CG19|it|Documenti 5-10

V.- IL SALESIANO COADIUTORE


Il Capitolo Generale XIX si propone di approfondire e rinnovare la presentazione del Salesiano Coadiutore, in ordine ai seguenti problemi:

I. Realtà del Salesiano Coadiutore e sua posizione nella nostra Società.

II. Il reperimento di vocazioni per Coadiutori.

III. La formazione dei Coadiutori.


CAPO PRIMO

REALTA' DEL COADIUTORE SALESIANO


Premessa

Il Capitolo Generale XIX, interpretando il comune sentimento della Congregazione, e tenendo presenti le molte proposte pervenute, riconosce e riafferma la sostanziale parità ed eguaglianza, nella nostra Famiglia, tra Confratelli ecclesiastici e laici,

a) il Coadiutore è un elemento costitutivo della Società Salesiana.1

Quindi la nostra Congregazione, senza i Coadiutori, non sarebbe quella che Don Bosco volle.

Nel suo concetto e secondo la tradizione salesiana, il Coadiutore non è un "converso", cioè un religioso in condizione di inferiorità, ma un Salesiano con pienezza di diritto, un membro effettivo della Congregazione.2

Afferma Don Rinaldi: "I Coadiutori non sono semplici ausiliari della Comunità, ma sono veri e perfetti religiosi, quanto i sacerdoti nostri; educatori e maestri essi pure di un’importante parte del nostro programma sociale".3

Con la professione religiosa il Coadiutore assume, consapevolmente e responsabilmente, fondamentali diritti, doveri e compiti identici a quelli degli ecclesiastici.4

Perciò il Coadiutore, per le Costituzione e per tradizione di famiglia, non è in posizione secondaria, ma essenziale alla Congregazione; egli è un "fattore necessario dell’Opera Salesiana",5 non solo sul piano umano e religioso, come è evidente, ma pure in quello operativo e apostolico. Come gli ecclesiastici, egli è religioso, consacrato a Dio, testimone, lavoratore, educatore...

Pur ritenendo il sacerdozio comune dei fedeli essenzialmente diverso dal sacerdozio ministeriale nel popolo di Dio,6 tuttavia dal punto di vista religioso, il Salesiano Coadiutore non si differenzia affatto dai suoi fratelli sacerdoti, essendo unica la consacrazione religiosa7 che nella Famiglia Salesiana si attua in perfetta armonia ed eguaglianza di vita.

Come religioso, pertanto, egli costituisce, insieme con gli ecclesiastici, una sola Famiglia, la nostra Congregazione; e con loro è impegnato a conseguire, con gli stessi mezzi, le medesime finalità,8 personali (perfezione e santificazione propria), comunitaria (vita e lavoro in comune), apostoliche (missione salvifica della Chiesa).

Come Salesiano vive e opera movendo dagli stessi princìpi, adoperando gli stessi mezzi, seguendo gli stessi metodi, tendendo ad eguali mete di vita soprannaturale e di apostolato.

b) Il Coadiutore pertanto deve corrispondere generosamente alle attese della Chiesa, in clima di rinnovamento conciliare, ai postulati della vita religiosa salesiana, sia nella pietà, come nella osservanza, e nelle attività affidategli dall’obbedienza, al vero concetto di Don Bosco e alla tradizione nostra, alle esigenze dei nostri tempi sempre più favorevoli all’apostolato dei religiosi laici.

c) Posizione del Coadiutore:


Sul piano giuridico.

Autorevoli affermazioni di Superiori Maggiori e commenti di accreditati studiosi forniscono elementi decisivi per inquadrare, sotto l’aspetto giuridico, la vera posizione del Coadiutore.

"Don Bosco - scrive Don Rinaldi - ha concepito il Coadiutore come religioso perfetto, benché non insignito della dignità sacerdotale, perché la perfezione evangelica non è monopolio di alcuna dignità".

"Il Coadiutore non è né il secondo, né il braccio destro dei sacerdoti, suoi fratelli di religione, ma un loro uguale, che nella perfezione li può precedere e superare".

I Coadiutori sono veri religiosi salesiani, che debbono esercitare in mezzo alla gioventù l’identico apostolato dei sacerdoti, eccettuate soltanto le mansioni sacerdotali.9

Sul piano educativo.

Don Ricaldone scrive: "Il Coadiutore, anche se non è sacerdote, è o deve essere anzitutto un educatore".10

La vita e la collaborazione su base di essenziale parità (all’interno della Congregazione) sono esigenze assolute per la soluzione ideale del problema dell’educazione giovanile, secondo il sistema preventivo.

Nella Comunità salesiana tutti sono educatori, qualunque sia il loro ufficio e la loro condizione di ecclesiastici o di laici. Ciò esige la stessa vita religiosa, la medesima consacrazione apostolica, l’identica spiritualità, la stretta collaborazione esistente in concreto solo tra membri di una stessa famiglia spirituale.

La vastità e articolazione del problema dei giovani richiede strutture e funzioni, e quindi uomini, di molte possibilità, al fine di raggiungere i giovani nella più ricca gamma di ambienti e di forme, anche in quelle meno accessibili ai sacerdoti.

Sul piano pastorale.

La vocazione dei Coadiutori, tanto significativa in se stessa, trova un vitale fondamento nella dottrina sulla vocazione del Religioso apostolo.

La Chiesa, per la sua vocazione pastorale, va incontro ai grandi bisogni spirituali dei nostri tempi, senza ignorare le presenti necessità materiali e culturali. Quindi allarga il suo apostolato con l’opera di tutti. Quanto ciò sia provvidenziale lo dimostrano alcuni fatti di estrema gravità, come, per esempio, la scristianizzazione di antiche popolazioni, la civiltà del benessere, con il facile edonismo conseguente, la larga diffusione di dottrine e ideologie erronee (naturalismo, laicismo, ateismo...), l’aumento demografico e conseguentemente della "gioventù povera e abbandonata", problema a cui Don Bosco votò la vita e le sue opere.


Sul piano dottrinale.

Tutti i Papi, da Leone XIII in poi, hanno parlato della collaborazione dei laici.

"I laici... sono chiamati, come membri vivi, a contribuire con tutte le loro forze... all’incremento della Chiesa e alla sua ascesa alla santità".

"Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare perché il divino disegno di salvezza raggiunga, ogni giorno più, tutti gli uomini".11

Se la Chiesa tanto si attende dai semplici laici secolari, cosa non si aspetterà dai laici religiosi?

Certo la loro vita, essendo una più radicale consacrazione a Dio, deve trasformarsi in una più totale dedizione al prossimo.

La professione religiosa trasforma in atteggiamento abituale, stabile, ciò che inizialmente è un atto di dedizione a Dio e al prossimo. Il religioso perciò è costituito in uno stato di apostolato. La consacrazione religiosa e apostolica diventa così missione, mandato speciale, investitura della Chiesa e del Papa, a norma di uno statuto (le Costituzioni) che emana dall’autorità della Santa Sede e da questa ha determinate garanzie.


Deliberazioni

Il Capitolo Generale XIX considerando

gli sviluppi che la figura del Salesiano Coadiutore ebbe nella tradizione salesiana;

l’opportunità d’integrare i tradizionali suoi impegni di lavoro apostolico diretto o indiretto;

le crescenti esigenze delle nostre Opere e gli inviti espliciti della Chiesa;

l’azione del Coadiutore dentro e fuori della Comunità religiosa come dirigente ed esecutore, senza notevoli differenze dagli ecclesiastici, per quanto riguarda il tipo di mansioni,

delibera:

1. Nel quadro delle occupazioni e degli incarichi da affidare ai Coadiutori, si consenta loro un allargamento di attività non solo sul piano tecnico-professionale, ma anche su quello culturale, catechistico, missionario, apostolico, ecc. compatibilmente sempre alla loro condizione di religiosi laici.

2. I Coadiutori che ne abbiano i requisiti possono essere assunti a responsabilità direttive nel Consiglio di azione della Casa.

3. Per favorire una sempre maggiore comprensione fraterna, il Direttore, nel distribuire i posti in comunità, tenga conto della carica e dell’anzianità dei Confratelli ecclesiastici e coadiutori.

4. Ai Coadiutori, che avessero soltanto mansioni di apostolato indiretto, venga affidato anche un incarico di apostolato diretto (per esempio nell’Oratorio, nelle Associazioni, nella Catechesi, ecc.).

5. Il Coadiutore tuttavia adempia soprattutto quei compiti e quelle attività da cui dovrebbero preferibilmente astenersi i Sacerdoti (ad esempio, nel settore dell’amministrazione, della tecnica e del contenzioso).

6. Si organizzi una vera campagna per promuovere, sia tra i Direttori e i Confratelli, sia nelle Case di formazione, compresi il Noviziato e gli Studentati, gruppi e iniziative di studio, conferenze, letture, dirette a far conoscere meglio e stimare di più l’operosa presenza di Confratelli Coadiutori nella Congregazione.

7. Si demanda agli organi competenti della Congregazione l’incarico di proseguire lo studio della particolare vocazione e realtà del Salesiano Coadiutore sotto l’aspetto teologico, spirituale, giuridico, storico e apostolico, allo scopo di elaborare una dottrina e una spiritualità del Confratello laico.12


CAPO SECONDO

REPERIMENTO DI VOCAZIONI PER COADIUTORI


Siccome incrementare le vocazioni, oltre che un fine principale della Congregazione, è un’inderogabile necessità, un dovere di tutte le Ispettorie, il XIX Capitolo Generale


Delibera

1. Il Centro Ispettoriale per le vocazioni abbia almeno un Consultore, esperto e zelante, il quale collabori e stimoli allo studio e alle iniziative intese a reperire vocazioni di Coadiutori; coltivi inoltre con pari impegno sia le vocazioni dei chierici, che quelle dei Coadiutori.

2. Dovendosi affrontare coraggiosamente i problemi relativi al reperimento, si organizzi, dove risulti necessario, qualche Centro di orientamento vocazionale o Preaspirantato. In ogni caso vi sia un piano di ricerca opportunamente studiato dalle Conferenze Ispettoriali, con forme, mezzi e metodi concordati preventivamente.

3. I criteri di selezione e accettazione per queste vocazioni siano analoghi, data la fondamentale identità religiosa, a quelli adottati per i chierici.

Data la specifica vocazione di religiosi laici, si richiede per tutti l’idoneità a completare il ciclo di cultura generale di base in uso nei singoli Paesi e a proseguire in qualcuna di quelle attività o di quelle qualificazioni di studio e lavoro, richieste dagli impegni della vita salesiana e dell’apostolato, con eventuale possibilità di assumere qualche responsabile incarico nelle nostre Comunità.

4. La vocazione del Coadiutore sia presentata, come lo è in realtà, non tanto come una nostra necessità di avere buoni e numerosi collaboratori, ma anzitutto come un gran dono di Dio e un insigne beneficio che la Congregazione fa ai candidati stessi, offrendo loro un moderno ambiente di santificazione e un vastissimo campo di apostolato giovanile, missionario, culturale, ecc.

5. Questa vocazione sia presentata nei suoi elementi di positiva specificazione religiosa e apostolica a giovani di età non solo adolescenziale ma anche matura, a qualunque indirizzo e livello di studi, qualunque sia la loro aspirazione religiosa e apostolica, purché rientri negli indirizzi e nelle forme della Congregazione; sempre con vivo interesse per il giovane moderno, e con quei sani incentivi religiosi e umani che, alla sua età e condizione culturale e sociale, riescono attraenti e convincenti.


CAPO TERZO

LA FORMAZIONE DEI COADIUTORI


Caratteristiche della formazione dei Coadiutori

Il Capitolo Generale XIX considerando che:

ciò che rende preziosi i Coadiutori è la loro qualifica, da quella religioso-morale e salesiana a quella culturale e tecnica;

anche nella formazione si deve tener presente che il Coadiutore è un Socio effettivo della Congregazione;

tale formazione deve corrispondere al grande valore di questa vocazione religiosa e alla sua presenza nella Società e nella Chiesa;

nella civiltà moderna che tanto deve e chiede al progresso tecnico, la qualificazione professionale è un’esigenza di estrema attualità in tutti gli Stati del mondo;13


Delibera

1. La formazione dei Coadiutori dev’essere rispondente alle esigenze della loro vocazione, pari a quella dei Chierici per durata e per livello culturale. "I Superiori sentono ogni dì più impellente la necessità di dover dare ai Confratelli Coadiutori una preparazione lunga almeno quanto quella dei Chierici".14

La formazione porti gradualmente il Coadiutore a una visione esatta e completa della sua singolare vocazione di vero religioso, di religioso laico, di Salesiano, di apostolo, in una Congregazione clericale esente; in modo che egli si inserisca con volontà consapevole nella Famiglia Salesiana, tutta protesa all’acquisto della perfezione e alla realizzazione del "cor unum et anima una",15 che costituisce la forma interiore della nostra Società, unita nell’amore e nell’identica tensione spirituale e apostolica.

2. Si deve distinguere tra la formazione di base, comune a tutti i Coadiutori, e quella specifica, richiesta dalle loro particolari mansioni. In vista di queste si deve aprire a tutti i giovani Confratelli, che ne abbiano la capacità e la volontà, l’accesso agli studi per l’acquisto dei titoli a vario livello, tenendo presente le necessità della Congregazione, le disposizioni dell’obbedienza, il loro buono spirito, la sicurezza nella vocazione e la fedeltà nell’osservanza religiosa.

3. Essendo le Scuole Professionali una delle caratteristiche attività che qualificano la nostra Congregazione, sia sottolineata l’importanza della specifica preparazione dei Coadiutori ad esse addetti; tocca ai Superiori assicurare loro una formazione professionale e tecnica non inferiore a quella dei laici che esercitano la stessa funzione.


IL CICLO FORMATIVO

Il Capitolo Generale XIX delibera quanto segue:


1. LA FORMAZIONE DEL COADIUTORE COMPRENDA LE SEGUENTI FASI:

a) una prova prima del Noviziato;

b) il Noviziato in comune con i Chierici;

c) il Perfezionamento, che comprende il Magistero di prima qualifica, il Tirocinio pratico di tre anni, il Magistero di qualifica superiore.

Eccettuato il Magistero di qualifica superiore (o secondo Magistero) gli altri periodi formativi sono obbligatori per tutti i Soci Coadiutori.


2. ASPIRANTATO

Gli Aspiranti Coadiutori, prima del Noviziato, debbono normalmente aver compiuti i corsi scolastici per una durata complessiva equivalente a quella degli Aspiranti Chierici, onde giungere al Noviziato sufficientemente maturi e preparati a compiere, dopo la professione, i corsi di perfezionamento.

Raccomandazioni. L’orientamento alla vita salesiana, in questa fase di formazione, deve essere esplicito e decisivo pur senza forzare i candidati e deve rispondere alla loro preparazione spirituale, culturale, tecnica.

Quando il numero di aspiranti, il personale qualificato e le attrezzature di una singola Ispettoria sono insufficienti, si preferiscano gli Aspirantati interispettoriali.


3. NOVIZIATO

Vivendo in comune con i Chierici, i Novizi Coadiutori avranno orari di studio e di occupazione tali da non interrompere del tutto la scuola e la pratica della loro qualifica.

Oltre alle conferenze stabilite i Novizi Coadiutori avranno una serie di istruzioni per loro, miranti a farli profondamente consapevoli della loro vocazione.

Raccomandazioni. Si curi oltre la serietà d’impegno e l’apertura di vita propriamente salesiana protesa all’incontro con il mondo attuale, un preciso e solido lavoro formativo personale, evitando le forme troppo semplicistiche. Una seria impostazione del Noviziato è un presupposto essenziale per una robusta e definitiva qualificazione salesiana.


4. PERFEZIONAMENTO

Il Magistero deve avere in primo luogo un programma comune di formazione religiosa, salesiana, apostolica. Deve poi articolarsi secondo le necessità delle rispettive qualifiche, le esigenze della cultura e della tecnica, le disposizioni legislative vigenti presso le varie Nazioni, ecc. Non deve infine trascurare un corso sistematico di teologia in modo da prepararli anche all’insegnamento della religione.

La durata dei corsi sarà quella stabilita dai Regolamenti.16

Per i Coadiutori non destinati all’insegnamento, come i factotum, il corso di perfezionamento è stabilito di due anni, e avrà un programma di formazione proprio, adatto alla loro vita attiva, agli uffici cui saranno destinati. Tale perfezionamento avverrà in una Casa di formazione.

Raccomandazione. Durante questo periodo formativo, si debbono sviluppare e consolidare nel Coadiutore quelle virtù, naturali e soprannaturali, che lo rendono un vero uomo, un vero cristiano, capace di vita sociale, un educatore-apostolo, di fede viva e di convinta pietà religiosa.


5. TIROCINIO PRATICO

Dovrà durare tre anni e non si esaurirà nel semplice lavoro professionale ed educativo salesiano, ma mirerà ad integrare la formazione del Coadiutore soprattutto sul piano religioso, teologico, pedagogico, pastorale...

In questo periodo permangono valide per i Coadiutori le prescrizioni esposte nei Regolamenti per i chierici tirocinanti.17

Raccomandazioni. E' pedagogicamente necessario e salesianamente doveroso, in questo periodo particolarmente, guidare i giovani Confratelli nell’assistenza dei giovani, come pure nel lavoro di scuola, laboratorio, Oratorio, ecc.


6. MAGISTERO DI QUALIFICA SUPERIORE

Dove sia possibile, se ne faccia l’esperimento, previo consenso del Rettor Maggiore.

Si tratta di un corso speciale di formazione, da introdurre dopo il Tirocinio pratico per Confratelli già professi perpetui, come fu proposto da diverse Ispettorie. Tale corso è per i Coadiutori che dovrebbero affrontare mansioni di responsabilità e possedere una superiore qualifica religiosa, teologica, ecc., e integrare la loro maturazione culturale e professionale.

Per tale corso potrebbe servire la Casa di Magistero, oppure qualche Istituto adatto.

Suggerimenti. Il programma di studio potrebbe essere biennale con tre gruppi di materie

a) formazione religiosa e teologica: elementi di filosofia e di teologia, tecnica dell’apostolato, sociologia;

b) perfezionamento professionale: corsi monografici di aggiornamento tecnico-moderno, ecc.;

c) formazione per cariche direttive: didattica e scienza del lavoro e dell’amministrazione, razionalizzazione del lavoro (metodi, movimenti, tempi), relazioni umane ecc.

Per quei Coadiutori che seguissero dei Corsi presso qualche specifico Istituto, rimane sempre l’impegno d’integrarli con i corsi sopra indicati a), b), c).


7. STUDIO DEMANDATO ALLE CONFERENZE ISPETTORIALI

Il Capitolo Generale XIX demanda alle Conferenze Ispettoriali lo studio, la programmazione e l’attuazione degli strumenti di formazione per i Coadiutori, secondo lo spirito di questo Documento.

Per necessità di cose, queste Opere dovranno essere interispettoriali.

VI.- LA NOSTRA VITA RELIGIOSA, OGGI


Premesse

Tre realtà ci invitano a pensare che è venuto il tempo di un serio approfondimento dottrinale e vitale della nostra vita religiosa.

Il mondo moderno, sul piano delle idee, mette in discussione la stessa vita religiosa e giudica i voti inumani e anormali; sul piano pratico moltiplica attorno a noi le occasioni di indebolimento e di cadute.

Il movimento spirituale ed apostolico della Chiesa attuale, appoggiandosi sul rinnovamento biblico, teologico, liturgico ed ecumenico concretato nel Concilio Vaticano II, mette in nuovo rilievo le ricchezze della vita religiosa da cui si aspetta un servizio più fecondo per la Chiesa.

Infine, al lavoro di aggiornamento, iniziato dal nostro Capitolo generale, si può assicurare il successo solo con una sintesi: al rinnovamento delle strutture e delle opere deve corrispondere un approfondimento della vita religiosa.

La visita speciale del Card. Antoniutti al nostro Capitolo, con l’allocuzione che ci ha rivolto, ha concretato questa verità. Per questo il Capitolo Generale XIX propone a tutte le Comunità salesiane e a ciascun Confratello gli orientamenti spirituali e pratici che seguono.


CAPO PRIMO

NECESSITA' DI UN IMPEGNO PIU' PERSONALE


Princìpi

Già Don Bosco sottolineava l’importanza di una decisione chiara e generosa prima di entrare nella vita salesiana: la sua insistenza nel parlare della vocazione nell’introduzione alle nostre Costituzione ne è una prova. Ma le condizioni attuali accentuano questa esigenza.

L’impegno religioso è una delle forme più alte dell’impegno della fede. Per essere e restare cristiano, oggi, occorre percepire vivamente la verità e la bellezza della vita cristiana e viverla con tutta la forza della decisione personale aiutata dalla grazia. A più forte ragione non si può oggi rientrare nella vita religiosa, e non vi si può rimanere, senza impegnarvisi profondamente con le proprie forze spirituali.

L’impegno religioso è un atto dell’intelligenza, che valuta i problemi più gravi dell’esistenza; è necessario che il Salesiano sappia sempre meglio per quale fine Don Bosco ha voluto fare di lui un religioso educatore, e quali siano da una parte le meravigliose risorse di santità e di fecondità della sua vita religiosa, ma d’altra parte anche le sue esigenze.

Nello stesso tempo, è un atto di libertà sovrana, una delle più grandi scelte che possono essere compiute dalla coscienza dell’uomo.

Occorre che il Salesiano, anziché subire la sua vita, le dia una risposta intima, pienamente volontaria e continua all’invito del Maestro: "Se vuoi essere perfetto, seguimi" (Mt. 19, 21).

Questa comprensione e questa decisione non si possono realizzare che nella luce e con la forza dello Spirito Santo: per condurre fedelmente la sua vita è necessario che il Salesiano non si appoggi solo sulle sue forze naturali, ma che si fondi su una preghiera umile e confidente.


Deliberazione

Per questo il Capitolo Generale propone:

L’atto della Professione Religiosa Salesiana, soprattutto perpetua, sia sempre preparato con la massima serietà e compiuto durante la Santa Messa; con un rito rinnovato secondo lo spirito della Costituzione Liturgica del Vaticano II.18


CAPO SECONDO

SCOPERTA DI NUOVE RICCHEZZE DELLA NOSTRA VITA RELIGIOSA


Princìpi

La verità fondamentale della vita religiosa, messa in risalto oggi, è che essa costituisce uno sviluppo particolare della vita cristiana fondata sul Battesimo e sulla Cresima. La professione dei voti evangelici si aggiunge alla consacrazione propria del Battesimo e la completa, quasi come una speciale consacrazione, per cui il cristiano si rimette e si vota completamente a Dio, mettendo a suo esclusivo servizio l’intera vita.19 Di qui derivano i tre valori dello stato religioso.

Valore personale. Il Battesimo è innanzi tutto conversione personale per essere incorporati al Cristo Crocifisso e Risuscitato. La professione religiosa, nel suo elemento più decisivo, è una seconda conversione ed una consacrazione più intera al medesimo Gesù Cristo e per Lui a Dio Padre, nello Spirito Santo. Il Salesiano vuole anzitutto donarsi totalmente per amore al Cristo, in risposta a quell’atto d’amore particolare del Cristo che è la chiamata della vocazione. Così egli realizza una rassomiglianza più profonda con il Cristo, Religioso perfetto di suo Padre; si unisce più strettamente a Lui, il Risorto che vive; si mette a sua intera disposizione per servirlo. Le rinunce che accetta sono la conseguenza naturale di questo primo amore: "Per Lui ho accettato di perdere tutto".20 Il Salesiano per il quale il Cristo e Suo Padre non sono più i grandi presenti nella sua vita, ha perduto la sorgente della vera gioia e della generosità soprannaturale.

Valore comunitario. Il Battesimo è anche ingresso nella Chiesa. "I consigli evangelici, per mezzo della Carità alla quale conducono, congiungono in modo speciale i loro seguaci alla Chiesa e al suo mistero".21 La Chiesa infatti è la Famiglia dei figli di Dio radunati nella Fede e viventi nella Carità. Questo mistero del tutto soprannaturale viene realizzato dalla comunità religiosa in modo sintetico e visibile. Di modo che essa è un segno permanente ed una testimonianza pubblica che la Chiesa di Cristo esiste davvero in questo mondo come comunità, ogni Salesiano deve sapere che si unisce a dei fratelli che il Signore gli dà e gli ordina di amare e dai quali ha il diritto di essere amato. Tutti insieme poi devono ricordarsi che il loro primo dovere è di non tradire la piccola Chiesa che costituiscono.

Valore apostolico. Il Battesimo distacca il cristiano da questo mondo per unirlo al Cristo della Pasqua: ma la Cresima lo manda nel mondo per testimoniarvi la Risurrezione con la forza dello Spirito della Pentecoste. La professione religiosa, distacco profondo per una unione più stretta con il Cristo glorioso, significa allo stesso tempo un essere mandato al mondo per salvarlo, una partecipazione più completa alla missione di salvezza della Chiesa. Nell’appello interiore che lo ha chiamato alla vita salesiana, ciascuno di noi ha il diritto di riconoscere l’eco del potente appello udito da Don Bosco e una umile partecipazione del carisma proprio che lo Spirito Santo suscitò in lui per il bene della Chiesa. Attraverso i voti pienamente accettati, il Salesiano è condotto per doppio titolo ad una feconda vita apostolica: liberato dalle preoccupazioni terrene e pienamente unito a Gesù Cristo, egli è disponibile, nelle sue mani, per essere mandato ai giovani e per amarli in suo nome; poiché ha sacrificato tutto il resto (coetera tolle), egli può dedicarsi completamente alle anime (da mihi animas).

Inoltre egli può portare loro anche la testimonianza permanente del suo stato e della sua vita. Siccome è un uomo vivo, egli poteva ottenere un posto onorevole e gioie legittime nella società; sacrificandole, egli attesta, in questo modo, tentato di ateismo e di materialismo, che Dio c’è e che il suo amore gli basta, che la vita nuova nel Cristo ci è data già qui, infine che questo mondo finisce e che noi risuscitati con Lui siamo in marcia verso la vita eterna. Il Salesiano si ricordi che con la sua vita di religioso convinta e fedele, egli insegna e trascina i suoi giovani più eloquentemente che con tutte le sue parole.


Sintesi

Così i voti ci aprono a una carità vasta e gerarchizzata. Sono dei mezzi che, ciascuno a suo modo, ci permettono di amare intensamente Cristo Signore e Dio nostro Padre, poi i nostri Confratelli e infine i nostri giovani e tutti quelli ai quali il Signore ci manda.

La professione e la vita religiosa ci offrono l’occasione di esercitare in modo nuovo e specifico i tre sacri poteri che i cristiano riceve nel Battesimo e che il Vaticano Ii ha così fortemente sottolineati nel De Ecclesia:22 l’offerta di se stessi alla gloria e al servizio esclusivo del Padre è un atto eminente del Sacerdozio e del culto spirituale; la nostra testimonianza di consacrati di fronte al mondo e ai nostri giovani ci fa partecipi stretti della funzione profetica di Cristo e della Chiesa; infine noi partecipiamo anche alla funzione regale di Cristo, quando nella libertà filiale prendiamo possesso di noi stessi e di alcuni beni materiali per destinarli al solo servizio del Regno di Dio.


Deliberazioni

Per questo il Capitolo Generale XIX propone:

1. I Salesiani non cessino mai di studiare, anzitutto nel tempo della formazione, la vita di Don Bosco e dei Salesiani più esemplari, per emularne le virtù e lo spirito.

2. Ciascun Salesiano mediti i testi liturgici e la dottrina della Chiesa sulla vita religiosa, in particolare il capitolo VI della Costituzione De Ecclesia del Concilio e il Decreto sui Religiosi, e legga le opere che commentano questi testi.

3. Si insegni progressivamente, incominciando dal Noviziato, durante tutti gli anni della formazione, la teologia della vita religiosa. I Direttori, i Predicatori di ritiri e i Confessori approfondiscano sempre più in questo senso la conoscenza della vita religiosa per alimentarne le loro conferenze e i colloqui con i Confratelli.


CAPO TERZO

APPROFONDIMENTO DI QUALCHE ASPETTO DELLA NOSTRA POVERTA'


Princìpi

Don Bosco, come figlio di Mamma Margherita e come sacerdote nutrito di spirito evangelico, ha avuto una stima straordinaria per la povertà e ci domanda di accettarla in spirito d’imitazione del Cristo povero (Cfr. Introduzione alle Costituzioni). Il mistero del Cristo, "che da ricco qual era s’è fatto povero per noi",23 deve continuare in noi, per permetterci d’amare Dio nostro Padre "sopra tutte le cose" e di abbandonarci interamente nella pace e con gioia alla sua Provvidenza: "Beati i poveri".

Lo spirito di famiglia richiama la nostra povertà. Il Salesiano povero mette tutte le sue risorse e i beni che riceve, al servizio di tutti gli altri membri della sua Comunità, e sa che lui stesso dipende dalla comunità e che beneficia dei beni e del lavoro di tutti i suoi fratelli: L’attaccamento a tali beni indebolisce molto questo doppio movimento di carità, e minaccia l’unità suscitando invidie e gelosie.

Anche il nostro compito educativo è un potente appello alla povertà. Innanzi tutto perché oggi più che mai Don Bosco e la Chiesa ci mandano di preferenza in mezzo ai poveri, ai meno favoriti, al popolo; inoltre perché noi dobbiamo essere poveri in solidarietà concreta con loro, per meglio amarli, meglio servire in essi il Cristo povero e condurli più facilmente alle ricchezze di Cristo Signore. La nostra fedeltà a questo aspetto privilegiato della nostra vocazione dipende in parte dal nostro senso della povertà; essa infatti ci farà preferire le opere difficili in favore dei poveri, alle opere più comode in favore delle classi abbienti. Inoltre noi dobbiamo educare tutti i nostri giovani all’uso cristiano dei beni materiali. Ciò non è facile in una civiltà quasi totalmente dedita allo sviluppo economico ed al benessere. Il nostro distacco deve insegnare a tutti il valore relativo di questi beni e il loro uso in servizio della carità.

La nostra povertà personale deve essere dunque effettiva. Non basta, circa l’uso dei beni, dipendere dal beneplacito dei Superiori, ma occorre che i Religiosi stessi si accontentino delle cose che sono di necessità per vivere, e rifuggano dalle comodità e dalle delicatezze che snervano la vita religiosa.24 In particolare, ricordiamoci che la pratica della povertà consiste per buona parte nel lavoro per guadagnarci il pane con il sudore della fronte e nel rinunciare alla vita borghese.

La nostra particolare missione implica per noi il possesso di tutto quello che è necessario e utile allo sviluppo dell’opera educativa; tuttavia "oltre la povertà dei singoli membri, non è lecito trascurare la povertà del sodalizio intero: dev’essere evidente anche questa povertà di famiglia. Pertanto gli Istituti religiosi devono evitare nei loro fabbricati e in qualsiasi loro opera ogni vistosità e decorazione troppo ricercata e tutto ciò che sa di lusso, tenendo conto della condizione sociale della povera gente che abita attorno a loro".25


Deliberazioni

Il Capitolo Generale propone:

1. Fedeli allo spirito di Don Bosco, i Salesiani, nella vita di comunità e in quella personale, prestino la più viva attenzione e adesione al movimento che nella Chiesa di oggi riscopre alcuni aspetti della povertà e la sua urgenza nella vita cristiana e nel lavoro apostolico.

2. La modernità dei nostri Istituti, necessaria in vista della nostra missione educativa e per il bene dei nostri giovani, non divenga mai per il Salesiano un pretesto per concedersi a poco a poco tutte le comodità. In particolare egli rimanga un vero Religioso nei tre punti seguenti:

maneggio del denaro che deve essere sempre sotto il controllo del Superiore;

uso dei mezzi moderni di comunicazione sociale soltanto in vista dell’apostolato, della formazione, o di una saggia distensione comunitaria, non per solo piacere personale;

infine rinuncia a concedersi vacanze, svaghi e turismo di tipo borghese.

3. Nella costruzione e nell’arredamento delle nostre Case si seguano le direttive di Papa Paolo Vi indicate sopra.


CAPO QUARTO

APPROFONDIMENTO DI QUALCHE ASPETTO DELLA NOSTRA CASTITA'


Princìpi

Il mondo attuale crede poco alla castità dei Religiosi. Occorre dunque dargli modo di percepire, attraverso la nostra testimonianza il vero senso di questa meravigliosa virtù. La castità non è un’amputazione, né lo stato di colui che ha rinunciato ad amare. Essa è invece la scelta di un amore più forte e più vasto: "Essa apre il cuore all’amore di Dio e di tutti gli uomini". Anziché farci rinunciare alle nostre potenze affettive, la castità le purifica, le orienta, le rende più delicate e più generose. E' vero che la castità accettata a malincuore, vissuta nel compromesso, con l’esclusiva preoccupazione di evitare il male, atrofizza le nostre forze vive; lealmente e positivamente assunta, essa dona lo sviluppo della persona e dona la gioia: Beati mundo corde!

La castità religiosa permette anzitutto un amore più immediato e più forte del Signore al quale ci siamo consacrati anima e corpo. Essa ci unisce al Signore risuscitato, al nuovo Adamo pervenuto nella condizione celeste del suo corpo glorificato;26 il Religioso casto partecipa già in qualche modo a questa condizione definitiva27 e diventa un testimonio vivente della risurrezione e dell’amore supremo del Signore verso il quale devono convergere tutte le altre forme di amore.

E' chiaro che la castità rende il Salesiano disponibile per meglio amare i suoi fratelli di comunità. E' chiaro ancora che essa gli permette di amare i suoi giovani profondamente, senza equivoci, in qualche modo con il cuore stesso di Gesù Salvatore. Il Salesiano rinuncia alla paternità naturale solo per assumere una paternità spirituale, variabile nel suo esercizio a seconda delle situazioni di ciascuno nelle comunità educative, ma in ogni caso reale. Egli sa molto bene che la rettitudine della sua castità gli permetterà di sostenere i suoi giovani nella lotta che essi devono combattere per la loro purezza.

Occorre capire che nel mondo attuale la castità religiosa è la virtù più insidiata. Riconoscerlo e tirarne conseguenze di prudenza è un atteggiamento di uomo adulto. Occorre un impegno più deciso nell’esercizio della mortificazione e una più diligente custodia dei sensi.28 Qui soprattutto il Religioso deve riconoscere lealmente che la sua situazione è diversa dalla situazione del laico nella vita ordinaria. Deve mantenersi in atteggiamento di rottura con tutto ciò che il mondo comporta di cattivo, precisamente per poter essere presente a questo mondo senza compromessi, come testimonio e strumento del Cristo Salvatore.


Deliberazioni

In conseguenza, il Capitolo Generale propone:

1. I Salesiani, come Congregazione e come singoli individui, prendano acuta coscienza che essi hanno un messaggio speciale di purezza da trasmettere al mondo attuale ed una missione particolare presso i giovani per educarli ad una purezza vigorosa, e che questa missione richiede in modo speciale in loro una purezza a tutta prova.

2. Il Salesiano accetti lealmente la necessità della mortificazione e della prudenza che, soprattutto in questo campo, sono forme autentiche del suo amore personale a Cristo e condizione del suo equilibrio interiore. Rifiuti ogni occasione equivoca (libri, films, ecc.); sia discreto nella direzione spirituale; e se deve esercitare l’apostolato nel mondo femminile lo svolga con semplicità e delicatezza, in pieno accordo con il suo Superiore.

3. Nella sua vita personale, il Salesiano sia fedele nel dare alla Vergine Maria tutto il posto che Le compete per una feconda espansione soprannaturale dei suoi affetti e per l’irraggiamento della sua purezza.


CAPO QUINTO

APPROFONDIMENTO DI QUALCHE ASPETTO DELLA NOSTRA OBBEDIENZA


Princìpi

L’obbedienza salesiana è innanzi tutto un’autentica obbedienza religiosa, poiché ha come sorgente e modello l’atteggiamento filiale del Cristo stesso, sempre perfettamente docile alla volontà di Suo Padre, e che ha riscattato il mondo con l’atto di ubbidienza fino alla morte.29 L’obbedienza del Cristo si prolunga in tutti i suoi membri, ma soprattutto in quelli che, attraverso questo terzo voto, raggiungono la più stretta unione con Lui.

Si vede di qui fino a qual punto l’obbedienza è un atteggiamento da adulti e non un atto infantile, come lo crede il mondo. Non si tratta affatto di rinunciare alla volontà e alla personalità, ma al contrario di volere fortemente il compiersi della volontà divina, preferendola ai nostri desideri. Per questo il Religioso accetta una forma di vita dove egli la troverà e la compirà più sicuramente, sapendo che la libertà e l’amore hanno la loro suprema perfezione in questa docilità filiale verso Dio Padre che passa per la Croce: Beati qui audiunt verbum Dei et custodiunt illud.

Il Superiore ha il compito di interpretare presso i Confratelli la volontà di Dio e della Chiesa e di assicurare nella Casa questa unione di spirito e di azione tanto desiderata da Don Bosco. Questo dovere grave e difficile richiede non solo doti di saggezza e di prudenza, ma più ancora unione a Dio e distacco personale. Infatti l’esercizio dell’autorità deve essere circoscritto dalla carità e dal rispetto della persona umana.30

Lo spirito di famiglia caratterizza il rapporto tra il Superiore e i Confratelli. L’obbedienza non porta i suoi frutti se non attraverso la confidenza e la comprensione reciproca tra il padre e i figli, in grazia di quello spirito di dialogo al quale si va aprendo tutta la Chiesa attuale. "La nostra presente epoca chiama i Religiosi ad assumersi più numerose e più gravose incombenze e ad affrontare le iniziative con maggior disinvoltura".31 Il Salesiano veramente obbediente dà l’apporto attivo delle sue idee e delle sue iniziative, ma accettando fin dall’inizio la decisione suprema del Superiore.

L’autorità e l’obbedienza sono due modi d’essere insieme e complementarmente al servizio del Signore e delle anime che Egli ci confida. L’una e l’altra realizzano la necessaria e feconda coesione dell’équipe educativa che, a sua volta, suscita l’obbedienza filiale dei giovani ai quali dobbiamo insegnare ad obbedire a Dio per amore.


Deliberazioni

Il Capitolo Generale propone:

1. Il Salesiano sia cosciente che nel mondo attuale tentato dal rifiuto di Dio, la sua obbedienza religiosa, soprannaturale, ha un valore particolare di riparazione e di testimonianza.

2. Il salesiano riconosca l’urgenza del tutto particolare dello spirito di fede in questo campo: il Superiore per interpretare le intenzioni di Dio al di fuori di ogni autoritarismo, il Confratello per trattare con il Superiore al di là di ogni semplice vista umana, ambedue per essere lealmente sottomessi alla Regola.

3. Lo spirito di famiglia che deve regnare nella Casa salesiana si manifesti in modo speciale nell’esercizio dell’autorità paterna e dell’obbedienza filiale, in modo che l’autorità sia amata perché sa farsi amare, sia evitata con cura la critica negativa e il dialogo si realizzi nel pieno rispetto del Superiore.


CAPO SESTO

APPROFONDIMENTO DI QUALCHE ASPETTO NELLA NOSTRA VITA DI COMUNITA'


Princìpi

Il tipo delle nostre comunità che comprendono ecclesiastici e laici, tutti egualmente religiosi, e il nostro spirito di famiglia salesiano che ci lega fraternamente nella semplicità e nella gioia evangelica, ci offrono delle risorse particolari per essere, più visibilmente che gli altri Religiosi, immagini della Chiesa Famiglia di Dio, comunità di fede e di carità, di culto e di azione apostolica. Questo fatto anziché chiuderci in noi stessi, ci deve far desiderare un’inserzione profonda nella comunità cristiana più larga, parrocchiale e diocesana, per esservi fermento di collaborazione e di unità.

Comunità di fede, la comunità salesiana deve considerarsi costituita da Dio, al di fuori delle differenze nazionali e culturali. Comunità di carità, essa deve offrire un clima di affetto reale dove ciascuno è considerato nella sua assoluta originalità, "un fratello per il quale il Cristo è morto".32 Il Superiore è il vero padre di questa Famiglia, senza paternalismo, con bontà e franchezza. Quanto ai Confratelli, essi devono avere tra di loro quella amicizia veramente fraterna, fatta di calore umano e di delicatezza soprannaturale, che favorisca la comunione delle gioie e delle pene, apporti il sostegno nelle ore difficili, nutra l’entusiasmo nella fedeltà religiosa e nel servizio di Dio.

Comunità di culto, la comunità salesiana deve trovare delle occasioni per esprimere esplicitamente, sia in se stessa sia con i giovani e i fedeli, il primato dell’azione divina e il fine supremo della sua esistenza e del suo lavoro apostolico: la lode e la gloria di Dio Padre. Essa lo fa in modo pieno nella celebrazione eucaristica, offrendo e mangiando il corpo di Cristo sorgente e principio della sua unione. Essa lo fa ancora nelle altre riunioni di preghiera, secondo un ritmo quotidiano (preghiere della sera), settimanale (celebrazione della domenica), mensile (ritiro) ed annuale (esercizi spirituali). Ciascun Confratello si faccia un dovere di offrire la sua parte a questa lode comune e senta una viva gioia di riceverne personalmente grandi frutti.

Comunità di azione apostolica, la comunità salesiana si sente mandata da Cristo e dalla Chiesa a un gruppo individuato di giovani e di fedeli. Tutti i suoi membri, come adulti corresponsabili, si mettono dunque chiaramente d’accordo sugli obiettivi soprannaturali della loro azione e sui mezzi per raggiungerli. Questo sforzo di collaborazione è sempre da rivedere. Oltre il consiglio ristretto della Casa, la comunità prevede dunque degli incontri regolari, sotto la responsabilità principale del Direttore, dove si compie l’esame della situazione e della coscienza collettiva e dove si elaborano i piani apostolici. La "revisione di vita" in gruppi ristetti, approfondirà questo lavoro. Così ogni Confratello può, senza gelosia alcuna, situarsi con il suo compito e le sue doti particolari nel mezzo di una équipe coerente, fervente, che ha la grazia di Dio, ma prima dei meriti individuali.


Deliberazioni

Il Capitolo Generale propone:

1. Il Direttore e i Confratelli abbiano una preoccupazione particolare di ravvivare con tutti i mezzi possibili lo spirito di coesione ed amicizia fraterna nella loro comunità.

2. La concelebrazione eucaristica sentita veramente come espressione massima di unità, sia realizzata, con il permesso dell’Ispettore, in tutte le occasioni propizie. Nei periodi in cui i giovani sono assenti, le preghiere in comune della Famiglia Salesiana siano programmate e seguite con cura.

3. Le riunioni di tutta la comunità apostolica, ben preparate, abbiano luogo all’inizio dell’anno, di trimestre, di mese, per "fare il punto" e tracciare il programma d’azione. Il Ritiro Mensile può contribuire in parte a ciò.


CAPO SETTIMO

CONCLUSIONE: UNITA' E FEDELTA'


Princìpi

L’unità della vita del Religioso apostolo si realizza nel suo amore di Dio e degli altri, amore fondato sulla fede, amore che si esprime e si nutre molto bene sia nella preghiera che nel lavoro. Preghiera e lavoro sono come due mani giunte che non bisogna mai separare e tanto meno opporre. Gesù stesso ce ne ha dato l’esempio. Alla Sua luce anche Don Bosco.

La vita cristiana ordinaria è impossibile senza un dialogo abituale e personale con Dio; a più forte ragione la vita consacrata. La preghiera deve essere anzitutto una espressione disinteressata del nostro amor di Dio: nei momenti dedicati solo a Lui, noi proclamiamo che Egli merita di essere amato per se stesso, che Egli è l’Unico necessario e il sovranamente Presente. Ma la preghiera è anche un atto di apostolato diretto, il più urgente e il più efficace: certi demoni si cacciano solo con la preghiera.332. E' chiaro che essa purifica e stimola all’azione apostolica.

L’esercizio dell’apostolato è per se stesso una sorgente viva di unione col Signore. Il pericolo dell’attivismo esiste certamente, ma non è fatale. L’apostolo vero si immerge nell’azione con una fede che gli permette di scoprire e di incontrare il Dio vivente, presente e operante nel cuore degli uomini e negli avvenimenti, e con una carità che gli permette di servirlo in tutti coloro che attendono di essere aiutati.34 Le esigenze del suo compito rimandano l’apostolo alla preghiera. Così "l’operosità zelante e la cura della vita interiore, anziché nuocere l’una all’altra, richiedono uno strettissimo rapporto, in modo da progredire di pari passo".35

La fedeltà realizza l’unità della persona adulta e della vita del Religioso lungo il tempo. E come l’unità, essa si fonda sull’amore più che sull’osservanza materiale delle regole: et nos credidimus charitati.36 Il Salesiano crede all’amore di predilezione che il Cristo, fedele per primo, non cessa di portargli. Egli crede anche che sarà capace nello Spirito Santo di dare al Cristo la sua risposta d’amore, senza tradirlo. Il mondo non dovrebbe trovare strano che un giovane si impegni per sempre nella vita religiosa, dal momento che ammette che egli possa giurare fedeltà alla sua sposa. Nella sua fedeltà al Cristo, il Religioso è un’immagine e una realizzazione della fedeltà assoluta della Chiesa al Cristo suo Signore.

Ma questa fedeltà si radica nella debolezza dell’uomo e nelle tentazioni del mondo. Il Religioso sa che egli deve riaffermare il suo impegno ogni giorno e mantenervisi presente con riflessione viva, con generosità di sforzi e sempre sotto il soffio dello Spirito Santo. Per questo il buon Salesiano non trascura ma accoglie con fervore i momenti e gli impegni della sua vita religiosa in cui può sostare un poco nell’intimità di Cristo per fare il punto, purificarsi, nutrirsi e ripartire: ogni giorno nel silenzio sacro, nell’orazione e nella Messa; ogni settimana nella Confessione; ogni mese nel Ritiro Mensile e nel Rendiconto; ogni anno negli Esercizi Spirituali.

Questa fedeltà infine egli la confida ogni mattina a Colei che la Chiesa chiama "Vergine fedele", modello e sostegno. Essa fu la religiosa di Dio per eccellenza, povera, casta ed obbediente per esercitare appieno la sua funzione di Madre. Essa è pertanto la nostra Ausiliatrice, la benignissima Vergine Maria, educatrice materna delle virtù religiose.37


Deliberazioni

Per questo il Capitolo Generale propone:

1. Ogni Salesiano si impegni volentieri nella preghiera e nella meditazione personale della parola di Dio (Vangelo e testi liturgici).

2. Ogni Salesiano rimanga fedele alla Confessione settimanale, cercandovi anche l’aiuto di una direzione spirituale; faccia inoltre tesoro del Ritiro Mensile e del Rendiconto.

3. Il Consiglio Superiore studi la possibilità di attuare gradualmente un secondo Noviziato, della durata di almeno sei mesi, dopo circa dieci anni di sacerdozio per i Preti e dieci ani di attività apostolica per i Coadiutori.

4. A fianco delle Costituzioni e dei Regolamenti, che rispecchiano specialmente l’aspetto canonico della vita religiosa salesiana (strutture, opere, obblighi generali e particolari), sia elaborata una sintesi della dottrina spirituale salesiana, cioè l’espressione condensata della missione, dello spirito, della vita religiosa dei Salesiani, in termini di teologia e di spiritualità, sulla traccia di testi della tradizione salesiana e alla luce del rinnovamento spirituale della Chiesa e del Concilio.


Raccomandazione

Questo documento venga attentamente studiato e meditato da tutti. I Direttori, in particolare, lo commentino nelle conferenze, buone notti, ecc. spronando i Confratelli ad immediate e pratiche applicazioni.


VII.- VITA LITURGICA E DI PIETA'


Premessa

Il Capitolo Generale XIX, interprete del sentimento comune della Congregazione, nello spirito della più completa e filiale adesione alle decisioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, accoglie la "Costituzione sulla Sacra Liturgia" come documento fondamentale della pietà salesiana.

Scorge in esso:

l’espressione pratica della verità essenziale della vita religiosa, cioè della consacrazione a Dio, alla sua lode e al suo servizio della comunità come tale e di ciascuno dei suoi membri;

la valorizzazione agli occhi dei Confratelli degli elementi caratteristici della pietà salesiana;

la testimonianza davanti ai fedeli che Dio è il Bene supremo e che tutta la vita dev’essere orientata verso il Suo amore e la Sua gloria nell’esercizio progressivo e continuo delle virtù teologali.

La Liturgia è infatti "l’azione sacra per eccellenza", e nessun’altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l’efficacia.38

Anzi, benché essa "non esaurisca tutta la vita della Chiesa",39 si deve ritenere realmente come il "culmine verso cui tende l’azione della Chiesa, ed insieme la fonte da cui promana tutta la sua virtù"40 e l’efficacia soprannaturale dell’apostolato.

Nelle celebrazioni liturgiche il Salesiano vive in pienezza il mistero di Cristo e della Chiesa; lo manifesta più chiaramente al mondo, anticipa, pregustandola, la gioia della Liturgia Celeste.41

Il Capitolo Generale XIX, perché la pietà salesiana sia vitale ed autentica, propone tre orientamenti pratici, secondo i quali essa deve essere fedele

alla lettera ed allo spirito della riforma liturgica della Chiesa,

alle caratteristiche essenziali della pietà salesiana,

alle aspirazioni legittime e nuove dell’uomo contemporaneo.

La fedeltà alla Costituzione Liturgica esige che venga riconosciuta alle azioni liturgiche una dignità superiore a quella dei "pii esercizi", anche venerandi.

La valorizzazione della Liturgia non intacca l’importanza dei "pii esercizi",42 che rivestono, in rapporto agli atti liturgici, un valore di preparazione e ringraziamento.43 Essi devono, infatti, accendere e mantenere quello spirito di pietà e di fervore, senza del quale gli atti liturgici potrebbero degenerare in vuote esteriorità.

La fedeltà ai valori della pietà salesiana esige che vengano accuratamente conservati e debitamente valorizzati gli elementi essenziali della nostra spiritualità, e cioè:

il suo contenuto sacramentale (SS. Eucaristia, Confessione), mariano, ecclesiale (devozione al Papa, alla Chiesa);

i suoi esercizi tradizionali (santo Rosario, Visita al SS. Sacramento, ecc.);

le sue forme (semplicità, spontaneità, dignità, letizia interiore, ecc.).

La fedeltà alle aspirazioni dell’uomo di oggi esige che nelle manifestazioni della vita religiosa si mostri sobrietà e autenticità, adesione interiore alle realtà soprannaturali della liturgia più che semplice esteriorità, rifiuto delle facili improvvisazioni, primato della qualità sulla quantità.

Il Capitolo Generale XIX invita i Confratelli a dare la giusta importanza, secondo le esigenze della liturgia, ai vari atti della vita di pietà, in modo che abbiano il primo posto i momenti liturgici comunitari al vertice dei quali viene la Santa Messa; poi i momenti comunitari extraliturgici, per esempio la meditazione, la lettura spirituale, ecc.; infine i momenti puramente personali, per esempio la visita al SS. Sacramento, ecc.


Deliberazioni

1. E' istituita alle dipendenza del Direttore Spirituale Generale una "Commissione di Esperti" per i problemi della "Vita liturgica e di pietà" dell’intera Congregazione. Analoga Commissione verrà istituita in ogni gruppo di ispettorie alle dipendenze dei Superiori competenti.

2. Salva l’unità sostanziale delle Pratiche di Pietà, le Commissioni Ispettoriali, d’intesa con i Superiori Maggiori, potranno introdurre quelle modifiche e temperamenti richiesti sia dai rispettivi Vescovi sia da particolari esigenze locali.

3. Il capo II dei Regolamenti rechi il titolo: Della Vita Liturgica e delle Pratiche di Pietà.

Le modifiche apportate al suddetto capo sono redatte nel documento del Capitolo Generale "Costituzioni e Regolamenti".


PRATICHE SPECIALI PER LE CASE DI FORMAZIONE


NEGLI ASPIRANTATI. Funzione vespertina quotidiana, con durata di circa 15 minuti; questa potrà essere il Rosario in comune, la Benedizione, ecc.

NEI NOVIZIATI. Benedizione Eucaristica tutti i giorni. Breve visita al SS. Sacramento prima del pranzo.

NEGLI STUDENTATI. Il Vespro o il Rosario in comune potranno sostituire talvolta la Benedizione quotidiana. La Celebrazione della Parola può sostituire la Lettura e la Benedizione.

Una Commissione alle dipendenze del Direttore Spirituale Generale redigerà il nuovo Manuale di Pietà per i Salesiani. Le proposte formulate in materia per detta Commissione sono già in mano del Direttore Spirituale Generale.


VIII.- DIREZIONE SPIRITUALE DEI CONFRATELLI


Princìpi normativi

tenuto conto:

del comune desiderio della Congregazione - come documentano le proposte dei Capitoli Ispettoriali e di singoli Confratelli - di essere efficacemente guidati nelle vie dello spirito;

della mancanza di vera direzione spirituale in cui sono lasciati spesso i Confratelli;

della grave confusione di idee che è all’origine di non poche deviazioni pratiche;

dell’attesa che vi è in Congregazione di orientamenti precisi in una materia così fluida e incerta;


il Capitolo Generale XIX riafferma solennemente la dottrina relativa alla funzione del Direttore Salesiano secondo il Diritto Canonico, le Costituzioni e la tradizione salesiana.


1. Il Direttore Salesiano, per il fatto di appartenere a una Religione clericale esente e in virtù del nostro diritto particolare, assomma nella sua persona le qualifiche di

Superiore della Casa;44

Prefetto o Maestro di spirito per il personale in formazione;45

Padre Spirituale o Direttore di coscienza proposto ai Confratelli.46

2. Superiore. Nella sua qualifica di Superiore, il direttore "governa", a norma delle Costituzioni e delle leggi della Chiesa, la Casa "tanto nelle cose spirituali che scolastiche e materiali";47 è Maestro autorizzato di vita spirituale; promuove l’osservanza delle Costituzioni e dei Regolamenti; è custode della vivente tradizione salesiana; riceve, ogni mese, il Rendiconto; imparte, in una parola, la direzione spirituale di foro esterno alla propria Comunità e ai singoli Confratelli.

3. Prefetto o Maestro di spirito. Oltre i compiti di cui all’articolo precedente e in armonia con essi, il Direttore è anche Maestro di spirito per il personale in formazione: aspiranti, chierici degli Studentati di filosofia e di teologia, tirocinanti, coadiutori del Magistero, sacerdoti fino al termine del corso di pastorale.48

E' pertanto l’immediato e diretto responsabile - alle dipendenze dei Superiori - dell’andamento formativo della Casa di Studentato e di Magistero.

4. Padre Spirituale. Secondo l’esempio di Don Bosco e in linea con la tradizione salesiana il Direttore è sempre, anche, il Direttore Spirituale nato della Comunità, benché sia soltanto proposto e non imposto ai singoli Confratelli.

Questi, "benché non vi siano tenuti",49 possono spontaneamente e liberamente rivolgersi a lui per la guida intima della loro anima.50

La manifestazione di coscienza al proprio Direttore - e la conseguente direzione spirituale - resta però sempre, come ogni fatto di coscienza, un atto libero, che il Direttore, a norma del Canone 530, 1, non può in alcun modo esigere.

5. Nella sua funzione di Padre Spirituale il Direttore sarà aiutato efficacemente da uno o più Confessori, i quali, senza perder di vista la direzione impartita dal Direttore, procureranno di dare ai penitenti un continuato indirizzo formativo. I Confratelli poi sono sempre liberi di conferire in luogo adatto con il proprio Confessore, anche fuori del confessionale, a scopo di vera direzione spirituale.

6. Se un Confratello domandasse uno speciale Confessore o Direttore Spirituale, il Superiore lo conceda facilmente. 51

7. Salva la prescrizione del canone 519 circa la possibilità di ricorrere al Confessore occasionale - che s’intende estesa anche ai Novizi - i Sacerdoti che non sono Confessori designati non possono diventare Confessori abituali dei Confratelli, se non su designazione del Superiore.

8. A norma delle Costituzioni vi sono dunque, nella Congregazione, due gradi o forme di Direzione Spirituale: una di "foro esterno", riservata in misura eminente al Rettor Maggiore, al Catechista Generale, all’Ispettore52 e al Direttore di ogni Casa; l’altra di "foro interno", esercitata a richiesta dei Confratelli o dal Direttore o dal Confessore o da altro Sacerdote, su licenza del superiore.53

9. E' desiderio vivissimo della Chiesa - Ecclesia cupientissimo animo desiderat54 - che tutti i Religiosi i quali si trovano ancora nel periodo della formazione ricorrano, anche per la Direzione di foro interno, al proprio Superiore o Maestro di Spirito, che per noi è il Direttore della Casa. Ciò è richiesto per mantenere nella Congregazione l’unità dello spirito e dell’indirizzo formativo.

10. Il Rendiconto prescritto dalla Regola,55 anche se per sé verte esclusivamente su fatti della vita esterna, entra nella normalità e obbligatorietà della vita religiosa - come conseguenza della professione - ed è sempre in se stesso atto di vera direzione spirituale, benché limitato in sé alle cose di foro esterno.

11. L’obbligo del segreto circa le cose udite in Rendiconto è rigorosissimo. Trattandosi di cose intime il Direttore è tenuto a non svelare nulla né direttamente né indirettamente per nessun motivo, in nessun tempo, meno ancora quando si tratti di ammissioni ai Voti oppure agli Ordini.


Il Capitolo generale XIX fa inoltre le seguenti esortazioni:

1. Il Direttore consideri la Direzione Spirituale della Casa e dei Confratelli come il suo principale dovere di stato. Perciò, salve sempre le competenze sul governo generale della Casa,56 egli lasci ai suoi collaboratori, e al suo Vicario in particolare, la cura immediata delle cose scolastiche e materiali. Riservi a sé in primo luogo la cura diretta dei Confratelli, come raccomanda Don Bosco, anteponendo tale compito formativo a quello che ha verso i giovani.

2. Il Direttore dev’essere tutto consacrato a coloro che deve dirigere e non deve assumersi impegni che lo allontanino dal suo ufficio. Deve tenersi libero da ogni altro compito che possa impedire o disturbare la cura spirituale dei Confratelli.57

3. Il Direttore abbia un Ufficio lontano dalla portineria e resti a disposizione dei Confratelli nelle ore più raccolte e comode della giornata.

4. E' nell’intimità del Rendiconto che il Direttore rappresenta e fa rivivere nella forma più alta la tradizione della paternità di Don Bosco. Il Rendiconto sia un intimo trattenimento tutto improntato a dolcezza e affabilità, il mezzo migliore per formare lo spirito e il cuore dei Confratelli.

5. La direzione impartita nel Rendiconto deve essere illuminata, prudente, soprannaturale; e questo specialmente in materia di castità. I Confratelli, nel contatto spirituale con il loro Direttore, debbono sentirsi interiormente liberi, sicuri che è sempre possibile riservare al Sacramento della Confessione la manifestazione della propria coscienza.

6. Il Rendiconto è, nelle mani del Direttore, uno dei mezzi più efficaci per educare i Confratelli alla libertà interiore, alla responsabilità personale davanti a Dio e alla Congregazione.

7. Si faccia uno studio approfondito e sistematico sulla spiritualità salesiana, basata sulle opere di San Francesco di Sales, sugli scritti e sul metodo di Don Bosco, definendone le caratteristiche.

Si raccolgano le esperienze, gli esempi ed eventuali scritti dei primi Salesiani, che si possono considerare come i Padri della Congregazione.

Alla luce di tali studi si preparino specialmente i Confessori, i Direttori e Catechisti.

8. Si metta il massimo impegno nella scelta di abili e sperimentati Confessori che devono essere Sacerdoti eccellenti per virtù, prudenza e dottrina. E' consiglio e monito di Don Bosco di sceglierli tra i più istruiti ed esperti, perché quello della confessione è il più delicato dei ministeri sacerdotali.58


ELEMENTI DI GIUSTIFICAZIONE DOTTRINALE


Fra i punti di dottrina che giustificano e fondano i princìpi enunciati il Capitolo Generale XIX si limita a richiamare l’attenzione sulla importanza pratica della distinzione tra direzione spirituale di foro interno e direzione spirituale di foro esterno.

a) Direzione spirituale di foro esterno. E' il governo spirituale della Casa esercitata dal Direttore, a norma delle Costituzioni e dei Regolamenti, rivolto sia al bene spirituale della Comunità in quanto tale, sia al perfezionamento dei membri che la compongono.

Mezzi che la Regola offre a questo fine al Direttore salesiano sono soprattutto: l’esercizio dell’autorità paterna, la disciplina amorevole, le conferenze mensili, le "Buone notti", le esortazioni pubbliche e private, i rendiconti, ecc.

Come si vede la direzione esterna raggiunge i Confratelli dal di fuori, con i mezzi ordinari della disciplina esterna. Ma è dovere del Superiore operare efficacemente, affinché la disciplina esterna si trasformi in disciplina interiore, cioè in libera e consapevole adesione dello spirito.

b) La direzione di foro interno. Essa è la direzione "personale", "intima", e può essere svolta in forma sacramentale o extrasacramentale. E' la scienza e l’arte di applicare i princìpi e le leggi della vita spirituale alle anime che spontaneamente e liberamente rivelano i loro segreti a un maestro esercitato per essere guidate e sorrette nella via della propria perfezione.

L’azione direttiva, che è sempre opera di illuminazione (dottrina) e sapiente pedagogia soprannaturale (sostegno della volontà, guida), mira direttamente al bene spirituale della persona interessata e solo indirettamente a quello della Comunità.

Un punto da non perder di vista tutte le volte che si parla di direzione spirituale è quello della sua morale necessità; concetto che non si può assumere né in senso assoluto, né in senso univoco.

Altra infatti è la necessità della direzione di foro esterno e altra è quella di foro interno.

La direzione di foro esterno è sempre necessaria a tutti i livelli e per tutta la durata della vita religiosa. Il Religioso deve seguire con tutta l’anima le direttive del legittimo superiore e farle sue; è la conseguenza logica della sua consacrazione a Dio e del voto di obbedienza in particolare.

La necessità della direzione di foro interno è invece un fattore molto variabile. Va da un massimo di necessità morale nel periodo della formazione - dall’aspirantato ai primi anni del sacerdozio - a un minimo nell’età matura.

I principianti e quanti non sono ancora giunti alla piena stabilità della vita spirituale avranno necessariamente contatti più frequenti con il loro Padre spirituale.

I Religiosi adulti invece, già lungamente esercitati, si guideranno nella generalità dei casi da soli.

"I Religiosi maturi che vivono secondo le Regole del proprio Istituto e gli ordini superiori, non hanno bisogno di uno speciale Direttore spirituale" (L. HERTLING, S.J.).

Scopo finale della direzione è infatti, come quello della educazione di aiutar l’anima a farne a meno, a condursi cioè da sola.


IX.- APOSTOLATO GIOVANILE


CAPO PRIMO


Premesse generali

La Congregazione Salesiana partecipa alla missione della Chiesa soprattutto con la sua azione educativa a favore della gioventù e del popolo, nello spirito del suo Fondatore e secondo le esigenze dei tempi e dei luoghi.

La fedeltà agli esempi di Don Bosco comporta una destinazione preferenziale dell’azione educativa salesiana alla cura della "gioventù povera e abbandonata" e "moralmente pericolante", al fine della sua integrale formazione, umana e cristiana, e anche per favorirne la possibile vocazione sacerdotale e religiosa.

L’azione educativa della Congregazione Salesiana, perché risulti efficace anche per la formazione dei suo Soci, deve:

ispirarsi profondamente alle direttive pastorali della Chiesa, specialmente a quelle emanate dal Concilio Vaticano II, in particolare per ciò che riguarda la pastorale giovanile e le istituzioni di azione missionaria;

mantenersi fedele allo spirito e alle direttive fondamentali del sistema educativo di Don Bosco e insieme utilizzare con equilibrio ogni apporto valido delle scienze pastorali, pedagogiche e sociologiche;

collegarsi organicamente con tutta l’azione educativo-pastorale della Chiesa e inoltre coordinare con prudenza le proprie iniziative, con quelle di tutti gli organismi educativi locali, anche per offrire ad essi il contributo dell’esperienza educativa salesiana;

promuovere studi ed esperienze tendenti ad individuare con sufficiente precisione e tempestività i problemi, le esigenze e le attese della gioventù nei suoi vari ambienti di vita e secondo le diverse condizioni storiche e sociali: sarà così resa possibile una vera, se pur non rigida, programmazione delle istituzioni e delle attività salesiane a livello ispettoriale, nazionale e, nei limiti del possibile, internazionale.

Per orientare l’azione educativa salesiana, si propongono i seguenti elementi di diagnosi della situazione:

Il problema della gioventù si presenta vario e complesso nei diversi Paesi. In larghe zone ove si svolge l’opera salesiana esso è anche problema di povertà materiale, di carenza scolastica e ricreativa, di insufficiente qualificazione professionale, oltre che di crisi morale e religiosa. Altrove invece, e soprattutto in Paesi fortemente sviluppati, esso si presenta prevalentemente o esclusivamente come problema di sconcerto ideologico, di abbandono morale e di depressione religiosa, per cui si può legittimamente parlare di "gioventù abbandonata e pericolante" nel senso inteso da Don Bosco.

Tutte le età, classi e condizioni di giovani sono fortemente segnate dai fattori negativi che agiscono nelle differenti situazioni. Ma forse è soprattutto nei giovani di età superiore ai 14-15 anni delle classi popolari che appare più evidente la pressione delle forze di influsso sociale (e specialmente dei mezzi di comunicazione di massa), il conseguente abbandono morale e quindi il bisogno di assistenza sotto le diverse forme.

Inoltre, in proporzioni sempre più vaste, tra i giovani dai 15 ai 25 anni sembra determinarsi una propria coscienza di diritti e doveri, che tende a costituirli in una "società giovanile" differenziata da quella degli adulti (Paolo VI). Tale coscienza si esprime nella richiesta di rispetto della propria personalità in sviluppo, di assunzione di responsabilità, di libera organizzazione della propria vita in gruppi retti con stile democratico, ecc.

Nel periodo di transizione, che stanno attraversando nella maggior parte dei Paesi le istituzioni educative, resta necessaria un’azione di supplenza sul piano educativo, culturale (specialmente nelle scuole professionali e tecniche), ricreativo, un’azione di assistenza materiale, soprattutto per la massa degli apprendisti, studenti, universitari, "emigrati" nelle grandi città, in seguito alla crescente espansione demografica, industriale e scolastica.

Mentre poi la vita dei giovani integrati nella famiglia si svolge in una determinata zona geografica e sociale, servita da unità religiose parrocchiali e interparrocchiali, nel contempo numerosi altri ambienti (di scuola, di lavoro, di associazione, ecc.) tendono a servirli e ad accaparrarli.

Infine è vivamente avvertita oggi l’insufficienza di una educazione che abiliti il giovane soltanto a vivere nell’ambiente della famiglia e di pochi gruppi ristretti; mentre è fortemente sentita l’esigenza che egli venga aperto alla vita e alla collaborazione nei sempre più ampi e numerosi rapporti degli ambienti extrafamiliari, con spirito ecumenico, ma insieme con capacità critica e di difesa della propria personalità cristiana.


Deliberazioni

Ciò premesso, il Capitolo Generale delibera:

1. Si rivolgano cure specialissime all’opera "primordiale" dell’Oratorio, opportunamente aggiornata e ridimensionata nel nome e nella struttura, perché riesca ad attrarre e servire il maggior numero di giovani, con varietà di istituzioni (centri giovanili, clubs, associazioni varie, corsi, scuole serali...) collegate e inserite organicamente, dove è possibile, nella vita di comunità parrocchiali o di esternati.

2. Si studino le situazioni dei tempi e dei luoghi riducendo le opere apostolicamente meno utili o valide per dedicarsi a quelle, specialmente giovanili, che si dimostrano più necessarie; pur senza abbandonare la scuola per preadolescenti, là dove essa è ancora necessaria o dove sia possibile mantenere la continuità educativa di tutto il ciclo secondario, o dove ne abbisogniamo per alimentare le nostre scuole superiori, o negli Aspirantati, ci si rivolga specialmente ai più grandi con scuole di ogni tipo, non solo classiche, ma soprattutto professionali e tecniche.

3. In caso di accettazione di Parrocchie si preferiscano quelle grandi delle periferie urbane (le più popolari), rivolte a una cura esemplare della comunità giovanile (possibilmente di tutta una zona sociale), con la preoccupazione di una "pastorale d’insieme", e con spirito missionario rispetto al mondo dei "lontani".

4. Si promuovano, con prudente considerazione delle condizioni ed esigenze locali, pensionati per studenti, universitari, e soprattutto per apprendisti e giovani lavoratori, a struttura aperta, e con finalità chiaramente educative.

5. Nel vasto campo di opere per la salvezza della gioventù,59 considerate le circostanze locali e la disponibilità di personale qualificato, assicurato lo sviluppo armonico delle nostre attività, nell’ambito della obbedienza religiosa, la Congregazione potrà anche destinare alcuni Confratelli ad eventuali compiti d’insegnamento religioso e di assistenza spirituale a favore della gioventù operaia e studentesca, anche nelle scuole pubbliche, e ad altre opere di servizio giovanile.

6. Alle condizioni di cui all’articolo precedente, con i fine di estendere la sua azione pedagogica, la Congregazione potrà anche cooperare a favorire vocazioni educative ed offrire assistenza alle associazioni cattoliche di educatori, insegnanti, psicologi, ecc.

7. Si creino centri permanenti di ricerca, di consulenza, di studio, a livello centrale e periferico, collegati con il P.A.S., per rilevazioni e iniziative in campo giovanile, cui contribuisca anche l’esperienza dei Confratelli impegnati nel lavoro educativo.


CAPO SECONDO


SCUOLE


Premesse

Tutta la tradizione della Chiesa e l’insegnamento dei Papi sono unanimi nel considerare la scuola come un autentico apostolato.

L’insegnamento di Don Bosco e la tradizione salesiana concordano nel proclamare salesiano l’apostolato della scuola: la scuola non è l’unico apostolato a cui è chiamata la Congregazione Salesiana, ma ne è una delle forme tradizionali e caratteristiche.

Il Capitolo Generale conferma la validità, l’attualità e la necessità della Scuola Cattolica e perciò della Scuola Salesiana.

Questo va affermato per ridare fiducia e riportare responsabilità tra i Confratelli che debbono svolgere un’attività in questo importante e vasto settore dell’apostolato salesiano.

Perché la nostra scuola sia quell’apostolato cattolico e salesiano, che solo la giustifica, si richiedono queste condizioni:

sia di ispirazione integralmente cristiana (accettazioni, programmi, insegnamento, ecc.);

goda di alto prestigio scolastico e si imponga come una scuola di avanguardia sia sul piano didattico che su quello organizzativo;

non istruisca solo, ma educhi ed educhi cristianamente; essa deve mostrarsi apostolicamente efficace, sia portando a una vita morale e religiosa coerente i "sottosviluppati morali", provenienti da ambienti e da famiglie laiche o scristianizzate, sia formando una élite di cristiani capaci di far sentire la loro presenza apostolica nel mondo.

Se da un attento esame della situazione, condotto con serietà di indagini, risultasse che qualche nostra Scuola non corrisponda a queste esigenze, sarà nostro dovere verso la Chiesa e la Congregazione prendere decisioni coraggiose, o dando mano ai mezzi necessari perché essa si adegui, o cambiando il suo indirizzo, o chiudendola, se è proprio necessario.


Deliberazioni

1. Si riafferma l’ispirazione integralmente cristiana della nostra scuola che deve essere permeata nei programmi, nei testi e nel metodo, di valori cristiani e deve concorrere profondamente alla maturazione morale, religiosa e apostolica dei giovani, salvo il rispetto della sensibilità degli educanti non cristiani.

2. Poiché la Congregazione ha per oggetto della sua azione educativa la gioventù in generale, e come fine specifico l’esercitare ogni opera di carità spirituale e corporale verso i "più poveri e abbandonati",60 gli Ispettori studino quali siano nelle loro Ispettorie i giovani che più concretamente corrispondono a questo orientamento della Congregazione, con vera preoccupazione di assistenza e beneficienza ai più bisognosi.

3. Senza personale qualificato non ci si può aspettare efficienza né scolastica né apostolica. E' indispensabile che tutti riconoscano la necessità di conseguire i titoli di studio richiesti e che perciò si dia ai Confratelli una vera possibilità di conseguirli.61

La qualificazione professionale dell’insegnante salesiano comporta anche una preparazione didattica e pedagogica, che solo corsi specifici e sistematici, durante gli anni di formazione, potranno assicurare.

E' ancor più necessario che nel periodo di formazione si faccia acquistare ai giovani Confratelli una chiara comprensione della natura essenzialmente pastorale dell’insegnamento e dei mezzi con cui esso deve essere utilizzato in funzione educativa ed apostolica.

4. A seconda dell’ambiente e dello scopo della scuola si operi una prudente scelta degli alunni. Dove si mira a una élite, specie nei corsi superiori, si cerchi di avere giovani che possano essere formati a questo scopo, favorendo comunque i più dotati di classe popolare.

5. Affinché la scuola salesiana sia veramente educativa, abbia anche attività parascolastiche che la completino: dopo-scuola, associazioni varie, attività artistiche, culturali e ricreative, ecc. L’organizzazione del tempo libero è ormai parte integrante dell’educazione. Venga studiato il contenuto e l’organizzazione di tali attività e si prepari il nostro personale a realizzarlo in modo educativamente produttivo.

6. In ottemperanza all’invito della Chiesa a valorizzare il contributo dei laici all’azione apostolica, si potrà ricorrere a personale esterno, purché sia ben selezionato, scelto possibilmente tra i Cooperatori, gli Exallievi o fra i migliori del laicato cattolico, seguito pedagogicamente e spiritualmente, e debitamente retribuito. Si riservino però sempre per i Salesiani i posti chiave che hanno importanza formativa, e specialmente l’assistenza educativa.

7. Fermi restando i princìpi del nostro metodo educativo e le norme generali qui indicate, gli Ispettori con il loro Consiglio ne curino l’applicazione più conveniente al sistema scolastico dei diversi luoghi, sempre però d’intesa con i Consigliere Incaricato.

8. La collaborazione educativa tra scuola e famiglia è non solo vantaggiosa, ma necessaria, in quanto la famiglia ha per natura la priorità nell’educazione dei figli; essa va incoraggiata anche con l’istituzione di associazioni tra genitori ed educatori salesiani.

9. Si valorizzi il nostro istituto Superiore di Pedagogia e si preparino in esso Confratelli che possano dirigere Centri Scolastici Salesiani Ispettoriali, per portare e mantenere al livello dovuto tutte le nostre Scuole.


CONVITTI


Premessa

Si conferma la validità e la necessità del Convitto come mezzo di educazione, purché sia aperto a giovani moralmente e intellettualmente suscettibili di azione formativa.


Deliberazioni

Quindi il Capitolo Generale XIX delibera quanto segue:

1. La vita del Convitto sia ispirata ai grandi princìpi del sistema educativo di Don Bosco: ragione, religione, amorevolezza.

2. Si miri ad avere possibilmente un elemento omogeneo per età e per ordine di scuola.

3. Il numero degli allievi sia limitato, in modo da consentire un lavoro personale in clima di vera famiglia.

4. Nella disciplina, nei divertimenti e nella vita religiosa non si seguano gli stessi criteri per i giovani di diversa età e condizione. La Conferenza degli Ispettori determinerà gli opportuni adeguamenti secondo le esigenze locali.

5. Si riconosce la necessità di non togliere ai giovani convittori il vantaggio di un contatto con la vita sociale e specialmente con le famiglie, salvo casi particolari. Nei giorni festivi sia concesso agli alunni di passare con i genitori alcun tempo anche fuori della Casa Salesiana. Le norme a tale riguardo saranno date dalla Conferenza degli Ispettori.

6. Il Collegio non solo deve proteggere il giovane, ma ancora più deve formarlo interiormente ad assumere le future responsabilità familiari e sociali, con animo forte e cristianamente illuminato. La disciplina deve esservi; essa però non è tutto, ma solo un mezzo per il buon andamento dell’Istituzione e per la formazione di un carattere virile e responsabile.

Nello spirito di una autentica assistenza salesiana si cerchi la collaborazione del giovane; nei limiti delle possibilità dell’ambiente collegiale e tenendo conto dell’età, gli si conceda una sana possibilità d’iniziativa. Si equilibri pertanto il sistema disciplinare in modo che, salve le esigenze dell’ordine, i giovani possano esercitarsi nell’uso della libertà e della responsabilità e siano educati ad acquistare una graduale capacità di giudizio, specialmente nell’attivismo delle Compagnie e dei Circoli giovanili.

7. Si abbiano particolari cure per i giovani di carattere difficile,62 affrontando con serietà e comprensione i loro problemi; si allontanino però coloro che si mostrano refrattari alla nostra azione o ne limitano l’efficacia sugli altri. A questo scopo si raccomanda la istituzione di servizi psico-pedagogici nell’ambito della nostra comunità educativa.

8. I criteri da seguirsi nell’edilizia siano adeguati alle esigenze pedagogiche dettate dalla esperienza e dagli orientamenti moderni, senza trascurare le esigenze estetiche ed artistiche.


SEMICONVITTI ED ESTERNATI


Premessa

Gli esternati e i semiconvitti sono oggi una delle forme preferite di educazione e perciò la Congregazione vi deve rivolgere una particolare attenzione, poiché favoriscono una più stretta ed efficace collaborazione con le famiglie e un ambiente più naturale e più disteso. Esternati e semiconvitti, mentre rispondono ai nostri princìpi e alle esigenze del luogo, costituiscono un fermento cristiano nell’ambiente.


Deliberazioni

Perciò il Capitolo Generale XIX delibera quanto segue:

1. Non si istituiscano esternati con la sola scuola, ma si tenda sempre a realizzare attività para-scolastiche, che sono indispensabili per una completa opera educativa. Il semiconvitto è una formula di educazione preferibile a quella dell’esternato.

2. Si avviino i nostri giovani esterni e semiconvittori a partecipare attivamente alla vita della loro comunità parrocchiale.

3. Le scuole serali sono di grande attualità e non vanno considerate come attività marginali di altre opere. Si diano pertanto ad esse attrezzature e personale adeguato.


CAPO TERZO


PENSIONATI


Premesse

Due situazioni sociali nuove sembrano sottolineare l’attualità, anzi la necessità dell’opera dei Pensionati:

il fatto tipicamente attuale, e ancora in fase crescente, della "emigrazione interna" per motivi di lavoro e di studio; in mezzo alla massa d’"immigrati interni", si nota la prevalenza giovanile. La deficienza di sistemazione per vitto e alloggio crea il grave inconveniente di pensioni più o meno legali, in mano a speculatori o a interessate organizzazioni sociali, con evidenti pericoli per la vita morale e religiosa dei giovani ospiti;

il fatto altrettanto tipico dei cosiddetti "movimenti pendolari": ogni giorno dalla campagna e dai centri minori si spostano verso la città rilevanti masse di popolazione, e quindi di giovani, verso i centri di lavoro e di scuola. I viaggi quotidiani presentano gravi situazioni di usura fisica, ideologica (propaganda), morale (promiscuità, volgarità...) e religiosa.

Fra i tanti giovani che vengono a trovarsi in queste condizioni ci sono non pochi Exallievi; per questi l’opera del Pensionato è un completamento della nostra opera educativa.

I Pensionati offrono quindi notevoli vantaggi assolvendo una molteplice funzione:

sociale, venendo incontro a uno dei più gravi problemi attuali in campo giovanile;

familiare, in sussidio di tante famiglie obbligate ad inviare i figli ai centri di studio e di lavoro;

morale-religiosa, per preservare quei giovani dai pericoli ideologici, morali e quindi religiosi, che incontrano se abbandonati a se stessi, e prepararli a un inserimento attivo e cosciente negli ambienti di scuola e di lavoro e poi nella società con senso cristiano, anzi apostolico. Questo comporterà una stretta collaborazione con le famiglie, la scuola e l’azienda.

Le categorie particolarmente bisognose di questa forma di assistenza e di educazione sono studenti di scuole medie e superiori, universitari, apprendisti e giovani lavoratori.

Offrire a tutti questi giovani una possibilità di essere accolti in ambiente a chiaro scopo educativo è opera decisamente benefica, come già sembra risultare da esperienze in corso nella Congregazione.

Le forme di attuazione del Pensionato dipenderanno dalle condizioni e dalle esigenze dei luoghi e delle età. Dove non è possibile un Pensionato, risulta sovente utilissimo organizzare, anche presso Oratori e Parrocchie, almeno un Centro Universitario, studentesco ed operaio, e "Foyers", per farvi affluire i giovani, soprattutto Exallievi, a scopo formativo, assistenziale e ricreativo.

I Pensionati consentono altresì un continuo dialogo tra educatori ed educandi sui gravi problemi della società attuale riflessi negli ambienti di studio e di lavoro dei nostri giovani pensionanti.


Deliberazioni

Date queste premesse, il Capitolo Generale XIX delibera quanto segue:

1. Si aprano Pensionati col solo preciso intento di realizzare un’Opera di vera formazione morale, religiosa, sociale e apostolica. Essi non possono e non debbono limitarsi al solo fatto della ospitalità.

2. Si assicuri, come condizione indispensabile per la serenità dell’ambiente e il suo rendimento educativo, un clima di famiglia, di fraternità e di amicizia, di ragionevole e responsabile autonomia.

3. L’omogeneità d’ambiente per età e categoria di giovani è un elemento fondamentale per un lavoro apostolico effettivo nei Pensionati.

4. La scelta dei giovani sia fatta con ragionevole prudenza e comprensione.

5. Spetta all’Ispettore, udito il Direttore, fissare le direttive opportune, secondo le esigenze locali, per il buon andamento dei Pensionati.

6. Si promuova nello spirito di Don Bosco, una sana collaborazione con i giovani, nell’organizzare la vita del Pensionato nelle sue varie attività di natura religiosa, culturale, ricreativa e assistenziale.

7. Si favoriscano i Circoli e le Associazioni come mezzo di formazione e d’inserimento nelle attività parrocchiali e nei movimenti cattolici.

8. Con sana e intelligente apertura, secondo l’età e il tipo dei pensionanti, si utilizzino a scopo educativo gli strumenti di comunicazione sociale, la lettura e la stampa periodica, la partecipazione a incontri e manifestazioni d’interesse formativo, culturale e sociale.

9. Il personale sia scelto, preparato per una vera azione educativa e per l’assistenza spirituale ai giovani ospiti, specialmente per quelli più culturalmente impegnati.

In un’opera così favorevole alla formazione dei laici cristiani, i Coadiutori salesiani e i laici qualificati (Cooperatori, Exallievi, ecc.) possono essere collaboratori preziosi dei sacerdoti. Nei Pensionati può essere molto efficace la presenza dei nostri Confratelli universitari.


X.- SCUOLE PROFESSIONALI


Il Capitolo Generale XIX presenta il testo della Relazione sulle Scuole Professionali preparato dalla apposita Commissione. Tale Relazione fu discussa in aula e furono votate alcune deliberazioni che risultano dal documento stesso. Tutto il testo nel suo complesso è presentato dal Capitolo Generale con viva raccomandazione che serva, nei suoi princìpi generali, come guida alle Conferenze Ispettoriali per la formulazione dei programmi nelle singole Nazioni.


CAPO PRIMO


LA CURA DEI GIOVANI LAVORATORI NELL'AZIONE DI SAN GIOVANNI BOSCO, NELLE DIRETTIVE DELLA CHIESA E NELLE ESIGENZE DELLA SOCIETA' ODIERNA


L’ORATORIO

L’analisi degli articoli 1, 3, 4, 5 delle Costituzioni, alla luce di ciò che San Giovanni Bosco praticò, indica chiaramente che egli ha posto in primo piano "ogni opera di carità spirituale e corporale verso i giovani, specialmente i più poveri",63 avendo "di mira non solo l’istruzione, ma anche di abilitarli a guadagnarsi onestamente il pane".64

"La prima delle opere di carità verso i giovani", cioè "gli oratori festivi e possibilmente anche quotidiani", fu da San Giovanni Bosco sin dagli inizi realizzata come una complessa "casa del giovane", nella quale la gioventù del luogo, e specialmente "i giovanetti più poveri ed abbandonati",65 quelli cioè che versavano nel maggior bisogno, corporale e spirituale e non erano da altri curati, trovavano, oltre all’istruzione e alla pratica religiosa, quel complesso di iniziative che i mezzi e i tempi consentivano a San Giovanni Bosco: scuole diurne e serali, canti, musica, teatrino, giuochi vari, iniziazione alla socialità, ecc.66 (cfr. i primi inizi dell’Oratorio 1841-44; la sua costituzione 1844-46, e la sua affermazione, 1846-54, nelle Memorie dell’Oratorio).


L’OSPIZIO-PENSIONATO PER GIOVANI LAVORATORI

Siccome però nella Torino del tempo, oltre alla miseria di molti giovani del luogo, si aggiungeva quella di tanti immigrati in cerca di pane e lavoro, avveniva spesso anche a San Giovanni Bosco d’incontrare "dei giovanetti talmente abbandonati che per loro riusciva inutile ogni cura se non erano ricoverati in qualche ospizio, cioè in case nelle quali, con l’aiuto della Divina Provvidenza, venisse loro somministrato ricovero, vitto e vestito".67

Ed è appunto a questi giovani che, sull’esempio di San Giovanni Bosco e della prima tradizione salesiana, si deve offrire, oltre l’istruzione, quanto occorre per l’apprendimento di un mestiere;68 senza trascurare peraltro coloro che possono e desiderano compiere gli studi, in vista soprattutto della vocazione ecclesiastica.69

Ha avuto così origine la seconda "opera di carità verso i giovani" che l’articolo 3 definisce "Ospizi con scuole professionali ed agricole". A tale riguardo sembra meritevole di rilievo il fatto che mentre a tutti veniva assicurata da San Giovanni Bosco nel suo "Ospizio" l’assistenza nelle forme varie che già allora poteva offrire l’ambiente dell’Oratorio, per un certo numero di essi la Casa costituiva un vero e proprio pensionato, dal quale i giovani quotidianamente si trasferivano in città per i vari mestieri. Con i progredire degli anni si andarono via via sviluppando per gli altri i Laboratori-Scuole, allestiti nella Casa stessa.70

Da questi fatti a tutti noti e dalla loro codificazione nelle Regole, risulta chiaro l’orientamento che portò San Giovanni Bosco ad occuparsi primariamente dei giovani che oggi chiameremmo apprendisti.


LA PREPARAZIONE CRISTIANA E PROFESSIONALE PER LA VITA

In questa istituzione concepita ed attuata da San Giovanni Bosco per provvedere ai giovani che si avviavano all’attività di lavoratori merita particolare rilievo una caratteristica senz’altro provvidenziale: la completezza.

San Giovanni Bosco, infatti nella vastità dei suoi intenti apostolici e caritativi e pur nei limiti imposti dall’ambiente e dalla scarsità dei mezzi disponibili, procurò ai giovani oltre alla formazione religiosa, morale, civica e sociale, anche un mestiere appreso in misura tale da renderlo strumento sicuro per provvedere stabilmente alla propria sussistenza.

Ciò avveniva perché, data la relativa stabilità della situazione economica e sociale del tempo, il mestiere appreso garantiva un posto di lavoro permanente per l’intera durata della vita; e questo sia nella condizione di lavoratore dipendente da aziende, sia ancor più nella condizione di artigiano in proprio.


LA CHIESA PER IL POPOLO E PER IL LAVORATORI

Oggi la diffusione in tutto il mondo della Società Salesiana impone ai figli di Don Bosco di attenersi con fedeltà a quanto egli ha fatto e prescritto per l’educazione dei giovani lavoratori; ma impone altresì di adeguare le opere alle esigenze dei tempi e di inquadrarle negli orientamenti nuovi della Chiesa e degli Stati.

La Chiesa, oggi soprattutto, mediante le Encicliche Mater ed Magistra e Pacem in terris di Giovanni XXIII, l’Enciclica Ecclesiam Suam di Paolo VI, e seguendo lo spirito e le direttive del Concilio Vaticano II, va riaffermandosi solennemente come Ecclesia pauperum, e va proclamando ai fedeli e al mondo intero queste inderogabili esigenze: di prestare aiuto e assistenza anzitutto alle categorie sociali più bisognose e alle popolazioni meno provviste di beni; di sostenerle validamente nel superare le seduzioni delle ideologie perniciose laicistiche, materialistiche ed atee; di provvedere alla formazione integrale dei lavoratori, sul piano religioso-morale, culturale, tecnico-professionale, civico-sociale; di prepararli all’apostolato di ambiente così essenziale per il ripristino di un sano costume cristiano.


LA FORMAZIONE ODIERNA DEL LAVORATORE

E' un segno promettente dei tempi il fatto che nel dettare norme per la formazione dei giovani lavoratori, competenti sedi internazionali - quale l’UNESCO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Comunità economica Europea - si vadano sempre più allineando con la dottrina della Chiesa. Nei loro documenti ufficiali infatti esse insistono sul valore primordiale della maturazione della intera personalità del futuro lavoratore; sulla necessità di una cultura generale, scientifica, tecnologica e professionale; sull’acquisizione di una sicura abilità esecutiva mediante tirocinio di lavoro didatticamente guidato; su una preparazione giovanile così ampia e polivalente che consenta in seguito l’adattamento a nuove tecniche e l'ascesa a posti più alti di responsabilità, fino alla carriera degli studi per i più capaci; sulla urgenza di un aggiornamento continuo per il progredire della scienza e della tecnica rende sempre più inderogabile.

Un quadro così complesso di esigenze, che la Chiesa e l’odierna società rivelano sempre più imperanti, vincola necessariamente ogni istituzione che voglia, come la Società Salesiana, collaborare all’educazione dei giovani lavoratori, in armonia con i tempi, i luoghi e i popoli tra i quali opera.


CAPO SECONDO

LA FORMAZIONE DEL GIOVANE LAVORATORE NELLA SOCIETA' SALESIANA OGGI


LA RISPONDENZA DELLA FORMAZIONE SALESIANA DEI LAVORATORI ALLE RICHIESTE DEL MONDO ATTUALE

Entro una visuale così attuale e così aperta, si riscoprono in una luce nuova tutti i modi e tutte le forme che San Giovanni Bosco previde e predispose per l’educazione dei giovani lavoratori: pensionati, convitti, semiconvitti, scuole professionali, scuole tecniche, corsi di varia natura e durata; scuole e corsi diurni, serali e stagionali, corsi per apprendisti impegnati presso aziende; iniziative per giovani immigrati.

Gli odierni sbocchi per giovani così preparati consentono ad essi di esercitare la loro professione tanto in proprio quanto in aziende d’ogni tipo e grandezza, siano esse agricole, artigianali o industriali.

A tal fine si esige che ciascun giovane, in base ai suoi stessi diritti-doveri, specie se proviene dal settore della "gioventù povera e abbandonata", sia curato in modo tale che egli possa percorrere con frutto tutti gli anni dell’istruzione obbligatoria per legge e possa raggiungere il possesso di quella professione che corrisponda alle sue attitudini, inclinazioni e preferenze.

Il fatto che il giovane sia privo di mezzi deve costituire titolo preferenziale per la sua accettazione, e non deve affatto pregiudicare alcune delle sue possibilità di sviluppo e di ascesa, sia verso la professione, sia verso gli studi universitari o ecclesiastici.

Sembra indubbio che l’esempio e l’incitamento di San Giovanni Bosco, conducano soprattutto oggi ad asserire in via di massima che ogni Casa Salesiana debba cercar di compiere quanto le condizioni permettono a favore dei giovani lavoratori, offrendo loro la possibilità di incontri, ritiri, esercizi spirituali, acquisto di stampa, uso di servizi culturali e ricreativi.

Per un simile apostolato occorre sollecitare la cooperazione convergente di Parrocchie e di Oratori, di Associazioni e gruppi giovanili, entro e fuori l’Opera salesiana.

Ma per quanto molteplici siano, o possano domani diventare, le forme delle iniziative a favore dei giovani lavoratori, rimane fermo il principio che esse debbono raggiungere quella completezza a cui le portava, a modo suo e con i mezzi d’allora, San Giovanni Bosco.

Tale completezza esige che si persegua un’educazione dell’intera personalità, nella sua dimensione fisica, culturale, professionale, familiare, civica, sociale, religiosa, morale e apostolica.


PROBLEMI DI ADATTAMENTO AI TEMPI E AI POPOLI

Le trasformazioni sempre più rapide e profonde che con la scienza e la tecnica mutano in continuazione i processi esecutivi di tutti i settori - primario, secondario, terziario - suscitano problemi nuovi che vanno studiati con attenta diagnosi.

E' cosa nota a questo riguardo come il progresso dell’economia vada spostando ovunque la maggior percentuale delle forze di lavoro dalle attività primarie dell’agricoltura, alle secondarie dell’industria e alle terziarie che curano i servizi aziendali e sociali, fra i quali il commercio, i trasporti, la sanità, la contabilità, l’amministrazione, il turismo, ecc.


PROFESSIONI NUOVE

Occorre riesaminare le professioni alle quali preparano le scuole ed i corsi salesiani, tenendo presenti gli sbocchi a cui essi portano i giovani, per eliminare le professioni superate, attrezzarsi per le nuove e per le più favorite sul mercato del lavoro. E' tempo tra l’altro che vengano prese in considerazione le professioni d’impiego negli uffici di contabilità e di amministrazioni; e ciò anche in vista di preparare Confratelli ecclesiastici e laici per simili mansioni, necessarie in ogni Casa salesiana; ricordando inoltre che i Coadiutori addetti ai laboratori-scuola debbono sempre attendere, sia pure in dipendenza del Prefetto, ad attività amministrative e contabili.


OPERE VASTE E COMPLESSE

Uno studio a parte va dedicato a quelle opere che hanno raggiunto dimensioni insolite per il numero degli alunni e la disparità delle scuole e dei corsi. Dimensioni che costringono ad elaborare delle formule nuove e valide per assicurare l’efficienza religiosa della comunità, la sufficienza di personale salesiano idoneo a sostenere responsabilità più vaste e più ardue; per dare alla Casa un’organizzazione amministrativa e didattica che assolva tutti i compiti con snellezza e competenza; per non affidare oltre misura a mani estranee quelle funzioni che è preferibile siano riservate a Confratelli, prime fra tutte quelle che comportano il rapporto educativo continuo con gli alunni.


APERTURA DI NUOVE SCUOLE

Alla luce delle novità rilevate nei precedenti punti vanno riconsiderate le condizioni che si richiedono per l’apertura di nuove Opere professionali, dando la debita importanza alla situazione economica e sociale del luogo e alle probabilità di sbocchi per gli alunni anche a lunga scadenza.

Su questa linea sono da ponderare con maggior circospezione le aperture di scuole per tecnici intermedi, date le loro onerose necessità di personale e di attrezzature, e il loro costo elevato; questo porta ad escluderne i giovani meno abbienti o bisognosi, qualora per essi non provveda stabilmente la pubblica spesa o una sicura beneficienza.


NORMAZIONE LIMITATA ALLE DIRETTIVE DI MASSIMA

tutti i problemi, vecchi e nuovi, vanno valutati in ragione delle situazioni precise, le quali sono così disparate da nazione a nazione e dall’uno all’altro continente, da rendere assai difficili e di dubbia validità le norme che siano troppo particolareggiate. Ciò impone che le direttive che si emanano dal Centro fissino con fermezza i princìpi di fondo, gli orientamenti che promanano da San Giovanni Bosco, dalle Costituzioni e dai Regolamenti e ne vigilino la fedele e corretta applicazione, lasciando poi alle competenti autorità salesiane del luogo la responsabilità di adeguare le opere alle situazioni entro le quali esse debbono agire. A questo proposito, per esempio, si nota che nelle zone in via di sviluppo, i piani internazionali per l’educazione professionale danno la priorità in tali aree a scuole secondarie tecniche e professionali; e ciò per preparare maestri e istruttori pratici da disseminare nelle località più povere ed abbandonate. Si vedano i piani di Sanità per l’America Latina, di Addis Abeba per l’Africa Tropicale, e di Caracee per l’Asia nel volume di Don Sinistrero, Scuola e formazione professionale nel Mondo.


SERVIZIO DI STATISTICA

Lo studio e le deliberazioni concernenti tutta la scala delle opere per i giovani lavoratori mancano di fondamento qualora non abbiano a disposizione i relativi dati statistici, scientificamente reperiti, elaborati e interpretati. Dalle tavole che la Commissione IV ha avuto a sua disposizione, non complete in verità e poco esatte, si possono trarre almeno le considerazioni seguenti:

Nel decennio 1952-62 il numero delle opere professionale è sostanzialmente rimasto identico; sono però quasi scomparsi in alcune regioni professioni tradizionali (sarti, calzolai, falegnami); le scuole agrarie si sono contratte di molto nel numero degli alunni all’infuori dell’America Latina.

Il numero complessivo degli alunni è aumentato nel dodicennio 1951-63 del 132 %; ciò denota che molte opere si sono dilatate nel volume complessivo, o con l’istituzione di nuovi settori professionali, o per l’apertura di scuole tecniche a complemento dei corsi di qualificazione del giovane operaio, o per l’avvio di corsi diurni, serali o stagionali.

Non è proporzionale certo alla dilatazione delle opere l’aumento del personale salesiano impegnato nelle scuole professionali, per cui si nota un forte aumento di personale esterno. Si nasconde qui un grave inconveniente: il limitato personale salesiano di Coadiutori qualificati è portato a svolgere solo più un ruolo di direzione dei settori professionali, abbandonando in tutto o quasi nelle mani di impiegati esterni il rapporto educativo con gli alunni, sia nel laboratorio che nella scuola.

Considerando che il servizio di statistica interessa tutti quanti gli uffici di studio, specialmente al centro, il Capitolo Generale XIX è invitato a preparare al riguardo una proposta per un Servizio Centrale scientificamente organizzato e dotato di personale specializzato.


PREPARAZIONE DI CONFRATELLI ECCLESIASTICI E LAICI

Nella formazione generale di tutti i Salesiani, siano essi ecclesiastici o laici, si cerchi di orientarli verso entrambi i tipi di scuole, quella per studenti e quella per giovani lavoratori.

Nelle Case di formazione e durante i tirocinio si dia ai Chierici ampio modo di conoscere ed apprezzare le scuole professionali.

Venga perseguita tempestivamente anche peri Chierici e i giovani Sacerdoti una specifica preparazione ai compiti da svolgere nelle scuole professionali, selezionando gli idonei e mettendoli in grado di acquisire le abilità e i titoli di studio occorrenti per le varie mansioni.

La preparazione culturale e professionale di tutto il personale addetto alle scuole professionali sia svolta almeno al livello richiesto nelle corrispondenti scuole della nazione in cui si opera.

I Coadiutori destinati ai laboratori-scuola vengano preparati ai compiti educativi e didattici prima ancora che a quelli disciplinari e amministrativi, in modo tale da consentire loro una formazione veramente umana e professionale del giovane, e una collaborazione armonica col personale dirigente ed insegnante della scuola e del laboratorio.


NORME PER IL PERSONALE ESTERNO

Si studi attentamente la posizione del personale esterno assunto nelle nostre scuole professionali. Esso risulta notevolmente in aumento. Già l’articolo 161 dei Regolamenti dettava qualche norma per l’assunzione di insegnanti esterni. Oggi il problema si presenta più grave per la dilatazione delle opere e il numero degli alunni; di qui la necessità per le nostre scuole di ordine tecnico di reperire insegnanti idonei e dotati dei titoli statali necessari.

Si dovranno all’atto dell’assunzione tener presenti i seguenti criteri:

Si offra loro un adeguato trattamento economico e una posizione giuridica nel quadro delle leggi sindacali e in conformità alla dottrina sociale cattolica. Sarà utile altresì studiare la possibilità di un ruolo interno con gli avanzamenti previsti di anzianità e di merito.

Si scelgano gli insegnanti e i tecnici di laboratorio preferibilmente tra i nostri Exallievi. Le cure loro rivolte tendano a farne dei Cooperatori, che vivano con animo apostolico vicino ai Salesiani per l’educazione dei giovani lavoratori.

Fra di essi si auspica la nascita di un movimento di volontariato laico per l’apostolato della scuola.

Si curi la loro preparazione pedagogico-didattica e l’aggiornamento religioso-sociale attraverso corsi appositi, anche a livello interispettoriale.


INDICAZIONI PER L’AZIONE PEDAGOGICA E DIDATTICA

L’azione pedagogica e didattica che per sua natura deve adattarsi agli ambienti ed ai soggetti singoli onde raggiungere una migliore penetrazione ed efficacia formatrice, non consente che si proceda con norme troppo particolari al di là dei grandi princìpi del sistema di San Giovanni Bosco e delle norme vincolanti che ne derivano.

E' parso quindi utile e saggio fare qui alcune raccomandazioni di ordine generale per meglio segnalare fini e mezzi educativi.

a) Servizio di orientamento scolastico-professionale

La Commissione auspica una particolare attenzione dei Superiori in sede centrale, ispettoriale e locale:

sulla necessità di un servizio regolare psico-medico-sociale per chiarire e affiancare costantemente il processo educativo del giovane durante tutta la sua evoluzione;

sull’esigenza basilare che tale servizio si svolga secondo metodi e con mezzi sicuramente scientifici, nel quadro dell’educazione salesiana ed in una consapevole collaborazione con coloro che ad essa attendono in ciascuna Casa, per meglio raggiungere, anche con questo mezzo proficuo e in certi casi obbligatorio per legge, i fini educativi da Don Bosco inculcati, anche a favore delle vocazioni ecclesiastiche e religiose;

sui rischi anche gravi, già verificatisi, derivanti da esami compiuti sui nostri giovani ai fini orientativi da persone estranee all’indirizzo dell’educazione salesiana;

sull’urgenza che si provveda per istituire e far funzionare un simile servizio in sede salesiana e con dirigenti salesiani.

Perciò raccomanda che si provveda:

a preparare in questo campo personale dirigente salesiano, tenendo presente che, data la complessità degli studi e le serie difficoltà per maturare una preparazione che sia di sicuro livello scientifico e insieme conforme allo spirito salesiano, l’istituzione più idonea a tale fine è ritenuta l’Istituto Superiore di Pedagogia del PAS; ad esso pertanto i competenti Superiori potranno indirizzare dei Confratelli forniti dei debiti requisiti, salvo a ricorrere ad altri Centri adeguati, di sicuro orientamento anche ideologico;

a istituire per ciascuna Ispettoria nei debiti modi, prima che si venga costretti ad accettare servizi non nostri, questo servizio psico-medico-sociale di orientamento sotto la direzione salesiana, o almeno ad offrire da parte dell’ispettoria una consulenza idonea a disposizione di ciascuna Casa.


b) Studio internazionale delle esercitazioni didattiche di lavoro per l’apprendimento della professione

La Commissione raccomanda al Consigliere per la Pastorale Giovanile che, in collegamento con la Commissione centrale per l’educazione dei giovani lavoratori, vengano costituiti dei gruppi di studio su base interispettoriale ed anche internazionale, con dei competenti per ciascuna delle professioni più largamente insegnate nei laboratori-scuola salesiani, allo scopo di esaminare i metodi e le progressioni didattiche di lavoro per il migliore e più rapido apprendimento teorico-pratico di ogni singola professione; di ricercarne sperimentalmente i perfezionamenti da introdurre alla luce delle scienze psico-pedagogiche ed in vista della evoluzione costante delle tecniche lavorative; e di offrire periodicamente i risultati raggiunti ai laboratori-scuola interessati, in tutta la Società Salesiana.


c) educazione prolungata dei giovani lavoratori

Per una fruttuosa e diffusa continuità dell’azione formativa salesiana tra i giovani lavoratori è opportuno richiamare gli educatori salesiani a dare particolare solidità ai metodi formativi negli anni di azione diretta, cercando di:

formare delle personalità più istruite nell’autentica dottrina cristiana, più attivamente responsabili di sé e delle proprie opinioni e scelte, adottando piani educativi completi ed attuandoli con un lavoro di più profondo accordo;

moltiplicare i riferimenti, i contatti, le previsioni della vita e dei suoi problemi di ogni genere, sia per i tempi che per le situazioni future, che incontreranno in azienda, nella vita sociale, nella preparazione familiare;

curare l’informazione, l’avviamento, l’inserimento immediato o almeno tempestivo nelle organizzazioni cristiane, apostoliche, culturali, operaie, sindacali, con avvertenza alle garanzie di moralità e di rispetto religioso.

Dopo il tempo della formazione diretta l’azione salesiana deve continuarsi per opera delle Associazioni Cooperatori ed Exallievi, degli Oratori, delle Parrocchie, ecc.

Si ricordano a tal fine alcune iniziative particolarmente efficaci:

pensionati per giovani lavoratori;

corsi serali di qualificazione di cultura ed esercitazioni varie presso gli Istituti e specialmente presso gli Oratori, che troveranno in ciò anche un nuovo efficace mezzo di attrattiva;

centri giovanili di ritrovo, di incontro, di lettura, di attesa degli orari di inizio e di ritorno dal lavoro, ecc.;

attività pastorali nelle aziende, negli organismi e nei centri di assistenza e di tempo libero dei lavoratori;

assistenza estiva e nei periodi di ferie, mediante campeggi, colonie e soggiorni, conferenze e corsi regolari di Esercizi Spirituali, ecc.


UTILIZZAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE DISPONIBILE

Appare di indubbia utilità il raccogliere in un volume, debitamente rielaborata e sistemata, la preziosa documentazione che è stata fornita da varie fonti sul problema dei giovani lavoratori e delle scuole professionali.

CAPO TERZO

PROPOSTE DI DELIBERAZIONI


Le ragioni e i dati sopra esposti inducono a proporre alcune deliberazioni su punti che paiono basilari.


COMMISSIONE PER L’EDUCAZIONE DEI GIOVANI LAVORATORI

In ogni Ispettoria sia istituita alle dipendenze dell’Ispettore una Commissione per l’educazione dei giovani lavoratori con compiti di studio, di documentazione e di consulenza a servizio delle Case, con particolare riguardo alle scuole e ai corsi di formazione professionale e tecnica.

L’Ispettore nomini un Delegato ispettoriale per l’educazione dei giovani lavoratori al quale affidi la responsabilità di curare il funzionamento della Commissione sopraddetta e di mantenere regolari rapporti con le singole Case, per quanto concerne tale educazione.

Venga costituita sotto la presidenza del Consigliere della Pastorale giovanile una Commissione centrale per l’educazione dei giovani lavoratori, la quale provveda allo studio e alla documentazione riguardanti tale educazione in genere ed in specie le scuole ed i corsi per la formazione professionale. Sia costituita dal Consigliere della Pastorale Giovanile assicurando una conveniente rappresentanza territoriale.


COMPITI PEDAGOGICO-DIDATTICI

Nella debita dipendenza dal Direttore della Casa la funzione pedagogico-didattica viene assolta insieme dal Consigliere Professionale, dal preside o Direttore della scuola, ove questo ci sia, dagli insegnanti di tutte le discipline, dagli assistenti, dal capo-laboratorio con i suoi eventuali aiutanti o capi-reparto.

Il Consigliere professionale. egli assolve i compiti tradizionali affidatigli dal Regolamento, salvo le modifiche da introdurre in esse per l’aggiornamento.

Occorre che venga messa in risalto la specifica e centrale responsabilità che il Regolamento affida al Consigliere Professionale su quanto concerne l’organizzazione e il funzionamento pedagogico, didattico e disciplinare della scuola professionale, tanto per le materie teoriche quanto per le esercitazioni pratiche.

La rilevanza di una simile responsabilità esige una preparazione specializzata, tempestiva, maturata lungo una congrua esperienza, e postula una permanenza in tale ufficio per una durata ragionevole.

Il Preside. Nelle scuole in cui funziona un preside o Dirigente della scuola per la parte legale, questi cura tutto quanto è richiesto dalle pubbliche autorità scolastiche; di conseguenza sovrintende anche al funzionamento didattico, in quanto questo è sottoposto alla vigilanza e al controllo di tali autorità. Una simile funzione sembra alleggerire il Direttore, il Consigliere professionale e il capo-laboratorio di questa parte di responsabilità, senza affatto menomare la loro posizione definita chiaramente nelle costituzioni e nei Regolamenti. Per la delimitazione delle competenze in rapporto a quelle degli altri dirigenti, si propone la norma che segue.

"Dove la carica di preside è distinta da quella di Direttore, le sue attribuzioni saranno precisate dall’Ispettore, secondo le esigenze legali, in armonia con i Regolamenti".

E' da osservare che questa nuova figura di dirigente, essendo imposta soltanto da esigenze di diritto pubblico in certi Stati, dovrebbe essere considerata come un complemento contingente alle cariche tradizionali; le quali pertanto debbono rimanere intatte nel loro numero e nella loro fisionomia.

La stessa osservazione vale per il caso in cui la struttura della scuola professionale e tecnica dovesse venire uniformata all’ordinamento delle corrispondenti scuole pubbliche, sia per gli insegnamenti teorici che per il laboratorio-scuola; anche in questo caso infatti le cariche tradizionali conservano nella vita interna della scuola le loro posizioni, sebbene una parte del lavoro loro spettante venga delegato ad altri.

Il capo-laboratorio. Sotto il profilo educativo egli è considerato il dirigente di un laboratorio-scuola che cura l’istruzione e le esercitazioni pratiche nel quadro generale delle altre discipline scolastiche; egli quindi è uno dei principali responsabili della formazione dell’alunno, insieme con gli altri dirigenti della scuola professionale. In questo compito può essere coadiuvato da un apposito ufficio tecnico.


COMPITI AMMINISTRATIVI

A svolgere funzioni amministrative nella scuola professionale concorrono il Prefetto e il capo-laboratorio.

a) Il Prefetto, nella debita dipendenza dal Direttore, ha la responsabilità primaria dell’amministrazione, compresa quella dei laboratori-scuola.

Presso il Prefetto funziona l’Ufficio di Contabilità per la tenuta dei conti, al quale deve far capo la contabilità di ciascuno dei Laboratori.

b) Il capo-laboratorio, in dipendenza immediata dal Prefetto, ha la responsabilità amministrativa ordinaria del laboratorio, comprese le relazioni con i fornitori e con i clienti.

Di tale amministrazione egli deve rendere conto al Prefetto ad intervalli regolari prestabiliti.

Per amministrazione ordinaria s’intendono le operazioni amministrative legate al funzionamento giornaliero del laboratorio e alla esecuzione di contratti già approvati.

I preventivi e lo studio tecnico dei contratti sono elaborati e discussi con gli interessati dal capo-laboratorio; ma tutte le successive operazioni amministrative sono di competenza del Prefetto.

Il capo-laboratorio può disporre nel laboratorio stesso di un Ufficio Tecnico per la programmazione tecnica e amministrativa; per quest’ultima l’ufficio funziona subordinatamente all’ufficio contabilità del Prefetto. Al solo Prefetto è riservato il servizio di cassa.

"Qualora uno o più laboratori abbiano del personale esterno a capo, la responsabilità dell’amministrazione spetta direttamente al Prefetto, il quale potrà assolvere tale compito mediante un ufficio col relativo capo-ufficio".


IL PROFILO DEL CAPO-LABORATORIO E I SUOI COMPITI

La figura ed i compiti del capo-laboratorio rivestono caratteri diversi a seconda che questi venga considerato in rapporto alla sua azione direttiva, pedagogico-didattica o amministrativa. Se ne dànno qui alcune norme.

Il capo-laboratorio è il superiore responsabile del funzionamento educativo, didattico ed amministrativo del laboratorio.

Egli deve esercitare i suoi compiti nella debita collaborazione ed armonia con gli altri dirigenti della scuola e con il personale che da lui dipende.

Qualora la natura o le dimensioni del laboratorio esigano la sua articolazione in reparti, questa viene definita dalla direzione della scuola in accordo con il capo, il quale è tenuto a rispettare le competenze dei capi-reparto.

La stessa norma vale per l’introduzione e per le competenze di uno o più vice-capi del laboratorio.

Il capo deve sentire come suo dovere primario e fraterno il costante perfezionamento e aggiornamento professionale dei Confratelli che lo coadiuvano, con particolare attenzione per coloro che si trovano nel periodo del loro tirocinio pratico.

Il capo-laboratorio è anzitutto un educatore; egli quindi ha la responsabilità di procurare che il laboratorio scuola collabori alla formazione umana e professionale del giovane, promuovendone la maturazione teoretica e pratica, anche in vista di quella qualifica che esso deve come prima mèta raggiungere.

E' dovere del capo predisporre, oltre agli insegnamenti attinenti la professione, le esercitazioni di lavoro, subordinandole nella loro progressione e nel loro volume allo scopo didattico, al quale il laboratorio, essendo scuola, è per la sua stessa natura finalizzato.


IL COORDINATORE

L’esperienza ha fatto risaltare la necessità, o almeno la grande utilità, di un Capo il quale collabori con vari capi-laboratorio, quando si tratti di laboratori convergenti in un certo prodotto (vedi compositori, stampatori e legatori; oppure meccanici ed elettromeccanici, elettrotecnici ed elettronici). Egli compie d’intesa con loro un servizio di coordinamento e cura i rapporti con fornitori e clienti, in modo che i capi possano attendere al governo del loro laboratorio con maggior agio e continuità. Da ciò la proposta della seguente norma.

"Qualora occorra un Coordinatore che coadiuvi i capi di vari laboratori-scuola, spetta all’Ispettore, d’intesa con la direzione della scuola e con i Capi dei laboratori interessati, il fissarne i compiti e i rapporti con i Capi stessi e con gli altri dirigenti della scuola".

Questa nuova mansione viene per ora proposta ad experimentum prima di procedere, qualora convenga, ad una sua codificazione.


CONCLUDENDO

Si esprime la convinzione che, con l’impostazione generale dei problemi su una visuale unitaria e con le Deliberazioni e le Raccomandazioni proposte, l’apostolato voluto da San Giovanni Bosco e dalla Chiesa e ovunque sollecitato, sia stato riproposto in una prospettiva tale da rispondere agli imperativi della tradizione salesiana ed ai nuovi bisogni.


1 Cost., art. 12.

2 Cost., cap. I; Cost. De Ecclesia, cap. VI.

3 "Atti del Cap. Sup.", 1930, p. 915.

4 Ibidem 1921, p. 206.

5 Ibidem 1927, p. 621.

6 Cost. De Ecclesia, art. 10.

7 Ibidem, 44.

8 Ibidem, 43-44.

9 "Atti del Cap. Sup.", 1927, pp. 574-575.

10 Ibidem 1939, p. 180.

11 Cost. De Ecclesia, art. 33.

12 Cost. De Ecclesia, art. 43.

13 Don Vincenzo Sinistrero, La Formazione professionale salesiana, p. 16, V, b.c.

14 "Atti del Cap. Sup.", 1931, n. 55 bis, p. 947

15 Cost., art. 12.

16 Reg., art. 331.

17 Ibidem, 51-57.

18 Cost. De Sacra Liturgia, art. 80.

19 Paolo VI, Allocuzione ai Capitoli Generali degli Ordini e Congregazioni Religiose, 23 maggio 1964.

20 Filippesi 3, 8.

21 Cost. De Ecclesia, art. 44.

22 Cost. De Ecclesia, artt. 34-36.

23 II Corinti 8. 9.

24 Paolo VI, ibidem.

25 Paolo VI, ibidem.

26 I Corinti 15, 44-49.

27 Matteo 22, 30.

28 Paolo VI, ibidem.

29 Filippesi 2, 8.

30 Paolo VI, ibidem.

31 Paolo VI, ibidem.

32 I Corinti 8, 11.

33 Marco 9, 28.

34 Matteo 25, 40.

35 Paolo VI, ibidem.

36 I lettera di San Giovanni 4, 16.

37 Paolo VI, ibidem.

38 Cost. De Sacra Liturgia, art. 7.

39 Ibidem, 9.

40 Ibidem, 10.

41 Cost. De Sacra Liturgia, art. 8.

42 Ibidem, 12.

43 Ibidem, 12, 13.

44 Cost., art. 113.

45 "Stat. Gen." della Sedes Sapientiae, art. 28, 2, num. 8; Cost., art. 184; Reg., art. 312.

46 Can. 530, 2; Cost., art. 47; "Atti del Cap. Sup.", 1947, num. 142, pp. 65-66.

47 Cost., art. 113.

48 "Stat. Gen." della Sede Sapientiae, art. 28, 2, num. 8; Cost., art 184.

49 Cost., art. 47.

50 Can. 550, 2; Cost., art. 47.

51 "Stat. Gen." della Sede Sapientiae, art. 28, 9; Can. 520.

52 Cost., artt. 55, 71 e s.

53 Ibidem, 48.

54 "Stat. Gen." della Sede Sapientiae, art. 28, 3, num. 1.

55 Cost., artt. 47, 48.

56 Cost., art. 113.

57 Reg., art. 91; "Stat. Gen." della Sedes Sapientiae, art. 28, 2, num. 7.

58 M. B. IX, 530.

59 Cost., art. 3, num. V.

60 Cost., art. 4.

61 Ibidem, 169.

62 Reg., art. 108.

63 Cost., art. 1.

64 Ibidem, 5.

65 Cost., art. 4.

66 Memorie dell' Oratorio (passim).

67 Cost., art. 5.

68 Ibidem, 5.

69 Ibidem, 7.

70 Memorie dell' Oratorio (passim).