fatto accompagnare al nostro Istituto: è illeso, ma pare un cadavere.
Egli, colle lagrime agli occhi e l'angoscia nel cuore, pensando ai
poveretti che erano rimasti sotto
le macerie, narrava poi come avvenne la catastrofe del suo Istituto.
Don Lovisolo avrebbe voluto trattenersi a Messina per disseppellire il
maggior numero possibile di alunni e confratelli, ma ebbe
l'intimazione dal Comandante la piazza di partire coi feriti meno gravi,
perchè non avessero a soffrire più oltre la fame, la sete e le intemperie.
I feriti più gravi erano rimasti sotto la cura e la sorveglianza di Don
Livio Farina e del ch. Amato Nunzio.
Ed ecco come avvenne la catastrofe dell'Istituto S. Luigi.
Il mattino del 28 Dicembre, alla scossa tremenda che fece rovinare
Messina, il terreno sul quale si ergeva l'edifizio si aperse ed ingoiò la
parte del fabbricato centrale, dov'erano le scuole ed i refettorî al primo
piano ed un dormitorio al secondo. Di quanti vi erano in quel
dormitorio si salvarono appena cinque alunni ed i chierici Francesco
Marraro ed Enrico Talamo: questi si trovò sbalzato nell'orto vicino con
parecchie contusioni al volto. Un'altra parte dell'edifizio centrale non
sprofondò, ma crollò: il dormitorio del secondo piano precipitò sul
primo piano e questo nel teatro. I letti dei giovani rimasero in massima
parte sospesi alle intravature di ferro. Passato il primo spavento, si
poterono salvare molti giovani per opera sopratutto dei confratelli Don
Livio Farina e Ch. Nunzio Amato che, aiutati dagli altri confratelli
feriti, fecero tali prodigi di valore da riscuotere l'ammirazione ed il
plauso di tutti: ad essi devesi la salvezza di circa quaranta convittori.
Pericolosissimo fu il salvataggio degli alunni che si trovavano nel
rovinante dormitorio del secondo piano. Non ostante gli sforzi
sovrumani tentati per liberarli dalla orribile posizione, rimasero lassù
fra cielo e terra sospesi alla intravatura, cinque poveri bambini. E il
cuore si spezza al pensarvi! i cinque poverini rimasero così esposti alle
intemperie tutto il giorno 28, la notte successiva e metà del giorno 29,
soffrendo orribilmente la sete ed invocando senza tregua acqua e aiuto.
Pensate, Figli miei, che tutto ciò avveniva sotto gli sguardi dei nostri
confratelli, fra continue scosse di terremoto e nell'assoluta impossibiltà
di poter soccorrere quei poverini. Più volte il ch. Amato fu per
avvicinarsi ad essi, ma i muri cadenti non permettevano che altri si
avvicinasse di più a lui per aiutarlo. Finalmente giunsero alcuni
valorosi marinai Russi: con un'abnegazione ed un coraggio veramente
Archivio Salesiano Centrale A4570359 2
eroico arrivarono lassù, presero quegli infelici, ormai esausti, e li
consegnarono a D. Farina ed al Ch. Nunzio che li rifocillarono con un
poco di latte e riscaldarono coprendoli con stracci di coperte. Unitevi
a me, miei cari Figli, nel ringraziare quei generosi figli della Russia, il
cui nome ci è ignoto, ma che la bontà di Dio ci farà conoscere in Cielo.
Il corpo di fabbrica dov'erano le camere dei sacerdoti fu letteralmente
inghiottito dal suolo. Abitavano in quest'ala i nostri carissimi
confratelli sacerdoti Don Pasquali, Don Urso, Don, Claris, Don
Rapisarda e Don Pirrello, il quale aveva con sè ospite in quella notte un
suo fratello. Tutti furono sepolti! Nel tentarne il salvataggio si riuscì
solo a scoprire, dopo dodici ore di lavoro compiuto a mano, per
mancanza di strumenti, il povero Don Urso, vivo ancora, ma ridotto in
uno stato orribile a vedersi; le gambe spezzate, la testa irriconoscibile e
il ventre squarciato! Appena estratto dalle macerie volle confessarsi; si
disse rassegnatissimo alla volontà di Dio e, mentre lo si trasportava in
una capanna, spirava, benedetto ancora dal suo Direttore : i suoi ultimi
momenti furono un vero martirio! fu sepolto nell'orto, in una fossa
scavata dai soldati. Per gli altri confratelli sacerdoti vano riuscì ogni
tentativo di ricerca: sono sprofondati assai nel terreno e forse
strittolati fra le macerie. La parte di casa, dove al primo piano erano le
camere dei sacerdoti ed al terreno trovavasi lo studio dei giovani,
scomparve quasi nella voragine.
Quindi, di tutto l'edifizio restò in piedi soltanto, sfasciata ed
assolutamente inabitabile, la parte d'ingresso. Là erano il parlatorio,
gli uffici del Direttore e del Prefetto ed alcune camerette al primo
piano. La notte fatale vi si trovavano il Direttore, Don Farina, Don
Virzi ed il portinaio che furono salvi. Ora sui muri cadenti è rimasta là,
intatta, l'oleografia del nostro Padre Don Bosco. La cappella appare
come una gran fossa ripiena di macerie: in fondo, contro un avanzo di
parete, è rimasta in piedi, quasi intatta, la statua di Maria Ausiliatrice,
ai cui piedi fu poi trovato, ferito gravemente, ma salvo, il ch. Luigi
AlessiBatù.
Ecco, o carissimi Figli, la fine dolorosa del Collegio S. Luigi di Messina,
che seppellì nella sua rovina i sunnominati sei sacerdoti, due chierici,
un coadiutore con quattro famigli e trent'otto alunni ! Nel disastro si
salvarono dieci Superiori, cinque famigli e ottantadue alunni. I feriti
che furono ricoverati negli ospedali, in alcune famiglie e nel nostro
Istituto di Catania, sono già quasi tutti guariti.
Delle altre nostre case della Sicilia ebbe soffrire danni materiali
solamente quella di S. Gregorio; ma, grazie a Dio, non vi fu alcuna