di più lo è durante la prima full immersion di un confratello nella vita salesiana di una comunità
in piena attività educativo-pastorale.
Una comunità con tirocinanti è, a tutti gli effetti, una “casa di formazione”, che avrà in
ogni caso un forte impatto sulla vita del giovane confratello che è stato inviato come membro di
quella comunità. Il direttore di quella casa è prima di tutto un formatore, non solo dei più
giovani affidati alle sue cure, ma anche degli altri salesiani, affinché insieme possano vivere con
“efficacia formativa” le loro “attività ordinarie” (C 119), guidando i più giovani prima di tutto
con il loro esempio.
L’accompagnamento dei confratelli durante il tirocinio è la chiave per far sì che l’esperienza
sia davvero formativa. Questo è ciò che Cafasso ha fatto con Giovanni Bosco, quando a 26 anni
era appena arrivato a Torino. Attraverso l’accompagnamento di Cafasso, quello che Giovanni ha
visto nelle carceri minorili e nei miserabili quartieri periferici di Torino è diventata
un’esperienza trasformante, della cui fecondità continuiamo ad essere testimoni oggi.
Molto presto saranno disponibili gli Orientamenti e linee guida su Giovani salesiani
e accompagnamento, frutto di uno studio che ha coinvolto l’intera Congregazione negli ultimi
anni. Questo studio ha confermato con abbondanza di dati empirici ciò di cui già avevamo
consapevolezza: che cioè la fase di formazione iniziale che richiede più attenzione e
accompagnamento è precisamente il tirocinio.
Quando c’è un buon accompagnamento e quando il giovane confratello si sente compreso e
incoraggiato, ecco che cresce e beneficia dell’esperienza che sta facendo, anche quando è molto
impegnativa ed esigente. L’accompagnamento dell’esperienza aiuta a chiarire e rafforzare le
proprie motivazioni e quella “retta intenzione” che è l’energia di base del cammino vocazionale
salesiano, aprendo al confratello nuove opportunità di crescita per far fiorire i suoi doni e il
potenziale di carisma salesiano che si porta dentro.
Purtroppo, per un numero grande di confratelli in tirocinio la situazione in cui si vengono a
trovare non è questa, o non è stata questa. I dati della ricerca e la condivisione con giovani
salesiani in numerose ispettorie mettono in evidenza la grave mancanza di accompagnamento,
laddove il principale e quasi unico focus è il lavoro da svolgere, con una grande quantità di
compiti e attività caricate sulle spalle del nuovo arrivato, senza sufficiente introduzione o
orientamento per potersi inserire bene nel nuovo contesto, e senza prendersi cura di come si
sente e se è effettivamente in grado di farcela.
La situazione peggiore si verifica quando c’è un marcato settorialismo e gli ambiti di lavoro
sono strettamente delimitati; ogni ‘incaricato’ (preside, responsabile dell’internato...) si aspetta
che il confratello in tirocinio sia a sua disposizione, con lo stesso direttore che si pone come uno
in più nella lista di queste autorità da assecondare. Immaginate cosa succede s quando non solo
il lavoro è a compartimenti stagni, ma ci sono anche rivalità i tra i settori. Il tirocinante può
trovarsi al centro di riprovevoli competizioni del tipo ‘tiro alla fune’, con alcuni dei più adulti
che possono fare pesare come minacce più o meno velate possibili conseguenze negative al
momento delle ammissioni.
Come dunque posizionarci difronte all’accompagnamento dei confratelli in tirocinio?
La presa di posizione più importante è a livello di governo ispettoriale,
come gli Orientamenti e direttive già menzionati asseriscono: la scelta di comunità idonee per
l’esperienza formativa del tirocinio, la disponibilità di buoni accompagnatori, ecc.
Per quanto riguarda il direttore di una comunità con tirocinanti, la sua prima responsabilità
è verso i confratelli, a partire dai più giovani: egli ha “responsabilità diretta anche verso ogni
confratello: lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione e lo sostiene nel lavoro che gli è
affidato” (C 55). È il guardiano del carisma e la guida spirituale della comunità. Incontra
“frequentemente” i suoi confratelli per il colloquio (C 70, R 49). Gli Orientamenti e
direttive chiedono al direttore di distinguere con chiarezza il colloquio e l’accompagnamento
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