell’albero che cade è colto anche dalle an-
tenne dei grandi media i cui sismografi registrano solo ciò
che è sensazionale e spesso segnato da distruzione e morte,
c’è tutto attorno un’enorme foresta che cresce, il cui impatto
sarà senz’altro notevolissimo sul futuro, non solo della Ni-
geria, ma dell’Africa.
“L’umanità dell’Africa polmone spirituale del mondo”(Bene-
detto XVI) è, uno su sei, umanità che cresce in Nigeria.
Il campo è vastissimo e le promesse e prospettive non Farla crescere con don Bosco è una scommessa su cui val la
meno ampie, giusto quanto grandi sono le sfide da affron- pena puntare tutte le risorse disponibili, proprio come
tare.
avrebbe fatto lui.
SALESIANI 2013
51

6.4 Page 54

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Come agnelli
senza pastore
Il cammino per arrivare fino a Tuke
può essere arduo per alcuni, ma le
ultime due ore di cammino lo sono
senza ombra di dubbio!!! Ad un certo
punto mi sono addirittura messo a
contare le volte in cui cadevo a terra –
in avanti, all’indietro, di lato – mentre io
ed i miei sei giovani accompagnatori
percorrevamo, in discesa, la scoscesa
montagna. Ad un certo punto, per ben
150 metri, mi sono aggrappato alle sci-
volose pareti della montagna e mi
sono aggrappato con tutte le mie
forze alle liane ed alle radici degli alberi,
cercando di salvarmi la vita e di non
scivolare quindi in un profondo dirupo.
E’proprio per il fatto di essere un luogo
assai isolato e quasi del tutto inacces-
sibile che le visite del sacerdote sono
rare. Al mio arrivo, alla fine del mese di
febbraio 2012, dopo aver celebrato la
Santa Messa, mi dissero che quella era
la prima messa a cui partecipavano dal
mese di maggio dell’anno prima. Non
è certo stata una celebrazione sem-
plice. La gente non conosceva né le ri-
sposte né i canti; non erano del tutto
di John A. Cabrido
sicuri sulle varie posture da tenere e si
sono pure seduti al momento della
consacrazione!!! Ho avuto il dubbio di
trovarmi sì in una comunità cattolica,
ma solo di nome e non di fatto, che
aveva fede ma non la possibilità di col-
tivarla.
Un’altra causa dei problemi di questa
popolazione è la mancanza di istru-
zione. La scuola elementare ha aperto
i battenti solo nel 2008 e quindi gran
parte della comunità è ancora analfa-
beta. Una volta, parlando con un gio-
vane adulto, ebbi l’impressione che si
trattasse di uno dei professori, ma
venni poi corretto, tra un fragore di
risate, che quel trentenne era uno degli
allievi della quinta elementare.
Quando, dopo cinque giorni, lasciai il
villaggio, ero preoccupato perché non
avevo idea di quando quella gente
avrebbe avuto di nuovo l’opportunità
di avere di nuovo un sacerdote per la
celebrazione dell’Eucaristia. Mai l’affer-
mazione del Vangelo “una pecora
senza pastore” ha avuto maggior signi-
ficato in vita mia, poiché la vedevo ap-
plicata a quella povera gente.
Così, con mio grande sollievo, il 17
marzo 2012 salutai l’arcivescovo,
anch’egli arrampicatosi sulle monta-
gne del distretto di Pomio, portando
con sé due preti diocesani, tra cui il
parroco. Questo era quindi il segno
che sarei ritornato a Tuke per altre due
settimane, per le varie funzioni del pe-
riodo pasquale. Il tempo questa volta,
al contrario della mia precedente
esperienza, è stato totalmente incle-
mente, ha piovuto tanto ed un fiume
di fango ha fatto chiudere la scuola per
alcuni giorni. Nonostante i disguidi che
questo tempo ha portato, sono però
riuscito a trarne dei benefici, con l’aiuto
degli insegnanti e degli studenti catto-
lici, dopo averli raggiunti nelle loro
sperdute frazioni. Il primo gruppo di
chierichetti, lo ricordo bene, è stato un
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SALESIANI 2013

6.5 Page 55

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Credo di aver percorso più di 100 chilometri in quattro giorni attraversando la
foresta tropicale, con la sua fitta vegetazione, per arrivare fino a Tuke, una
piccola missione cattolica fondata circa 50 anni fa nel cuore delle montagne del
distretto di Pomio da un gruppo di Missionari del Sacro Cuore di Gesù provenienti
dalla Germania. Le sue 11 frazioni fanno tutte parti dell’arcidiocesi di Rabaul ed
hanno quindi come guida l’arcivescovo salesiano monsignor Francesco Panfilo, SDB.
vero e proprio disastro, e ho dovuto
chiedere al preside della scuola di
poter avere quelli più facili da “adde-
strare”: un gruppo di sette giovani,
adolescenti e giovani padri di famiglia.
Senza il supporto dell’elettricità, cele-
brammo l’ “Ultima cena” del giovedì
santo alle tre del pomeriggio, per
essere sicuri di avere abbastanza luce
poiché, nella foresta pluviale, fa buio
abbastanza presto. Sono stato molto
esigente sul fatto che i miei“apostoli”–
che come tutti gli altri nel villaggio
camminano sempre scalzi – si fossero
ben lavati i piedi prima di prender
parte alla sacra funzione. Anche la“Rot
bilong Kruse“(Via Crucis) il giorno suc-
cessivo è stata un’esperienza indimen-
ticabile. Per la prima volta in tutta la
settimana, c’era un sole splendente in
cielo, che ci ha quindi permesso di per-
correre le varie stazioni, dislocate nelle
varie frazioni. Tutto questo veniva fatto
per riaccendere la fede nei luoghi dove
queste popolazioni vivono e non solo
nella zona della missione. La celebra-
zione, durata quasi tre ore, ha visto i
fedeli fare trekking nella foresta, arram-
picarsi su scoscesi pendi e discendere
su piccoli e pietrosi sentieri, rivivendo
la passione di Gesù, in alcuni momenti
anche interpretata con scene di teatro.
Non ci sono parole invece per descri-
vere la tremenda scena della decima
stazione in cui un soldato-attore ha
completamente ignorato il mio ordine
di“rimuovere solamente la parte supe-
riore dell’abito di Gesù, e di non toc-
care il laplap (gonnellina)”. Con grande
velocità e senza alcun tipo di esita-
zione, il giovane ragazzo, sbagliando,
ha tagliato l’intero vestito, denudando
completamente Nostro Signore… per
fortuna Gesù aveva sotto della bian-
cheria intima, il che è servito a evitare
lo scandalo. Non avendo a disposi-
zione un vero e proprio cero pasquale,
abbiamo preso un tronco di un albero
gigante e lo abbiamo decorato come
si fa con i ceri pasquali, in cima al quale
abbiamo anche collocato una piccola
candela di cera. Nel grande buio della
foresta, quella piccola candela ha dato
un ricco significato fin dalle prime note
dell’Exultet… ovviamente cantato in
dialetto Pidgin. E come dimenticare la
messa del mattino di Pasqua.. che gioia
vedere la chiesa illuminata dalle tantis-
sime decorazioni, chiaro simbolo della
nascita alla vita nuova che la comunità
stava per intraprendere.
A metà aprile, a due settimane quindi
dal mio arrivo, era come se stessi vi-
vendo un déjà vu, ma con una piccola
differenza. Con il loro referente locale
a soli due giorni di cammino, ed un
altro sacerdote alla stessa distanza, ho
quindi iniziato a sperare che questi due
sacerdoti diocesani potessero far loro
visita più spesso, dando quindi a tutta
la popolazione una maggiore possibi-
lità di celebrare i sacramenti e con
maggiore assiduità. Certo, ho lasciato
il villaggio con il cuore pieno di tri-
stezza, ma con più serenità rispetto alla
prima volta. Mentre continuavo a sog-
giornare, per tre mesi, in questa zona
di villaggi montani cercavo sempre di
incoraggiare nuove persone giovani a
fare quello che sto facendo anche io,
di rispondere alla chiamata di Dio e di
diventare così anch’essi pastori per
questo gregge.
SALESIANI 2013
53

6.6 Page 56

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Un missionario! Chi avrebbe mai detto
che sarei diventato così…! In un certo
senso mi venne ricordato che ero una
persona, non per il fatto di essere stato
battezzato, ma per via del sistema
legislativo dello stato indiano. Nel 1965
lasciai il Kenya, la terra in cui ero nato,
all’età di 18 anni, per andare in India, alla
fine della sessione degli esami di Maturità,
e dove iniziai la mia formazione alla
vocazione sacerdotale entrando nel
seminario salesiano Don Bosco di
Lonavla. Nella mia mente c’era l’idea che
avrei trascorso questo periodo come un
semplice prenovizio, per poi discernere la
mia vocazione per diventare sacerdote.
Ma, essendo straniero e con un passaporto
inglese, studente in un’istituzione
religiosa, dal governo indiano venni
etichettato come “un missionario”. Ebbe
così inizio la mia “vocazione missionaria”.
54
SALESIANI 2013
Progetto Africa
Quando il Rettor Maggiore di quel periodo, don Egidio
Viganò, nel 1979, invitò dei volontari a partecipare al Pro-
getto Africa, mi fu quindi data l’opportunità di lavorare come
sacerdote in Kenya, la mia terra natia. I confratelli mi ricorda-
rono quindi che non andavo in Africa come missionario,
bensì semplicemente come una persona che ritorna nelle
terre dove è nato e cresciuto, il Kenya. Così l’ispettore preparò
ogni cosa e fui mandato come parroco in una missione delle
Highlands della Tanzania meridionale.
L’inizio del mio primo viaggio come missionario verso l’Africa
fu come San Paolo, dato che fui quasi naufragato dalle au-
torità locali indiane. Non mi fu dato il “via libera per la navi-
gazione” verso le coste africane nel corso della mia prima
spedizione missionaria; la mia “nave” fu saldamente arenata,
e la colpa era dei miei documenti non in regola (beh.. ero
un missionario straniero). E così mi ricordai delle parole di
quell’ufficiale dell’ufficio immigrazione, quasi una profezia,
che mi disse non certo in tono sarcastico quello che in realtà
ero. E le ricordo ancora perfettamente, quelle parole: «Nem-
meno il tuo Cristo ti può salvare da questo». Il salesiano coa-
diutore che viaggiava con me mi assicurò che tutto sarebbe
andato per il meglio e che dovevo solo sussurrare una pic-

6.7 Page 57

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Missionario
riciclato
di Tony Fernandes
cola preghiera. Mt 10:22 «Tutti ti odieranno a causa
del mio nome, ma coloro che persevereranno fino alla
fine saranno salvati». E com’è vera quest’affermazione.
Proprio quella stessa notte riuscii a riunirmi al resto del
gruppo grazie all’aiuto di alcune certe amicizie.
La mia esperienza missionaria di un paio di anni in
Tanzania fu stupenda. Essere missionario significò toc-
care le vite dei giovani con le parole e con i gesti, aiu-
tarli a realizzare i loro sogni, con gentilezza ma anche
con fermezza guidarli lungo i sentieri della vita che
avevano deciso di intraprendere; esplorare con loro
le tante possibilità che avevano di fronte nella perso-
nale ricerca di Dio all’interno delle loro vite. Il nuovo
ispettore, nel 1986, mi “des-missionarizzò” e mi ri-
mandò a casa, in Kenya, dove lavorai per quasi 20
anni.
Progetto Europa
Durante la visita del Consigliere Regionale per l'Asia
Sud a Goa (India), egli parlò ai confratelli del Progetto
Europa. Fu come un’esca per me, e chiesi subito di
poter
prender parte al pro-
getto. Stranamente, ancora
una volta, mi venne detto che mi
mandavano in Inghilterra non come
partecipante al Progetto Europa, ma solo
perché la mia famiglia era originaria di quei luoghi
e vivevano ancora lì, luoghi che io avevo lasciato 34
anni prima. Presi dunque il tutto con un certo qual
senso di rassegnazione. Ma poi, invece di essere man-
dato in Inghilterra, mi mandarono in una comunità in
Scozia, un posto nuovo per me. Sarebbe stata senza
dubbio un’esperienza missionaria da cui avrei impa-
rato moltissime cose…
Sì … proprio così… un missionario riciclato! Sì il riciclo
è un’azione positiva, ti dona una sensazione di soddi-
sfazione nel sapere che hai dato un contributo posi-
tivo alle persone che sono intorno a te. Quindi non
indugiare, inizia l’avventura e …dacci dentro!!! Ed il
pensiero che mi frullava sempre in testa nella mia
nuova terra di missione, la Gran Bretagna, era proprio
questo..
SALESIANI 2013
55

6.8 Page 58

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Dalla Valtellina
alle Isole Salomone
di ANS
Quali sono i temi sociali più importanti nelle Isole Salomone?
Si può capire come l’isolamento sia uno dei principali ostacoli
da superare, sia per l’evangelizzazione sia per amministrare i
bisogni della sanità di base e dell’educazione. Il tribalismo
rappresenta un’oasi di sicurezza nell’oceano dell’isolamento,
la tribù diventa così quella parte di società che dà una rispo-
sta immediata a tutti i problemi urgenti della sussistenza e
della pace tra le famiglie e tribù confinanti.
Rimane il pericolo di ostilità tra diverse tribù, con frequenti
scontri sui diritti della terra. Il governo centrale rimane una
realtà molto astratta e lontana che non può intervenire in
tempi realistici sui bisogni essenziali delle tribù.
Quale contributo può dare la Chiesa alla società delle Isole Salomone,
e quali le sfide che le vengono dalla società?
Il governo centrale è praticamente assente nei posti più iso-
lati, dove si trova invece la Chiesa con le sue istituzioni ed il
suo personale. La sanità di base e l’educazione, sia di base e
sia secondaria, sono ambiti dove le Chiese e la società colla-
borano per il bene comune. La Chiesa Cattolica fa molto per
mantenere le buone relazioni tra le varie tribù per una con-
vivenza pacifica e fruttuosa. Rimangono le sfide della corru-
zione nella distribuzione degli aiuti alle istituzioni civili, che
spesso non raggiungono la gente a cui l’aiuto era stato de-
cretato e donato.
In una società che si proclama cristiana, nelle varie denomi-
nazioni, c’è ancora troppa disparità tra ciò che si crede e ciò
che si pratica. La religione a volte è vista come una “assicura-
zione”contro gli spiriti cattivi, a cui la gente crede con grande
56
SALESIANI 2013

6.9 Page 59

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Mons. Luciano Capelli, sdb, vescovo di Gizo, a
Roma in occasione della Visita “ad limina
Apostolorum”, risponde ad alcune domande di
ANS. Un incontro con un vescovo missionario.
Le Isole Salomone costituiscono una Repubblica
indipendente dal 1978 e fa parte del
Commonwealth; un migliaio di isole, di cui solo
360 abitate, con una popolazione di 600.000
persone. La maggioranza delle persone si
professa cristiana: il 40% circa sono anglicani, il
20% cattolici e seguono altre denominazioni
protestanti. Dall’arcidiocesi di Honiara
dipendono le due suffraganee: Auki e Gizo.
intensità.
A partire dal prossimo ottobre la Chiesa vivrà due eventi molto
importanti: il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione e l’Anno
della Fede. Ha senso parlare di Nuova Evangelizzazione nelle
Isole Salomone, o siamo ancora nella fase del “primo annuncio?
Come si fa ad inculturare il Vangelo nelle Isole Salomone?
Se per nuova evangelizzazione s’intende la proclama-
zione da parte di testimoni credibili, c’è veramente bi-
sogno di questo! Se per nuova evangelizzazione
s’intendono nuovi metodi di proclamare il messaggio
evangelico, anche in questo caso confermo: ce n’è dav-
vero bisogno. Il messaggio è stato proclamato dai mis-
sionari per oltre un secolo, ma rimane la necessità di
portare il messaggio evangelico nella realtà della vita
quotidiana delle persone, che dia senso e direzione ad
ogni scelta. Di questa nuova evangelizzazione ne ab-
biamo veramente assoluto ed urgente bisogno!
Braga e del Venerabile don Giuseppe Quadrio – dalla mia
cultura di origine e dalla fanciullezza del secondo dopo-
guerra trattengo ancora la grande capacità di non arren-
dermi di fronte alle crisi o pericoli di qualsiasi genere. Le
montagne mi hanno insegnato che la vittoria nella con-
quista della vetta non sta nel traguardo della cima, ma
nella lotta del percorso, nel mettere un passo sempre più
in alto del precedente, senza mollare lo sguardo dalla
cima.
Dagli abitanti delle Isole Salomone ho imparato, invece,
la spensieratezza, la gioia del vivere la giornata di oggi…
la pazienza e l’accontentarmi di poco, del necessario,
senza stress.
Abbiamo saputo che giocò, insieme con mons. Panfilo, oggi ar-
civescovo di Rabaul, in una squadra di calcio salesiana, che nem-
meno la squadra nazionale filippina riuscì a sconfiggere. Gioca
ancora a pallone?
Peraltro, stiamo costruendo comunità di base che sap-
piano gestirsi e crescere nella fede e nella solidarietà: in
questo senso parliamo già di un passo oltre alla “implan-
tatio ecclesiae”.
Per sconfiggere le distanze e creare ponti, inoltre, sembra
che l’aereo ultraleggero episcopale (con cui il vescovo si
muove tra le isole della sua diocesi, ndr) faccia un ottimo
servizio.
Cosa le è rimasto delle sue origini e cosa ha preso, invece, dagli
abitanti delle Isole Salomone, in questi anni di frequentazione?
Dalle mie montagne valtellinesi, – terra di don Carlo
Due interventi al ginocchio destro ai legamenti (nel 1981
e nel 1991) non mi hanno scoraggiato dal tirare calci al
pallone. Ma fu nel ’99, nel corso di una partita, che dopo
aver fermato la palla col destro, mentre mi preparavo a
tirare di sinistro, mi sono accorto che… la palla non c'era
piu! Quei furfanti di ragazzi me la rubavano dal piede!
Era troppo per un ex campione… cosi all’età di 52 anni
ho smesso di fare partite serie; ma qualche calcio al pal-
lone lo do ancora volentieri, scegliendo bene l’età degli
avversari! A 64 anni me la cavo ancora discretamente,
con i chierichetti delle elementari. E che entusiasmo in
campo! Naturalmente la partita finisce con il gelato che
aiuta a conquistare il cuore dei chierichetti.
SALESIANI 2013
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6.10 Page 60

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EDUCATORE
58
SALESIANI 2013
Tra “figo” e “sfigato”
CESAM: Centro salesiano per i giovani
lavoratori
Un supermercato come Scuola
Costruendo mattoni di pace!
Movimento Giovanile Salesiano
Triveneto
Don Bosco oggi nel mondo del lavoro
Imparare l’arte della Vita
MGS Valencia: Programmi di Pastorale
Giovanile
Un sogno, lungo un centenario

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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A fine di provvedere a questa parte di educazione che i tempi reclamavano assolutamente,
mi sono di proposito applicato a compilare una Storia Sacra che oltre alla facilità della
dicitura e popolarità dello stile fosse scevra dei mentovati difetti. E' questa la ragione che mi
mosse a scrivere e stampare la così detta Storia Sacra ad uso delle Scuole. Non poteva
garantire un lavoro elegante, ma ho lavorato con tutto il buon volere di giovare alla gioventù
(Memorie dell’Oratorio)
SALESIANI 2013
59

7.2 Page 62

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Da due anni a questa parte,
i giovani studenti del primo e
del secondo anno del
Ginnasio Don Bosco hanno
accanto a sé dei prefetti. Gli
studenti degli ultimi due anni
del corso, infatti, assumono il
ruolo di mentori, amici e
confidenti dei ragazzi più
giovani. Abbiamo visitato la
scuola di Unterwaltersdrof,
passando l’intera giornata di
scuola con tre di questi
prefetti.
60
SALESIANI 2013
Tra “figo” e “sfigato”
Austria il ruolo del Prefetto al Ginnasio Don Bosco di
Unterwaltersdrof.
a cura di Markus Schauta
«Il fatto di avere dei bei voti
non vuol dire che abbiamo
anche grandi doti nell’ambito del sociale»
ci spiega Beatrix Dillman, professoressa
del Ginnasio Don Bosco. I prefetti non
vengono scelti solo in base ai loro voti in
pagella. Insieme alla collega Michael Hof-
mann, è una delle insegnanti responsabili
del “progetto prefetti”.
Il ruolo del prefetto vuole rompere un
poco le gerarchie che ci possono essere
all’interno di un edificio scolastico.
Quando le nostre tre ragazze dell’inter-
vista frequentavano il primo anno, c’era
la regola che solo gli studenti più an-
ziani potessero sedersi nell’ultima fila
del pullman. «Tutte regole gerarchiche
che non esistono più».
La campanella suona… è
ora dell’intervallo. In uno
dei tavoli vediamo tre prefetti della
1C che chiacchierano tra loro proprio
sul compito di prefetto all’interno
della scuola. «Da alcuni studenti
questo ruolo è visto come una cosa
sfigata». Tre ragazze, Sophie Berger,
Lisa Budinsky e Sophie Huszarek con-
cordano appieno su questa afferma-
zione. E, manco a farlo apposta, il
numero delle ragazze prefetto è
maggiore rispetto a quello dei loro
coetanei maschi.
Sono tutte e tre ragazze del penultimo
anno, della sezione G, e sono state as-
segnate come prefetti alla 1C il settem-
bre scorso. In tutto gli studenti, ragazzi
e ragazze, che partecipano al progetto
sono 23.
La campanella suona di
nuovo. Le ragazze avreb-
bero lezione di storia, ma hanno il per-
messo di non parteciparvi, per parlare
appunto con noi del loro ruolo come
prefetti.
Sono cresciute accanto ai “loro” pupilli.
«E’ una cosa bellissima quando ti chie-
dono perché non sei potuta passare a
trovarli durante l’intervallo» dice Lisa.
Quinta ora di lezione,
musica con la professo-
ressa Dillmann. Gli studenti sono tutti
quanti felici perché la professoressa è
con noi per l’intervista e loro quindi ve-
dranno un film. La decisione dell’inse-
rimento dei prefetti a scuola è stata
presa due anni fa, in modo particolare
per prevenire il bullismo e problemi di
questo tipo tra i vari studenti.
La professoressa Beatrix Dillmann e la
collega Michael Hofmann si fanno
carico della formazione dei nuovi pre-
fetti, con cui hanno periodici incontri
formativi. E qualora sorgessero gravi
problemi, ce ne si prende carico subito
per risolverli nel minor tempo possi-
bile.
Anche la collaborazione tra insegnanti
e prefetti funziona bene. «Molti inse-
gnanti-delegati di classe sono assai
ambiziosi e interessati alle esigenze
dei propri allievi, così lavorano a stretto
contatto con i prefetti. Altri, invece,
non si sono ancora abituati a questo
nuovo progetto. Insegnare significa
anche dare un certo tipo di educa-
zione. Non è giusto che si dedichi
troppo tempo alle questioni ammini-
strative a scapito poi della qualità del-
l’insegnamento e delle esigenze degli

7.3 Page 63

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allievi. Sì non è certo una cosa facile!»
ammette la professoressa Dillmann.
«Ed è proprio per questo che credo
fermamente nel progetto dei prefetti
che la nostra scuola sta adottando»,
conclude.
Michaela Gross, inse-
gnante-delegata della 1C,
ha dato la propria ora di lezione da ge-
stire ai prefetti.
Gli studenti accolgono i loro prefetti
con grande gioia. È il momento del
gioco organizzato. I prefetti tirano fuori
da un sacco nero alcuni tubi flessibili. La
classe si dispone a cerchio, ad ognuno
viene dato un tubo, che deve poi col-
legare con i compagni che ha alla sua
destra ed alla sua sinistra. Sophie getta
all’interno del primo tubo un pezzetto
di marmo che, via via, passando di tubo
in tubo, ritorna poi nella sua mano.
E’ arrivata, per tutti, l’ora
del pranzo. «Potrei anche
andare a casa se volessi» dice Lisa,
«ma è il momento del gioco con gli
studenti più giovani e poi di andare
al cinema».
Solitamente i prefetti mantengono
questo ruolo di accompagnamento
per due anni. Alcuni di loro però sono
spaventati di non avere poi abba-
stanza tempo da dedicare allo
studio, in particolare in vista del-
l’esame di maturità. Lisa avrà la matu-
rità l’anno prossimo e non è sicura di
poter badare bene ai suoi “piccoletti”.
Sophie, al contrario, non ha alcun
dubbio sul fatto di poterli aiutare.
«Quando frequentavo il primo anno,
avevo paura di venire a scuola. Ora
invece ho il grande desiderio di aiu-
tare gli altri». Sophie Huszarek con-
corda con lei, affermando di aver
sempre avuto il desiderio di aiutare i
compagni più piccoli di lei, fin dai
tempi dell’asilo.
Alla fine del pranzo, tutti
gli studenti si riuniscono
di fronte alla porta della loro classe e
se chiedi loro cosa ne pensano dei
prefetti, il commento è unanime “Fan-
tastici!!!”.
Lisa e le nostre due Sophie decidono
di portare i loro alunni al Freizeitzen-
trum (Il centro dell’Amicizia), un pic-
colo centro di intrat-
tenimento. «Ora di pulire la classe!»
esclama Lisa ed ognuno aiuta, chi pu-
lendo, chi risistemando le sedie al
proprio posto.
All’ultimo piano dell’edi-
ficio si trova il Freizeit-
zentrum (Il centro della Amicizia)…
alcuni studenti giocano a carte, altri a
ping pong, altri coi videogiochi, altri
con giochi di società.
All’auditorioum del
Ginnasio Don Bosco è
stato montato un mega schermo.
Oggi la proiezione è quella del film
“Tim & Struppi”.
Alle 15 circa don Wiedemayr chiude
le porte e la stanza si riempie di stu-
denti. “Stiamo per iniziare”!.
Dopo i titoli di coda
gli allievi ed i loro pre-
fetti possono finalmente andare
tutti quanti a casa. Julia e le due
Sophie si prenderanno di nuovo
cura dei loro “pupilli” la prossima
settimana.
SALESIANI 2013
61

7.4 Page 64

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Centro salesiano
per i giovani lavoratori
Storia
di Guilherme Barbosa
È stato dunque in quel momento che il signor Me-
Mentre
squita, insieme ad un gruppo di altri Salesiani come
passeggia nel cortile del
CESAM di Belo Horizonte, stato
di Minas Gerais (Brasile), il salesiano
coadiutore Raymundo Rabelo de Mesquita,
incontra centinaia di giovani, ma tutti con uno
lui, ha deciso di creare un nuovo modello di istru-
zione in chiave salesiana che abbinasse alle
abilità dei ragazzi un successivo sblocco nel
mondo del lavoro. Il CESAM (Centro Sale-
siano do Adolescente Trabalhador, o
Centro Salesiano per i giovani lavoratori),
stesso obiettivo: avere una qualifica per poi
diventare anche essi parte della forza lavoro. E,
osservando la scena, il signor Mesquita ricorda come
tutto questo ha avuto inizio. « 40 anni fa i Salesiani
dell’ispettoria San Giovanni Bosco di Belo
è nato nel mese di maggio del 1973
nella capitale del Minas Gerais, con il
nome di “Vigilantes Mirins”. Anche se
inizialmente aveva lo scopo di essere
un centro per l’impiego, con il tempo è
diventato qualcosa di più, ed infatti
Horizonte si sono resi conto della problematica
offre preparazione tecnica e personale
situazione riguardante l’educazione giovanile e
le agenzie di impiego di questa zona. La
ad ogni studente, lo prepara alle sfide
della vita con dignità e responsabilità.
maggior parte di loro dava poca
importanza ai giovani e spesso non
Cesam
li trattava con rispetto e
Attualmente il Cesam, sotto l’amministrazione
dignità».
dell’ispettoria Don Bosco (ISJB), si trova in ben 5 stati
del Brasile: Minas Gerais, Rio de Janeiro, Espírito Santo,
Tocantins, Goiás e Distretto Federale. Ogni semestre questi
centri sociali aiutano centinaia di giovani. Grazie ad uno staff mul-
tidisciplinare formato da insegnati, assistenti sociali, psicologi e
altro, il CESAM offre una struttura volta a guidare e monitorizzare
62
SALESIANI 2013

7.5 Page 65

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CESAM 40 anni dedicati a trasformare le vite dei giovani
delle qualifiche socio-famigliari, sociali e professionali, uno svi-
luppo integrale degli adolescenti ed un programma di coor-
dinamento e mobilizzazione per i diritti umani. Ogni singola
unità ha lo scopo di educare ed evangelizzare un gruppo di
adolescenti bisognosi di una fascia di età tra i 16 ed i 18 anni.
Offre, in modo del tutto legale, del lavoro a dei giovani mino-
renni, per poi introdurli nel mercato del lavoro, accompa-
gnandoli nelle loro attività, riunendoli nei fine settimana per
momenti di riflessioni e di gioco e, allo stesso tempo, cerca di
coinvolgere le loro famiglie in questo processo di insegna-
mento. Dunque, guidato dallo spirito del Vangelo, e ricor-
dando sempre la spiritualità di don Bosco, il CESAM aiuta un
giovane a diventare «buon cristiano ed un onesto cittadino».
Cesam + Famiglia + Lavoro = una grande
partnership
Il Cesam ha una solida alleanza con altri organi a livello sociale
e nel mondo dell’educazione. Sono tutte realtà che ricono-
scono gli sforzi dei giovani e che sono anche in grado di cam-
biare la propria vita, se lo desiderano. Ogni singolo centro crea
un contratto di impiego con il giovane, ed un Foglio di Im-
pegno viene poi fissato tra il giovane ed il centro in cui stu-
dierà. Il giovane promette di partecipare alle varie proposte
educative, di indossare in modo corretto la divisa del centro
e di comportarsi in modo corretto. Per fare in modo che il pro-
cesso educativo si svolga nel miglior modo possibile, il Cesam
accompagna le famiglie di questi ragazzi nel loro percorso,
offrendo vari momenti di incontro e formazione.
Ogni ragazzo, per far parte del Cesam, deve seguire alcune
lezioni teoriche. Il centro si farà cura di questo suo percorso
scolastico. Svolge questo in modo regolare, ricevendo una
Dichiarazione di Scolarizzazione e, quando necessario, è il sin-
golo centro a mettersi in contatto con le varie scuole.
Ogni singolo centro ha numerose partnership con altre realtà,
così come vari risultati a cui sono giunti. Recentemente il
CESAM del Espírito Santo è riuscito a fare un accordo con Pe-
trobrás, in modo che 125 giovani potessero partecipare al
progetto‘Petrobrás Jovem Aprendiz’(Giovani Apprendisti per
Petrobás). Questa partnership prevede che, nei primi quattro
mesi, ogni allievo ha una educazione civica e impari pure quali
sono le attività che Petrobás svolge mentre, per i restanti 20
mesi del progetto, parteciperà a corsi di formazione di varie
tipologie del SENAI “Serviço Nacional de Aprendizagem In-
dustrial'”(Servizio nazionale di apprendistato industriale).
I giovani partecipanti al progetto sono così divisi: 60 dal centro
di Vitória, 25 da quello di Linhares e 40 da quello di São Mateus.
Il sogno iniziato negli anni 70 continua dunque con lo stesso
entusiasmo e con nuove ed ampie prospettive per il
domani.
SALESIANI 2013
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7.6 Page 66

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Un supermercato come
di Angelica Luderschmidt
Foto di Gregory P. Gugala
N« on ho ancora compreso tutto dell’organizzazione, ma
faccio progressi». Andreas Erhard ride con un’aria
furba mentre sistema una confezione di formaggio da
spalmare nel frigorifero. Poco fa il diciottenne Andreas ha
indossato la sua uniforme, una polo blu che riporta a sini-
stra il logo rosso “Don Bosco”.
Il regime di lavoro di Andreas comincia nel retro del grande
supermercato. Qui si trova bene e si impegna volentieri. Solo
raramente la sua disabilità lo ostacola nel lavoro. Fin dalla
nascita, Andreas soffre di una paralisi al lato destro. «Ma
posso fare tutto. Qualche volta il mio handicap mi ostacola,
ma accadrà forse ogni tre mesi», dice. Poi cambia subito ar-
gomento. Quando parla del suo lavoro, Andreas usa i ter-
mini tecnici della vendita al dettaglio, come un lavoratore
di lunga data di questo settore. «Gli articoli devono essere
sistemati sugli scaffali in ordine decrescente di date di sca-
denza», spiega, mentre con la mano sinistra dispone nella
sede opportuna una confezione di yogurt. Oltre alla siste-
mazione dei vari articoli, tra i suoi compiti si annoverano
anche il controllo dell’assortimento e il riordino delle merci.
Da settembre dell’anno scorso, nel supermercato “Don
Bosco”di recente costruzione 21 giovani di Aschau seguono
il loro percorso di formazione che li porterà a diventare ven-
ditori o commercianti al dettaglio. Per il gestore, l’Ispettoria
tedesca dei Salesiani di Don Bosco, questo punto vendita
Edeka appositamente avviato è un progetto pilota.
In precedenza, Andreas e gli altri apprendisti seguivano il
loro percorso in una piccola drogheria della superficie di
150 metri quadrati ubicata vicino alla farmacia del centro,
che al momento è chiusa. La superficie dello spazio di ven-
dita del nuovo punto vendita è pari a 600 metri quadrati.
«Il lavoro che posso svolgere qui è più interessante rispetto
a quanto accadeva nel vecchio negozio. Qui posso parlare
con i clienti e dare loro consigli», dice Andreas, tirando leg-
germente verso l’alto i suoi jeans un po’ larghi.
Nel supermercato Don Bosco-Edeka, Andreas è responsa-
bile del reparto prodotti freschi e surgelati, come lo era nella
drogheria. «I clienti sono molto gentili e si rapportano in
modo positivo a noi. Solo a volte qualcuno si mostra un po’
seccato, quando non trova qualcosa». Andreas saluta ami-
chevolmente una cliente che spinge un carrello della spesa.
«Qui al supermercato i giovani acquisiscono competenze
utili per la vita sociale e hanno un contatto diretto con i
clienti. È una formazione costruttiva». (Hans Kiefl, respon-
sabile del progetto)
Accanto alla cucina, al primo piano del supermercato, si
trova anche la sala-studio. Ogni martedì Andreas deve tro-
varsi qui insieme a quattro suoi compagni di classe del
terzo anno per studiare. Fanno parte del piano di studi la
contabilità e la matematica. Inoltre, per tutta la giornata di
giovedì sono proposte le lezioni del centro di formazione
professionale “Waldwinkel”. Nel pensionato annesso al
centro, Andreas vive insieme a 260 altri apprendisti con
necessità specifiche. Poiché il lunedì, il mercoledì e il ve-
nerdì non ci sono lezioni, Andreas può effettuare il primo
turno di lavoro, dalle 6 alle 15,30, come oggi.
64
SALESIANI 2013
Ad Aschau am Inn, in Baviera, Andreas
Erhard svolge il suo percorso di
formazione lavorando nel campo della
vendita. Il supermercato “Don Bosco” di
Edeka, una nota catena distributrice di
prodotti alimentari, sotto il patrocinio
dell’Ispettoria tedesca dei Salesiani di Don
Bosco, si impegna ad aiutare i giovani
svantaggiati. Andreas vi lavora dal
settembre scorso. Il Don Bosco Magazin
l’ha accompagnato al lavoro.

7.7 Page 67

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Scuola
Circa mezz’ora dopo la fine dell’orario di lavoro, Andreas torna
al pensionato e vi trascorre due ore di tempo libero; seguono
poi un’altra ora di studio e quindi la cena. Nei momenti liberi
dallo studio e dal lavoro, Andreas ascolta musica e si dedica
al suo hobby preferito: visitare siti Internet di automobili. I suoi
occhi brillano, quando guarda il calendario appeso a una
parete della sua camera su cui sono raffigurate auto veloci e
potenti in bella mostra.
Al termine della prossima estate, il diciottenne completerà il
suo percorso di formazione per diventare venditore al minuto.
I responsabili del percorso di formazione che si svolge al super-
mercato sono contenti di lui. E anche gli insegnanti di“Waldwin-
kel” immaginano un futuro positivo per questo giovane con il
gel tra i capelli arruffati e un piercing all’orecchio. «Andreas per-
correrà la sua strada», dice Hans Kiefl, il responsabile del progetto.
«Il terzo anno è importante per il suo cammino verso la maturità.
Qui al supermercato i giovani acquisiscono competenze utili per
la vita sociale e hanno un contatto diretto con i clienti. È una for-
mazione costruttiva». Il docente che si trova accanto a lui con-
corda e aggiunge: «Prima della fine del corso, Andreas deve
ancora imparare ad arginare la sua esuberanza e studiare». Presto
comincerà l’importante fase della preparazione all’esame. Inizierà
poi anche la parte applicativa finalizzata a imparare a presentare
la propria candidatura per un impiego.
Quando gli si domanda dove gli piacerebbe lavorare, Andreas
ha la risposta pronta: «Vorrei impegnarmi nell’ambito tecnico.
Sarebbe magnifico, se trovassi un lavoro in un centro vendita
di articoli per l’informatica o la telefonia cellulare».
SALESIANI 2013
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7.8 Page 68

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Costruendo mattoni
di pace!
Al lavoro con i bambini
delle fabbriche di mattoni dello stato dell’Haryana, India
Si pensa che il lavoro minorile in India
coinvolga 60 milioni di bambini, i
cosiddetti “lavoratori nascosti” che fanno
qualsiasi tipo di lavoro nel sottosuolo del
mondo economico. Anche se il governo
indiano e le istituzioni garantiscono una
educazione gratuita ed obbligatoria a
tutti i bambini di età compresa tra i 6 e i
14 anni, ed è stata proibita l’assunzione
di bambini, il problema è ancora una
delle piaghe più grosse che ci siano in
questo paese.
di Kollappalliyil Thankachan
66
SALESIANI 2013

7.9 Page 69

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La lunga strada che attraversa i vasti
campi agricoli, su entrambi i lati è fian-
cheggiata da aree di produzione di mat-
toni. Tantissime persone lavorano in
queste zone, ed abitano in bruttissime ba-
racche. Sono i poveri immigrati che pro-
vengono dagli stati confinanti. Ci sono
circa 500 fabbriche di mattoni a Pasahaur,
distretto di Jhajjar (Haryana), ad una ses-
santina di chilometri dalla capitale dell’In-
dia, New Delhi. Sono la fonte primaria di
mattoni per molti stati dell’India settentrio-
nale ma, nessuno di questi operai ha un
solo mattone per costruirsi una casa vera
e propria.
La giornata di lavoro inizia presto. Per
tutta la notte una nube di fumo esce, in
maniera continua, dai camini, dove i
mattoni vengono poi fatti cuocere. Il
fumo sale in alto, si trasforma in nube,
che fa bruciare gli occhi e, a volte, si
vedono anche delle piccole scintille,
come quando si mette l’erba secca all’in-
terno di un inceneritore.
Non è raro vedere molte persone, gio-
vani ed anziani, lavorare tra dune di
fango, per poter realizzare dei mattoni.
E, quando si tratta di bambini con meno
di 10 anni, questo colpisce amaramente.
Il cervello si rifiuta di accettare quello che
sta vedendo: bambini molto piccoli che,
con le loro teneri mani, lavorano come
dei muratori esperti, sotto il caldo sole,
da aprile fino a metà giugno.
Il campo dove fabbricano i mattoni è di-
ventato una sorta di parco giochi; più
mattoni un bimbo produce, più assume
valore all’interno del gruppo degli operai.
Ci sono anche altri bambini in zona,
troppo piccoli però per produrre i mat-
toni. Loro invece giocano tra la polvere
ed il fango, e c’è anche un gruppetto di
bimbe che accudiscono i più piccoli
mentre le madri sono al lavoro. A volte
fanno delle piccole pause, ma ci nota che
gran parte di questi piccoli lavoratori
sono assai malnutriti.
Il Don Bosco Pasahaur, presenza sale-
siana che si trova proprio in questa zona,
ha cercato e sta cercando di realizzare un
villaggio in cui poter aiutare questi sfor-
tunati bambini. I salesiani vogliono aiu-
tarli a costruire mattoni di speranza per
un futuro migliore. Don Thankachan,
il direttore, è fermamente convinto di
voler migliorare le condizioni di vita delle
persone che abitano nella zona, dove la
situazione sanitaria è pessima e, per
questo, desidera per lo meno ottenere
più punti di raccolta di acqua corrente
non inquinata e realizzare centri di acco-
glienza. I Salesiani hanno l’importante
compito di dare a questi bambini, sfrut-
tati e vittime dell’ingiustizia, un futuro di
gioia. Hanno previsto molti progetti,
alcuni dei quali sono:
» Programmi di sensibilizzazione destinati
alle donne ed ai bambini lavoratori
» Realizzazione di un centro di acco-
glienza per bambini disagiati
» Un livello di educazione e di assistenza
per queste persone disagiate.
I salesiani stanno impegnando tantis-
sime energie per cercare di risolvere il
problema dello sfruttamento minorile in
questa zona. Il dare un livello di istruzione
è uno dei mezzi principali di campagna
di liberazione. I bambini vengono man-
dati a scuola e poi quindi riscattati dalla
loro tremenda condizione di lavoratori
sfruttati.
La fanciullezza non deve essere nascosta
da una nube di fumo nero, ma tutt’altro.
Il sogno di un bambino è quello di pas-
sare del tempo in un luogo dove c’è se-
renità e gioia, dove possa apprendere
qualche cosa per il suo futuro. Ma in
alcuni casi questo è disturbato da cupi-
digia e atteggiamenti tutt’altro che
umani. La fanciullezza, qui nelle fabbriche
di mattoni, si perde, quelle teneri manine
vengono usate per impastare fango ed
acqua, per spingere i carrelli, riempirli e
svuotarli.
La nostra società dovrebbe controllare
questi proprietari delle fabbriche e dare
a questi sfortunati bambini una vita vera
e propria, con una certa dignità.
SALESIANI 2013
67

7.10 Page 70

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I Corsi Animatori proposti dal
Movimento Giovanile Salesiano
Triveneto sono un’esperienza di
crescita umana e spirituale per
quanti vogliono spendersi per i più
piccoli coltivando la propria pas-
sione per l’educazione. Una espres-
sione di Benedetto XVI riassume
molto bene il senso e il cuore di
questa esperienza: «Andate a rac-
contare agli altri giovani la vostra
gioia di aver trovato quel tesoro
prezioso che è Gesù stesso. Siate
missionari entusiasti della nuova
evangelizzazione! Portate a coloro
che soffrono, a coloro che sono in
ricerca, la gioia che Gesù vuole
donare» (dal Messaggio della GMG
2012).
di Igino Biffi
Movimento Giovanile Salesiano
Un’esperienza salesiana a servizio della Chiesa del Nord Est
Il progetto “Corso Animatori” consiste
nella realizzazione di un’esperienza che
vuole aiutare i giovani a farsi prossimi ai più
piccoli abilitandoli ad affrontare con testa
e cuore le varie attività estive di anima-
zione. Lo scopo è quello di dare ulteriore
consistenza alla formazione che già a li-
vello locale viene offerta agli animatori. Ad
esso sono invitati ragazzi/e dai 14 ai 18
anni circa che intendono rendersi capaci
di educare nello stile dell'animazione se-
condo il Sistema Preventivo di don Bosco.
Sono tutti giovani e giovanissimi, che in
cammino verso la propria maturità umana
e cristiana, si preparano per un servizio
della propria realtà ecclesiale. Complessi-
vamente l’esperienza dura una settimana
e ogni corso si struttura in tre giorni a
giugno presso le sedi di Udine, Verona,
Mestre (case salesiane), appena terminata
la scuola. È un momento molto atteso
perché sigla l’inizio dell’estate ed è un’oc-
casione d’incontro impareggiabile che
coinvolge, tra staff e giovani, oltre 2.000
giovani. Per offrire una formazione gra-
duale, i corsi si svolgono su quattro livelli
in base all'età e all’esperienza, e ciascuno
è caratterizzato da una figura biblica di ri-
ferimento che con la loro vita indicano la
strada per diventare testimoni credibili in
mezzo ai ragazzi::
» I livello: DAVIDE
» II livello: I DODICI
» III livello: SAN PAOLO
» IV livello: MARIA
68
SALESIANI 2013

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Triveneto
La finalità dei Corsi Animatori consiste
anzitutto nel portare i giovani a sco-
prire o rafforzare dentro di sé il deside-
rio di Dio. Hanno inoltre lo scopo di
aiutare a scoprire che la vita è piena
quando viene donata.
I Corsi Animatori sono il frutto della col-
laborazione stretta tra i Salesiani del-
l'Ispettoria Nord Est, le Figlie di Maria
Ausiliatrice dell'Ispettoria Madre Maz-
zarello del Triveneto e l'Associazione
dei Salesiani Cooperatori. Lo staff è
composto anche da un folto gruppo
di universitari o giovani lavoratori che
sospendono i loro impegni per offrire
un contributo in molti ambiti. Una
équipe base assicura il coordinamento
dello staff di collaboratori impegnati
nelle diverse aree (formazione, logi-
stica, assistenza, preghiera, animazione,
laboratori). Amici e ospiti arrivano
anche da oltre confine: Romania, Mol-
davia, Ungheria e Bosnia.
L’ingrediente che dona ad un’esperienza
così vivace un tocco di maggiore profon-
dità, è la prossimità, pur in un’esperienza
residenziale con circa 500 giovani. Du-
rante i Corsi Animatori sono infatti molte
le occasioni in cui i ragazzi possono
essere avvicinati da un consacrato, da un
animatore più grande o confrontarsi con
i coetanei. In queste giornate, un ruolo
centrale lo rivestono le relazioni: nella
festa, nell’impegno, nella condivisione i
ragazzi sono assieme ai loro pari e nello
stesso tempo sono accompagnati da
adulti che amano ciò che loro stessi
amano. Sono tempi importanti, che rico-
prono un ruolo privilegiato nell’alchimia
del tutto; si tratta di respiri dell’anima in
cui trovare un po’ di spazio per aprirsi al-
l’altro, confrontarsi, permettere di farsi ac-
compagnare. Occasioni preziose per
ogni educatore, perché nel rapporto per-
sonale può svelarsi la parte più profonda
e vera del giovane.
A questi Corsi Animatori partecipano
per più del 60% giovani provenienti da
parrocchie affidate ai diocesani; per il
resto i giovani provengono da realtà
salesiane (SDB e FMA).
SALESIANI 2013
69

8.2 Page 72

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Don Bosco oggi
nel mondo del lavoro
Ad imitazione di San Giovanni Bosco, i salesiani in Messico
hanno aperto la loro prima opera a Santa Julia, nel di-
stretto federale nel 1892. Era una scuola di arti e mestieri dove
gli studenti potevano scegliere tra i vari corsi anche quelli di
calzolaio, carpentiere e sarto.
Nel 1983 il rettore della scuola era don José Lazaro y Reyes
SDB e, insieme ad un gruppo di cooperatori, sognava di se-
guire l’esempio di Don Bosco di fondare una scuola profes-
sionale, con lo scopo di fornire ai giovani un luogo dove
apprendere un lavoro.
In quel periodo i corsi proposti erano meccanica, falegnameria,
elettronica, saldatura. Poi, con il passare del tempo, il centro è
stato ridisegnato e modernizzato, in particolar modo grazie al-
l’aiuto di Comide (Gruppo di volontariato belga), Senosiain
Workshops, la signora María Guadalupe Salgado Mendía, Kin-
dermissionswerk (gruppo di volontariato tedesco) e del signor
Julio César Domínguez dell’associazione KABA.
Di recente i vari corsi sono stati migliorati, sia per quanto ri-
guarda i programmi di studio sia per quel che riguarda il ma-
teriale che gli studenti hanno a disposizione; sono infatti
arrivati moltissimi nuovi macchinari per i diversi corsi che il
centro propone. È bello anche sottolineare il fatto che ogni
singolo corso è stato creato in modo che l’80% delle ore di
lezione si basi sulla pratica ed il restante 20% su nozioni teo-
riche. Secondo i dati che sono stati raccolti, in questi 29 anni
70
SALESIANI 2013

8.3 Page 73

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di Jesús Rodríguez Mejía
di vita del centro, gli studenti che hanno usufruito dei
nostri corsi sono stati 9.900. Il centro offre i propri servizi
a chiunque ne faccia richiesta, indifferentemente dal
sesso, razza, religione o status sociale, ed è un grosso
aiuto soprattutto per quei ragazzi che si trovano in realtà
di maggior disagio sociale.
Attualmente il centro offre una formazione tecnica nei
seguenti settori: Meccanica di base, Carburante, Carpen-
teria, Falegnameria, Elettronica, Elettricisti, Riparazione
piccoli elettrodomestici, Ispezioni di drenaggio, Corso di
lingua inglese, Impiantistica di refrigerazione domestica
e commerciale, impianti di aria condizionata, Mezzi di
informatica di base ed avanzati, Assistenza informatica
I corsi si tengono nei giorni feriali dalle ore 18 alle 21, il
sabato dalle ore 9 alle 14.
Alla fine di ogni corso, ogni allievo riceve un diploma
che attesta la sua frequenza al corso.
La scuola professionale salesiana è attualmente gestita
dal salesiano coadiutore Austreberto Velasco Sandoval
e, in qualità di coordinatore, dal signor Jesús Rodríguez
Mejía. Vogliamo cogliere l’occasione per ringraziare le
tante persone ed istituzioni che, in questi 29anni, hanno
sempre aiutato il nostro centro, in modo particolare a li-
vello economico con le loro donazioni. .
SALESIANI 2013
71

8.4 Page 74

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Imparare l’arte della
Vita
di Marjan Lamovšek
In Slovenia, un Paese racchiuso tra le Alpi Giulie,
il Mare Adriatico e la Pianura Pannonica, la mis-
sione salesiana nel secondo centenario della pre-
senza dei figli di Don Bosco (l’inizio nel 1901) man
mano si sta ampliando. Alla pastorale parroc-
chiale, quasi l’unico modo di sopravvivenza dei
Salesiani nel regime sotto la stella rossa, oggi si
aggiungono altre aree del vasto operare sale-
siano. Una scuola, Gimnazija Želimlje, ogni anno
offre a una sessantina di nuovi giovani una for-
mazione di alto livello, oltre l’educazione secondo
il sistema di Don Bosco. Accanto alle parrocchie
si aprono i Centri giovanili salesiani, dove gli ado-
lescenti e i giovani trovano un posto di acco-
glienza, un passatempo attivo e una formazione
per diventare buoni cristiani e onesti cittadini.
L’Oratorio estivo ormai è conosciuto e diffuso al
livello nazionale.
Questo viene riconosciuto anche dalla Confe-
renza Episcopale Slovena con l’onorificenza nel
2011 per l’apporto dell’Oratorio alla pastorale
giovanile nazionale. Ci sono quindi moltissime
parrocchie che usufruiscono dal lavoro delle
mani della Famiglia Salesiana che proprio in
questo settore vede un’enorme potenzialità per
l’educazione delle giovani generazioni. Anche nel
lavoro sociale ormai da due decenni la presenza
e la voce, accompagnata con le varie attività dei
Salesiani e dai loro collaboratori si fa sentire a
favore dei giovani più bisognosi. Oltretutto si po-
trebbero elencare altre iniziative per i giovani,
anche quelli che vogliono diventare protagonisti
tra i loro coetanei, cioè, gli animatori.
Non è il caso di elencare tutto. Ma nel quadro
d’insieme per la sua completezza può essere
menzionato anche il Centro DUO di Veržej. Un’ab-
breviazione, che in lingua slovena in modo sinte-
tico indica che si tratta di un centro d’arte e
mestieri. Alcuni anni fa a Veržej è stato ristruttu-
rato un edificio, dove ora trovano posto vari arti-
giani. I giovani, e quelli che si sentono tali, nei
corsi di varia intensità possono entrare nei misteri
di un mestiere. Per imparare e per avere un’espe-
rienza dell’artigianato. E della vita!.
72
SALESIANI 2013

8.5 Page 75

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Con l’argilla tra le mani uno si sente come un creatore. Anche la paglia, di
per se uno stelo secco e senza valore, con la mano abile e una fantasia può
diventare un prezioso oggetto. È fragile, sì, può subire i danni del fuoco
come la paglia sul campo, ma ha un valore indelebile per chi l’ha
modellato con delicatezza, amore. In fin dei conti, non è una cosa da
poco, sperimentare che nella vita non conta quanto lavoro hai fatto, ma
quanta dedizione e amore vi hai messo. È questa sì un’arte che s’impara
non leggendo ma vivendo.
SALESIANI 2013
73

8.6 Page 76

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MGS Valencia:
Programmi di
Pastorale Giovanile
di Marta Peirat
I programmi organizzati dalla Pastorale
Giovanile dell’Ispettoria di Valencia hanno
come destinatari i giovani dai 9 ai 20 anni.
Vengono radunati in gruppi in base all’età,
quindi i bambini da una parte ed i ragazzi
dall’altra, e si ritrovano quindi tutti insieme
provenendo dai vari centri salesiani di
Valencia, Alicante, Castellón, Zaragoza,
Murcia e Albacete.
Lo scopo di questi incontri del MGS (Movimento Giovanile
Salesiano) è di accompagnare questi giovani nella loro
crescita e formazione, rafforzare lo spirito di gruppo che già
li tiene insieme e far loro scoprire l’importanza di incontrare
altri ragazzi e ragazze che credono nei loro stessi valori, e
che lo mettono in pratica anche al di fuori dei luoghi che
frequentano ogni giorno. E, con il passare degli anni, si nota
come il senso di appartenenza all’ispettoria ed alla famiglia
stia sempre più prendendo piede in quelli che partecipano
a questi incontri.
Fondamentalmente, questi incontri sono volti alla cono-
scenza del mondo salesiano da parte di ogni partecipante,
dei valori e degli elementi che sono alla base della Spiritualità
Giovanile Salesiana. Ogni singolo evento vuole dunque fare
passare questi obbiettivi per mezzo di attività e proposte diffe-
renti. Per esempio, i giovanissimi, che fanno parte del gruppo
ADS (Amici di Domenico Savio), lavorano su esempi di santità
giovanile: Domenico Savio, Laura Vicuña, Michele Magone e
Francesco Besucco. Iniziando con attività diverse, i giovani dai
9 ai 14anni condividono le loro idee e si animano a impe-
gnarsi in gesti di solidarietà con dei loro coetanei.
Quello che è conosciuto come Marchabosco e che è indi-
rizzato ad adolescenti dai 15 ai 17anni, è un progetto volto
a far loro scoprire che la vita può essere condivisa con gli
altri. L’attività centrale di questo evento è una lunga cammi-
nata in mezzo alla natura, con varie fermate lungo il cam-
mino, dove vengono proposti momenti di formazione di
gruppo. La notte, poi, è tutta una grande festa, con anima-
zione e tante altre attività.
Nel Campobosco, invece, si presenta ai giovani la possibilità
di diventare, a loro volta, animatori dei ragazzi più piccoli. È
un evento per i ragazzi già grandi, dai 18 ai 20anni e la mag-
gior parte di quelli che vi prendono parte sono già coinvolti
in queste attività di pastorale giovanile. Il Campobosco in-
segna come potersi relazionare con i più giovani a livello
educativo; si viene a conoscenza di importanti parti della
spiritualità salesiana e della spiritualità che ruota attorno alla
pastorale giovanile.
Tutti e tre questi eventi che abbiamo appena descritto ven-
gono organizzati in maniera tale che si ponga enfasi su Gesù
e il mondo che vi ruota intorno, e questo avviene con mo-
menti di preghiera e celebrazioni, sempre adattate a se-
conda dell’età dei partecipanti. Giochi, momenti di teatro,
di animazione, serate ricche di musica e danza, sport, tanto
per fare un piccolo elenco.
I partecipanti ad ogni evento sono suddivisi in gruppi, così da
poter meglio prendere parte alle varie attività precedente-
mente organizzate dai vari capogruppo. I capigruppi, giovani
volontari, accompagnano i loro gruppi per tutta la durata
dell’evento. Anche l’organizzazione e il supporto del Delegato
della Pastorale Giovanile e la sua équipe è molto importante,
e non a caso in ogni evento è anche presente un gruppo di
volontari adulti e di Salesiani Cooperatori che si fanno dunque
carico di portare avanti tutte le varie cose. E questo è un
grande esempio di quel concetto di spirito di famiglia con cui
Don Bosco era solito attrarre a sé i ragazzi.
Anche se ognuno di questi eventi è un evento annuale, fa
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SALESIANI 2013

8.7 Page 77

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parte di un processo di crescita che parte dalla fanciul-
lezza e che arriva fino all’età adulta. In questi ultimi 25anni
di incontri, sono stati davvero tanti i ragazzi che hanno
partecipato a questi raduni, iniziando da piccolini, per poi
diventare giovani adulti; questo cammino ha dato loro la
possibilità di scoprire che anche loro erano stati chiamati
a diventare educatori con una identità che è tipica del
MGS.
Alcuni di questi eventi sono strettamente collegati con
alcuni progetti di solidarietà. È dunque il caso dei campi
dell’ADS che, negli ultimi dieci anni, sono stati coinvolti
con i progetti di solidarietà di “Jóvenes y Desarrollo” (Gio-
vani e Sviluppo, una ONG gestita dalla Pastorale Giovanile
Salesiana) in paesi come Messico, Perù, Togo, Mali e altri
paesi. Nei prossimi tre anni, invece, le energie si concen-
treranno su un progetto che coinvolge la città di Guaya-
quil (Ecuador) e che si chiama“Chicos de la calle”(Ragazzi
di strada).
Quando questo processo di formazione ebbe inizio,
molte furono le associazioni giovanili dell’ispettoria di Va-
lencia ad essere coinvolte: scout, gruppi giovanili, gruppi
parrocchiali che, invece, in passato, non avevano quasi
mai avuto modo di entrare in contatto tra di loro. L’idea
che era alla base di questi eventi di formazione era di fare
radunare il maggior numero possibile di giovani della
stessa età, facendo loro capire che anche se appartene-
vano a gruppi di identità differenti, si potevano ritrovare
tutti insieme perché, in fondo, li accomunava una identità
di base, ben più profonda, ovvero l’identità Salesiana.
SALESIANI 2013
75

8.8 Page 78

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Un sogno
lungo un centenario
di Erzsébet Lengyel
Cento anni fa è iniziata la storia sa-
lesiana in Ungheria. La prima pre-
senza sorse a Péliföldszentkereszt,
una località non ideale per la vita e
l’azione di un salesiano: un bosco tut-
t’intorno e nel raggio di tre chilometri
nessun paesino. Ma, una volta stabi-
liti, i salesiani diedero una forte viva-
cità che l’anno successivo iniziò
l’espansione. Ben presto fu aperta
una casa a Nyergesújfalu e Péliföl-
dszentkereszt divenne noviziato; la
Casa Don Bosco, dove poi fu aperta
la Scuola Superiore di Teologia, venne
costruita nel 1932.
Nel 1950 il regime comunista bloccò
le congregazioni religiose e
anche i salesiani subirono un
freno, durato quarant’anni.
Furono chiusi istituti e le
comunità disperse; il complesso di
Péliföldszentkereszt fu statalizzato.
Nel 1992, in pessimo stato e con non
poche difficoltà, fu restituito ai Sale-
siani. Don József Havasi, Ispettore sa-
lesiano dell’Ungheria dal 1990 al
2008, in un primo tempo pensò di
non ricostruire il centro, ma oggi,
dopo aver speso tanta fatica, la realtà
salesiana dell’Ungheria è felice di
avere di nuovo quest’opera rinata a
vita nuova. Oggi Péliföldszentkereszt,
definita la culla salesiana ungherese,
sta vivendo un fiorente rinascimento.
Negli ultimi anni il direttore don Béla
Ábrahám, nominato Ispettore nel
2012, ha rinnovato il chiostro cer-
cando di coinvolgere i giovani del vi-
cinato.
Il sogno di don Bosco in Ungheria
parte da Péliföldszentkereszt. Qui, nei
primi quarant’anni di vita salesiana,
sono maturate tante vocazioni;
decine salesiani ungheresi sono par-
titi come missionari per paesi lontani:
Cina, Giappone, Cuba, Brasile, Mes-
sico, India… Oggi la presenza sale-
siana, diminuita dopo la repressione
del governo comunista, è arricchita
da missionari provenienti dall’India e
dal Vietnam.
I salesiani ungheresi speravano che il
regime comunista durasse poco; c’è
stato chi in silenzio ha lavorato nelle
diocesi e chi invece, volendo lavorare
per i giovani, è stato costretto a fug-
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SALESIANI 2013

8.9 Page 79

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In questi anni di preparazione al bicentenario della nascita di don
Bosco, e nel loro proprio centenario di presenza salesiana
nell'Ungheria, la Famiglia Salesiana ungherese vuole valorizzare il
passato e vivere nel presente la vitalità della spiritualità salesiana.
gire all’estero. Il martire coadiutore
István Sándor rimase nella sua patria
a sevizio dei giovani vivendo la sua
vita da religioso pur potendo avere
documenti falsi per fuggire all’estero.
Rimase e si dedicò al servizio dei gio-
vani. Con un processo, costruito con
false testimonianze, fu condannato a
morte. Per lui è stato avviato il pro-
cesso di beatificazione e canonizza-
zione.
A primi anni fiorenti dell’Ispettoria
Ungherese seguirono, durante il
regime comunista, anni di sofferenza
e di sotterfugio; oggi sono di rinno-
vamento.
L’Ispettoria ungherese, dedicata a
santo Stefano Re, è la più piccola tra
tutte le ispettorie salesiane del mondo,
ma nonostante questo sa guardare al
futuro con speranza. I figli di don Bosco
sono presenti, oltre Péliföldszentke-
reszt, a Nyergesújfalu con un liceo, a
Budapest con tre comunità, Szomba-
thely, Balassagyarmat e Kazincbarcika
dove, tra le tante attività, ci sono due
scuole con oltre 1300 allievi e una
scuola per la minoranza etnica Rom. Il
lavoro che si svolge nelle scuole e negli
oratori riscuote molto apprezzamento,
mentre i giovani del Movimento Gio-
vanile Salesiano trasmettono il carisma
salesiano ai loro coetanei.
I salesiani ungheresi e i missionari in-
diani, vietnamiti e polacchi sognano
insieme a Don Bosco altri cent’anni nel
cuore dell’Europa, in questa piccola
terra d’Ungheria dove la storia gloriosa
di un popolo che ha tanto sofferto ha
un grande cuore aperto all’umanità
intera.
SALESIANI 2013
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8.10 Page 80

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FONDATORE
78
SALESIANI 2013
Famiglie in cammino alla scuola di
don Bosco
Tabernacolo di speranza
Due cuori ed un Carisma
140 anni a servizio dei giovani
Dono ricevuto, impegno da realizzare
Da allievo ad insegnante, la storia di
William

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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perciò mi fo qui ad esporre le cose minute confidenziali che possono servire di lume o
tornar di utilità a quella istituzione che la divina Provvidenza si degnò andare alla
Società di S. Francesco di Sales.
(Memorie dell’Oratorio)
SALESIANI 2013
79

9.2 Page 82

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Siamo famiglie che da circa venti
anni, guidati da sacerdoti salesiani,
percorrono insieme un cammino
che ha dato molti frutti:
» un amore tra coniugi che si rin-
nova ogni giorno;
» una crescita spirituale come sin-
goli e come famiglie;
» una formazione come genitori nel
difficile compito educativo;
» un’amicizia tra i nostri figli che li
rende capaci di condividere la
fede e di testimoniarla agli altri.
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SALESIANI 2013
Famiglie
in cammino alla scuola
di don Bosco
a cura di ADMA
Un sogno
Don Bosco era un Santo sognatore,
viveva con il cuore in cielo e i piedi per
terra, ed amava esprimersi con i sogni.
Li raccontava ai suoi figli, specialmente
in occasione della “buona notte”, il
saluto che dava ai ragazzi alla fine di
una giornata.
Nel famoso «sogno delle due co-
lonne», il Santo vede la nave della
Chiesa attaccata da innumerevoli pic-
cole navi che vogliono «urtarla con il
rostro e farle ogni guasto possibile». La
battaglia infuria ancora più feroce sino
a quando il Papa, superando ogni osta-
colo, riesce ad attraccare la nave della
Chiesa alle due colonne di Gesù Euca-
restia e di Maria Ausiliatrice i nemici
fuggono e si disperdono e sul mare
torna una grande pace”.
La nostra esperienza ci dice che non
solo la Chiesa nel suo insieme, ma
anche la navicella di ogni famiglia, an-
corata alle due colonne, prosegue
sicura nel suo cammino. Con questo
piccolo opuscolo vogliamo raccontare
l’esperienza di famiglie che, ormai da
anni, camminano alla scuola di Don
Bosco nell’ADMA, l’Associazione di
Maria Ausiliatrice fondata dal Santo
piemontese nel 1869, uno dei gruppi
della Famiglia Salesiana.
Chi siamo?
Siamo famiglie che da circa venti anni,
guidati da sacerdoti salesiani, percor-
rono insieme un cammino che ha dato
molti frutti.
Ogni famiglia partecipa secondo le
proprie possibilità: viene solo incorag-
giata l’assiduità, per poterne ricevere il
maggior beneficio. Siamo anche invi-
tati a coltivare la partecipazione alla
vita della Chiesa prendendo attiva-
mente parte alle attività delle parroc-
chie o degli oratori.
Essere alla scuola di Don Bosco signi-
fica coltivare nella famiglia diversi

9.3 Page 83

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aspetti del carisma salesiano: la gioia di
vivere, la cura della preghiera, l’unione
con Dio nel quotidiano, il servizio al
prossimo, in particolare ai giovani ed ai
poveri, la fiducia in Dio, che è Padre
provvidente, l’affidamento a Maria, che
ci è Madre e Maestra.
serto personale, uno spazio di silenzio
e preghiera per trovare Dio e ritrovare
se stessi, per crescere nell’amore e ma-
turare decisioni.
I ritiri mensili - durano un giorno e si
fanno alla Domenica.
Così cresce unità e al tempo stesso
ognuno trova il suo spazio e le sue
amicizie. Osservando i genitori pre-
gare e condividere la fede, i figli impa-
rano a vivere in famiglia alla presenza
di Gesù e Maria. Per loro diventa na-
turale fare lo stesso.
Cosa facciamo?
Catechesi - ll tema dell’anno è scelto e
sviluppato da sacerdoti in sintonia con
i cammini ecclesiali e le proposte pa-
storali della Famiglia Salesiana. Tutte le
catechesi hanno sempre tre riferimenti
indispensabili:
» Parola di Dio e dei Sacramenti;
» dinamiche coniugali ed educative;
» l’impegno per una più intensa vita di
preghiera e per una più grande fe-
deltà ai propri doveri in famiglia, sul
lavoro, nella Chiesa.
La settimana di esercizi spirituali - vis-
suta in un clima famigliare di impegno
e di riposo, di amicizia e di semplicità.
La giornata è scandita da : Lodi, cate-
chesi; preghiera personale e di coppia;
Rosario; Condivisione - un’ora al giorno
è dedicata, per chi lo desidera, all’Ado-
razione eucaristica.
La settimana ha il suo culmine nel de-
Il 24 del mese, giorno di Maria - L’in-
contro del 24 del mese è una piccola
perla di un’ora che racchiude le cose a
cui don Bosco tanto teneva e che
voleva trasmettere ai giovani: Eucare-
stia, Maria, Parola, Confessione e spirito
di famiglia. I giovani, prima di raggiun-
gerci, alle 19.00, si incontrano per un
momento di formazione, condivisione
e cena in allegria.
Pellegrinaggi - Sono momenti speciali
in cui la famiglia si mette in cammino
per incontrare Maria, che come madre
premurosa ci invita alla conversione.
Sono belle occasioni da vivere insieme,
dove i figli imparano ad affidarsi con
naturalezza a Dio seguendo i genitori,
condividendo momenti di preghiera,
anche con i loro amici.
Come?
Un cammino anche per i nostri figli
- Fa parte del nostro stile che tutta
la famiglia sia presente agli incontri.
Guardando i nostri figli, siamo sempre
più convinti che la testimonianza della
nostra fede è il dono più bello che pos-
siamo offrire, l’eredità più ricca che
possiamo lasciare.
Con spirito di servizio - L’organizza-
zione dei ritiri e degli esercizi spirituali
estivi richiede l’impegno di molte
persone. Per questo ci sono coppie
che si mettono a disposizione per
quanto necessario: organizzazione,
animazione, cucina, pulizia. Davvero lo
spirito di servizio è un ingrediente
vitale nel cammino di formazione!
“Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date” - Non ci sono
ostacoli economici: anche questa è
un’eredità di Don Bosco. Quando
accade che qualche famiglia non può
sostenerne il costo, è il resto del
gruppo a farsene carico, con discre-
zione e spirito fraterno. Il denaro non
deve precludere, ad una famiglia che
lo desidera, di ricevere i doni di Dio.
SALESIANI 2013
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9.4 Page 84

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sTapbeerrnaacnolzo adi
Salesiani Cooperatori in Africa
Un viaggio in Africa è sempre ricco di grandi emozioni e
di belle sorprese. Le sorprese dello Spirito santo che
prende il volto di Don Bosco e dei suoi figli. In Kenia,
guidati dall’instancabile Don Simon Asira, vicario
dell’ispettore, abbiamo incontrato i Direttori delle opere
salesiane a Embu, la consulta della Famiglia Salesiana a
Makuyu e, infine, i salesiani Cooperatori a Nairobi.
di Giuseppe Casti
Storie di persone semplici, innamo-
rate di Don Bosco, impegnate a in-
carnare il carisma salesiano nel modo
più autentico. Nairobi è la grande città
che racchiude tutte le contraddizioni
dell’Africa: audaci strutture moderne
accanto a bassifondi sporchi e affollati
che qui chiamano “slums”. I salesiani
Cooperatori sono presenti in questi
quartieri degradati: organizzati in“pic-
cole comunità” si prendono cura dei ra-
gazzi di strada, indirizzandoli alla “Don
Bosco Boys’ Town”, la città dei ragazzi,
piccola Valdocco nel cuore dell’Africa.
Stesso impegno, stessa volontà di dare
un volto e un cuore africano a Don
Bosco in Tanzania. Don Augustine
Sellam, delegato di Pastorale Giovanile,
ci conduce a Moshi, Morogoro, Dar Es
Salaam. Dappertutto troviamo l’entu-
siasmo di lavorare per il futuro del
paese.
Questi pensieri e queste immagini at-
traversano la mia mente mentre per-
corro le vie di Juba. Juba? Si, proprio
Juba, o, per capirci meglio, Il Sudan del
Sud. Infatti Juba non si trova ancora
sulle carte geografiche. Come stato in-
dipendente ha solo pochi mesi. Esce
stremato da una lunghissima guerra
per l’indipendenza che ha pagato con
milioni di morti e milioni di rifugiati. A
Juba tutto è avvolto dalla polvere. Una
polvere, rossa, sottile, che ti penetra
dappertutto: nel naso, nelle orecchie,
negli occhi, in bocca. Alla fine ti con-
vinci che anche il tuo cervello sia rico-
perto da una leggera patina di polvere
rossa. Quello che emerge da questa
nuvola di polvere rossa è un popolo
ai limiti della sopravvivenza. I corpi
magri, i volti scavati, raccontano silen-
ziosamente vite essenziali, dure batta-
glie quotidiane per la sopravvivenza,
limiti sempre più ristretti tra la vita e la
morte. Mi chiedo: cosa significa essere
salesiano e salesiano Cooperatore
in una realtà così estrema? La sfida
appare subito impari, superiore alle
nostre forze vedendo bambini che
muoiono di malaria, di malnutrizione
o per l’acqua inquinata. A questa
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SALESIANI 2013

9.5 Page 85

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gente non abbiamo altro da offrire
che la nostra povera e vulnerabile per-
sona. Una presenza amorosa che si
china sulle loro ferite e mantiene viva
la speranza. E’ questo il modo con cui
Gesù ha rivelato l’amore di Dio. Così,
come fanno i missionari, così come
fanno i salesiani Cooperatori a Juba:
vivono con loro in mezzo alle loro mi-
serabili capanne.
E’ domenica mattina. Il sole, alle nove
del mattino, ha già toccato i 40 gradi.
Come tutti i giorni Juba è avvolta da
una nuvola di polvere rossa. Come tutti
i giorni mi aspettavo che da quella pol-
vere sbucassero come ombre uomini,
donne e bambini sporchi e con qual-
che misero straccio addosso. E invece
no. Non credo ai miei occhi. Sono
puliti, sorridenti, ben vestiti. E’ dome-
nica, hanno messo il vestito nuovo.
L’unico vestito degno di questo nome,
quello della festa. Sorrido meravigliato
ed estasiato, come davanti ad una ap-
parizione. A Juba, oggi è veramente
festa. Mentre contemplo i loro volti il-
luminati da una luce nuova,
mi chiedo: ma dove con-
servano questo vestito
nuovo? Nelle loro luride capanne di
fango o in quelle quattro lamiere bru-
ciate dal sole cocente ci deve essere un
luogo, anzi un tabernacolo, dove gli
abitanti di Juba conservano il vestito
nuovo per la domenica. Si, deve essere
un tabernacolo, perché quello non è
solo il vestito della domenica. Quel ve-
stito è tessuto di dignità e di libertà. C’è
molta sofferenza, ma c’è anche la spe-
ranza in un futuro migliore. Molti fili
hanno il colore grigio di un miserabile
quotidiano, ma ci sono anche i colori
vivi di una splendida eternità. Si,
questo vestito, l’unico vestito degli abi-
tanti di Juba, deve essere conservato
gelosamente, come qualcosa di unico
e prezioso nel tabernacolo di ogni
capanna. Lo sa bene Don Cyril Odia,
giovane sacerdote salesiano, che con-
cludendo la messa in un’esplosione di
canti e di gioia invita tutti all’oratorio.
A Juba, ai confini del deserto, sulle rive
del Nilo bianco, i Cooperatori, veri sa-
lesiani nel mondo, con Don Cyril e gli
altri missionari compiono il miracolo
della speranza che rinasce con i gio-
vani.
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9.6 Page 86

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Main, La casa della felicità
Due cuori ed
un Carisma
«La lungimiranza e la passione educativa di don Bosco hanno visto giusto nei confronti di Maìn
e delle sue compagne». È la risposta di suor Caterina Cangià, che ha steso la sceneggiatura
del film “Main. La casa della felicità”, mentre spiega come nel film ha espresso la simbiosi e
l’affinità educativa dei due santi: don Bosco e Madre Mazzarello. Potremmo dire due cuori
apostolici ed un carisma educativo. E sono proprio due battute della sceneggiatura che
diventano la chiave di questa reciprocità apostolica: “Come facciamo noi con le ragazze”, si
chiede Maria Mazzarello. E don Pestarino dice che anche loro fanno l’oratorio la domenica,
mentre durante la settimana insegnano un mestiere ai ragazzi.
Suor Caterina alla base dell’idea educa-
tiva di don Bosco a cui ha aderito madre
Mazzarello vi è il primato della persona.
Qualche scena del film indica chiara-
mente questa scelta antropologica?
Bellissima la scena quando Maìn, dopo
la guarigione dal tifo che la lascia senza
più le forze di prima, ha una forte intui-
zione – chiamata, all’interno dell’Isti-
tuto“visione”– che le fa capire che può
mettere la propria vita a servizio del-
l’educazione delle ragazze. Chiede in-
fatti alla Madonna, raffigurata in
un’edicola presente in una strada del
paese: “Le affidi a me?”. L’idea di “affida-
mento” e di “prendersi cura” sono alla
base della sua scelta che oggi arric-
chiamo con il termine “antropologica”.
Per Maìn la persona in crescita va
curata, accudita, portata alla sua piena
realizzazione. Alle ragazze s’insegna
con il dire e con l’essere: “Ciò che s’in-
segna con l’esempio rimane”. È forte in
Maìn il senso della reciprocità, chiara-
mente dichiarato con la frase: “Petro-
nilla, io non ho figlie, ma ho molte
sorelle e mi stanno tutte a cuore allo
stesso modo”.
di Maria Trigila
Don Bosco nel film ha una sua localizza-
zione ben precisa. Come mai ha scelto
questi determinati fatti e non altri?
Ho scelto, in primo luogo, l’attesa di
Don Bosco, prospettata da don Pesta-
rino quando comunica di volerlo invi-
tare, con i suoi ragazzi, a Mornese. Lo
sguardo di Maìn brilla per due motivi:
sa che ogni proposta di don Pestarino
è per la crescita e poi “sente” tutta la
grandezza di don Bosco prima ancora
di averlo incontrato. Poi Don Bosco
arriva. Tutto il paesino è in festa e la
festa si moltiplica con l’arrivo dei ra-
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SALESIANI 2013

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gazzi e della banda. Maìn dice alla
ragazzina che le sta davanti: “Guar-
dalo. È un santo”. Di questa verità
Maìn è convinta. Mi sono chiesta
come far percepire allo spettatore,
questa sua profonda convinzione
della santità di don Bosco. Bene. Ho
deciso per gli sguardi. Con due
primi piani il film dice il riconosci-
mento della santità da parte di
Maìn e l’intuizione immediata di
don Bosco nei suoi confronti: “Sarà
lei la prima”. Incontriamo poi don
Bosco, quando tutti i ragazzi dor-
mono, a discorrere con don Pesta-
rino sulla fondazione di un collegio
per i ragazzi a Borgoalto. Lo ve-
diamo poi a Torino, mentre comu-
nica a un giovane salesiano la sua
ferma intenzione di fondare un isti-
tuto che “faccia per le ragazze ciò
che i suoi salesiani fanno per i ra-
gazzi” e lo vediamo infine che sug-
gella la decisione del consiglio
generale di dare inizio all’Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice. La
sua presenza nel film si chiude con
il bellissimo discorso della profes-
sione religiosa, il 5 agosto del 1872,
seguito dalla raccomandazione di
“essere sempre molto allegre”.
Don Bosco fonda l’Istituto quando nel
suo animo cresceva l’ardore missionario
e l’audacia di fondare case in Patagonia
che concretizza nel 1875. Poi nel 1876
Madre Mazzarello scrive a don Gio-
vanni Cagliero: «Faccia dunque presto
a chiamarci … in America! Io vorrei
già esserci!». Questo nodo intreccia già
dalle origini la Congregazione sale-
siana con l’Istituto delle FMA. Nel suo
film qual è il di più che ha voluto ag-
giungere a riguardo?
Il “di più” è racchiuso in poche
parole della Madre, ma soprattutto
nel tono fiducioso, deciso e gioioso
con il quale le esprime e nel suo
sguardo. La prima spedizione mis-
sionaria, nel film, è immortalata da
una foto ed è sigillata dalle parole:
“Don Bosco ci chiama a lavorare tra
le ragazze del popolo, tra le più bi-
sognose”.
Le sequenze esprimono chiaramente
l’incidenza di don Bosco nella vita
di Domenica Mazzarello. Non solo
perché, possiamo dire, le suore sono di-
ventate da Mornese cittadine del
mondo, ma perché …
Perché tutto si faceva nel nome di
don Bosco, ricalcando le sue racco-
mandazioni e i suoi insegnamenti
espressi attraverso i vari direttori
della nascente congregazione. Le
ultime parole che il film ci fa sentire
attraverso la voce off della Madre
sono: “Muoio sposa di Gesù, Figlia di
Maria Ausiliatrice e di don Bosco. De-
sidero questa grazia per tutte voi che
ho amato moltissimo e che ora
amerò ancora di più”.
Da alcune sequenze, in particolare, mi
sembra leggere la lettera che da Roma
nel 1884 don Bosco scrisse alla comu-
nità salesiana di Valdocco: “Il pericolo
più grande che può minare alla base la
relazione educativa è la perdita della
familiarità”. Non le pare che in fondo
uno dei messaggi del film sia proprio
questo?
Il film lo mostra con molta chiarezza.
Difatti le “figliette” sono presenti ad
ogni evento vissuto. Quando si ope-
rano scelte decisive come la divi-
sione fra le Nuove Orsoline e le
ragazze che decideranno di diven-
tare Figlie di Maria Ausiliatrice; nella
scena delle prove della professione,
quando viene chiamata una bam-
bina “che legge bene” a fare la parte
del Vescovo e il giorno della profes-
sione religiosa. Poi quando si gioca,
si canta, si studia, si fa teatro… è un
tessuto di presenza che osserva, ac-
cudisce, ama.
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140 anni a servizio dei giovani
L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice compie 140 anni. Il 5 agosto 1872
a Mornese, un piccolo centro in provincia di Alessandria, 11 giovani si
consacrano al Signore dando vita a quello che poi sarebbe diventato un
Istituto internazionale presente in 94 Nazioni.
di ANS
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Il 5 agosto 1872 Don Bosco è a Mornese,
è arrivato la sera del 4 per parlare con le
giovani, spiegare il significato della fun-
zione, insegnare a leggere le risposte e la
formula dei voti: “Voi ora appartenete a
una Famiglia religiosa - alcune delle sue
parole - che è tutta della Madonna; siete
poche, sprovviste di mezzi e non soste-
nute dall’approvazione umana. Niente vi
turbi. […] l’Istituto avrà un grande avve-
nire se vi manterrete semplici, povere e
mortificate. […] pensate spesso che il
vostro Istituto dovrà essere il monumento
vivo della gratitudine di Don Bosco alla
Gran Madre di Dio, invocata sotto il titolo
di Aiuto dei cristiani” (cfr Cronistoria I 305-
306).
Don Bosco voleva un Istituto femminile
che potesse compiere l’opera educativa
che lui stava portando avanti con i ragazzi.
In Maria Domenica Mazzarello, che sarà
confondatrice, e nel primo gruppo di ra-
gazze che incontra a Mornese, intravede
la possibilità che il suo sogno si realizzi.
L’Istituto delle FMA, attualmente conta
13.653 suore (dati aggiornati a dicembre
2011) distribuite in 1.436 comunità in 94
nazioni dei cinque continenti. Lungo gli
anni è rimasta viva la passione per l’edu-
cazione delle/i giovani declinata nelle di-
verse culture attraverso la formazione
integrale della persona, la solidarietà so-
ciale, con la proposta e lo sviluppo di atti-
vità di evangelizzazione, formazione,
prevenzione.
Scuole, Centri di formazione professio-
nale, case famiglia, opere per ragazze di
strada, associazioni per il tempo libero, vo-
lontariato, catechesi, opere di prima evan-
gelizzazione, lavoro con gli indigeni,
opere di promozione della donna, attività
di micro-credito e micro-economia…
sono solo alcune delle attività con le quali
le fma cercano di svolgere la loro missione
educativa ed evangelizzatrice, insieme a
tanti collaboratori laici, volontari e giovani
animatori.
Per molte nazioni il 5 agosto è rimasta la
data in cui si emettono i primi voti tem-
poranei o le professioni perpetue.
SALESIANI 2013
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9.10 Page 90

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SALESIANI 2013
Dono ricevuto,
impegno da realizzare
Exallievi di Don Bosco
L’articolo 1 dello Statuto Confederale
dell’Associazione dice: “Sono exal-
lievi coloro che, per aver frequentato un
oratorio, una scuola o una qualsiasi altra
opera salesiana, hanno ricevuto in essa
una preparazione per la vita secondo i
principi del Sistema Preventivo di Don
Bosco”.
L’Associazione degli Exallievi è un’aggre-
gazione veramente originale: cristiana
per statuto, ammette a pieno diritto
membri di diverse confessioni e di di-
verse religioni. L’exallievo può essere un
laico, un sacerdote o un religioso. Gli
Exallievi non cristiani o di altre confes-
sioni religiose sono chiamati a vivere il
loro impegno mostrandosi coerenti
con la propria fede e restando sempre
legati ai valori umani e culturali appresi.
L’Associazione comprende due fasce: la
prima è costituita dagli associati che
s’impegnano in vario modo nella realtà
locali e nei cammini di formazione pre-
visti; la seconda, senza nessun vincolo di
appartenenza, è data da un movimento
più vasto e meno strutturato. Più che
nelle strutture, l’associazione si riconosce
nell’essere un ambiente di formazione
nella fede, uno spazio di dialogo reli-
gioso, un laboratorio per svariate
collaborazioni, un campo aperto di
evangelizzazione, una convergenza se-
condo le disposizioni di ciascuno per
obiettivi sia religiosi, sia secolari.
di ANS
presente il patrimonio dei valori educa-
tivi vissuti, il Sistema Educativo di Don
Bosco, nella società di oggi, soprattutto
nel “nuovo continente digitale”.
La sua origine è semplice ed è caratte-
rizzata dallo stile familiare tipico del cari-
sma salesiano. Il 24 giugno 1870, festa
onomastica di Don Bosco, un gruppo di
“antichi allievi”, con filiale riconoscenza,
portò in dono delle tazzine da caffè. Don
Bosco volle che questa tradizione con-
tinuasse dedicando alla festa un’intera
giornata, e ricambiando i doni con un
invito a pranzo. La prima“agape fraterna”
ebbe luogo il 19 luglio 1874, e iniziò la
consuetudine del convegno annuale
degli exallievi che, ancora oggi, si svolge
nelle case salesiane.
Nel 1884, il gruppo di “antichi allievi” –
oltre 300 – ebbe la sua prima struttura
organizzativa; s’impegnava a conser-
L’educazione ricevuta in passato non
può rimanere un mero ricordo, ma si
deve trasformare in una forza che traina
la persona a incidere nel presente per
trasformarlo. È l’opportunità di rendere

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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L’Associazione degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco ha da poco celebrato il
primo centenario di istituzione. Sono innumerevoli coloro che, dopo aver
frequentato un ambiente educativo salesiano, acquisiscono il titolo di exallievi o
exallieve di Don Bosco. Tanti i personaggi illustri, ma ancor più numerosi sono
coloro che nella semplicità e nel quotidiano incarnano il motto di Don Bosco:
“buon cristiano e onesto cittadino”.
vare l’educazione ricevuta, continuare
l’opera a favore dei giovani bisognosi,
coltivare l’amicizia e la solidarietà fra i
soci. Il primo statuto fu stilato a Torino
l’8 dicembre 1911, in occasione del I
Congresso internazionale, sotto la
spinta del beato Don Filippo Rinaldi,
che più tardi diventerà il III successore
di Don Bosco.
Il 23 maggio 1920, per l’inaugurazione
del monumento a Don Bosco voluto
dagli exallievi nella piazza antistante la
Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, fu
definita la struttura organizzativa tuttora
vigente: Unione locale, Federazione
ispettoriale, Federazione internazionale
(chiamata Confederazione Mondiale
dal 1954). In quell’incontro, fu deciso di
accogliere nell’associazione anche exal-
lievi di religione non cristiana, elimi-
nando distinzioni e separazioni e
considerando anzi un vanto del movi-
mento e dell’associazione il legame fra-
terno e il senso dell’unità.
La svolta conciliare portò a prevedere
nuove e più concrete forme di collabo-
razione coi salesiani. La confederazione
fa parte del O.M.A.A.E.E.C, organismo
che accoglie gli exallievi e le exallieve
delle diverse congregazioni, ricono-
sciuto dalla Chiesa nelle Organizzazioni
Internazionali Cattoliche (O.I.C.).
Negli ultimi anni l’Associazione sta cu-
rando la formazione dei futuri leader
mediante specifici corsi avviati nei con-
tinenti, mentre, per la condivisione di
nuovi progetti e per l’interscambio
delle iniziative territoriali tra gli asso-
ciati, sono istituiti Congressi Interna-
zionali (Eurobosco, Asia Australia,
Congrelat, Afrobosco), che si celebrano
ogni quadriennio, e l’Assemblea Mon-
diale, che ha luogo ogni sei anni.
Il Congresso di rilancio del bicentena-
rio dell’Associazione, svoltosi a Torino
e nei luoghi della nascita e infanzia di
Don Bosco, dal 26 al 29 aprile 2012,
con l’intervento del Rettor Maggiore
della Congregazione Salesiana e del
suo Vicario, ha segnato la storia dell’As-
sociazione.
La Confederazione Mondiale degli
Exallievi di Don Bosco si è data per i
prossimi anni un Piano Strategico
(2011-2016) che punta alla crescita
del senso di appartenenza alla Con-
federazione e alla Famiglia Salesiana,
all’approfondimento della spiritualità
cristiana e salesiana, al rafforzamento
dell’animazione degli Exallievi, al con-
solidamento della struttura organizza-
tiva e, come sottolineato più volte dal
Rettor Maggiore, ad un rafforzamento
dell’impegno sociale ed ecclesiale
degli Exallievi..
SALESIANI 2013
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10.2 Page 92

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Da allievo ad insegnante
la storia di William
Dall’impegno in favore di una sola persona possono
derivare vantaggi per un’intera comunità. Così è
accaduto a William, un ragazzo tanzaniano di origine
masai che ha beneficiato dell’aiuto di molte persone e
dell’educazione dei salesiani di Torino e che ora ha
intenzione di offrire ai bambini meno fortunati del suo
villaggio alcune possibilità di crescita.
di ANS
William è un giovane di 22 anni, alto, magro,
dagli occhi attenti e dal sorriso scolpito sul
volto; lo caratterizzano le tracce di una cicatrice cir-
colare su ogni guancia e i grandi buchi ai lobi au-
ricolari, tipici dei Masai. È il maggiore di 6 fratelli,
ed è nato ad Elerai, un piccolo villaggio ai piedi del
Monte Kilimanjaro in Tanzania. William, che di co-
gnome fa Makau, ha assunto anche quello della
famiglia italiana che lo ha adottato: Cisero.
Pur desiderandolo fortemente, nella sua infanzia
non ha potuto studiare molto: «ho frequentato per
due anni la scuola di una missione luterana. Nes-
suno studia, perché non si ritiene importante. Col-
tivare la terra, prendersi cura di animali o vendere
ornamenti sono le occupazioni di un ragazzo. Così
ho lavorato nei pascoli e percorrevo decine di chi-
lometri al giorno per portare la carne ai minatori,
perché i miei genitori allevavano bestiame e non
potevano mantenere tutti noi figli».
Poi l’incontro con la coppia italiana che ha cambiato
la sua vita: «Ci siamo incontrati sulle spiagge di Zan-
zibar, nel 2005, quando vendevo prodotti artigianali
e stoffe tessute dalla mia gente ai turisti. Hanno
ascoltato con attenzione, erano interessati alla mia
storia e al mio desiderio di studiare e mi hanno in-
coraggiato a farlo». I coniugi Cisero gli hanno così
offerto di pagargli gli studi sull’isola. «Accettai di
buon grado, perché ho sempre amato la scuola, al
punto da non riuscire a staccarmi dai libri».
Completate le medie a Zanzibar, nel 2008 William
è stato adottato e ha raggiunto Torino dove ha ini-
ziato a frequentare il liceo salesiano “Edoardo
Agnelli”. È stato il primo contatto con i Salesiani,
sebbene i Figli di Don Bosco siano presenti nel suo
paese natale dal 1980. Ha frequentato per due
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10.3 Page 93

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anni il liceo, ma ha capito che non era ancora quella la sua strada.
Così ha cambiato indirizzo scolastico – rimanendo però sempre
nell’ambito dei salesiani – ed è passato al Politecnico “Agnelli”,
dove studia elettronica e coltiva il sogno di diventare ingegnere.
All’Agnelli di Torino, col passare del tempo, William è diventato
popolarissimo tra gli studenti grazie alle vicende della sua vita:
ha raccontato di quando si è trovato di fronte un leone di notte
e di quando ha visto uccidere con il machete i cercatori d’oro.
Per don Alberto Zanini, Direttore della scuola, però, è soprattutto
la sua passione per la scuola ad aver sorpreso e catturato i com-
pagni.
Durante il terzo anno di scuola, William è stato eletto Presidente
della “Repubblica degli studenti”, una simulazione della struttura
statale interna alla scuola. Religiosamente non si definisce prati-
cante: ha ricevuto solo il battesimo luterano, ma non s’identifica
in quella religione. Precisa piuttosto che i valori dell’istituto sale-
siano sono i suoi valori. Ama lo sport e come molti atleti dell’Africa
è portato per gli sport di resistenza: «mi piace il ciclismo e fare
lunghe gare a piedi; posso correre fino a 25 km a piedi senza pro-
blemi! In una gara di 10 km, partecipata da oltre 6000 atleti, sono
arrivato 2°. E nel maggio 2012 ho ottenuto lo stesso risultato su
una distanza di 6 km, insieme a 200 atleti della Federazione».
Nell’estate 2011 William è ritornato a casa. Ha insegnato varie
materie, come lo swahili, la lingua masai e la matematica ad
alcuni bambini del suo villaggio. Ha persino scolpito a mano la
lavagna e le panche della classe, allestita all’ombra degli alberi,
per invogliare i bambini a studiare e le loro famiglie a lasciarli
frequentare gli studi. Ma non è stato facile: «L’ignoranza e la po-
vertà del mio popolo mi hanno fatto davvero male! Ho comin-
ciato a invitare i bambini, casa per casa, ma le madri non
vedevano l’utilità della scuola e non li mandavano. Nelle prime
classi all’inizio erano in pochi a venire, ma alla fine sono stati oltre
30. La mia soddisfazione è venuta dopo quando due si sono
iscritti nella scuola pubblica».
Per il futuro William vuole frequentare l’università e formarsi ul-
teriormente, ma il suo sogno è quello di tornare ad Elerai e pro-
seguire il suo sogno di educazione nella sua terra, fondando una
scuola. «Desidero che anche i bambini del mio villaggio possano
andare a scuola come ho fatto io».
Prima che William riesca a realizzare il suo obiettivo dovrà ancora
affrontare numerose sfide; ma intanto il suo entusiasmo si dif-
fonde e anima anche altre persone: il consiglio d’istituto del-
l’Agnelli sta vagliando un progetto per sostenerlo mentre alcuni
giovani del programma missionario dei salesiani pensano di ac-
compagnarlo ad Elerai nel prossimo viaggio.
SALESIANI 2013
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10.4 Page 94

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COMUNICATORE
Don Bosco scrittore
Un impegno attuale per la buona stampa
Scienza e tecnologia: al servizio di chi?
Il Vangelo attraverso i media
Shake & Pray, App per iPhone & Android
Una Radio fatta dai ragazzi di strada
I tascabili della fede, Libretti pratici per ogni
cristiano
Festiclip, clip per i giovani dai giovani
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SALESIANI 2013

10.5 Page 95

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Le Letture Cattoliche furono accolte con generale applauso, e il numero dei lettori fu
straordinario.
(Memorie dell’Oratorio)
SALESIANI 2013
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10.6 Page 96

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Don Bosco scrittore
di Fco. Javier Valiente
Dal 1844, anno della pubblicazione
del suo primo libro, fino al 1888 si
possono contare 403 libri compresi
alcuni lavori di piccola entità scritti da
don Bosco, ai quali vanno aggiunte
l’enorme quantità di lettere e scritti au-
tobiografici. Alcuni dei suoi lavori
hanno visto parecchie edizioni e go-
dettero di grande popolarità e una
vasta gamma di lettori. Soltanto du-
rante la vita del Santo il “Giovane Prov-
veduto” ebbe 118 edizioni ed è stato
tradotto in lingua francese, spagnola e
portoghese. Nel suo “Testamento Spi-
rituale” scrisse: «… nelle mie prediche,
conferenze e libri pubblicati ho
sempre fatto tutto ciò che è possibile
per sostenere, diffondere e divulgare i
principi della Fede Cattolica»
Se guardiamo attentamente la vita di
Don Bosco, ci rendiamo conto delle
molteplici iniziative che ha messo in
atto per educare ed evangelizzare i
giovani. Non si può non immaginare la
vita di ogni giorno di Don Bosco senza
tener conto del suo interesse e cura
per i ragazzi, mediante la fondazione di
nuove case e scuole, con il suo viag-
giare continuo nel cercare aiuti finan-
ziari, col fondare la Congregazione
Salesiana, col suo parlare, predicare e
con il ministero del Sacramento della
Confessione per i suoi giovani, nello
scrivere lettere, nel fare visite ufficiali,
viaggi di ogni genere … Tra le molte
cose che ha fatto, Don Bosco ha avuto
una intensa attività come scrittore ed
editore; oggi diremmo un vero im-
prenditore della comunicazione.
Il suo progetto editoriale sarà contras-
segnato da grandi principi che saranno
il movente di tutta la sua vita. Nel
periodo storico in cui si scagliavano
forti attacchi alla Chiesa e al Papato,
un’epoca contrassegnata dalla critica
alla religione, Don Bosco diventa un
editore cattolico, un apologeta che di-
fende la Chiesa con i suoi scritti: Non
c’è da meravigliarsi, dunque, se anche
in questo aspetto guarderà sempre a
San Francesco di Sales.
Libri didattici - educativi
Oltre al suo intento apologetico, Don
Bosco scrive e pubblica libri a scopo edu-
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SALESIANI 2013

10.7 Page 97

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cativo. Il primo libro scritto da Don Bosco
fu “Aspetti storici della vita del chierico
Luigi Comollo”(1844), e ne fece stampare
30.000 copie. “La Storia della Chiesa”
(1845) e“La Storia Sacra”(1847) sono stati
tra i primi lavori che il Santo pubblicò in
risposta alle necessità dei giovani che,
dopo aver studiato il Catechismo, non
avevano altri mezzi idonei ad allargare e
continuare la loro formazione.
I libri come “Il Giovane Provveduto”
(1847), avevano lo scopo di aiutare i gio-
vani delle parrocchie e dei centri reli-
giosi nella loro vita religiosa pratica;
oppure “Il Sistema Metrico Decimale”
(1849) fu pubblicato come una sem-
plice spiegazione del come usare
questo nuovo approccio in matematica
che era diventato legge nel 1845. “La
Storia d’Italia”,“La Storia Sacra”,“La vita dei
Papi”, compresa una “Libreria della Gio-
ventù Italiana”, non sono che alcuni
esempi che mostrano l’interesse di Don
Bosco nel venire incontro alle necessità
dei giovani per mezzo degli scritti.
Stampa politica
Tuttavia, oltre al suo interesse nel
campo educativo, possiamo scoprire
nell’attività di editore una mentalità più
moderna interessata a trovare i mezzi
di comunicazione più efficienti per ge-
nerare convincimenti e influenzare
l’opinione pubblica. La città di Torino
durante la seconda metà del 19.mo
secolo era molto vivace in termini di
politica, e aveva visto il nascere di molti
giornali e periodici creando un am-
biente competitivo nel formare un
mercato il più ampio possibile e e rag-
giungere lettori nei ceti popolari.
Una Rivista per la Famiglia
Salesiana
Un altro lavoro iniziato da Don Bosco
nel 1877 è la rivista “Bollettino Sale-
siano”. Inizialmente Don Bosco pen-
sava ai Benefattori e Cooperatori
Salesiani, ed era parte dell’attività co-
municativa di Don Bosco per creare
qualcosa con cui tenersi in contatto
con tutti i Cooperatori. Questo perio-
dico è in vita ancor oggi ed è pubbli-
cato in tutte le parti del mondo
salesiano, con l’intento di continuare lo
scopo e il progetto voluto da Don
Bosco, cioè essere uno strumento che
unisce la gente e crea consapevolezza
della vita della Congregazione, che in-
coraggia la conoscenza dello spirito sa-
lesiano allo scopo di aiutare i giovani.
Letture Cattoliche.
Con l’anno 1853 ebbero inizio impor-
tanti pubblicazioni che rivelano gli
sforzi di Don Bosco, “Le Letture Cattoli-
che”, con le quali il Santo si rivolgeva a
un pubblico ben preciso: operai, con-
tadini, giovani delle classi popolari sia
della città che della campagna.
Si tratta di libri tascabili ed il loro con-
tenuto era un insieme di argomenti re-
ligiosi e non-religiosi, allo scopo di
migliorare la formazione cristiana e
morale dei suoi lettori. In molti casi,
specialmente nei primi numeri, se-
guiva uno schema comune e si trat-
tava di un dialogo tra un papà e i suoi
figli che discutevano di un argomento.
Molti dei suoi lettori erano giovani che
avevano lasciato la campagna per re-
carsi in città per cercare lavoro e qui,
lontano dal controllo della famiglia, ab-
bandonavano la pratica religiosa, i sa-
cramenti e le buone abitudini che
avevano imparato in famiglia.
“Le Letture Cattoliche” erano piene di
testimonianze, storie, esempi di gio-
vani di buona condotta. La vita dei suoi
ragazzi dell’Oratorio come Domenico
Savio, Michele Magone o Francesco
Besucco erano scritte in questa collana.
Per trovare una soluzione alla distribu-
zione, Don Bosco si serviva delle strut-
ture disponibile della Chiesa; aveva
delle persone che lo aiutavano nell’ot-
tenere abbonamenti alle riviste. “Le Let-
ture Cattoliche” erano il nucleo e lo
sforzo più importante dell’attività di
Don Bosco come editore.
Scrivendo ad un confratello, Don
Bosco lo incoraggiava a comperare e a
investire in giornali con orientamenti
cattolici per difendere il pensiero della
Chiesa, «invece di glorificare il passato
e lamentarsi del presente».
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10.8 Page 98

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Un impegno attuale
per la buona stampa
I salesiani e il giornale del Papa
I salesiani ricordano nel 2012 i settantacinque anni della
loro presenza in Vaticano. Per pura coincidenza
l’anniversario cade nella conclusione del 150°
dell’Osservatore Romano, conosciuto in tutto il mondo come
il giornale del papa. I salesiani hanno un particolare legame
con L’Osservatore Romano già dal tempo di don Bosco,
fedele sostenitore di Pio IX.
L'Osservatore Romano usciva la
prima volta il 1° luglio 1861 e il 31
dicembre dello stesso anno don Bosco
otteneva il decreto di via libera alla
prima tipografia di Valdocco. Pio XI nel
1937, mentre nel mondo crescevano i
rumori di guerra e nazismo e comuni-
smo apparivano una sfida pericolosa
per l’umanità, chiamò i salesiani in
Vaticano « per prendersi cura delle due
tipografie, della Poliglotta e dell’Osser-
vatore Romano »..
Da giovane prete Achille Ratti, senza
lontanamente immaginare che sa-
rebbe diventato il Papa della beatifica-
zione e canonizzazione di don Bosco,
era andato a trovarlo all’Oratorio, ripor-
tandone un’indelebile impressione po-
sitiva. Rimase ammirato specialmente
per quanto a Valdocco si realizzava nel
campo tipografico-editoriale. Se ne
ricordò più di cinquant’anni dopo
quando, da successore di Pietro, si
trovò a dare impulso all’editoria e alla
stampa del giovane Stato nato con i
Patti Lateranensi del 1929 che gradual-
mente andava organizzandosi su tutti
i fronti. Avendo in mente don Bosco
che, con l’intuito del veggente, aveva
capito quale decisiva importanza l’arte
tipografica e l’editoria rappresentas-
di Carlo Di Cicco
sero nel tempo moderno a servizio
dell’apostolato e dell’educazione cri-
stiana, Pio XI si convinse che fosse
miglior scelta affidare ai salesiani la
tipografia e il quotidiano. In settanta-
cinque anni a dirigere la comunità
salesiana dentro le mura leonine si
sono avvicendati dieci direttori e set-
tantacinque salesiani molti tra i quali
coadiutori esperti e competenti pro-
fessionisti nell’arte della stampa.
Sull’esempio del loro fondatore, i sale-
siani hanno sempre considerato di im-
portanza vitale per l’educazione dei
giovani sia la buona stampa sia l’amore
al papa. Un anniversario come i settan-
tacinque anni di presenza attiva al suo
servizio che coincide con una ricor-
renza altrettanto importante per L’Os-
servatore Romano, induce a rivisitare
l’attualità e la lungimiranza delle due
consegne affidate da don Bosco ai
suoi salesiani.
Se infatti Benedetto XVI ha lanciato
l’emergenza educativa come nuova
frontiera di una società rinnovata e di
una fede cristiana vissuta per libera
scelta, c’è da chiedersi come leggere e
attuare oggi l’amore dei salesiani verso
il pontefice e come realizzare l’obiet-
tivo pastorale della buona stampa.
L’Osservatore Romano per il quale
molto hanno fatto i salesiani, resta per
i figli di don Bosco una questione ine-
ludibile perché attuale, quasi familiare
di cui farsi carico nel tempo presente.
Se la comunicazione è uno dei croce-
via storici della nuova percezione del
mondo, leggere L’Osservatore è uno
dei segni a sostegno della Chiesa
come è stata definita e presentata dal
concilio Vaticano II. In quell’assise
aperta cinquant’anni fa, la Chiesa
scelse la comunione tra le sue varie
componenti e la collegialità episcopale
intorno al Pontefice quali caratteristi-
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SALESIANI 2013

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che del suo camminare nella storia.
Pertanto tutto ciò che aiuta la comu-
nione è importante. Nell’epoca della
comunicazione, tra le offerte del mer-
cato mediatico sempre più numerose
e articolate rispetto al passato, soste-
nere il giornale del Papa non è più in-
differente o irrilevante. La diffusione e
l’aggiornamento del quotidiano della
Santa Sede richiamano l’attenzione e
una speciale dedizione dei salesiani.
Diffondere L’Osservatore, per la cui
pubblicazione essi restano ancora in-
dispensabili, può essere considerato
uno dei nuovi modi di intendere e di
esprimere l’amore al Papa secondo i
segni dei tempi.
Nel campo della multimedialità L’Os-
servatore Romano è unico, nono-
stante tanti giornali, siti, radio e tv
tanti trattino argomenti religiosi. Per
dirla con don Filiberto Gonzàlez, con-
sigliere generale per la comunica-
zione sociale della Famiglia salesiana,
nell’immenso mare dell’informazione
lievitata con il web, L’Osservatore
Romano, per sua natura, resta la fonte
più affidabile sulla Chiesa cattolica e
sul Papa.
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10.10 Page 100

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Scienza e
tecnologia:
al servizio
di chi?
Ci ritroviamo spesso a dire «Come vola il tempo…» e
questo poi porta anche a chiederci «Qual’è lo scopo nella
mia vita?». Alexandre ci spiega…
di Alexandre Garcia Aguado
Ametà del 2008, dopo la Giornata
Mondiale della Gioventù, queste
erano le due domande che mi frulla-
vano continuamente in testa. Avevo un
ottimo lavoro come sistemista informa-
tico e il futuro si prospettava molto
roseo, ma odiavo sempre più il fatto che
i vari componenti dei software che
stavo creando per la ditta presso la
quale lavoravo fossero sempre più in-
centrati solo su un positivo impatto fi-
nanziario. Non che questo fosse un
problema o qualcosa di negativo, ma
volevo sempre più che la tecnologia e
la conoscenza che stavo sviluppando
fossero al diretto servizio di chi ne aveva
veramente bisogno.
Ho conseguito una laurea in Tecnolo-
gia di Free Software, uno dei tanti
rami della facoltà di tecnologia, la cui
filosofia è volta in particolar modo alla
collaborazione sociale e rispetto del
fatto che un essere umano ha una vo-
cazione ad essere “qualcosa di più”.
UNISAL (Università Salesiana) è una
delle poche università che offre
questo corso di laurea e è stato pro-
prio grazie a questo corso che ho sco-
perto la Famiglia Salesiana, ho iniziato
a partecipare alle sue attività pastorali,
per poi far parte anche di quelle a
scopo missionario. Sono poi partito
come missionario in Angola. È stata
una bellissima esperienza di donarsi
agli altri, che mi ha arricchito sia a li-
vello personale che professionale.
Dopo un anno di preparazione, a feb-
braio 2011 sono partito per l’Angola.
Dopo il mio arrivo in questa terra di
missione, la prima cosa che ho fatto è
stata di informarmi sulla situazione di
questo paese, in particolar modo per
quel che riguarda il campo della Tec-
nologia Informatica (TI).
Ben presto son quindi arrivato alla con-
clusione che la priorità era quella di fo-
calizzarmi sull'educazione tecnologica
poiché tutto quello che avremmo in-
segnato a quella popolazione avrebbe
poi ben presto cessato di esistere se
non ci fosse stato nessuno in grado di
continuare, dopo la nostra partenza,
quello che avevamo fatto. Iniziammo
quindi a riprogettare il corso base di in-
formatica e quello di tecnologia che
già veniva offerto nei nostri centri
professionali, con una media di 1.500
studenti l’anno. Tutto ciò ha compor-
tato la creazione di nuovi materiali di
insegnamento; abbiamo cercato di
innovare, offrendo un corso multi piat-
taforma, chiamato UbuntuBosco. In
questo corso gli studenti hanno impa-
rato ad utilizzare Ubuntu, Windows-XP
e Windows 7, ricevendo così un’ampia
visione del mondo informatico. A tutto
questo va ad aggiungersi la creazione
di vari workshop ed opportunità edu-
cative, uno staff di più di 40 insegnanti,
così come l’addestramento di un
gruppo di giovani alla manutenzione
dei vari computer.
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11 Pages 101-110

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Oltre all’addestramento di base, ab-
biamo riprogettato l’intero corso di
assemblaggio e manutenzione dei
computer, in quanto questa era una
delle primarie necessità dei centri del
paese e poiché in questo modo viene
data ai giovani la possibilità di diven-
tare essi stessi della forza lavoro.
Una delle richieste dei salesiani dell’An-
gola, una volta arrivato lì, è stata quella
di creare un sito web, che ancora non
esisteva. Abbiamo quindi formato un
gruppo di giovani che lavorassero con
la casa editrice salesiana dell’Angola. In
seguito ci siamo messi in contatto con
don Andrés Algorta che, in quel pe-
riodo, era l’incaricato delle Comunica-
zioni Sociali e dei volontari da Brasile.
Nel mese di novembre del 2011, siamo
così riusciti a lanciare il sito web dom-
boscoangola.org che è dunque diven-
tato opportunità formativa per i giovani
angolesi, canale di comunicazione per
i Salesiani in Angola, ed un mezzo di in-
tegrazione per la Famiglia Salesiana.
In linea con lo sviluppo del sito web,
era nostro intento migliorare anche la
connessione Internet all’interno delle
varie opere salesiane. Il costo della con-
nessione Internet in Angola è assai alto,
in modo particolare nelle zone interne
del paese, dove l’unica possibilità è
quella di utilizzare il sistema satellitare
(VSAT). Ma, per fortuna, siamo riusciti a
creare un soddisfacente contratto con
una ditta e ciò ha reso possibile un bel
miglioramento nelle connessioni.
Insieme a questi progetti-chiave, ne ab-
biamo avviati molti altri più piccoli,
come per esempio l’OLPC (One Laptop
Per Child) “Un pc per ogni bambino”. Lo
scopo di quest’ultimo era di dare ad
ogni bambino un computer portatile,
che lo avrebbe quindi aiutato nella sua
scolarizzazione. Il progetto pilota in
Angola ha come centro la Scuola Don
Bosco e ci ha già dato la possibilità di in-
segnare a molti alunni l’uso di software
libero, l’utilizzo dei server, di Internet e
di tutto quello che è necessario sapere
nel campo dell’informatica.
I Salesiani in tutte le parti del mondo
hanno optato per l’utilizzo di software
libero e anche in Angola è stata la
strada che abbiamo intrapreso. A mio
avviso, è la migliore, poiché credo che
metta in diretta comunicazione con
ciò in cui credo e con le abilità profes-
sionali che Dio mi ha donato.
Il nostro lavoro non è quindi stato solo
quello di utilizzare e sviluppare software
libero, come abbiamo appunto fatto
con UbuntuBosco, ma anche di incor-
porare elementi della comunità di soft-
ware libero nelle attività di ogni giorno,
cose come la collaborazione, la con-
divisione, la libertà, l’apprezzamento
per l’essere umano, e molte altre cose
che sono in stretta connessione con il
Vangelo e con il credo della Famiglia Sa-
lesiana.
Durante il mio anno di volontariato
missionario, siamo stati in grado di rag-
giungere alcuni traguardi, mentre altri
sono ancora in fase di realizzazione, ma
per me la cosa in assoluto più impor-
tante è stata di assistere di persona
al miracolo della comunione succe-
dendo proprio davanti ai miei occhi
quando ognuno mette insieme il poco
che ha, e si riceve ricchezze di im-
menso valore da persone da cui non ti
saresti mai aspettato fossero state in
grado di darti qualcosa. Ed è stato pro-
prio questo il modo che Dio mi ha sug-
gerito per dare un significato alla mia
vita.
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Il Vangelo
attraverso i media
di Roman Sikoń
I« l fatto è che noi Salesiani dobbiamo
diffondere il vangelo anche attraverso
i vari mezzi di comunicazione, proprio
come ha fatto lo stesso don Bosco»
dice Roman Sikoń, fondatore di Arti-
colo 43, movimento di evangelizza-
zione multimediale. Il pallone e la
chitarra che, per anni, erano stati i suoi
principali strumenti di lavoro, hanno
dunque lasciato il posto ad un micro-
fono ed una videocamera.
Era l’anno 2007. un gruppo di studenti
del seminario salesiano di Cracovia stava
ascoltando una della conferenze del
Rettor Maggiore. «Mi chiedevo come
fosse possibile che i Salesiani si trovas-
sero in 130 paesi e che alcune persone
conoscessero poco sulla nostra identità
e sulla nostra missione educativa» dice
Sikoń. «Fu dunque durante gli esercizi
spirituali predicati dal Rettor Maggiore
che ricordai l’articolo 43 delle nostre Co-
stituzioni e trovai la risposta».
E poco tempo che il nostro Roman
Sikoń ebbe questa ispirazione, nel Semi-
nario Salesiano di Cracovia nacque il
primo gruppo multimediale con il
nome di“Art. 43”. Proprio questo articolo
delle Costituzioni divenne i l punto di
inizio e un vero programma di lavoro.
Roman realizzò il suo primo video
presso il campo profughi di Kakuma, nel
nord del Kenya, dove ha dato il suo con-
tributo come volontario per il Servizio di
Volontariato per le Missioni Salesiane
(SVMS), prima di entrare in congrega-
zione. È proprio grazie a questa espe-
rienza che ha trovato l’entusiasmo e il
supporto più grande per la sua idea. E,
l’anno successivo, è stato in grado di rea-
lizzare uno studio di produzione a Cra-
covia, studio adatto alla realizzazione di
piccoli documentari. Attualmente sono
già 30 i documentari che sono stati tra-
smessi sulle reti televisive sia a livello
regionale che nazionale. Senza poi con-
tare i 250 mini video che sono stati pub-
blicizzati via Internet.
«Andai a Smętowo, vicino a Pelplin, in-
sieme a padre Witek per un lavoro mis-
sionario. Il parroco mi aveva contattato
dicendomi che vi aveva lavorato già tre
volte, in periodi diversi, e che questa era
in assoluto la migliore. La devozione e il
numero di persone che si accostavano
al sacramento della Comunione era
sempre in aumento, così come le do-
nazioni! Ho semplicemente creato un
video per supportare le mie parole», ri-
corda padre Bronisław Szymański. Ora
ha più di 90 anni, ma ricorda quasi alla
perfezione ogni luogo in cui si è recato
con il suo cinema mobile. I primi film a
stampo religioso che riuscì ad ottenere
lo furono grazie all’aiuto dell’ambasciata
statunitense nella metà degli anni 60.
Era solito preparare la valigia con il pro-
iettore appena acquistato, le bobine da
16mm, il registratore e le cassette su cui
aveva registrato i suoi commenti e poi
muoversi, in treno, di paese in paese, da
una parrocchia all’altra, attraverso tutta
la Polonia.
«Mi resi conto di cosa voleva dire vivere
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SALESIANI 2013

11.3 Page 103

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I salesiani in Polonia hanno fatto uso dei vari mezzi di
comunicazione sociale per moltissimi anni. Articolo 43 è solo una
delle tante attività da loro intraprese, che si sono poi sparse in
tutto il mondo. Oggi però ogni singolo gruppo e realtà può
lavorare e collaborare attraverso l’uso di Internet.
nei paesi e nelle parrocchie. Io avevo
molte esperienze accumulate, quindi
i sacerdoti mi chiedevano di predicare
per loro gli esercizi e di tenere delle
piccole conferenze ai fedeli… e tutto
per colpa di quei filmati. Sono stato in
tutte le nostre case salesiane. A Lublin,
nella zona della Kalina, tiravamo giù le
tapparelle della chiesa, al piano supe-
riore della casa, e proiettavano film
per ore e ore. E, non ho dubbi, in
questi 78 anni da salesiano, quelli
sono stati in assoluto i momenti che
han portato più frutto», ci racconta. La
censura del periodo comunista non
ha certo facilitato il lavoro di padre
Bronisław. I film arrivavano, di con-
trabbando, dall’Italia, grazie all’arcive-
scovo Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II)
e, spesso, venivano proiettati in se-
greto. Ed è per questo che, nono-
stante i 20 anni passati e le 2520
proiezioni non c’è una sola foto a ri-
cordare questi eventi. Ma altri hanno
poi portato avanti il lavoro da lui ini-
ziato, i salesiani sacerdoti Szymański,
Michał Szafarski, Jan Waszczut e padre
Bernard Weideman: per tutti loro i
mezzi di comunicazione sono stati
alla base del loro lavoro pastorale.
In questi ultimi anni sono state molte
le persone che hanno lavorato al pro-
getto Articolo 43 nelle città di Ląd,
Świętochłowice, persino in Ghana.
«Don Piotr Wojnarowski ci ha chiesto
aiuto per realizzare uno studio multi-
mediale nella casa ispettoriale di Ashai-
man, proprio come quello di Cracovia.
Insieme al volontario Michał Król siamo
quindi riusciti a realizzare uno studio
Articolo 43 anche in Ghana. Michael è
poi rimastro lì per altri due anni, in
modo da poter dare un’istruzione alla
gente locale e oggi lo studio è in grado
di lavorare autonomamente ed è
sempre in sviluppo», dice Roman
Sikoń. «Il mio sogno è che ogni singola
ispettoria salesiana possa avere anche
solo un piccolo studio professionale
come questo, con un gruppo di sale-
siani e di volontari che esprimono la
propria vocazione in questo modo,
cioè di diffondere il Vangelo attraverso
i mezzi della comunicazione, proprio
come a suo tempo fece Don Bosco».
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11.4 Page 104

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Shake & Pray
App per iPhone & Android
di Don Bosco Publications
Per
molti giovani al giorno
d’oggi il loro smartphone è il
collegamento con il mondo intero. È
la loro tv, registratore, console per i
videogiochi, il loro “pane” quotidiano – e
persino il loro migliore amico. È, infatti, il loro
parco giochi. Noi Salesiani abbiamo quindi la
necessità di incontrarli qui, proprio dove loro
hanno preso l’abitudine di incontrarsi. Le
applicazioni per gli smartphone sono note
come app. L’app 'Shake & Pray' (Agita &
Prega) offre ai giovani la possibilità di
fare del proprio smartphone un
vero e proprio libro di
preghiera.
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SALESIANI 2013

11.5 Page 105

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Sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che
possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica do-
manda, ma anche a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o
condivisione della Parola di Dio. Nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più
lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno
non trascura di coltivare la propria interiorità.
(Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Giornata delle Comunicazioni Sociali 2012)
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SALESIANI 2013
Una Radio fatta dai
ragazzi di strada
Per la Congregazione Salesiana le radio – così come descritte
nel Sistema Salesiano di Comunicazione Sociale – «sono
strutture […] che con lo stile salesiano, evangelizzano la cultura
giovanile e popolare, educando, orientando, informando e
coinvolgendo». «La radio salesiana – prosegue il testo –
produce programmi per servire la missione educativo-
pastorale, specialmente verso i giovani, con un’attenzione
continua e critica ai fenomeni della cultura della
comunicazione sociale; offre una buona qualificazione
professionale ai propri dipendenti, insieme ad una visione
umana e cristiana della vita e ad un lavoro inserito nell’identità
salesiana; dà qualità all’ambito informativo […] e apre degli
spazi per i gruppi giovanili collegati agli apparati di produzione,
arrivando anche a stimolare e a sostenere i giovani».
a cura di ANS
Radio Juventus Don Bosco – emittente nata nel 2004 grazie al corag-
gio e all’iniziativa di don Luis Rosario e ad un gruppo di ragazzi di
strada – sembra incarnare le linee guida presentate dal documento
salesiano; la radio oltre ad essere mezzo di comunicazione è
anche luogo di educazione dove si svolge una grandiosa opera
pastorale.
Racconta don Rosario: «In un primo momento c’era solo il
desiderio di avere una stazione radio. Non c’era, però, il
denaro né per costruire l’edificio, né tanto meno per l’ac-
quisto delle attrezzature. Una volta che i lavori iniziarono,
tuttavia, a poco a poco arrivarono anche le risorse: alcuni
contribuivano con denaro, altri offrivano lavoro volontario».
La cosa più straordinaria di questa radio sono le persone che
le danno vita. Scrivendo la storia della radio, Germain Marte, un
collaboratore della radio, racconta: «A chi sarebbe mai venuto in
mente di mettere una stazione radio di tale livello nelle mani di un
gruppo di ragazzi presi dalla strada? Solo a don Rosario, convinto che i gio-
vani meritano fiducia, rispetto e opportunità per sviluppare i loro talenti».
I ragazzi in questione fanno parte del progetto sviluppato dalla Pastorale gio-
vanile “Yo También” (Anch’io), che accoglie i giovani di strada per rieducarli e
reintegrarli nelle loro famiglie e nella società. Sono questi ragazzi che dirigono
la radio. «I giovani che operano qui sono un esempio di serietà, disciplina e im-
pegno. Io ne sono davvero fiero» - dice il sacerdote salesiano «Con questi gio-
vani abbiamo ottenuto quello che voleva Don Bosco: fare dei giovani dei
buoni cristiani e degli onesti cittadini».

11.7 Page 107

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Alcuni dei ragazzi ormai sono così preparati che producono
e conducono programmi anche di tre ore ogni domenica.
Molti hanno sviluppato competenze come tecnici del
suono, montatori, assemblatori o riparatori degli impianti e
dei computer.
Secondo don Rosario “Radio Juventus Don Bosco” è qual-
cosa di provvidenziale. Sin dagli inizi la radio ha potuto con-
tare sulla generosità di molti benefattori, come ad esempio
l’ambasciata giapponese nel paese, che acquistò la dota-
zione tecnica necessaria. La radio va avanti senza passivi:
nessuno dei produttori dei programmi paga la stazione per
quanto la radio trasmette, ma nemmeno la radio deve dare
loro nulla. Le varie équipe che operano all’interno della radio
– quella tecnica, ingegneristica, produttiva, dei conduttori,
di raccolta fondi… – svolgono un lavoro volontario, in cui
l’unica condizione è che sia sempre rispettata la linea edu-
cativa e pastorale della stazione.
La struttura interna è sviluppata in maniera organica, e
ognuno ha i suoi ruoli e le sue funzioni specifiche; le varie
équipe si riuniscono almeno una volta al mese per program-
mare il lavoro. Regolari sono anche le riunioni generali e i
momenti di fraternità e condivisione tra tutti i collaboratori.
La metodologia di lavoro è partecipativa, con frequenti in-
terazioni con gli ascoltatori e, a volte, si realizzano anche tra-
smissioni in esterna. I rapporti con le altre emittenti
cattoliche sono molto positivi e di reciproca cooperazione,
in particolare con le stazioni che si trovano nella città di
Santo Domingo. Spesso Radio Don Bosco entra in rete con
queste per seguire alcune celebrazioni speciali della Chiesa,
sia nazionali e sia internazionali, in particolare le attività del
Papa, utilizzando il segnale di Radio Vaticana.
La programmazione della radio è rivolta principalmente ai
giovani, agli adolescenti e alle famiglie e si prolunga per il
giorno intero. E segue il sistema educativo e preventivo di
Don Bosco che si fonda sui tre pilastri: ragione, religione,
amorevolezza. L’obiettivo principale di Radio Juventus è
contribuire a realizzare un mondo migliore, basato sul-
l’amore; da qui il motto: “una voce per la civiltà dell’amore”.
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I tascabili della fede
Libretti pratici per
Ispirati dal nostro fondatore
Giovanni Bosco e dal suo
grande modello San Francesco
di Sales, la Casa editrice Don
Bosco Slovacchia, ha preparato
una collezione di libretti con
l’intenzione di creare una
maggiore conoscenza dei
fondamenti della fede cristiana
e dell’atteggiamento che la
Chiesa ha in merito ad
importanti argomenti di
interesse comune.
di Jan Misko
Ogni giorno veniamo sommersi da tantissime informazioni
che ci arrivano da mezzi di comunicazione più o meno
importanti. Al giorno d’oggi è una cosa importantissima essere
informati su quel che capita nel mondo ed attorno a noi. Ma,
nonostante questo, se si tratta di argomenti che toccano la
sfera della fede, ci ritroviamo alla ricerca di qualcosa, a volte
siamo confusi, abbiamo opinioni superficiali, che risultano poi
totalmente inutili quando dobbiamo rispondere alle do-
mande più importanti della vita.
Edizione per un ampio target di persone
I tascabili della Fede è una risposta ai bisogni ed alle richieste
di molti credenti, che spesso non hanno tempo o nemmeno
la possibilità di prendere parte ad incontri e forum su argo-
menti religiosi. È anche un ottimo strumento per coloro che
cercano risposte a vari interrogativi della vita, o conoscono
alcune cose circa l’atteggiamento che un cristiano dovrebbe
avere in riferimento ad alcuni argomenti. Non da ultimo, questi
piccoli libri, possono anche essere utilizzati come strumento
durante incontri di comunità religiose o per la formazione del
gruppo dei catechisti.
EDÍCIA VIERA DO VRECKA 2013
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ogni cristiano
Conoscenza e comprensione
Durante la preparazione del contenuto di ogni singolo argo-
mento, non è mai venuto a mancare l‘aiuto di sacerdoti e di laici
specializzati, in modo da poter affrontare l’argomento in tutti i
suoi aspetti e sempre con grande accuratezza. Inoltre, sempre se-
guendo l’esempio di Don Bosco, abbiamo cercato di rendere il
linguaggio il più facile possibile per i nostri lettori. Per coloro che
volessero poi approfondire ancora di più i vari argomenti, c’è
anche a disposizione una lista di altre fonti.
Argomenti contemporanei
Oltre ai vari argomenti che il nostro pubblico di lettori si sarebbe
di sicuro aspettato da una collana di libri sulla fede, è stato nostro
desiderio affrontare anche aspetti più profondi, senza mai dimen-
ticare gli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Per questo, per
quando riguarda l’anno 2012 abbiamo proposto 12 nuove tema-
tiche: Come vivere ogni giorno le Sacre Scritture; I Cristiani e le
elezioni politiche; I castighi nella crescita dei fanciulli; I mezzi di
comunicazione ci manipolano oppure no; Il Signore nel talamo
(sul controllo delle nascite); Credo in Dio; Non ho bisogno della
Chiesa; Santi Cirillo e Metodio – come non li abbiamo mai visti;
Rivelazioni private nella nostra vita; Si viveva meglio durante il co-
munismo?; Magia, superstizione, maledizioni… cosa ne pensa
Dio di tutto questo? Il denaro nelle mani di un cristiano; Come
formare la propria coscienza.
Prezzo più che abbordabile
I Tascabili della Fede escono una volta al mese. È possibile sia abbo-
narsi sia comprare singolarmente i vari libri in libreria o tramite il nostro
sito internet. Chi si abbona paga un euro per libro, il che significa 12
euro per l’intera collezione di un anno. Al contrario, per chi desidera
procedere all’acquisto di un singolo libro, il costo è di 1.5 euro.
In quanto casa editrice di stampo salesiano, il nostro intento è di
seguire le orme di San Giovanni Bosco che, a sua volta, pubblicò
le “Letture Cattoliche“. Don Bosco, come anche noi oggi, usava la
stessa metodologia per educare un grande numero di persone,
difendere i valori della Chiesa ed i suoi insegnamenti. Il nostro
progetto ha avuto inizio nel 2010 e, già solo un anno, gli abbonati
erano ben 10.000. A questi vanno poi ad aggiungersi le altre 2.000
copie vendute nelle librerie.
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Festiclip, clip per i
giovani dai giovani
Dal 2005 il Multimedia Studio* organizza un festival dedicato al mondo del clip, e
che coinvolge giovani dai 15 ai 20 anni. Ciò che debbono fare è realizzare un breve
clip, di circa 7 minuti, su un tema a loro scelta. Unica richiesta è che il clip abbia,
al suo interno, un messaggio positivo ed educativo.
Maxime, 16 anni, è studente in
una scuola superiore salesiana.
Questa mattina, un suo insegnante, sta
facendo vedere alla sua classe un clip
la cui protagonista è una ragazza di 17
anni e in dolce attesa. Dopo aver visto
il filmato, condivideranno le loro idee
a questo proposito. Alcuni concordano
con la decisione della ragazza e del suo
partner di tenere il bambino, altri
invece no. L’insegnante fa da modera-
tore in questa discussione, invitando
anche gli alunni a delle più profonde
riflessioni. Maxime vuole contribuire
alla discussione, e racconta di un caso
simile nella sua cerchia di amicizie. La
finzione diventa quindi realtà. La testi-
monianza di Maxime viene presa in
seria considerazione e dà al gruppo la
possibilità di vedere le cose in modo
differente.
Una collezione di condivisioni
Il clip che Maxime e la sua classe
hanno visto questa mattina fa parte
della collezione chiamata D’Clic, che
comprende anche altri video su argo-
menti diversi come: il mondo della
droga, i videogiochi, l’integrazione ra-
gazzi portatori di handicap, i social
networks come Facebook, l’alcohol,
ecc. Tutti i video sono stati realizzati
nell’ambito delle opere salesiane. Du-
rante l’anno scolastico si organizza il
gruppo che esegue il video, e che poi
potrà anche partecipare al Festiclip. Il
festival è aperto non solo alle case
salesiane, ma anche ad altre famiglie
religiose. «Per i nostri studenti dell’ul-
timo anno questa è stata un’occasione
di fare qualcosa di concreto con le loro
stesse mani», dice Gérard Cuinet, fra-
tello Marista. «La produzione del clip
ha fatto uscire dei talenti, è stata
un’esperienza di condivisione e ha
creato un bello spirito di classe. È stata
proprio un’esperienza positiva».
Portare avanti questo progetto a cinque,
di Vincent Grodsziski
dieci, trenta rende necessario uno spi-
rito di adattamento ed un certo livello
di disciplina in modo che ogni singolo
membro del gruppo si senta coin-
volto, a seconda delle proprie abilità. Il
ruolo del leader è importantissimo.
«Un genitore di uno degli allievi è
venuto una volta per dare al gruppo
delle conoscenze di base», dice Véro-
nique Le Pargneux, responsabile di
uno dei gruppi, per poi lasciarli andare
avanti da soli nel lavoro, ma restando
sempre a disposizione quando i ra-
gazzi avevano bisogno di lui. Il gruppo
ha preso ben presto confidenza con le
varie operazioni del video e della ste-
sura del testo, così che ben presto han
portato a termine e da soli il lavoro. Il
leader del gruppo non deve essere
per forza un esperto di video, poiché
a volte, il gruppo è già stato impe-
gnato nella realizzazione di altri fil-
mati. «Li lascio liberi di realizzare
quello che vogliono», dice Serge
Pagès, referente per la scuola St Vin-
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cent de Paul di Avignone. «Ci sono
sempre per qualsiasi domanda,
non per fare il controllore. Attra-
verso il dialogo, i giovani capiscono
poi quello che è fattibile e quello
che non lo è». La fiducia del loro
leader è una cosa fondamentale
nella realizzazione del lavoro, e le
domande che il leader pone loro di
tanto in tanto, li spronano ancora
di più.
D-Day
Tutti i clip che partecipano al festi-
val vengono proiettati durante le
varie serate. Dopo un’introduzione
da parte del team che ha realizzato
il clip, questo viene proiettato e poi
giudicato da una giuria composta
da esperti e da membri della fami-
glia salesiana. Il punteggio mas-
simo per ogni video è di 20, così
suddiviso: 12 punti per il conte-
nuto, 8 per la tecnica. «Il fatto che
ogni clip viene votato, crea mag-
giore interesse», afferma Véronique
Le Pargneux. «Siamo stati motivati
dalla serietà dell’evento. Ogni sin-
golo dettagliato è stato prima pia-
nificato e poi realizzato con cura. La
partecipazione a questo festival è
certamente un incentivo a parteci-
parvi anche il prossimo anno. È
anche vero che abbiamo molto da
fare per arrivare ad un certo livello
di qualità ma è positivo vedere i
lavori degli altri gruppi e, ne sono
sicura, saremo ancora più motivati
ad invitare altri giovani a fare parte
della nostra squadra». Il pubblico e
la giuria danno un premio alle clip
migliori. E, per dare un maggiore
tocco al festival, non posso certo
mancare i preludi, le canzoni, i
numeri di magia, tutte cose che
danno modo ai partecipanti di far
vedere a gli altri quali sono i propri
talenti e ai giovani di scoprire i ta-
lenti dei loro coetanei.
A fine festival, la Multimédia Studio
sceglie due o tre clip e suggerisce
agli autori dei filmati che il loro
lavoro può essere rifatto con stru-
menti più professionali ed essere
quindi inserito nella collezione
D’Clic.
* Il Multimedia Studio (Atelier
Multimédia) è un gruppo formato
da sei salesiani. Il suo scopo è quello
di raccogliere il maggior numero
possibile di materiale per i giovani
e che possa essere loro di aiuto nella
conoscenza del Vangelo nel mondo
moderno. Ha nella sua lista la pro-
duzione di video, CD-Roms, audio
CD; libri e anche altre tipologie di
materiale divulgativo (posters, vo-
lantini, mini-esposizioni, …).
www.donboscomedia.com
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SANTO
Nino Baglieri: apostolo instancabile
Dal «Inferno» alle porte del Paradiso
Un nuovo don Bosco
Santità famigliare
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la parte di quel nostro ministero esigendo grande
calma e mansuetudine, ci eravamo messi sotto alla
protezione di questo Santo, anché ci ottenesse da Dio
la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria
mansuetudine e nel guadagno delle anime
(Memorie dell’Oratorio)

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Nino Baglieri:
apostolo instancabile
a cura di ANS
Nino Baglieri nasce a Modica
(Ragusa) nel 1951. Dopo aver fre-
quentato le scuole elementari e aver
intrapreso il mestiere di muratore, a di-
ciassette anni, il 6 Maggio 1968, preci-
pita da un’impalcatura alta 17 metri.
Ricoverato d’urgenza, Nino si accorge
con amarezza di essere rimasto com-
pletamente paralizzato. Inizia così il suo
cammino di sofferenza, passando da
un centro ospedaliero all’altro, ma
senza alcun miglioramento. Ritornato
nel 1970 al paese natio iniziano per
Nino dieci lunghi anni oscuri, senza
uscire di casa, in solitudine, sofferenza
e tanta disperazione.
Il 24 marzo 1978, venerdì santo, alle
quattro del pomeriggio, alcune per-
sone del Rinnovamento nello Spirito
pregano per lui; Nino sente in sé una
trasformazione. Da quel momento
accetta la Croce e dice il suo “sì” al Si-
gnore. Incomincia a leggere il Vangelo
e la Bibbia e riscopre la fede. Nello
stesso mese, aiutando alcuni ragazzini
a fare i compiti, impara a scrivere con
la bocca e a comporre i numeri telefo-
nici con l’ausilio di una asticella. Inizia
quel flusso di relazioni che lo porterà,
gradualmente, a testimoniare, nella
sua condizione, il vangelo della gioia e
della speranza.
Redige le sue memorie, scrive lettere a
persone di ogni categoria in varie parti
del mondo, personalizza immagini-ri-
cordo che omaggia a quanti vanno a
visitarlo. I suoi scritti ricevono atten-
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«nel mio ultimo viaggio verso Dio,
potrò corrergli incontro».
zione dagli editori e la Setim gli pub- rale di Sua Santità per la Città del Vati- qualche considerazione, tratta dal ri-
blica “Dalla sofferenza alla gioia”.
cano, che ebbe occasione di incon- cordo personale di un suo fratello CDB,
trare e conoscere Nino Baglieri ha Gaetano.
Dal 6 Maggio 1982 in poi, Nino festeg- dichiarato: «quando lo si incontrava
gia l’Anniversario della Croce e lo stesso dava la sensazione che fosse abitato Dopo aver emesso la promessa come
anno entra a far parte della Famiglia dallo Spirito Santo… Celebrava l’anni- Cooperatore Salesiano, Nino Baglieri
Salesiana come Cooperatore. Il 31 versario della sua chiamata alla croce sentì che la chiamata del Signore a
Agosto 2004 emette la professione come gli altri celebrano l’anniversario vivere il carisma salesiano richiedeva
perpetua tra i Volontari con Don Bosco del matrimonio o dell’ordinazione reli- una consacrazione secolare. Entrò così,
(CDB). Il 19 gennaio 2007 a Roma par- giosa.. Nino Baglieri è diventato un nel 1994, nel gruppo dei CDB, vivendo
tecipa alle Giornate di Spiritualità della apostolo instancabile, una calamita di appieno tutti i tratti caratteristici di
Famiglia Salesiana: affronta un gravoso bontà, che ha attirato tantissimi gio- questo Istituto.
CDB viaggio in auto fino alla Capitale, per
rendere l’ultima testimonianza pub-
blica.
Il 2 Marzo 2007, alle ore 8, Nino Baglieri,
dopo un periodo di lunga sofferenza e
di prova, rende la sua anima a Dio.
Dopo la morte, lo vestirono con la tuta
e le scarpe da ginnastica, affinché,
come aveva detto, «nel mio ultimo
vani all’amore di Dio».
Memorie di amico e fratello
Con la richiesta ufficiale di avviare la
causa di beatificazione, la santità di
Nino Baglieri intraprende il cammino
per essere riconosciuta dalla Chiesa
universale. Ma chi ha avuto modo di
conoscerlo e di stargli vicino può testi-
Il tratto secolare dei CDB lo espresse
nel farsi ponte tra Dio e gli uomini, cer-
cando di testimoniare l’azione e
l’amore di Dio nella vita degli uomini.
Pur vedendo i suoi limiti, Nino sapeva
di custodire un messaggio prezioso da
consegnare agli uomini di oggi: in una
società sempre più orientata al culto
del corpo, del piacere, della forza fisica,
viaggio verso Dio, potrò corrergli in- moniare già da ora la radicalità con cui Nino doveva comunicare che la soffe-
contro».
il Volontario con Don Bosco (CDB) visse renza non è uno strumento di dolore
le virtù evangeliche e la consacrazione e di morte, ma di purificazione e di sal-
Il card. Angelo Comastri, Vicario Gene- secolare salesiana. Di seguito offriamo vezza.
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Dal «Inferno»
I salesiani ungheresi a cavallo
delle due Guerre Mondiali
avevano sempre sostenuto il
Movimento Cattolico dei
Giovani Operai (Katolikus
Munkásiú Mozgalom –
KIOE), in tutta la nazione,
sopratutto formando piccoli
gruppi di apostolato per
giovani operai. A partire dal
1945, il regime comunista,
crescendo sempre più nel suo
potere, vide nella
congregazione salesiana un
serio pericolo e, in nome del
“potere della classe operaia”,
attaccò sempre piú coloro che
si occupavano dei giovani e
della loro elevazione morale,
culturale e professionale.
di Erzsébet Lengyel
Chi era István Sándor?
I confratelli salesiani lo descrivono
come una persona silenziosa, tran-
quilla, dedita al suo lavoro e apostolato,
che non alzava la voce per richiamare
qualcuno e con la sua presenza orante
educava: un vero modello di vita cri-
stiana. In ogni circostanza si presentava
sempre ordinato, pronto e determi-
nato e questo lo richiedeva anche ai
suoi ragazzi, soprattutto coloro che la-
voravano in tipografia. Non amava
tanto parlare e quando lo faceva era
sempre nel momento e in modo ap-
propriato, sapendo anche ascoltare.
Questo suo carisma fece sì che egli
non dovesse correre dietro a nessuno
e i ragazzi erano sempre vicino a lui. Si
preparò con impegno alla vita sale-
siana, come coadiutore, assumendo
ruoli di responsabilità verso i ragazzi a
lui affidati.
La storia
Negli anni 50 in via Árpád, una delle vie
principali di Újpest, quartiere di Buda-
pest, venne aperta un nuovo bar dal
nome «inferno». Nelle vicinanze vi era
la casa salesiana di Budapest-Claris-
seum, con l’oratorio, e la tipografia
salesiana giá statalizzata. Quando i gio-
vani insieme al loro capo, attraver-
sando la via, videro sulla porta del bar
la scritta che si prendeva beffa della
fede, cancellarono con del catrame l’in-
segna. I proprietari del bar chiamarono
la polizia segreta (ÁVH Államvédelmi
Hatóságot che significa 'Autorità a
difesa dello Stato'), che scoprì le tracce
che portavano direttamente al Claris-
seum. Con questo ebbe inizio il cal-
vario di István Sándor e dei suoi
compagni: accuse inventate, spionag-
gio, tortura, prigionia, morte per impic-
cagione la sera dell’8 giugno 1953.
Oggi “La locanda dell’Inferno” non
esiste piú, il regime comunista è crol-
lato a pezzi, ma la Chiesa e la Congre-
gazione salesiana hanno ricominciato
a vivere in Ungheria e se il Signore
vorrà, presto vedremo István Sándor
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alle porte del Paradiso
In memoria del martire István (Stefano) Sándor, salesiano coadiutore
tra i beati della Chiesa, uno dei primi
martiri salesiani del regime comuni-
sta a Budapest.
István Sándor è tra noi
Quando abbiamo festeggiato il
decimo anniversario del “Campo
Nomade”, promosso dai salesiani, dai
cooperatori e dagli animatori, i ra-
gazzi hanno vissuto per piú giorni in
modo del tutto inusuale, ovvero in
“modo nomade”, non con le solite
abitudini e comodità.
Il filo conduttore di questa espe-
rienza é stata la vita di István Sándor,
non solo la sua biografia e il suo mar-
tirio, ma anche il contesto storico in
cui egli visse. Anche i giochi hanno
fatto rivivere il clima degli anni cin-
quanta. Sembrava di essere tornati
indietro nel tempo con vestiti, og-
getti e riproduzioni di quell’epoca: vi
era l’infermeria attrezzata e persino
uno stanzino per gli interrogatori. Ma
i ragazzi anche hanno rivissuto le
incursioni notturne, i nascondigli, i
sotterfugi e le Messe celebrate al
mattino presto. Tutto quello che
István Sándor dovette vivere. Il mar-
tire, interpretato da un prenovizio,
raccontò ai ragazzi gli avvenimenti
più importanti della sua vita. Da per-
sonaggio lontano ora era diventato
più vicino ed amico, un buon esem-
pio da seguire. Hanno pregato per la
sua beatificazione, affinché in questi
tempi difficili la Chiesa e la nazione
ungherese, abbiano in lui una pietra
miliare e un protettore.
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Un nuovo don Bosco
Nell’ottobre del 2011 questa statua è stata
inaugurata e benedetta da don Fabio Attard,
consigliere per la Pastorale Giovanile, davanti
alla Casa don Bosco di Vienna.
Don Bosco è raffigurato in piedi e, per questo,
suggerisce l’idea che stia invitando gli ospiti
ad entrare nella sua casa. È una figura
angolare, più alta rispetto ad una persona
normale e, con la sua testa molto piccola, dà
l’idea di essere addirittura più alta di quanto
non lo sia realmente.
È ben fissata al suolo ma gli occhi sono rivolti
verso l’orizzonte, vero il futuro. Le scarpe, di
taglia molto più grossa del normale, ci
ricordano quelle di un pagliaccio da circo.
Questo dettaglio, a mio avviso, è in perfetto
accordo con la palla colorata che ha nella
mano sinistra. La mano, con le tre dita che
indicano è anche simbolo della Divina Trinità.
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La mano destra è assai sporgente ed ha il palmo rivolto
verso l’alto. Non solo è un invito a noi che la stiamo
ammirando ma, allo stesso tempo, un invito a tutto ciò che
proviene dall’alto. Ecco quindi come Don Bosco si presenta
a noi: con il cuore verso il cielo, ma solidamente fissato
sulla terra.
Ed ancora un piccolo dettaglio: ai piedi della statua tre
passerotti, come se volesse ripetere la famosa frase
“Laetare et bene facere – e lasciar cantar le passere”.
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Il bicentenario dello
sposalizio tra
Francesco Bosco e
Margherita Occhiena,
genitori di don Bosco,
ricorda che la grazia
del sacramento del
matrimonio fluisce
dalla Pasqua come
segno dell’amore di
Cristo sposo per la
Chiesa sposa.
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Santità famigliare
“La nuova evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa
domestica… E come sono in relazione l’eclissi di Dio e la crisi della
famiglia, così la nuova evangelizzazione è inseparabile dalla
famiglia cristiana. La famiglia è infatti la via della Chiesa perché
è “spazio umano” dell’incontro con Cristo… La famiglia fondata
sul sacramento del Matrimonio è attuazione particolare della
Chiesa, comunità salvata e salvante, evangelizzata ed
evangelizzante” (Papa Benedetto XVI).
di Pierluigi Cameroni
In tale luce ricordiamo alcuni testimoni
della Famiglia Salesiana che hanno
vissuto in modo eccellente la grazia
del sacramento del matrimonio o
hanno promosso la verità della fami-
glia cristiana.
Il bicentenario dello sposalizio tra Fran-
cesco Bosco e Margherita Occhiena, ge-
nitori di don Bosco, ricorda che la grazia
del sacramento del matrimonio fluisce
dalla Pasqua come segno dell’amore di
Cristo sposo per la Chiesa sposa.
Margherita vive con fedeltà e fecondità
il suo sposalizio con Francesco Bosco. I
loro anelli saranno segno di una fecon-
dità che si allargherà alla Famiglia fon-
data dal figlio Giovanni.
Maria Assunta in cielo, per la nascita del
secondogenito, Giovanni Melchiorre, il
futuro santo dei giovani.
In occasione del VII Incontro Mondiale
delle Famiglie (Milano 30 maggio – 3
giugno 2012) è stata ricordata la testi-
monianza di “vita buona del vangelo”
del Servo di Attilio Giordani (Milano 3
febbraio 1913 – Brasile 12 dicembre
1972).
Attilio era catechista, animatore, edu-
catore, brillante attore di teatro, dele-
gato dell’Azione Cattolica, impiegato,
Francesco e Margherita celebrarono le
loro nozze nella parrocchia di Capriglio
il 6 giugno 1812 scambiandosi gli
anelli ai piedi dell’altare. Margherita,
entrata nella sua nuova casa di Mo-
rialdo, accolse subito il piccolo Antonio
come suo figlio e la anziana madre di
Francesco, che portava il suo stesso
nome, con amore e rispetto. Il Signore
benedisse l'unione di Francesco e di
Margherita: l’8 aprile 1813 vennero ral-
legrati per la nascita di Giuseppe e il 16
agosto 1815, nell'ottava consacrata a

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missionario in Brasile, ma soprattutto
marito secondo il cuore di Dio e papà
esemplare di tre figli. Una vita piena
quella di Attilio, una vita vissuta di
corsa, in bicicletta, ma sempre sotto
lo sguardo del Signore Gesù, incon-
trato nei sacramenti. Quando era in
casa era tutto per la sua famiglia e
quando era fuori casa, insieme alla
sua famiglia, era un portento di idee
e proposte per i ragazzi dell’oratorio
salesiano. Di don Bosco aveva tutti i
tratti, a tal punto che molti suoi ra-
gazzi, a partire da suo fratello, grazie
al suo esempio si fecero preti salesiani.
«Don Bosco doveva essere così», dice-
vano molti di loro. I bans, le gite, ma
anche le opere di carità nella Milano
del dopoguerra, gli incontri di cate-
chesi e il teatro in cui improvvisava fa-
cendo ridere a crepapelle erano le
“armi” di Attilio della sua “vita buona”
offerta per i più giovani. Una famiglia,
quella di Attilio, che ha seminato la
gioia e la speranza del vangelo, fino
alle missioni del Brasile, dove terminò
la sua corsa.
febbraio 1883 e morta a Sucúa (Ecua-
dor) il 25 agosto 1969, nella selva
amazzonica dell'Ecuador si è fatta
“medico” per i corpi e per le anime:
mentre curava e soccorreva, evange-
lizzava, annunciando e testimoniando
a tutti l'amore infinito del Padre e la te-
nerezza materna di Maria Ausiliatrice.
Si distinse per la difesa e la cura di tanti
bambini e per la promozione della
donna shuar favorendo la formazione
di nuove famiglie cristiane, formate
per la prima volta su libera scelta per-
sonale dei giovani sposi.
Gioia in tutta la Famiglia Salesiana per
la beatificazione, avvenuta a Macas
(Ecuador) il 24 novembre 2012, di Suor
Maria Troncatti, Figlia di Maria Ausilia-
trice. Nata a Córteno Golgi (Italia) il 16
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9.
8.
7.
VFSaioglleloiseniatdnaereiieoSbadcliarDtieCodnueolBrSoiasDccroioGCeusùoreeddiiMGaersiùa
6. Exallieve ed Exallievi di FMA
5. Exallievi ed Exallieve di Don Bosco
4. Associazione di Maria Ausliatrice
3. Associazione Salesiani Cooperatori
2. Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice
1. Salesiani di Don Bosco
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Don Bosco ha ispirato l’inizio di
un vasto movimento di persone
che in differenti modi lavorano a
vantaggio della gioventù.
30 GRUPPI
DELLA FAMIGLIA
SALESIANA
OGGI
Grazie
Editorial team:
don Filiberto González Plasencia,
Consigliere per la Comunicazione Sociale
Membri del Dicastero della CS
e Sig. Seo Hilario, dall’Ispettoria di Korea
Traduttori:
don Francesc Balauder sdb (Spagnolo)
don Nicolas Echave sdb (Spagnolo)
Sig.ra. Deborah Contratto (Italiano)
don Placide Carava sdb (Francese)
don Hilario Passero sdb (Portugalo)
don Julian Fox sdb (Inglese)
Sig. Zdisław Brzęk sdb (Polacco)
Si ringraziano:
Tutti autori di articoli, fotografi …
ANS, per la ri-scrittura di alcune notizie di ANS
come articolo
L’artista Mario Bogani
L’artista Austin Camilleri
Stampa:
Escolas Profissionais Salesianas, São Paulo, Brasile
Poligrafia Salezjańska, Cracovia, Polonia
SIGA (Salesian Institute Of Graphic Arts),
Chennai, India
Sociedad Salesiana Editorial Don Bosco, La Paz,
Bolivia
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Per ulteriori informazioni:
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