Lectio salesiana Salesiana 2011-2012, L'assistenza

Ottobre 2011


Art. 39. L’assistenza come atteggiamento e metodo


La pratica del Sistema Preventivo esige da noi un atteggiamento di fondo: la simpatia e la volontà di contatto con i giovani. "Qui con voi mi trovo bene, è proprio la mia vita stare con voi" (MB IV, 654).

Stiamo fraternamente in mezzo ai giovani con una presenza attiva e amichevole che favorisce ogni loro iniziativa per crescere nel bene e li incoraggia a liberarsi da ogni schiavitù, affinché il male non domini la loro fragilità.

Questa presenza ci apre alla conoscenza vitale del mondo giovanile e alla solidarietà con tutti gli aspetti autentici del suo dinamismo.


L’articolo 39 conclude la sezione intitolata “Il nostro servizio educativo pastorale” ed esordisce evidenziando un “atteggiamento di fondo”, che fa da fondamento a quanto gli articoli precedenti hanno messo in evidenza. In altre parole, l’incipit propone la base su cui il Sistema Preventivo e i vari obiettivi indicati nei precedenti articoli possono divenire realtà.


Tale atteggiamento di fondo si esprime in due modi concreti di essere e di fare: la simpatia e la volontà di contatto con i giovani. Questi due elementi, dunque, si pongono come condizioni senza le quali l’applicazione del Sistema Preventivo risulta impossibile. La più genuina tradizione salesiana ha sempre riassunto questo atteggiamento di fondo nel termine “assistenza”. Ma cosa ci vogliono dire le nostre Costituzioni con le parole simpatia e volontà di contatto? Cosa significa, per noi salesiani, avere uno stile pastorale caratterizzato dall’assistenza?


Simpatia può essere intesa, ad una prima e più superficiale riflessione, come una spontanea tensione che il salesiano prova verso i giovani. In tal senso, potremmo dire che il salesiano vive come sua dimensione caratteristica la prossimità con i ragazzi e si sente a suo agio in mezzo a loro. Una riflessione più accurata, basata sull’etimologia della parola stessa, ci permette di fare un ulteriore passo nella comprensione di questo atteggiamento. Simpatia deriva dalle due parole greche “syn” e “pathos” che, messe insieme, significano letteralmente “patire con”, “sentire con”. In questo senso, il salesiano non solo si sente naturalmente portato a stare in mezzo ai giovani, ma vive in uno stile di condivisione profonda con loro, cerca di comprenderne il mondo ed il sistema di riferimento, di entrare nel loro modo di vedere e vivere emozioni, eventi e situazioni quotidiane. Il Capitolo Generale 21 riassume questo stile sim-patico come un: “mettersi sulla lunghezza d’onda” dei giovani stessi1. Il rapporto educativo, infatti, non può essere vissuto da noi educatori senza la conoscenza il più possibile accurata della realtà dei nostri educandi. Questa conoscenza, ovviamente, non può ridursi solo alle condizioni generali, siano esse sociali, psicologiche, economiche, che caratterizzano le generazioni con le quali entriamo in contatto. Esse sono certamente importanti da tenere presenti, ma non esauriscono il quadro di riferimento dei nostri giovani. Ognuno di loro, infatti, ha un vissuto personale che non può lasciarci indifferenti, ma fa parte della relazione educativa che instauriamo con loro, la influenza, la condiziona, la favorisce o la ostacola. Sull’esempio di Gesù, buon pastore, e di Don Bosco nostro padre vogliamo conoscere le pecore che ci sono affidate, i ragazzi che il Signore ci mette accanto. Solo così saremo veramente capaci di aiutarli nel loro cammino di crescita umana e cristiana. A metterlo in evidenza è anche il CGS, nei cui documenti si legge:


Poiché Don Bosco è stato Padre e Maestro dei giovani facendo sue le loro angosce, le loro speranze e le loro gioie, la fedeltà al sistema preventivo ci domanda di continuare lo stile di vita iniziato da lui: vivere con i giovani, in mezzo a loro e per loro; è un impegno di presenza tra i giovani. Nei cambiamenti attuali si sappia restare fedeli al Sistema Preventivo, che esige una presenza costante2.


Alla luce di quanto finora detto acquista contorni più precisi anche il secondo modo di essere che le nostre Costituzioni ci propongono all’inizio dell’articolo 39. La volontà di contatto con i giovani, infatti, è allo stesso tempo condizione e conseguenza della simpatia che dimostriamo loro. Come “patire con”, “sentire con” loro se non passiamo con loro il nostro tempo, se non condividiamo con loro la nostra vita? È sempre l’articolo in questione, tra l’altro, che al capoverso successivo afferma: “Stiamo fraternamente in mezzo ai giovani”. Il salesiano, pertanto, sente dentro di sé una profonda volontà di condividere con i ragazzi le sue giornate e non, al contrario, l’esigenza di ritirarsi nella propria camera, in una, magari inconscia, fuga dalla loro presenza… Un rischio sempre in agguato se il CG21 afferma che “si sta meno in mezzo ai giovani e alla gente semplice, si vive meno per loro”3. Dall’altro lato, però, non dobbiamo trascurare i tanti confratelli, anche non più giovani, che ci sono di esempio positivo in questo aspetto! Non è raro, infatti, incontrare salesiani anziani che chiedono lumi sull’uso del computer, dei social network, della posta elettronica per essere in grado di non perdere il contatto con le realtà popolate dai ragazzi; o ancora, vedere confratelli che, nonostante i malanni fisici, si fanno trovare in oratorio, seduti mentre scrutano con occhi attenti, amorevoli ed autenticamente salesiani quello che succede. E non è raro, tra l’altro, incontrare giovani che esprimono con stima il loro apprezzamento verso questi confratelli, che rimarranno a lungo impressi nella loro mente e nei loro ricordi. Non a caso, lo stesso Don Bosco, nella sua Lettera da Roma, descrivendo l’oratorio scriveva:


In un altro luogo un chierico che in mezzo ad altri giovanetti giuocava all'asino vola e ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte parti e dovunque chierici e preti, e intorno ad essi giovani che schiamazzavano allegramente. Si vedeva che fra giovani e Superiori regnava la più grande cordialità. lo era incantato a questo spettacolo e Valfré mi disse: - Veda: la famigliarità porta amore, e l'amore produce confidenza in Confessione e fuori di Confessione.


La conoscenza teorica, sociologica, psicologica dei ragazzi, seppure importante, non basta! È la vita in mezzo a loro, la conoscenza che si nutre dell’esperienza vitale che nutre i nostri rapporti educativi: “Stare tra i giovani, animando le loro attività in clima di convivenza e di apostolica familiarità, offrendo elementi di maturazione, è l’’essenziale dell’assistenza”, affermava Don Viganò4. L’educazione autentica implica una relazione e la relazione è frutto di un incontro reale tra persone concrete, con le loro storie ed il loro vissuto. Tra l’altro, sappiamo bene che il Sistema Preventivo non è frutto di un ragionamento operato da un Don Bosco seduto a tavolino e senza esperienza in mezzo ai giovani. Questo nostro tesoro è, al contrario, il frutto degli anni di vita di Don Bosco tra i ragazzi e di condivisione del vissuto con loro.


Come sempre, modello primo di Don Bosco e nostro non può che essere Gesù in persona. Nella sua relazione con i discepoli si pone come educatore e maestro vivendo in modo sublime ed esemplare quanto finora abbiamo cercato di evidenziare. Nel racconto che della chiamata dei Dodici ci fa l’evangelista Marco, Gesù chiama questi uomini prima di tutto “perché stessero con lui” (Mc 3, 14). Poi il racconto prosegue con la lista dei nomi. Il Signore crea una comunità, un “cortile” in cui può stare in mezzo ai discepoli per condividere con loro la vita e in questa condivisione educarli al suo messaggio e alla missione che dovranno compiere; i discepoli non sono persone qualsiasi, non ben identificate, ma hanno un nome preciso, che implica una storia, un sistema di valori, una vita alle spalle. Per di più, Gesù non si mette a scrivere il suo messaggio per poi consegnarlo ai suoi ed andarsene, ma vive con loro, testimonia ciò che insegna, si “sporca le mani” fino all’estremo sacrificio…


È su questo modello che noi salesiani vogliamo muoverci: è Gesù che, in prima ed ultima battuta, ci indica la via, seguito da Don Bosco e da ciascuno di noi. Non a caso, il testo dell’articolo, riassume le caratteristiche della nostra presenza in mezzo ai giovani con due eloquenti aggettivi: attiva e amichevole. È, dunque, una presenza non neutra, ma che propone, prende iniziative e non si connota come autoritaria o istituzionale. Il fine, come evidenziato nell’articolo stesso, è quello di accompagnare il ragazzo verso il suo bene e di prevenire o contrastare le lusinghe del maligno.


Uno dei frutti dell’atteggiamento di fondo che abbiamo cercato di delineare è la solidarietà con il mondo giovanile. Questo, a dispetto di quanto si possa superficialmente pensare, non significa accettazione di tutto ciò che ne fa parte, nella ricerca spasmodica di apprezzamento da parte dei ragazzi. Il Sistema preventivo, infatti, non promuove uno stile permissivista… La solidarietà che esso genera riguarda gli aspetti più autentici del dinamismo giovanile e non impedisce uno sguardo critico verso le sue degenerazioni. Criticità che non sfocia, però, nel giudizio, ma che cerca di cogliere in profondità le cause di ciò che non risponde a criteri di promozione umana e a riferimenti di carattere evangelico per poter farsi proposta positiva e adatta alle nuove generazioni. Una sfida rischiosa per noi, certo non populista e talvolta non condivisa istintivamente dai ragazzi, ma certamente una sfida che conduce al bene del ragazzo anche a costo di qualche impopolarità, sulla scia di un Gesù che proprio sulla croce, contro ogni logica umana e nel massimo dell’impopolarità, ha segnato il suo trionfo.


Spunti per la riflessione:

  • Cerco di comprendere a fondo il sistema di riferimento in cui si muovono i giovani in modo da poter essere con più efficacia al loro servizio?

  • Mi interrogo su quali siano i loro punti di riferimento e quanto essi influiscano sul loro sviluppo?

  • Passo il mio tempo volentieri in mezzo ai giovani o cerco “vie di fuga” di fronte alle difficoltà che con loro incontro?

  • Cerco di discernere quali aspetti positivi caratterizzano la cultura giovanile e come posso promuoverli per il loro bene?



Preghiera


Imploriamo il Signore che apra i nostri cuori

alla vera comprensione e simpatia

verso coloro ai quali ci ha inviati,

per essere cordialmente al loro servizio.


Perché insieme con Don Bosco

possiamo dire sinceramente ai nostri giovani:

Qui con voi mi trovo bene”,

e offriamo generosamente tutta la nostra vita per loro,

ti preghiamo, Signore.


Perché la nostra presenza tra i giovani

sia davvero fraterna e amichevole,

aperta alla conoscenza autentica del mondo giovanile e popolare,

sia capace di sostenerli nella loro crescita verso la libertà da ogni schiavitù,

ti preghiamo, Signore.


Signore, concedi a noi di condividere

con profonda verità e cordiale partecipazione

la vita dei nostri giovani e le loro legittime aspirazioni ed interessi,

come il Tuo Figlio, facendosi uomo,

ha condiviso con noi ogni cosa, eccetto il peccato.

Per Cristo nostro Signore.


1 CG21, 21

2 CGS, 188

3 CG21, 98

4 E. VIGANO’, Il progetto educativo salesiano, lettera circolare pubblicata in ACS n. 290, 1978

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