1995_ZerbinoP_I_sogni_di_don_Bosco


1995_ZerbinoP_I_sogni_di_don_Bosco

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I SOGNI
DI DON BOSCO
a cura di Pietro Znrbino
\\
EItEDIG!

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Prima edizione: Giugno 1987
Terza ristampa: Marzo 2OOl
Internet: www.elledici.org
E-mail: mail@elledici.org
Proprietà riservata alla ELLEDICT - 1995
ISBN 88-01-15829-7

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Introduzione
Fu scritto che narrare la vita di Don Bosco e non parlare dei
suoi sogni sarebbe come narrare la vita di Gesù senza parlare delle
sue parabole.
A prima vista puo fare meraviglia che un uomo positivo come
Don Bosco desse tanta importanza ai suoi sogni; ma la meraviglia
cessa quando si studiano i caratteri e il contenuto di tali sogni.
Dai 9 anni ai 70 Don Bosco fece un numero stragrande di questi
sogni. Alcuni furono scritti di suo pugno e se ne conservano gli
autografi; di altri presero appunti i Salesiani presenti alla narra-
zione, e furono riveduti e corretti da Don Bosco stesso. Anche di
questi si conservano i manoscritti negli archivi.
« Il nome Don Bosco e la parola "sogno" scrive il primo bio-
- grafo di Don Bosco, Don Giovanni Battista Lemoyne sono cor-
- relativi; e se non se ne parlasse, sorgerebbero a migliaia le voci de-
gli antichi allievi a chiedere: "E i sogni?" Fu mirabile infatti il ri-
petersi in lui quasi continuo per sessant'anni di questo fenome-
no» (Mem. Biogr. 1,254).
Ecco alcuni principali argomenti che formano la trama di que-
ste rappresentazioni notturne: combattimenti e vittorie della Chiesa;
stati di coscienza dei suoi ragazzi; il campo di apostolato dove i
suoi figli avrebbero lavorato in avvenire; gli sviluppi progressivi
della sua Famiglia religiosa; lo sfilare di giovani di ogni regione,
di ogni colore, di ogni lingua; le apparizioni della Madonna, che
ora gli fa vedere il futuro della sua Famiglia, ora stende il suo manto
per accogliere tutti i giovani che vi si rifugiano; personaggi scono-
sciuti che entrano in casa a portare annunzi di morti che poi si av-
verano con esattezza; il futuro prossimo e remoto delle Missioni
Salesiane nel mondo, ecc.
I sogni di Don Bosco hanno due caratteristiche inconfondibili,
che li differenziano dai sogni comuni. La prima caratteristica è lo
sviluppo logico e ordinato delle immagini, il che non si verifica
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nei sogni consueti. In questi infatti è un susseguirsi di immagini,
di ricordi, di fantasmagorie sovente sconclusionate, una scorribanda
notturna di scene spesso irreali e accompagnate da conclusioni le
più assurde. Invece nei sogni di Don Bosco si riscontra un fondo
serio che costituisce come la base di tutta l'azione che si svolge nel
sogno, senza dar luogo alle incongruenze e alle banalità che spes-
so si risvegliano nell'immaginazione di chi sogna.
Il secondo carattere dei sogni di Don Bosco consiste nella visio-
ne di cose occulte e nella previsione di cose future. Tra le cose oc-
culte sono frequenti la rivelazione dei segreti delle coscienze e i fatti
che avvengono in luoghi remoti e sconosciuti al sognante. Anche
il contenuto profetico è parte rilevante di questi sogni. Quante mor-
ti, per esempio, furono preannunziate a Don Bosco attraverso i
sogni! Parlandone non proferiva nomi, ma indicava date; del no-
me a volte svelava in pubblico la sola iniziale del cognome, a volte
ne dava comunicazione confidenziale a qualcuno perché preparisse
al gran passo l'interessato; I'avveramento poi della predizione fi-
niva per chiarire il mistero.
Ci si può chiedere in che modo Don Bosco raccontava i suoi so-
gni. Di regola li esponeva dopo le preghiere della sera, dando la
buona notte ai suoi figliuoli. L'exallievo canonico Ballesio, che fu
presente per parecchi anni, dice che esponeva « con semplicità, gra-
vità e affetto>». Aveva una cura particolare di condire il suo rac-
conto di sincera umiltà. Così dopo aver raccontato un sogno del
1861, continuò dicendo: <<Adesso che vi ho raccontato tutte que-
ste cose, penserete forse: "Don Bosco è un uomo straordinario,
qualche cosa di grande, un santo sicuramente". Miei cari giovani,
per impedire stolti giudizi intorno a me, vi lascio tutti in piena li-
bertà di credere e non credere. Stimo però bene di dirvi che il Si-
gnore ha molti mezzi per manifestare la sua volontà. Alcune volte
si serve degli strumenti più inetti e indegni, come si servì dell'asi-
na di Balaam, facendola parlare, o di Balaam stesso, falso profe-
ta, facendogli annunziare cose vere agli Israeliti. Perciò lo stesso
può accadere di me>».
La sua umiltà lo fece anche andare a rilento a credere ai suoi
sogni. Confido egli stesso che nei primi anni preferiva attribuirli
a scherzi di fantasia; ma poi vedendo che al sogno corrispondeva
la realtà, comincio a prestarvi fede e ad annettervi grande impor-
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tanza, tanto più che non erano infrequenti gli elementi chiaramente
soprannaturali.
Tuttavia non credette opportuno abbandonare subito le caute-
le. A proposito di un sogno del 1861, durato tre notti consecutive,
raccontò lui stesso che nel primo giorno non voleva darvi retta,
ma poi vi fu costretto, sia perché interrogando i diversi giovani
visti nel sogno, ebbe da loro stessi conferma che Io stato della loro
coscienza era proprio come l'aveva visto nel sogno, sia perché aveva
fatto un altro sogno nel quale la solita Guida misteriosa gli aveva
chiesto con accento di rimprovero: <<Perché non parli?» (M.B.
IX,155).
Gli allievi di quei tempi dicono che quando Don Bosco raccon-
tava i suoi sogni, fra le centinaia di ragazzi che gremivano l'Ora-
torio, non si sentiva un colpo di tosse il più lieve fruscio di pie-
di. L'impressione di quei racconti durava viva per settimane e me-
si; e con l'impressione, vere conversioni dei giovani più discoli.
Si faceva ressa attorno al confessionale di Don Bosco, si affollava
la mensa eucaristica; cresceva in tutti l'orrore per il peccato; era,
per dirla con una frase di Don Bosco stesso, la bancarotta del de-
monio.
,&*{<
A conferma di quanto detto, ecco qualche autorevole testimo-
nianza.
Nel settembre del 1858 Don Bosco, trovandosi in udienza dal
Venerabile Pio IX, gli parlo dei carismi straordinari e delle estasi
di San Domenico Savio. Pio IX, nell'ascoltare quelle rivelazioni,
ebbe il sospetto che anche Don Bosco avesse avuto qualche indi-
cazione soprannaturale per fondare la sua Opera. Don Bosco, nella
sua umiltà, esitava a rispondere, ma alle insistenze del Papa, gli
raccontò alcuni suoi sogni, che in parte si erano già avverati. Pio
IX ascoltò attento e ammirato, poi gli disse: « Ritornato a Tori-
no, scrivete questi sogni minutamente e lasciateli per incoraggia-
mento e norma ai vostri figli» (M.B. V,882).
Don Bosco, temendo che i suoi sogni fossero scherzi di fanta-
sia, ne parlò al suo confessore, Don Giuseppe Cafasso. II santo
prete lo ascoltò e gli disse: «Andate pure avanti con sicura coscienza
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nel dare importanza a questi sogni, perché io giudico che ciò torni
a gloria di Dio e a bene delle anime» (M.B. ll,4l2)
Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco, afferma:
<<Don Bosco nei sogni, oltre lo stato delle coscienze, annunziava
cose che naturalmente non si possono conoscere con i mezzi uma-
ni, ad esempio la previsione di morti e di altri eventi futuri. A mi-
sura che vado avanzandomi in eta e considero questi fatti di Don
Bosco, tanto più mi convinco che egli era dotato dal Signore dello
spirito di profezia» (M.B. VI,823).
E nei processi apostolici per la beatificazione di Don Bosco è
ancor più esplicito, perché afferma con giuramento: << Io sono por-
tato a chiamare vere visioni quelli che egli chiamava sogni, dal ve-
dere come siano andate e si vadano verificando esattamente le co-
se nei medesimi simboleggiate»» (Csnra, San Giovonni Bosco,p.29l).
Del resto Don Bosco stesso in più occasioni non nascose che nei
suoi sogni entrava I'elemento soprannaturale. Così nel 1876 Don
Giuseppe Vespignani, un Salesiano morto nel1932 in concetto di
santità, si arrischiò a interrogare Don Bosco sopra i suoi sogni e
gli domandò con filiale confidenza che cosa se ne dovesse pensa-
re. Don Bosco gli rispose che, nelle sue condizioni, senza mezzi,
senza personale, gli sarebbe stato impossibile lavorare per la gio-
ventù se Maria Ausiliatrice non gli fosse venuta in aiuto <<con lu-
mi specioli e con copiosi aiuti non solo materiali, ma anche spiri-
tuali» (M.B. XI,256).
Anche parlando con Don Giulio Barberis, primo maestro dei
novizi salesiani, confidò: «Delle cognizioni che io apprendo nei
miei sogni io mi servo confessando, esortando in pubblico e in pri-
vato, perché vedo che producono del bene. Dal principio non fa-
cevo gran caso di questi sogni, ma poi mi accorsi che per lo più
valgono a produrre I'effetto di più prediche, anzi per alcuni sono
più efficaci di un corso di esercizi spirituali; perciò me ne servo »
(M.B.XII,50)
Più esplicita è quest'altra sua affermazione del 5 gennaio 1887,
circa un anno prima della sua santa morte. Dopo aver raccontato
un sogno nel quale gli era apparsa la Madonna che gli aveva assi-
curato che il chierico Olive, spacciato dai medici, sarebbe guarito,
tenne col suo segretario e futuro biografo Don Lemoyne questo
breve dialogo:
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- Lei sa meglio di me che la Madonna è sempre stata tanto
buona con lei.
-
-
-
-
Oh, sì, è vero.
E che tanti suoi sogni si sono avverati a puntino.
È vero.
E quindi, se mi permette, a gloria di Dio, li chiamo visioni,
perché sono tali.
- Hai ragione (M.B. XVIII,255)
Evidentemente questa affermazione non è da riferirsi a tutti i
sogni indistintamente e, del resto, non è neppure conveniente ten-
tarne una classificazione.
Nel suo studio su alcuni sogni di Don Bosco, Pietro Stella sinte-
tizza cosl i criteri seguiti da Don Bosco per stabilire la natura so-
prannaturale dei suoi sogni: « Egli controlla la verità delle cose oc-
culte e bada al bene morale che sogni e predizioni producono in
lui stesso, negli ascoltatori e nei lettori ». E conclude: « Tanto più
appare l'importanza di molti sogni di Don Bosco, quanto più as-
siduamente se ne coglie il valore nel concreto rapporto educativo
con la gioventù semplice, in gran parte provinciale, che ne ascol-
tava il racconto » (P. Srrna, Don Bosco nello storia della religio-
sità cattolica, Il, 562-563).
A questa utilità educativa si è appellato Don Pietro Zerbino nel
portare a compimento questa sua diligente fatica.
Gliene siamo grati, certi che il racconto dei sogni di Don Bosco
continuerà a fare del bene.
GraNNr SeNcenr
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Perché questa pubblicazione
L'idea è venuta leggendo questo breve dialogo tra Don Bosco
e Don Ciulio Barberis, uno dei suoi figli più cari:
Don Barber,r.s: Ho osservato di quanta utilità siano questi sogni
e quanto salutari. Anche narrati altrove, fanno del bene. Oh, se
si potesse forne uno raccolta! Sarebbero ricercati e letti da piccoli
e da grandi, da giovani e da vecchi, con vantaggio delle loro anime.
Don Bosco: Già, già! Farebbero del bene; ne sono intimamente
convinto (M.B. XII,50).'
Questa raccolta non è completa e non ha alcuna finalità scienti-
fica o critica, ma semplicemente di far conoscere questo origina-
lissimo carisma di cui Dio ha arricchito la figura poliedrica di Don
Bosco.
Per sveltire la lettura dei sogni più lunghi, si sono sfrondati eli-
minando ripetizioni e circostanze secondarie, ma conservando molte
volte le parole stesse di Don Bosco e rispettando la più assoluta
fedeltà al suo racconto, anche quando si è usato, per esporlo, la
forma indiretta. Quelli più brevi si sono riprodotti quasi integral-
mente.
Lo stile è semplice e schiettamente popolare, proprio di un pa-
dre che parlava ai suoi figliuoli nell'intimità della famiglia, alla
sera, prima che si recassero a riposo, con quei discorsetti che nel-
I'ambiente salesiano sono noti col nome di "Buona Notte".
Voglia San Giovanni Bosco, con la sua santità tipicamente con-
quistatrice, far penetrare nel vivo delle anime queste parole, che
sono sue; sicché le accendano e le rinnovino nell'amore e nella gioia.
Prrrno ZensrNo
I Memorie BiograJiche di S. Giovanni Bosco, a cura dei Salesiani G.B. Lemoyne, Angelo
Amadei, Eugenio Ceria, Ernesto Foglio. Ediz. extra-commerciale Torino SEI (1898-1948).
1l

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« Non con le percosse... »
Alla tenera età di 9 anni Don Bosco ha il suo primo sogno. In
esso Gesù e la Vergine gli preannunziano, sebbene in forma vela-
ta, la sua futura missione.
Gli parve di essere vicino a casa sua, in mezzo a una moltitudi-
ne di ragazziche si divertivano in un grande cortile. Alcuni ride-
vano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le be-
stemmie, si slanciò inmezzo a loro, usando pugni e parole per farli
tacere. Ed ecco apparirgli un Uomo venerando, nobilmente vesti-
to, con una faccia così luminosa che Giovannino non riusciva a
rimirarla. Lo chiamò per nome e gli ordinò di mettersi a capo di
quei r agazzi aggiungendo :
- Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità do-
vrai guadagnare questi tuoi amici. Fa dunque loro subito un'istru-
zione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù.
Giovannino, tutto confuso, risponde che è un povero ragazzo
ignorante, incapace di fare questo.
In quel momento risa, schiamazzi ebestemmie cessarono e i ra-
gazzi si raccolsero intorno a colui che parlava. Ma cediamo la pa-
rola a Don Bosco stesso: « Quasi senza sapere che cosa dicessi, gli
domandai:
Chi siete voi che mi comandate cose impossibili?
- Appunto perché è cosa che ti sembra impossibile, devi ren-
-derla possibile con I'ubbidienza e con l'acquisto della scienza.
Dove, come acquisterò la scienza?
- Io ti darò la Maestra. Sotto la sua guida potrai divenire sa-
-piente; senza di essa ogni sapienza diventa stoltezza.
Ma chi siete voi che Parlate così?
- [o sono il figlio di Colei che tua Madre t'insegnò a salutare
- tre volte al giorno.
- Mia madre mi dice di non associarmi, senza suo permesso'
con chi non conosco. Percio ditemi il vostro nome.
- Il mio nome domandalo a mia Madre.
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In quel momento vidi accanto a lui una Donna di aspetto mae-
stoso, vestita di un manto che splendeva da tutte le parti, come
se ogni punto fosse una fulgidissima stella. Vedendomi sempre più
confuso, mi accennò di avvicinarmi a lei, mi prese con bontà per
mano e mi disse:
- Guarda.
Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al
loro posto c'era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e pa-
recchi altri animali.
- - -, Ecco il tuo campo ripigliò quella Signora ecco dove
devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto, e ciò che ora vedrai
succedere di questi animali tu dovrai farlo per i miei figli.
Volsi allora lo sguardo ed ecco che al posto di animali feroci,
comparvero altrettanti agnelli mansueti, che saltellavano, corre-
vanu, belavano come per far festa a quell'Uomo e a quella Signora.
Allora, sempre nel sogno, mi misi a piangere e pregai quella Si-
gnora che parlasse in modo da poter capire. Ella mi pose la mano
sul capo dicendomi:
- A suo tempo, tutto comprenderai.
A questo punto un rumore mi svegliò e io rimasi sbalordito. Mi
sembrava di aver le mani che mi facessero male per i pugni che
avevo dato e che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti
(M.B. 1,123).
,t rl. ,k
In questo primo sogno Gesù e la Vergine trocciano a Giovanni-
no le grandi linee della suo missione di opostolo det giovani: il cam-
po di lavoro (la gioventù dei ceti popolari); il metodo educotivo
(non con le percosse ma con la mansuetudine e la carità); i mezzi
per rendersi atto (renditi umile, forte e robusto); la Maestro e Aiuto
potente (io ti dorò lo Maestra); i frutti (gli onimali feroci che di-
ventono monsueti ognelli).
Dobbiamo essere groti a Pio IX, che impose a Don Bosco di met-
tere per iscritto questo sogno che, come si vede, non fu un sempli-
ce sogno.
Lo conferma quanto ovvenne a Roma nel maggio del 1887. Don
Bosco vi si era recato per assistere alla consacrazione dello Basi-
t4

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lica del Socro Cuore, da lui eretta per invito di Leone XIII. In quella
occasione Don Bosco si commossefino al pianto. Il segretario Don
Viglietti osò chiedergliene la ragione. Don Bosco rispose:
<< Avevo dinanzi agli occhi viva la scena del sogno dei 9 anni>>.
Allora la Modonnq gli aveva detto: <<A suo tempo tutto compren-
derai>>. Erano passoti 62 anni di sudori, di sacrifici e di lotte, e
quel tempo era giunto: Io luce del tromonto si fondeva con Io luce
dell'auroro, e illuminavo oncoro una volta quello vita che avevo
sempre mandato bogliori di luce divina (M.8. XVIII, 341).
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Nuovi interventi dall'alto
Il sogno dei 9 anni si rinnovò per lo spazio di circa 18 anni. Il
quadro generale era lo stesso, ma ogni volta era accompagnato da
scene accessorie sempre nuove, che adombravano lo svolgersi del-
la sua futura missione di apostolo dei giovani. In questi interventi
dall'alto si trova la spiegazione della sua calma imperturbabile e
della sicurezza di riuscire in ogni sua impresa.
All'età di 16 anni vide venire a una maestosa Signora che con-
duceva un numerosissimo gregge e che, awicinandosi a lui e chia-
mandolo per nome, gli disse:
Ecco, Giovannino, tutto questo gregge lo affido alle tue cure.
- Come faro obiettò Giovanni ad aver cura di tante pe-
- - - core e di tanti agnelli?
- Non temere - rispose la Signora -, io ti assisterò.
All'età di l9 anni gli apparve di nuovo il personaggio del primo
sogno, vestito di bianco, raggiante di luce splendidissima, in atto
di guidare una turba innumerevole diragazzi. Rivoltosi a Giovan-
ni, gli disse:
Vieni qua, mettiti alla testa di questi tagazzi e guidali tu stesso.
- Ma io non sono capace di guidare tante migliaia di ragazzi.
-Ma il personaggio gli ripetè un comando imperioso, sicchè Gio-
vanni si pose a capo di quella turba giovanile (M.B. I,244).
Nello stesso anno, ancora chierico, si vide in sogno già prete in
cotta e stola a lavorare in una sartoria; però non cuciva solo cose
nuove, marappezzava anche abiti logori. Chiaro simbolo che era
chiamato a educare non solo giovani buoni e santi come Domeni-
co Savio, ma anche a condurre sulla buona strada giovani già tra-
viati (M.B. I,382).
Aveva raggiunto l'età di 22 anni, quando in un nuovo sogno
gli fu indicato anche il campo della sua futura missione. Vide Ia
valle sottostante alla cascina del Sussambrino, dove trascorreva
Ie vacanze, convertirsi in una grande città, nelle cui strade epiaz-
t6

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ze correvano turbe di ragazzi schiamazzando, giocando e bestem-
miando. Di carattere pronto e vivace, Giovanni si avvicinò a quei
ragazzi, sgridandoli e minacciandoli. Viste vane le sue minacce,
prese a percuoterli; ma quelli reagirono e lo tempestarono di pu-
gni. Mortificato e pesto, si diede alla fuga. Ma ecco venirgli in-
contro un personaggio che gli intimo di fermarsi e di ritornare tra
quei monelli. Quindi lo presentò a una nobilissima Signora e disse:
-La
Questa è mia madre: consìgliati con lei.
Signora, fissandolo con uno sguardo pieno
di
bontà,
gli
disse:
le
-perSceosvsueo,i
guadagnarti questi monelli, non devi affrontarli
ma prenderli con la dolcezza e la persuasione.
con
In quel momento, come nel primo sogno, vide i giovani trasfor-
marsi in agnelli, ai quali egli prese a fare da pastore per ordine
di quella Signora (M.B. I,424).
{< {. {.
Ed ecco il commento del primo biografo di Don Bosco, Don
G.B. Lemoyne: <<Si noti il progressivo e razionale succedersi dei
vari sorprendenti sogni. A 9 anni Giovonni viene q conoscere lo
grandiosa missione che gli verrà affidato; a 16 ode ls promesso
dei mezzi materiali indispensobili; a l9 un imperioso comondo gli
fa conoscere che non è libero di rifiutore la missione affidatogli;
ai 2l gli è palesoto la closse dei giovani dei quali dovrà prendersi
cura; oi 22 Sli è indicato una gronde città, Torino, come luogo del
suo apostoloto. E queste misteriose indicazioni non si aresteran-
no qui, mo continueranno fin che non sorà compiuta I'opera di
Dio» (M.8. 1,426).
t7

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Una stupend a e alta chiesa
Ormai Don Bosco è già sacerdote e sta perfezionandosi negli studi
teologici nel Convitto Ecclesiastico di Torino, sotto la direzione
di San Giuseppe Cafasso. Ed ecco due altri sogni che destano lo
stupore in chi conosce le vicende dell'Oratorio ambulante di Don
Bosco, perché sono due sogni che fanno conoscere in precedenza
al Santo le varie tappe e il progressivo sviluppo della sua Opera.
In queste autentiche visioni vide anche la chiesa di Maria Ausilia-
trice vent'anni prima che fosse costruita. Ecco i passi più signifi-
cativi: li citiamo con le sue stesse parole.
Nel sogno del 1844, dopo la solita scena di una moltitudine di
animali di ogni specie, appare la Pastorella misteriosa. E Don Bo-
sco continua: « Dopo aver molto camminato, mi trovai in un pra-
to dove quegli animali saltellavano e mangiavano insieme, senza
che gli uni tentassero di mordere gli altri. Oppresso dalla stanchezza,
volevo sedermi, ma la Pastorella mi invito a proseguire il cammi-
no. Fatto ancora breve tratto di via, mi sono trovato in un vasto
cortile con porticato attorno, alle cui estremità vi era una chiesa.
Qui mi accorsi che quattro quinti di quegli animali erano diventa-
ti agnelli. Il loro numero poi divenne grandissimo.
ln quel momento sopraggiunsero parecchi pastorelli per custo-
dirli: ma essi si fermavano poco e tosto partivano. Allora succe-
dette una meraviglia: molti agnelli si cangiavano in pastorelli, che
aumentando si prendevano cura degli altri agnelli. Crescendo di
numero, i pastorelli si dividevano e andavano altrove per racco-
gliere altri strani animali e guidarli in altri ovili.
Io volevo andarmene, ma la Pastorella mi invitò a guardare a
mezzodì. Guardai e vidi un campo seminato a ortaggi.
- - Guarda un'altra volta mi disse.
Guardai di nuovo e vidi una stupenda e alta chiesa. Nell'inter-
no di quella chiesa c'era una fascia bianca su cui a caratteri cubi-
tali stava scritto: HIC DOMUS MEA, INDE GLORIA MEA (Qui
la mia casa, di qui la mia gloria).
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Continuando nel sogno, volli domandare alla Pastora che cosa si-
gnificasse tutto questo.
tuo-i
oTcuchci ommaptreerniadlei rvaeidoragindi icfoastato-
qumani troispoorsaev-ediqcuoanndgoli
con i
occhi
della mente.
unPaltrtoardsoi g-noc,omntiinsuearvDì odni pBroosgcroam- mqauensetoll,ecmoniegiudnetlaibmeeranzteioncon
(M.B. rr,245).
In un nuovo sogno che ebbe l'anno seguente, si rinnovò la vi-
sione simbolica degli sviluppi che avrebbe avuto la sua missione
tra i giovani e, oltre la chiesa di Maria Ausiliatrice, vide anche la
cappella Pinardi e la chiesa di San Francesco di Sales.
E si noti che le tre chiese che si possono ammirare ancora
- oggi non esistevano ancora e che Don Bosco non conosceva nep-
- pure il terreno su cui sarebbero state costruite.
In questo sogno la Pastorella si presenta a Don Bosco in forma
di Signora, che gli fa vedere una nuova tappa del suo Oratorio:
un semplice prato (sarà il prato « Filippi »); poi finalmente la sede
stabile più a Nord (Valdocco).
Ascoltiamo Don Bosco: <<Allora quella Signora mi disse:
- Osserva!
Io guardando vidi una chiesa piccola e bassa (la futura cappella
Pinardi), un po' di cortile e un gran numero di giovani. Ma essen-
do questa chiesa divenuta angusta, ricorsi ancora a lei, ed essa mi
fece vedere un'altra chiesa assai più grande con una casa vicino
(la chiesa di San Francesco di Sales e la casa Pinardi). Poi mi con-
dusse quasi innanzi alla facciata della seconda chiesa, e indican-
domi un terreno coltivato, soggiunse:
- In questo luogo, dove i gloriosi martiri di Torino Avventore
e Ottavio soffrirono il loro martirio, su queste zolle che furono
bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia onora-
to in modo specialissimo.
Così dicendo avanzava un piede posandolo sul luogo dove av-
venne il martirio, e me lo indico con precisione.
Io intanto mi vidi circondato da un numero immenso e sempre
crescente di giovani; ma guardando la Signora, crescevano anche
imezzi e il locale, e vidi poi una grandissima chiesa (l'attuale Maria
Ausiliatrice), precisamente nel luogo dove mi avevafatto vedere che
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avvenne il martirio dei Santi della Legione Tebea, con molti edifi-
ci tutto all'intorno e con un bel monumento in mezzo» (vide an-
che il suo monumento?).
<<Mentre accadevano queste cose, io, sempre in sogno, avevo
a coadiutori preti e chierici che mi aiutavano alquanto e poi fuggi-
vano. Io cercavo con grandi fatiche di attirarmeli, ma essi poco
dopo se ne andavano e mi lasciavano tutto solo. Allora mi rivolsi
nuovamente a quella Signora, la quale mi disse:
qu-estVounoaisstraopeerelecgoamleorfoarleaaffrfoinncteh.é non ti scappino più? Prendi
Prendo riverente il nastrino bianco dalla sua mano e vedo che
sopra era scritta questa parola: Obbedienza. Provai tosto a fare
quanto mi aveva detto quella Signora, e cominciai a legare il capo
di qualcuno dei miei volontari coadiutori col nastro, e vidi subito
grande e mirabile effetto; e questo effetto sempre cresceva, men-
tre io continuavo nella missione conferitami, poiché da costoro si
lasciava affatto il pensiero di andarsene altrove e si fermavano ad
aiutarmi. Così venne costituita la Congregazione>> (M.B. II,298).
rl. ,k ,l
Il sogno continua, ma a noi interessa lofinale: «Fin do quel tem-
po io camminai sempre sul sicuro, sia riguardo ogli oratori, sia
riguordo olla Congregozione, sia sul modo di comportormi con le
autorità. Vedo benissimo le gravi dfficoltà che debbono sorgere
e conosco il modo di superarle>>.
Il biografo commento: <<Di qui ebbe origine quell'incrollobile
fede nel buon esito della sua missione, quella sicurezzo nell'affron-
tore ogni sorta di ostacoli che pareva temerità, quel cimentarsi a
imprese colossali, superiori a forze umone, e tuttavia condurle a
felicissimo termine >> (M.8. 11,300).
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3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Un pergolato di rose
Il sogno seguente porta evidenti i caratteri di una visione più
che di un sogno. Infatti Don Bosco, nel raccontarlo ai suoi primi
Salesiani, s'introdusse così: «Perché ognuno di noi abbia la sicu-
rezza che è Maria Vergine che vuole la nostra Congregazione, vi
racconterò non già la descrizione di un sogno, ma quello che la
stessa Beata Madre si compiacque di farmi vedere».
Continua quindi narrando il sogno, che riportiamo con le stes-
se sue parole, omettendo per brevità alcuni particolari.
«Un giorno dell'anno 1847, avendo io molto meditato sul mo-
do di far del bene alla gioventù, mi comparve la Regina del cielo
e mi condusse in un giardino incantevole».
Quindi Don Boscò descrive il giardino, poi prosegue: << C'era un
pergolato che si prolungava a vista d'occhio, fiancheggiato e co-
perto da rosai in piena fioritura. Anche il suolo era tutto coperto
di rose. La Beata Vergine mi disse:
Togliti le scarpe! e poiché me le ebbi tolte, soggiunse:
-- -, Va' avanti per quel pergolato; è quella la strada che devi per-
correre.
Cominciai a camminare, ma subito mi accorsi che quelle rose
celavano spine acutissime, cosicché i miei piedi sanguinavano. Quin-
di fatti appena pochi passi, fui costretto a ritornare indietro.
-
M- i
Qui ci vogliono le scarpe dissi allora àlla mia Guida.
-, Certamente mi rispose ci vogliono buone scarpe.
- -; calzu e mi rimisi in via con un certo numero di compagni,
che avevano chiesto di seguirmi. Il pergolato appariva sempre più
stretto e basso. Molti rami si abbassavano e si alzavano come fe-
stoni; altri pendevano perpendicolari sopra il sentiero. Erano tut-
ti rivestiti di rose, e io non vedevo che rose ai lati, rose di sopra,
rose innanzi ai miei passi. Mentre ancora provavo vivi dolori ai
piedi, toccavo rose di qua e di là, sentendo spine ancor più pun-
genti; e mi pungevo e sanguinavo non solo nelle mani, ma in tutta
la persona. Al di sopra anche le rose che pendevano celavano spine
2l

3.2 Page 22

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pungentissime, che mi si infiggevano nel capo. Tuttavia, incorag-
giato dalla Beata Vergine, proseguii il mio cammino.
Intanto tutti coloro che mi osservavano, dicevano:
- Oh, come Don Bosco cammina sempre sulle rose! Egli va
avanti tranquillissimo; tutte le cose gli vanno bene.
Ma essi non vedevano le spine che laceravano le mie membra.
Molti preti, chierici e laici, allettati dalla bellezza di quei fiori, si
erano messi a seguirmi con gioia, ma quando sentirono la puntu-
ra delle spine, si misero a gridare:
- Siamo stati ingannati!
Percorso un bel tratto di via, mi volsi indietro e con dolore vidi
che mi avevano abbandonato. Ma fui tosto consolato perché vidi
un altro stuolo di preti, chierici e laici avanzarsi verso di me dicendo:
- Eccoci: siamo tutti suoi, siamo pronti a seguirla»».
Don Bosco continua dicendo che, giunto in fondo al pergolato,
si trovò con i suoi in un bellissimo giardino, dove lo circondarono
i suoi pochi seguaci, tutti dimagriti, scarmigliati, sanguinanti. Al-
lora si levò una brezza leggera, e a quel soffio tutti guarirono co-
me per incanto. Soffio un altro vento e si trovò attorniato da un
numero immenso di giovani, assistiti da molti preti e coadiutori
che si misero a lavorare con lui.
Intanto si vide trasportato con i suoi in una << spaziosissima sala
di tale icchezzache nessuna reggra al mondo può vantarne I'uguale.
Era tutta cosparsa e adorna di rose freschissime e senza spine
dalle quali emanava una soavissima fragranza. Allora la Vergine
SS. che era stata la mia guida, mi interrogò:
A-- lloNSraoai
che cosa significa tutto
-Ellarismpoi sdiis-s,e: vi prego
ciò?
di spiegarmelo.
- Sappi che la via che hai percorso tra le rose e le spine signifi-
ca la cura che tu hai da prenderti della gioventù: tu vi devi cammi-
nare con le scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappre-
sentano le affezioni sensibili, le simpatie e le antipatie umane che
distraggono I'educatore e lo distolgono dal vero fine, lo ferisco-
no, lo arrestano nella sua missione, gli impediscono di raccogliere
meriti per la vita eterna. Le rose sono simbolo della carità ardente
che deve distinguere te e tutti i tuoi coadiutori. Le altre spine si-
gnificano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccheranno.
22

3.3 Page 23

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Ma non vi perdete di coraggio. Con la carità e la mortificazione
tutto supererete e giungerete alle rose senza spine.
Appena la Madre di Dio ebbe finito di parlare, rinvenni in me
e mi trovai nella mia camera» (M.8. III,32).
rf {.
I<< giordini del poradko non sono come quelli della terra. In que-
sti le spine restano e le rose passano; in quelli le spine passano e
le rose restano eternamente (San Francesco di Soles, Massime, Zi-
brerio Editrice Salesiona, Romo, p. 50).
<< Per cogliere le rose, si su, s'incontrdno le spine; mo con le spi-
ne vi è sempre lo rosa>> (Don Bosco oi Salesisni, M.B. XVII,13l).
,<È vero, sdranno spine, mo spine che si cangeronno poi in fiori,
e questi dureranno per tutta I'eternitò» (Don Bosco alle Figlie di
Mario Ausiliatrice, M.B. XVII,555).
23

3.4 Page 24

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Grandi funerali a Corte
Una notte, verso la fine del novembre 1854, Don Bosco sogno
di trovarsi nel cortile circondato da preti e da chierici, quando com-
parve un valletto di corte con la sua rossa uniforme che, giunto
alla sua presenza, gridò:
Grande notizia!
- Quale? chiese Don Bosco.
- - Annunzia: gran funerale a Corte!
-Don Bosco, dolorosamente sorpreso, voleva chiedergli spiega-
zioni, ma il valletto ripetendo:
- - Gran funerale a Corte! scomparve.
Appena destatosi, preparò subito una lettera per il Re Vittorio
Emanuele II, nella quale gli esponeva il sogno fatto.
A pranzo comparve tra i giovani con un fascio di lettere.
- - - Stamane disse ho scritto tre lettere a grandi personag-
gi: al Papa, al Re, al boia.
Al sentire accoppiati questi tre nomi, i giovani scoppiarono in
una risata. Il nome del boia non fece loro meraviglia perché cono-
scevano le relazioni di Don Bosco con le autorità carcerarie. [n
quanto al Papa, sapevano che era con lui in relazione epistolare.
Cio che agJzzayala loro curiosità era il sapere che cosa avesse scritto
al Re. Don Bosco raccontò loro il sogno e concluse:
- Questo sogno mi ha fatto star male tutta Ia notte.
Cinque giorni dopo, il sogno si rinnovò. Don Bosco è sedu-
to a tavolino quando entra con impeto il valletto in rossa livrea
e grida:
- Non gran funerale a Corte, ma grandi funerali a Corte!
Don Bosco scrisse al Re una seconda lettera, nella quale gli rac-
contava il secondo sogno e lo invitava a impedire che fosse appro-
vato un progetto legge che proponeva lo scioglimento degli Ordi-
ni religiosi che non si dedicavano all'istruzione, alla predicazione
o all'assistenza degli orfani, e l'incameramento di tutti i beni da
parte dello Stato, con il pretesto che << con quei beni lo Stato avreb-
24

3.5 Page 25

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be potuto prowedere alle parrocchie più povere». Proponente del
progetto era Urbano R.attazzi.
Mentre si discuteva questo progetto legge alle Camere, Don Bosco
ripeteva ai suoi intimi:
- Questa legge attirerà su Casa Reale gravi disgrazie.
Il Re aveva fatto leggere quelle lettere al Marchese Fassati, che
si recò da Don Bosco e gli disse:
- Ma le pare questa la maniera di mettere sossopra tutta la Cor-
te? Il Re ne è rimasto più che impressionato e turbato. Anzi è mon-
tato sulle furie.
- - -. Ciò che ho scritto è verità rispose Don Bosco Mi rin-
cresce di aver disgustato il Sovrano, ma si tratta del suo bene e
di quello della Chiesa.
In quei giorni Vittorio Emanuele II scriveva al generale Alfon-
so Lamarmora: « Mia madre e mia moglie non fanno che ripeter-
mi che esse muoiono di dispiacere per causa mia>».' Esse infatti
erano contrarie a quella legge settaria e ingiusta.
Il5 gennaio 1855 si ammalava gravemente la Regina Madre Maria
Teresa, e il 12 seguente si spegneva con una morte santa. Aveva
54 anni. Il lutto fu universale perché era molto amata per la sua
carità verso tutti i bisognosi.
Il giorno 16 la Corte reale non era ancor tornata dai funerali
della Regina Madre, quando ricevette I'urgente invito a parteci-
pare al viatico della Regina Maria Adelaide. Essa aveva dato alla
Iuce un bambino otto giorni prima e non si era più ripresa. Quat-
tro giorni dopo, la sera del20, l'augusta inferma spirava a soli 33
anni di età.
- - I suoi sogni si sono avverati dissero a Don Bosco i giovani
al ritorno dal secondo funerale.
- - - È vero rispose Don Bosco e non sappiamo se con que-
sto secondo funerale sia chiusa la serie dei lutti a Corte.
E realmente nella notte dal l0 all'l I febbraio, dopo venti giorni
di grave malattia, moriva il principe Ferdinando di Savoia, Duca
di Genova, fratello del re, anch'egli a soli 33 anni.
Il Sovrano fu talmente turbato da quelle profezie dolorosamen-
te avveratesi, che un giorno esclamò: <<Io non ho più un istante
' T.rv.rrrrNr, La vita e i tempi di Giovanni Lanza, vol. I, p. 150.
25

3.6 Page 26

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di pace! Don Bosco non mi lascia vivere!» E incaricò una perso-
nalità di Corte di riferire a Don Bosco queste sue parole (M.B.
v,176).
rl. * {<
Questa incalzante serie di sciagurefamiliari ovrebbe dovuto con-
vincere il Re che le lettere misteriose ricevute da Don Bosco e da
altre sante persone gli rivelavano lo volontà di Dio che non si op-
provasse una legge così grave, senza un'intesa preventivo con lo
Santa Sede. Tuttavia il 2 marzo la legge venivo approvata dalla
Camera dei Deputoti con 94 voti contro 23. E il 22 maggio I'ap-
provovo anche il Senato con 53 voti contro 42. Il re la firmò il 29
maggio.
Mentre in Senato si discutevo sull'infausta legge, il l7 maggio
la Casa Reale era nuovomente in lutto per la morte delpiccolo Vit-
torio Emonuele Leopoldo M. Eugenio, di. appeno quottro mesi.
In 130 giorni ilRe ovevo perduto lo modre, lo moglie, ilfratello
e il fislio. I sogni profetici di Don Bosco si erano pienomente av-
verati (M.8. V;176).
26

3.7 Page 27

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Il sogno delle 22 lune
Nel marzo del 1854 Don Bosco radunò i giovani interni del suo
Oratorio e raccontò loro questo sogno.
« Io mi trovavo con voi nel cortile e godevo nel vedervi vispi e
allegri. Chi saltava, chi gridava, chi correva. A un tratto vedo uno
di voi che si mette a passeggiare tra i compagni con un alto cilin-
dro sul capo. Questo strano copricapo era trasparente, tutto illu-
minato all'interno, con la figura di una grossa luna, in mezzo alla
quale si leggeva il numero 22. Stupito, cercai subito di avvicinarlo
per dirgli che lasciasse quell'arnese da carnevale; ma ecco che l'a-
ria si oscura, il cortile si sgombra e tutti i giovani si raccolgono
sotto i portici della casa. Io li osservo: sono pallidi e pieni di pau-
ra. Fra di loro scorgo quello del cilindro, più pallido degli altri
e con una coltre funebre sulle spalle. Cerco di awicinarlo, ma una
mano mi trattiene e vedo uno sconosciuto serio e di nobile aspetto
che mi dice:
- Ascolta, quel giovane ha ancora 22lune di tempo; prima che
siano passate, morirà. Tienlo d'occhio e preparalo!»
Don Bosco concluse il suo racconto dicendo:
- Il giovane, miei cari figliuoli, è tra di voi e io lo conosco.
I giovani rimasero terrorizzati, anche perché era la prima volta
che Don Bosco prediceva la morte di uno della casa. Il Santo se
ne accorse e cercò di calmarli:
- - - Quello che dovete fare disse è di tenervi sempre prepa-
rati e di non commettere peccati; allora la morte non vi farà più
paura. Io intanto terrò d'occhio quello delle 22lune, cioè dei 22
mesi, e spero farà una buona morte.
Questa predizione creò nell'Oratorio un clima di grande fervo-
re: tutti stavano attenti a mantenersi in grazia di Dio; intanto con-
tavano le lune con estremo interesse.
C'era tra i giovani un certo Secondo Gurgo, biellese di Petti-
nengo, sui l7 anni, robusto e florido di salute. Suo assistente era
il chierico Cagliero, il futuro cardinale, a cui Don Bosco con insi-
27

3.8 Page 28

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stenzachiedeva notizie dei suoi assistiti e gli raccomandavadi averne
gran cura, senza però accennare al Gurgo. Da parte sua Don Bo-
sco in qtei22 mesi preparò con prudenzaezelo l'anima del giova-
ne, che era lontanissimo dal pensare di essere lui il giovane delle
22lune, data la sua costituzione sana e robusta.
Ai primi di dicembre (ventiduesima luna) all'Oratorio non c'e-
ra alcun malato, ma Don Bosco annunziò che uno dei giovani sa-
rebbe morto prima di Natale. Si passò il mese in grande trepida-
zione.Il 24 Gurgo fu colpito da una colica violenta con dolori stra-
zianti. Ebbe tempo di ricevere i conforti religiosi e il giorno stesso
spirava ancora fiorente di giovinezza.
In casa si fece un gran parlare di questa morte perché era avve-
nuta alla ventiduesima luna, secondo la predizione di Don Bosco.
E il giovane Gurgo, morendo il24 dicembre, aveva compiuto an-
che la seconda predizione, che cioè non avrebbe visto il S. Natale.
Quella sera Don Bosco, col volto atteggiato a grande mestizia,
saliva sulla piccola cattedra da cui soleva dare la << buona notte »
ai suoi ragazzi, e con accento di dolore diceva: « È il primo giova-
ne che muore nel nostro Oratorio. Ha fatto le sue cose bene e spe-
riamo che sia in Paradiso... ». E non poté continuare per la com-
mozione: la morte gli aveva rapito uno dei suoi più cari figliuoli
(M.8.V,456).
,1. ,r ,.<
Che Don Bosco abbio previsto chiaramente questo morte non
fa meraviglia, se si pensa a quqnto afferma il Beato Don Rua, che
visse quarant'onni a fionco del Santo: <<Don Bosco fu dototo in
alto grado del dono dello profezia. Lo predizione di cose future
libere e contingenti e ptenamente avverote sono così numerose do
for supporre che il dono profetico gli fosse come obituale»» (M.8.
v, 456).
28

3.9 Page 29

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Don Bosco sogna sua madre
I
Don Bosco conservò vivissimo l'affetto per sua madre; ne par-
lava sempre con commozione; e più volte se la vide comparire in
sogni che restarono indelebili nella sua mente.
Così nell'agosto del 1860 (quattro anni dopo la sua morte), gli
parve d'incontrarla presso il Santuario della Consolata, mentre egli
tornava all'Oratorio. Il suo aspetto era bellissimo.
Ma come! Voi qui? le disse Don Bosco Non siete morta?
- - -. Sono morta, ma vivo rispose Margherita.
- - E siete felice?
- Felicissima!
-Don Bosco le chiese se dopo morta fosse entrata subito in para-
diso. Margherita rispose di no. Quindi le chiese se in paradiso vi
fossero vari giovani dei quali fece i nomi; e Margherita rispose di sì.
- - - E ora continuò Don Bosco fatemi conoscere che cosa
godete in paradiso.
Non posso rispose la mamma.
- - Datemi almeno un saggio della vostra felicità.
-Allora vide sua madre tutta splendente, ornata di una veste pre-
ziosissima, con un aspetto di maestà meravigliosa, e dietro a lei
un coro numeroso. Poi si mise a cantare. Il suo canto d'amore a
Dio, di una inesprimibile dolcezza, andava diritto al cuore, lo in-
vadeva e lo attirava senza fargli violenza. Sembrava l'armonia di
mille cori e di mille gradazioni di voci, che dai bassi più profondi
salivano agli acuti più alti, con varietà di toni e differenza di mo-
dulazioni e vibrazioni più o meno forti, combinate con tanta arte,
delicatezza e accordo che formavano un sol tutto. Don Bosco, a
quella soavissima melodia, rimase come fuor di sé e non seppe più
che cosa dire e domandare a sua madre. E Margherita, quando
ebbe finito il canto, si rivolse a lui dicendo:
- Ti aspetto, perché noi due dobbiamo stare sempre insieme.
Proferite queste parole, disparve (M.8. V,567).
29

3.10 Page 30

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*rkrl
Quando una persona caro ci loscia, siomo soliti consolarci e con-
solore dicendo: <<È ondato nella Cosa del Padre». Benissimo! Ma
la fede ci dice che la Caso del Padre ho un'anticamero, nota col
nome di «purgatorio>>,
dove l'umano spirito si purga
e di salir al ciel diventa degno (Purg. 1,5).
Anche lo sonto Mummo di Don Bosco è passoto per questa mi-
sterioso ma reale anticamera del porodiso.
II
Più tardi, nel 1886, Don Bosco sognò sua madre nell'atto di at-
tingere acqua alla fontana vicino alla sua casetta. Mamma Mar-
gherita si mostrava preoccupata perché quell'acqua, che era sem-
pre stata limpida e pura, ora appariva limacciosa e popolata d'in-
setti.
Richiesta da Don Bosco del motivo di quella preoccupazione,
rispose:
- Aquam nostrqm pretio bibimus (Noi beviamo la nostra ac-
qua pagandola).
- - Sempre col vostro latino le rispose Don Bosco.
Mamma Margherita continuò col suo latino facendo capire a
Don Bosco che in awenire le sue parole si sarebbero avverate.
Quindi lo condusse dietro la fontana, in un luogo elevato don-
de si distinguevano Capriglio e altre borgate sparse qua e là; e ad-
ditandogliele, disse:
Che differenza c'è tra questi paesi e la Patagonia?
- Ma io vorrei, se potessi, fare del bene qui e là.
-Allora la madre si dileguò. Don Bosco, nel raccontare il sogno,
fece questa osservazione: << Il posto nel quale mi condusse mia ma-
dre, è molto adatto per farvi qualche opera, essendo centrale fra
molte borgate che non hanno chiesa» (M.B. XYII,Z7).
* tl. {.
Questo breve sogno contiene due profezie. Lo prima è lo fon-
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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tano, che ebbe acqua imbevibile per diversi anni, nel 1934 fu so-
stituita dall'ocquedotto del Monferrato (l'acquo pagato).
L'altro profezio è che sull'altura su cui Mammo Morgherita ha
portoto Don Bosco, dal 1940 domina il gronde Istituto Bernordi-
Semeria; e dal 1965 il Tempio di Don Bosco, meta di frequenti
pellegrinoggi e centro pastorale per molte porrocchie dei dintorni.
3l

4.2 Page 32

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Sogno premonitore
Anno 1860. Alle dieci perquisizioni fatte negli anni precedenti
all'Oratorio di Don Bosco, sospettato di mene rivoluzionarie, il
ministro Farini ne aggiunse un'altra, ordinando al Questore di To-
rino di procedere a una nuova visita fiscale alla Casa di Don Bo-
sco. Con tale perquisizione improwisa negli ambienti dell'Orato-
rio si sperava di trovare qualche documento compromettente e cosi
avere un pretesto per chiudere la Casa.
di <<l9L'Oanpneiraerdaeclol'Ostaratatotraiont-e
ssoclrlievecitDuodninLi,etmaonytenefa-ti,chcehee
nel corso
sudori a
Don Bosco e ai suoi collaboratori, correva pericolo di essere di-
strutta come da un turbine. Rumoreggiavala minaccia di impri-
gionare colui che prowedeva il pane a tanti ricoverati e loro pro-
cacciava un avvenire onorato... E i timori crescevano per la chiu-
sura in quei giorni di varie case di educazione, e per la prigionia
di onesti personaggi dell'uno e dell'altro clero. Don Bosco, però,
senza turbarsi attendeva I'intervento della Madonna».
Ed ecco che, tre giorni prima che awenisse la perquisizione, Don
Bosco, ancora ignaro della cosa, fece un sogno che gli tornò di
grande vantaggio. Lo narra in questi termini: «Mi sembro di ve-
dere una schiera di malandrini entrare nella mia camera, impadro-
nirsi della mia persona, rovistare nelle carte, in ogni forziere e met-
tere sossopra ogni scritto.
In quel momento uno di loro con aspetto assai benevolo mi disse:
ste-coPnetercnhtoé
non
che
avete allontanato il
si trovassero quelle
tale e tal altro scritto? Sare-
lettere dell'Arcivescovo che
potrebbero essere causa di male a voi e al lui? E quelle lettere di
Roma, quasi dimenticate, che
gohgini-
e quelle
molestia.
altre
là?
Se
ie
sono poste qui
aveste tolte, vi
-sareesintedilcibaevaraitoludoa-
Fattosi giorno, scherzando ho raccontato il sogno come Iavoro
di fantasia; tuttavia ho messo in ordine pat'ecchie cose, e alcuni
scritti che potevano essere interpretati a mio danno li ho allonta-
32

4.3 Page 33

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nati. Questi scritti erano alcune lettere confidenziali affatto estra-
nee alla politica o a cose di governo. Poteva però essere conside-
rata come delitto ogni istruzione ricevuta dal Papa o dall'Arcive-
scovo sul modo di regolarsi dei sacerdoti riguardo a certi dubbi
di coscienza. Quando pertanto cominciarono le perquisizioni, io
avevo trasportato altrove tutto ciò che poteva dare il minimo ap-
piglio di relazioni o allusioni politiche nelle cose nostre» (M.B.
vI,546).
,c {< ,<
Ciò che fece stupire Don Bosco fu che i perquisitori rovistaro-
no specialmente in quei luoghi dove primo c'erono le corte da lui
trafugate, cioè nei luoghi che gli erono stati indicati nel sogno.
33

4.4 Page 34

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Tre giudici illustri
Nelle cronache dell'Oratorio leggiamo: «Nelle tre notti che pre-
cedettero l'ultimo giorno del 1860, Don Bosco fece tre sogni, co-
me egli li chiama, ma che noi con tutta sicurezza per ciò che ab-
biamo veduto, sentito, provato, possiamo chiamare celesti visio-
ni. Era lo stesso sogno ripetuto tre volte, ma sempre con circo-
stanze diverse» (M.B. VIII, l7).
Don Bosco lo raccontò l'ultima sera dell'anno 1860 a tutti i gio-
vani radunati. Noi ne riassumiamo le scene più interessanti.
Per tre notti consecutive Don Bosco si trovò in campagna in com-
pagnia dei suoi tre grandi amici: San Giuseppe Cafasso, Silvio Pel-
lico e il Conte Cays, deputato al Parlamento Subalpino.
- - « La prima notte racconta Don Bosco la passammo di-
scorrendo sopra vari punti di religione riguardanti specialmente
i tempi che corrono. La seconda si passò in conferenze morali, in
cui si sciolsero casi di coscienza spettanti la direzione dei giovani.
Laterzanotte furono casi pratici con i quali conobbi l'interno mo-
ra,le di ciascun giovane in particolare. Nel primo giorno io non vo-
levo dar retta al sogno perché il Signore ce lo proibisce nella Sacra
Scrittura. Ma in questi giorni scorsi, dopo aver fatto parecchie espe-
rienze, dopo aver preso parecchi giovani a parte e aver detto loro
le cose tali e quali le avevo viste nel sogno, e che essi mi assicura-
rono essere proprio così, allora io non potei più dubitare che que-
sta sia arra grazia straordinaria che il Signore concede a tutti i figli
dell'Oratorio. Io perciò mi trovo in obbligo di dirvi che il Signore
vi fa sentire la sua voce, e guai a coloro che vi resistono»>.
In sintesi, Don Bosco aveva assistito a questa scena. C'era una
gran sala. Seduti a un tavolo c'erano i tre personaggi nominati in
veste di giudici. All'invito di Don Cafasso, Don Bosco fece entra-
re i giovani. Uno per uno, i giovani si presentavano con una car-
tella in mano, nella quale c'erano molti numeri da addizionare,
e la consegnavano a quei signori. Questi, se la cartella era in rego-
la e ben fornita di numeri, Ii addizionavano e la restituivano a cia-
34

4.5 Page 35

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scuno; la respingevano se vi erano cifre imbrogliate. I primi usci-
vano dalla sala felici e andavano a ricrearsi in cortile; gli altri in-
vece uscivano tutti mesti e angustiati. Questa funzione duro a lun-
go, ma alcuni giovani non vollero entrare nella sala, perché ave-
vano la cartella vuota di numeri.
Quando Don Bosco e i tre personaggi uscirono dalla sala, vide-
ro i giovani che avevano la cartella in regola, che si ricreavano fe-
lici. Ne videro altri che stavano mesti in disparte. Don Bosco li
osservò: alcuni avevano una benda agli occhi, altri erano immersi
nella nebbia, altri ayevano il capo attorniato da una nube, altri
a-chveeevpalionctoroeinliocnbuobomireminpoailretloni oubndeoni etepererrlai .uhn(o( oIoadnlaci olvrpiadriicm-ooafpfifnreeosrmeanaltl,iuDaltoilmlanoBm>o>es.ncteo
Intanto Don Bosco, col suo occhio vigile, noto che in cortile man-
cavano molti dei suoi giovani. Dopo varie ricerche, li trovò in un
angolo del cortile.
«-
Ne
Oh, spettacolo miserando!
vedo uno coricato per terra,
p-alliedsoclcaommaei.
la
morte;
altri
se-
duti sopra un basso e lurido scanno; altri sdraiati sopra uno scon-
cio pagliericcio. Giacevano gravemente infermi, chi nella lingua, chi
negli occhi, chi nelle orecchie. Varie malattie affliggevano altri infe-
lici: chi aveva il cuore tarlato e chi guasto e già corrotto; chi aveva
una piaga e chi un'altra. Ve n'era persino uno tutto rosicchiato.
Questo spettacolo mi passava il cuore come un,acutissima spi-
na, che però mi fu addolcita dalla vista di ciò che sto per raccontare.
Don Cafasso mi fa cenno di seguirlo e mi introduce in una sala
splendida, tutta ornata d'oro, d'argento e di ogni più prezioso ad-
dobbo, illuminata da migliaia di lampade da cui emanava una Iu-
ce che i miei occhi non potevano quasi sopportare. Inmezzo a quella
sala regale vi era un'ampia tavola piena di confetture di ogni spe-
cie. Vi erano amaretti quasi grossi come le munizioni dei soldàti,
biscotti così lunghi che uno solo sarebbe bastato a sfamare un gio-
vane. Io mi slanciai subito a invitare i giovani ad assidersi a quella
tavola. Ma Don Cafasso mi fermò gridando:
sta-re
Adagio! Solo
quei dolci!
quelli
che
hanno
i
conti
aggiustati
possono
gu-
Mi acquietai e intanto mi posi a distribuire quei biscotti e quegli
amaretti a quelli che Don Cafasso mi aveva indicato. Tutti ne eb-
bero a sazietà. Io mi compiacevo nel vedere i giovani mangiare con
35

4.6 Page 36

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tanto gusto. Sul loro volto era dipinta la gioia; non parevano più
i giovani dell'Oratorio, tanto erano trasfigurati».
Quelli che erano rimasti senza dolci se ne stavano in un angolo
malinconici e mortificati. Don Bosco ne fu commosso: erano an-
ch'essi suoi figli; supplicò quindi ripetutamente Don Cafasso che
gli permettesse di far parte dei dolci anche a loro.
- - -; No rispose il Santo costoro non possono gustarli; fa-
teli guarire e poi anch'essi ne mangeranno.
Don Bosco gli chiese che gli suggerisse il rimedio per guarire quei
poveretti. Don Cafasso, in procinto di allontanarsi, per ben tre
volte, con voce sempre più alta, gridò:
- State attento! State attento! State attento!
Così dicendo si dileguò con gli altri due personaggi.
Le parole di Don Cafasso, che di per possono apparire mi-
steriose, dovettero riuscire evidenti ed eloquenti a Don Bosco, che
ha sempre considerato come elemento essenziale del suo sistema
educativo una assistenza amorevole, ma vigile e continua, che metta
i giovani nella morale impossibilità di commettere mancanze (M.B.
vI,8l7).
rl. tl *
Il l5 gennaio seguenteJu rivolto a Don Bosco questo domando:
- Perché, avendo fotto il sogno intorno a Natole, ha ospettato
a raccontarcelo?
- - - Dirò rispose Don Bosco quello che ho già detto. Io feci
quel sogno, ma per uno parte non volevo darvi retta; per I'oltra
porte lo vedevo troppo importante, perciò esaminai ben bene la
coso. Chiomoi un giovone che nel sogno ovevo veduto dei più scon-
ciamente piagati e gli dissi: <<Tu stai cosi e così di coscienzo>>, se-
condo te piaghe che gli avevo veduto. Il giovane rispose che il suo
stoto ero yeromente tale. Ne chiamai un oltro e trovoi la stessa esat-
tezza di risposte concordonti con le cose do me viste. In un terzo
oncoro da me esaminato vidi verificarsi il mio sogno. Alloro non
potei più dubitare. In quel sogno ovevo conosciuto lo stoto di co-
scienzo di tutti i giovani, il loro stoto presente e molto onche del
futuro (M.8. VI,83l).
36

4.7 Page 37

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Mense divise in tre ordini
La sera del 5 agosto 1860 Don Bosco raccontava ai giovani del-
l'Oratorio un sogno, nel quale li aveva visti in un vago giardino,
seduti a mense che da terra, formando una gradinata, s'innalza-
vano tanto che a stento ne vedeva la sommità. Le lunghe tavole
erano 14, disposte a vasto anfiteatro e divise in tre ordini, ciascu-
no sostenuto da un muro che formava un ripiano.
In basso, intorno a una tavola posta sul nudo suolo, spoglia di
ogni ornamento e vasellame, si vedeva un certo numero di giova-
ni. Erano mesti, mangiavano di mala voglia e avevano un pane
a forma di quello delle munizioni dei soldati; era tutto rancido e
muffito che faceva schifo. Era in mezzo a sudiciume e a ghiande.
Quei poveretti stavano come gli animali immondi al trogolo. Don
Bosco voleva dir loro che gettassero via quel pane; ma si accon-
tentò di chiedere perché avessero innanzi un cibo cosi nauseante.
Gli risposero:
a-bbDiaombboiaamltroo.mangiare il pane che ci siamo preparati; e non ne
Era lo stato di peccato mortale.
Di mano in mano che le mense salivano, i giovani si mostrava-
no sempre più allegri e mangiavano pane delizioso. Erano bellissi-
mi, splendenti, di una bellezza e splendore sempre crescenti. Le
loro tavole, ricchissime, erano coperte con tovaglie finemente la-
vorate, sulle quali brillavano candelabri, anfore, t+zze, vasi di fiori
indescrivibili, piatti con preziose vivande; tesori di valore inesti-
mabile. II numero di quei giovani appariva grandissimo. Era lo
stato dei peccatori convertiti.
Finalmente le ultime mense alla sommità avevano un pane che
non si puo definire. Pareva giallo, pareva rosso, e lo stesso colore
del pane era quello delle vesti e della faccia dei giovani, che splen-
deva tutta di luce vivissima. Costoro godevano di una allegria
straordinaria e ciascuno cercava di parteciparla agli altri compa-
gni. Nella loro bellezza, nella luce e splendore delle mense supe-
37

4.8 Page 38

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ravano tutti quelli che occupavano i gradi sottoposti. Era lo stato
d'innocenza.
« Ma il più sorprendente si è, continua Don Bosco, che quei gio-
vani li riconobbi tutti dal primo all'ultimo, dimodoché vedendo-
ne ora uno, mi pare di vederlo ancora là assiso al suo posto a quella
tavola>>.
Il giorno seguente Don Bosco disse in privato a ogni alunno il
posto che occupava a quelle mense. Gli si domandò se si potesse
da una tavola inferiore salire a una superiore. Rispose che sì, ec-
cetto che andare a quella pitr alta degli innocenti, perché i decadu-
ti da essa non vi potevano più tornare: era riservata solo a coloro
che conservavano l'innocenza battesimale. Il numero di questi era
piccolo, grande invece quello delle altre mense (M.B. Vt,708).
rkX{<
Non fo meraviglia che Don Bosco leggesse dentro e parlasse con
tqnto disinvoltura, se si penso che possedeva il dono dell'introspe-
zione delle coscienze.
Una testimonionza tra le tante. È di quegli onni. Monsignor A.
Cattaneo, Vicario Apostolico dell'Homon, nel 1909 scrivevo al Beo-
to Don Rua: << Io ebbi lo fortuna e lo consolazione di fare da Don
Bosco la confessione generale quondo venne a Bergamo nel 1861
per gli Eserctzi dei chierici. Presentatomi o lui, cominciai a legger-
gli i miei peccati che avevo scritto su di uns lungu carta. Egli mi
tolse di mono la carta e la pose sul fuoco.
Io restqi muto, senzo poter pronunziare una porola. Ma lui con-
solandomi mi disse subito: "Te li conterò io i tuoi peccati". E di
fatti con mia grande meraviglia me li narrò uno per uno, proprio
come li ovevo scritti io stesso. Può immaginare quale fu la mia
sorpresa e commozione. Scoppiai in pianto di vero dolore e di con-
solazione >> (M.8. VIII,473 ).
38

4.9 Page 39

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Una passeggiata dei giovani al paradiso
Questo sogno Don Bosco lo ebbe nelle notti del 3, 4, 5 aprile
1861.
Eà un sogno originale sotto tanti aspetti ed è testimoniato dai due
primi e più autorevoli cronisti dell'Oratorio di Don Bosco: Don
Domenico Ruffino e Don Giovanni Bonetti, che lo definirono «uno
di quei sogni che il Signore si compiace a quando a quando di man-
dare ai suoi servi fedeli».
Il sogno è lunghissimo. Don Bosco impiego tre sere a raccon-
tarlo alla comunità dei suoi giovani. Noi ne presentiamo una sin-
tesi fedele, per quanto è possibile anche nelle parole.
Don Bosco sogna di fare con i suoi giovani una eccezionale pas-
seggiata, che ha per meta il paradiso, nientemeno!
Si mettono in cammino pieni di gioia, ed eccoli ai piedi di una
collina incantevole. Spira un'aria primaverile, nell'atmosfera re-
gna una calma, un tepore, una soavità di profumi, una luminosità
che mettono I'argento vivo addosso a quelle centinaia di giovani,
i quali passano di sorpresa in sorpresa, di gioia in gioia, trovan-
do, a mano a mano che salgono, ogni sorta di frutta le più squisi-
te, dalle ciliegie all'uva matura.
L'impressione di tutti è di essere giunti in paradiso ma, arrivati
alla sommità della deliziosa collina, vedono un vasto altipiano, oltre
il quale si eleva un'altissima montagna che tocca le nubi. Su per
quella si vedeva una grande moltitudine che saliva con stento. Quan-
do poi giungevano alla meta, erano ricevuti con gran festa e giu-
bilo. Tutti capirono che quello era il paradiso e si lanciarono di
corsa a percorrere l'altipiano che li separava dalla montagna.
Ma ecco che a un tratto si trovarono davanti a un lago di san-
gue, largo, dice Don Bosco, come dall'Oratorio aPiazza Castello
(un buon chilometro). I giovani che erano giunti per primi si fer-
marono inorriditi. Tutti diventarono silenziosi e malinconici. Sul-
la riva si leggeva scritto a grandi caratteri: PER SANGUINEM
39

4.10 Page 40

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(attraverso il sangue). Ai giovani che domandavano curiosi che cosa
significasse quello spettacolo, un personaggio misterioso (pensia-
mo sia la solita Guida), rispose:
no-inQpuairacd'èisiol
Sangue di
versando
Gesù Cristo e di tutti quelli che andaro-
il loro sangue: qui sono i Martiri.
Né i giovani Don Bosco si sentirono di passare attraverso quel
lago di sangue. Perciò lo costeggiarono andando in cerca di un
altro passaggio. Ed eccoli entrare in un terreno sparso di querce,
allori, palme e altre piante. Camminavano felici all'ombra di quelle
piante, quando si presenta loro un altro spettacolo: un secondo
grande lago pieno d'acqua. Sulla riva si leggeva a grandi caratte-
ri: PER AQUAM (attraverso I'acqua). Anche qlui i ragazzi si do-
mandavano che cosa significasse quel secondo lago, tanto più che
vedevano alcuni camminare su quell'acqua appena sfiorandola con
i piedi.
tes-imIon,
quel
nella
laqguoale-
derivsopnooseelsaseGreuibdaagn-atci 'tèult'taicqquueallidcehl esavnotgolioBnaot-
andare in paradiso. Vedete quei giovani che camminano veloci su
quell'acqua? Sono gli innocenti.
Alcuni si misero a correre su quell'acqua, ma la maggior parte
guardava Don Bosco come per dirgli:
-MaADndoinamBooscaoncrhiseponsoei?:
l'ac-quPaersecnoznatocamdieorcni odnenmtrioc. redo cosi santo da passare su quel-
Allora tutti esclamarono:
- Se non osa lei, tanto meno noi!
Continuarono quindi a girare in cerca di un passaggio alla mon-
tagna del paradiso; ed eccoli di fronte a un terzo lago, vasto come
il primo, pieno di fuoco e di fiamme. Sulla sponda stava scritto:
PER IGNEM (attraverso il fuoco). La guida misteriosa disse:
che-
Qui c'è il
non sono
fuoco dell'amor di Dio, per cui devono passare quelli
passati per il sangue del martirio o per l'acqua del
Battesimo.
« Ci
presto
affrettammo
ci vedemmo
a passare oltre
sbarrata la via
-da
dice Don
un altro
lBaogsoc:oe-ra,
ma ben
pieno di
bestie feroci che stavano con Ie fauci spalancate pronte a divorare
chiunque passasse. La solita Guida disse:
40

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Co-stoQrouecshtee
bestie sono i demoni, i
passano impunemente
pericoli
sono le
e le trame del mondo.
anime giuste, sono co-
loro di cui GesÌr ha profetato: Io vi ho dato il potere di calpestare
serpenti e scorpioni e di annientare ogni resistenza del nemico. Nien-
te vi potrà fare del male» (Lc 10,19).
-
tuo-si
IApornendtoeianndmneeorehaodnciilhpceaosnrsaaogrieg! i-oille-gsirdisdisuaslreleoDnteoosntaelBcdouisnqci.oue-i;mèosdtaripfreersoucni.-
me-noOnho-i! gridarono i giovani in coro - se non si sente lei, tanto
Si allontanarono quindi dal lago delle bestie, cominciando a per-
dere la speranza di trovare un passaggio comodo alla montagna
del paradiso, quando s'incontrarono in molta gente che cammi-
nava allegramente verso il paradiso, pur essendo ridotti in condi-
zioni pietose: chi mancava di un occhio, chi di un piede, chi di
una mano, chi della lingua. I giovani guardavano meravigliati,
quando la Guida disse:
car-onSoonnoeigvliaarimsiecni sdii
Dio, sono
del corpo
coloro che per
e riuscirono a
salvarsi
passare
si mortifi-
illesi tra i
pericoli del mondo. Se volete anche voi arrivare al paradiso, pote-
te unirvi a loro e camminare allegramente per la via della mortifi-
cazione.
A questo punto la voce della Guida fu sopraffatta dalle grida
di «Bravo!>», <<Bene!>> che venivano dalla cima della montagna
per incoraggiare quelli che salivano faticosamente per l'erta.
Finalmente Don Bosco con i suoi giovani arrivò su di una piaz-
za gremita di gente, che terminava in un sentiero piccolo piccolo,
tra due alte rupi. Chi si metteva per quel sentiero, uscito dalla parte
opposta, doveva passare per un ponte strettissimo e senza ringhie-
ra, sotto il quale si inabissava uno spaventoso precipizio.
va-ni.
Ecco il sentiero che
E si incamminarono
mpeenraquael lploa.raGdiiusnoti-peersòclaalmpaornotneo,
i
si
gio-
fer-
marono spaventati e non osavano inoltrarsi. A Don Bosco che fa-
ceva loro coraggio, rispondevano:
mo-
Venga lei a fare la
un passo, cadiamo
prova. Noi non
nell'abisso.
osiamo
perché
se
sbaglia-
«Ma
primo e
fcionsaìl,muennotedo-pocIo'anlttirnou, asiaDmoon
Bosco
passati
-al
uno si avanzò per
di e ci trovammo
4t

5.2 Page 42

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ai piedi della montagna. Ci provammo a salire, ma non trovava-
mo nessun sentiero; mille difficoltà e impedimenti si opponeva-
no: in un luogo c'erano accatastati macigni sparsi disordinatamente,
in un altro c'era una rupe da sormontare, qui un precipizio, un
cespuglio spinoso che ci impediva il passo. Dappertutto ripida la
salita. Tuttavia non ci sgomentammo e incominciammo ad arram-
picarci con ardore. Dopo breve ora di faticosa ascesa, aiutandoci
di mani e di piedi, a un certo punto trovammo un sentiero più pra-
ticabile e potemmo salire pitr comodamente.
Quand'ecco arrivammo in un luogo dove vedemmo molta gen-
te, la quale pativa in un modo così orribile, così strano, che tutti
restammo compresi di orrore e di compassione. Io non posso dir-
vi quello che vidi, perché vi farei troppa pena; e voi non potreste
resistere alla mia descrizione.
Intanto vedevamo un gran numero di altra gente che saliva an-
ch'essa, sparsa su per i fianchi del monte; e quando arrivava alla
cima, veniva accolta da quelli che I'aspettavano, fra grandi feste
e prolungati applausi. Udivamo nello stesso tempo una musica ce-
leste e un canto di voci le più dolci, che ci incoraggiavano a salire
su per quell'erta.
Eravamo giunti anche noi quasi alla cima della montagna, quan-
do mi volsi indietro per vedere se avevo con me tutti i giovani; ma
con vivo dolore mi trovai quasi solo. Di tanti miei piccoli compa-
gni non me ne restavano che tre o quattro. Guardai all'ingiù e li
vidi sparsi per la montagna, chi a cercare lumache tra i sassi, chi
a raccogliere fiori senza odore, chi a raccogliere frutti selvatici,
chi a correre dietro alle farfalle, e chi tranquillamente seduto a ri-
posare all'ombra di una pianta. Io mi misi a gridare con quanta
voce avevo in gola, mi sbracciavo a far loro segni, li chiamavo per
nome a uno a uno. Qualcuno venne, sicchè erano poi circa otto
i giovani intorno a me. Tutti gli altri continuavano a occuparsi in
quelle loro bazzecole. Ma io non volevo assolutamente andare in
paradiso accompagnato da così pochi giovani, e perciò determi-
nai di andare io stesso a prendere quei renitenti.
E così feci. Quanti ne incontravo scendendo, tanti ne spingevo
in su. A questo davo un avviso, a quello un rimprovero amorevo-
le; a un terzo una solenne sgridata:
tev-i
Andate su, per
per queste cose
cdaarinul-la.mi
affannavo
a
dire
-;
non ferma-
42

5.3 Page 43

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E venendo in giù li avevo già awertiti quasi tutti e mi trovavo
sulle balze del monte che avevamo salito con tanto stento. Quivi
avevo fermato alcuni che, stanchi per la fatica del salire e impau-
riti dall'altezza da raggiungere, ritornavano al basso. Quindi volli
riprendere la salita verso Ia vetta, ma inciampai in una pietra e mi
svegliai» (M.B. VI, 864-78).
,6*r*
Don Bosco terminò dicendo: <<Se il sogno non fosse stoto un
sogno ma uno realtà e avessimo dovuto morire allora, fro tanti
giovani che siomo qui, se ci incomminossimo verso il paradiso, po-
chissimi vi giungerebbero: fra 700-800 e più non sorebbero che tre
o quottro. Ma o momenti, non vi turbate: dico che non'sorebbero
che tre o quottro quelli che di volo sndrebbero ol paradiso, senza
possore quolche tempo tro lefiamme del purgotorio. Qualcunoforse
vi resterebbe un momento solo, oltri un giorno, oltri dei giorni e
delle settimane. Procurate quindi di acquistare delle indulgenze,
quonte più potete. Se poi acquisterete un'indulgenza plenario, an-
drete di volo in poradiso>> (ib.).
43

5.4 Page 44

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Una ruota misteriosa e profetica
La notte del l' maggio 1861 Don Bosco ebbe un sogno straor-
dinario, sia per lafunghezza (duro circa 6 ore), sia per la varietà
delle scene ammirate, delle quali molte riguardavano i singoli suoi
ragazzi, mentre altre interessavano la sua nascente Congregazio-
ne, da lui contemplata nel suo avvenire con precisione profetica.
Nel raccontarlo Don Bosco impiegò tre << buone notti >>, nelle quali
il discorsino di pochi minuti che soleva rivolgere ai suoi figliuoli
dopo le preghiere della sera, per la circostanza, superò lamezt'ora.
Anche in questo sogno è presente una Guida, decisa però a non
rivelare il suo nome. Essa reca una macchina fornita di una gros-
sa ruota con manovella, che manovra una grande lente di un me-
tro e mezzo circa, nella quale Don Bosco vede la coscienza dei suoi
giovani e l'avvenire della sua Congregazione.
Delle prime due parti ci limitiamo a dare un riassunto e a rileva-
re che in esse appare evidente il dono dell'introspezione delle co-
scienze. Infatti, al comando della Guida, Don Bosco vari giri
alla manovella e, dopo ogni giro, guardando nella lente misterio-
sa, vede i suoi ragazzi in pose e aspetti diversi: ora i buoni divisi
dai cattivi, ora su questi segnato il vizio da cui sono macchiati;
vede pure coloro che si fermeranno con lui, intenti al lavoro che
sarebbe loro toccato; vede anche quelli che, dopo un momenta-
neo entusiasmo, lo avrebbero abbandonato. Al suo sguardo ap-
pare chiaramente presente lo stato di coscienza e la vocazione dei
singoli.
Quanto aveva visto in questa prima parte del sogno lo comuni-
cò ai suoi ragazzi, che nei giorni seguenti lo assediarono per sape-
re come li aveva visti nel sogno. E l'effetto morale sulla condotta
dei ragazzi fu tale, a detta del biografo, quale appena si sarebbe
potuto sperare da una missione delle piÌr fruttuose.
Tra i consigli che la Guida diede a Don Bosco ci fu questo:
« Quando si dicono due parole dal pulpito, una sia sul far bene
le confessioni ».
44

5.5 Page 45

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Viene quindi la parte profetica del sogno, la più interessante;
ma per Don Bosco non fu una novità assoluta, perché già nel 1856
aveva avuto un sogno breve ma significativo. Aveva sognato di
trovarsi in una pizzza dove c'era un ordigno somigliante a una spe-
cie di ruota della fortuna. La solita Guida gli aveva detto che rap-
presentava il suo Oratorio e gli aveva comandato di girare il ma-
nubrio. Al primo giro ne era uscito un rumore appena percettibile.
Or--atoOCrighone.i
cosa
giro
Gira
-saingrcniosifpriacoasqeucliaaòt?tGro-uidvoachlt-iee.seasisl oSmamntao.dieci
anni
del
tuo
A ogni giro il rumore cresceva. Don Bosco ebbe l'impressione
che il secondo si udisse in Torino e in tutto il Piemonte, il terzo
in ltalia, il quarto in Europa, il quinto nel mondo intero.
Era stata una cosa rapida, un semplice accenno all'awenire della
nascente Congregazione. In questo secondo sogno invece non più
un rumore confuso, ma chiarezza di circostanze e di persone. La
lente prodigiosa, che la Guida gli aveva presentato, con un giro
della ruota che le stava accanto, gli rendeva magicamente presen-
te l'awenire della sua Opera.
Una prima volta la Guida gli ordina:
te
-
e
Fa' fare dieci
poi guarda.
giri
alla
ruota;
ricordati
di
contarli
esattamen-
Don Bosco gira dieci volte il manubrio, poi accosta con una certa
trepidazione l'occhio alla lente. Meraviglia! Vede ancora quasi tutti
i suoi ragazzi, ma cresciuti in età: hanno già i baffi; qualcuno si
è fatto crescere la barba.
ba-mbMinao,cocmome emhaai?f-attcohiaedceresstcuepreitoco-s.ì
Ma se quello ieri
all'improvviso?
era
un
- Quanti giri hai dato? - domanda la Guida.
di --piùED.biebcein. e, conta dieci anni. Siamo nel l87l: hanno dieci anni
E non solo i ragazzi erano cresciuti; Don Bosco vide pure le sue
case moltiplicate e abitate da giovani sconosciuti, sotto la guida
di quei suoi figliuoli fatti adulti.
-DonDBao'ascltorifedcieecfiagreirii
d-iecdiisgsieri
lpareGsucirdiatti,-poei
balzeremo all'81.
guardò. I suoi ra-
45

5.6 Page 46

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gazzi erano ridotti a metà: alcuni con i capellibrizzolati, altri leg-
germente curvi. Il dispiacere che provò fu largamente compensa-
to dalla consolazione che gli procurò la visione di paesi nuovi e
regioni.sconosciute e di tanti altri ragazzi guidati da maestri igno-
ti, ma alle dipendenze dei suoi attuali aiutanti dell'Oratorio giunti
all'età matura.
Con ansia crescente diede altri dieci giri. I suoi giovani attuali,
ridotti di un quarto, gli si presentavano avanti negli anni, con ca-
pelli e barba imbiancati. Si era nel 1891. Le case e i suoi figliuoli
apparivano aumentati di numero. Trairagazzi ce n'erano di quelli
di pelle e di colore diversi dai nostri.
Ancora dieci giri ed ecco il l90l con nuovi motivi di dolore e
di gioia. I primi ragazzi dell'Oratorio erano ridotti a pochi, invec-
chiati e magri, prossimi ormai al premio. In molte case il persona-
le era tutto nuovo e i ragazzi erano aumentati smisuratamente. Don
Bosco contemplava muto e incantato, quand'ecco la Guida gli fe-
ce premura:
stia-noD. a' altri dieci giri e vedrai cose che ti consolano e ti angu-
Dieci rapidi giri e Don Bosco si trovò al l9ll. Al suo sguardo
apparvero (( case nuove, giovani nuovi, direttori e maestri con abiti
e costumi nuovi ». Cerco in quella moltitudine se vi fosse qualcu-
no dei primi tempi e ne riconobbe uno solo, canuto e cadente, il
quale, circondato da una bella corona di ragazzi, raccontava i prin-
cìpi dell'Oratorio e loro ripeteva le cose imparate da Don Bosco
e ne mostrava il ritratto appeso alle pareti del parlatorio. (Qui Don
Bosco accenna certamente a Don Francesia, che fino alla tarda età
di 90 anni parlò continuamente di lui, ne scrisse in tutti i suoi li-
bri, lo cantò in versi numerosissimi e infiorava di reminiscenze del-
l'amato Padre ogni sua predica e le sue piacevolissime conversa-
zioni. Chi scrive ha avuto la gioia di ascoltarlo per alcuni anni).
Il lungo sogno volgeva ormai al termine e la Guida disse a Don
Bosco di volerlo confortare con un'ultima visione.
-
gir-i
DVuonleqnuteiersita-'
quanti ne hai
rispose Don Bosco.
attento, gira la ruota
dati in precedenza.
in
senso
contrario,
tanti
La ruota girò per 50 giri, cinquant'anni più avanti. Don Bosco
guardò. Ai suoi occhi increduli apparve una moltitudine nume-
46

5.7 Page 47

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rosa di giovani, tutti nuovi e sconosciuti, dall'infinita varietà di
costumi, paesi, fattezze e linguaggi, ma per quanto si sforzasse,
non riuscì a vederne che una minima parte con i loro assistenti e
maestri.
Gu-idaM. a io non ne conosco affatto nessuno - disse rivolto alla
tic-hi
Eppure sono tuoi figli. Ascoltali. Parlano di
figli e superiori, che da tempo non sono piùr
te
in
e dei tuoi an-
vita, e ricor-
dano gli insegnamenti ricevuti da te e da loro.
Don Bosco contemplava, in preda a vivo stupore, il panorama
del 196l: le sue case oltre il migliaio, isuoi figli a decine di mi-
gliaia, i suoi ragazzi a centinaia di migliaia. Un panorama vario
e meraviglioso, perché ogni popolo della terra vi aveva recato le
sue caratteristiche.
Una prova della natura profetica del sogno si ebbe anche nel-
l'avveramento delle profezie fatte sui singoli.
Così il chierico Molina, in questo sogno, fu visto da Don Bosco
gettar via il cappello, saltare il fosso e poi fuggire. Il chierico ne
chiese la spiegazione.
di -teoTlougi-a
erisppooisdeeDpoornraBi ol'sacboit-o
farai non cinque,
ecclesiastico.
ma
sei
anni
A Molina la risposta parve strana e ben lontana dalla verità; ma
la profezia si awerò alla lettera: dopo sei anni di teologia il chieri-
co approfitto di una visita in famiglia e non tornò più.
Il chierico Vaschetti fu visto nel sogno uscire dal campo e salta-
re il fosso. Quando Don Bosco glielo comunicò, rispose quasi in-
dispettito:
-InfaLtetii
ha davvero sognato!
allora era ben lontano
dal
voler
lasciare
Don
Bosco;
ma
qualche tempo dopo saltò realmente il fosso. Fu però un ottimo
parroco in diocesi.
Il chierico Giuseppe Fagnano, da pochi mesi venuto dal Semi-
nario di Asti, non conoscendo Don Bosco, pensò che si trattasse
di fantasticherie; ma spinto dai compagni, domandò a Don Bosco
che cosa avesse visto di lui in quella lente.
tan-o
Ti ho visto che lavoravi inmezzo
che appena potevo riconoscerti.
a
uomini
nudi,
ma
così
lon-
47

5.8 Page 48

▲back to top
Fu profeta: Mons. Fagnano fu il più grande missionario della
Terra del Fuoco (M.B. VI,898).
:1. ,f *
Terminoto il racconto, Don Bosco porlò così: <<Adesso che vi
ho raccontoto queste cose, penserete: "Chi sa! Don Bosco è un
uomo straordinario, un sonto sicuromente!". Miei cari giovani,
per impedire stolti giudizi intorno a me, stimo bene di dirvi che
il Signore ho molti mezzi per monifestare la suo volontà. Alcune
volte si serve degli strumenti più inetti e indegni, come si servi del-
I'asina di Balaam facendola parlare; e di Balaam, falso profeto,
per predire molte cose riguardanti il Messia. Perciò lo stesso può
accodere a me>» (M.8. VI,9I6).
Simpotico e santa umiltà.
48

5.9 Page 49

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ll fazzoletto della purezza
Nella notte dal 14 al 15 giugno l86l Don Bosco sognò di tro-
varsi in una vasta pianura, nella quale sorgeva un bel palazzo con
grandi terrazzi, e si estendeva una piazza. In un angolo di questa
vide una Signora che distribuiva un fazzoletto a un gran numero
di giovani affollati intorno a Lei. Preso 1l fazzoletto, salivano e
si disponevano sul lungo terrazzo.
Anche Don Bosco si avvicinò a quella Signora e udì che nel con-
segnare il fazzoletto, diceva a ciascuno:
pre-ndNe oqnuasntednodel'rhloaimdaisiteqsuoa,nvdoolgtiirtai
il vento;
subito a
ma se il vento ti
destra, non mai
sor-
a si-
nistra.
Finita la distribuzione, Don Bosco si mise a osservare quei gio-
vani schierati sul terrazzo e vide che, uno dopo l'altro, stendeva-
no quel fazzoletto, che gli apparve in tutta la sua bellezza: era molto
largo, ricamato in oro, con queste parole, pur esse in oro: Regino
virtutum (la regina delle virtù).'
Quand'ecco levarsi un forte vento. Subito alcuni nascosero il
fazzoletto, altri si voltarono a destra, altri a sinistra.
Quindi scoppiò un pauroso temporale, con pioggia, grandine
e neve. Intanto alcuni giovani stavano con il fazzoletto disteso e
la grandine vi batteva dentro strappandolo da parte a parte: lo stesso
faceva la pioggia, le cui gocce pareva avessero la punta; come pu-
re i fiocchi di neve. In un momento tutti quei fazzoletti furono
crivellati, sicché più nulla avevano di bello.
Don Bosco rimase dolorosamente sorpreso, tanto più che vi ri-
conobbe i giovani del suo Oratorio. Ma lasciamo che parli lui: «An-
dai allora dove era quella Signora che distribuivai fazzoletti. Qui-
vi stavano alcuni uomini e domandai loro:
-Mi
Che cosa vuol dire
rispose la Signora:
tutto
questo?
I La regina delle virtù, si sa, è la carità; ma Don Bosco si era convinto, per lunga espe-
rienza, che l'impurità porta il giovane all'egoismo, mentre la purezza vissuta è sorgente
e alimento di carità.
49

5.10 Page 50

▲back to top
Non hai visto quello che era scritto su quei fazzoletti?
- Sì: Regina virtutum (la regina delle virtù).
- Ebbene, quei giovani hanno esposto la virtù della purezza
-al vento delle tentazioni. Alcuni le hanno fuggite prontamente, e
sono quelli che hanno nascosto il fazzoletto; altri si sono voltati
a destra, e sono quelli che nel pericolo ricorrono al Signore; altri
sono rimasti con il fazzoletto aperto e sono caduti in peccato.
Al vedere quanto pochi avevano conservato la virtir della pu-
rezza, ruppi in un pionto doloroso.
- - - Non affannarti mi disse allora la Signora vieni a vedere!
Guardai e vidi il fazzoletto di quelli che si erano voltati a destra
divenuto molto stretto, ma rappezzato e cucito.
Quella Signora intanto aggiungeva:
- Sono quelli che ebbero la disgrazia di perdere la bella virtù,
ma vi rimediarono con la confessione. Gli altri che non si mosse-
ro, sono quelli che continuano nel peccato con il pericolo di anda-
re alla perdizione» (M.B. YI,972).
*rf{<
Questo il sogno di Don Bosco.
Nell'infuriare della bufera, di onno in onno più ostile alla virtù
che Don Bosco chiamo <<virtù angelica»>, è luce e stimolo ollu lot-
to la visione della misteriosa Signora.
Don Bosco, che al costatare le devostazioni morali che compie
il molcostume tro i giovani, <<rompe in un pionto doloroso>>, fa
pensore al forte richiamo di san Pietro: << Salvatevi da questa ge-
nerazione perversa! »».
È motivo di riflessione, specie per i genitori, quanto offerma Don
Bosco dei giovani, vittime del vizio impuro: « I loro fazzoletti era-
no ridotti in così cattivo stato che facevano pietà!».
50

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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L'uomo con la lanterna
Il25 aprile 1862 moriva improvvisamente nell'Oratorio di Val-
docco il giovane Maestro Vittorio. La sua morte era stata prevista
da Don Bosco in questo sogno, che il Santo raccontò ai suoi gio-
vani la sera del 2l marzo di quell'anno.
« Mi sembrava di essere appoggiato alla finestra della mia ca-
mera e di stare a osservare i miei giovani, che nel cortile si diverti-
vano allegramente, quando vidi entrare dalla portineria un perso-
naggio, alto di statura, con lunga barba bianca, con pochi capelli
anch'essi candidi, che dal capo gli scendevano sulle spalle. Era av-
volto in un lenzuolo che con la sinistra teneva stretto al corpo; nella
mano destra ayeva una fiaccola con fiamma fosco-azzurra. Con
passi lenti e gravi percorse il cortile facendo alcuni giri tra i giova-
ni che giocavano, finché si ferma davanti a un giovane, gli avvici-
na la fiaccola alla faccia ed esclama:
- È proprio lui!
Gli presenta quindi un biglietto che trae dalle pieghe del man-
tello; il giovane lo legge impallidendo e tremando, e domanda:
- Quando?
Quel vecchione con voce sepolcrale, risponde:
Vieni, per te l'ora è suonata!
- Almeno posso continuare il gioco?
- Anche giocando puoi essere sorpreso.
-Il giovane tremava, voleva parlare, ma l'uomo, indicando con
la mano sinistra una bara posta sotto il porticato, gli disse:
Vedi Ià? Quella bara è per te. Presto, vieni!
- Non sono preparato, gridava il giovane,
- - - troppo giovane ma lo spettro si dileguò».
-; Don Bosco concluse:
sono ancora
- Uno di voi deve morire, io lo conosco, ma non lo dirò a nes-
suno. Ciascuno pensi a tenersi preparato.
Sceso dalla cattedra, confidò ad alcuni che il giovane non avrebbe
passato due solennità che cominciano per P (Pasqua e Penteco-
ste), e che la sua morte sarebbe stata improvvisa.
Circa un mese dopo, il 16 aprile, moriva il giovane Luigi For-
51

6.2 Page 52

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nasio, ma Don Bosco disse chiaramente che non era questo il ra-
gazzo del sogno.
Quella stessa sera i giovani assediarono Don Bosco per sapere
chi fosse il giovane che doveva morire.
Ci dica almeno l'iniziale del nome.
- Colui che ha ricevuto il biglietto da quel misterioso vecchio-
- ne rispose Don Bosco porta un nome che comincia con le
- - iniziali del nome di Maria.
Si voleva indovinare, ma era difficile perché in casa più di 30
alunni avevano un nome che cominciava con la lettera M.
Un mattino Don Bosco incontrò per le scale il giovane Maestro
Vittorio di Viora, Mondovì, e gli domandò a bruciapelo:
Vuoi andare in Paradiso?
- Certo, rispose Maestro.
- Dunque prepàrati!
-Il giovane pensò a una battuta delle solite di Don Bosco e non
si turbò. Don Bosco intanto lo andava preparando e lo induceva
a fare la confessione generale approfittando della Pasqua.
Ed ecco il 25 aprile morire improvvisamente, colpito da apo-
plessia, proprio il giovane Maestro (M.8. VII,l23).
,1. rk ,k
Quello sera Don Bosco rivelò il suo cuore di padre, perché ne
porlò con tanto commozione che strappò o tutti le lacrime. Disse
tra I'oltro che Mqestro ero il giovone da lui visto nel sogno, che
la suu morte era stoto repentina, mo non improvvisa, perché ero
ben preparato. E aggiunse: << Quanto si ingonnano quelli che dico-
no di voler aspettore ad aggiustare le cose della loro coscienza alla
fine della vita! E quanto maggiore sorebbe il nostro dolore se il
Signore ovesse permesso che ci fossero stati tolti ohri che nello ca-
sa tengono una condotta poco soddisfacente!» (M.8. VII,I32).
52

6.3 Page 53

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Il sogno delle due colonne
Tra i sogni di Don Bosco, uno dei più noti è quello conosciuto
con il titolo di <<Sogno delle due colonne>>. Lo raccontò la sera
del 30 maggio 1862.
- - « Figuratevi disse di essere con me sulla spiaggia del mare,
o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi
altro che mare. In tutta quella vasta superficie di acque si vede una
moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, con le pro-
re terminate a rostro di ferro acuto a mo' di strale. Queste navi
sono armate di cannoni e cariche di fucili, di armi di ogni genere,
di materie incendiarie e anche di libri. Esse si ayanzano contro una
nave molto più grande e alta di tutte, tentando di urtarla con il
rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile.
A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta
molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguiscono evolu-
zioni per difendersi dalla flotta avversaria. Ma il vento è loro con-
trario e il mare agitato sembra favorire i nemici.
Inmezzo all'immensa distesa del mare si elevano dalle onde due
robuste colonne, altissime, poco distanti I'una dall'altra. Sopra di
una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un
largo cartello con questa iscrizione: "AUXILIUM CHRISTIANO-
RUM"; sull'altra, che è molto più alta e grossa, sta un'OSTIA
di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello
con le parole: "SALUS CREDENTIUM".
Il comandante supremo della grande nave, che è il Romano Pon-
tefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si tro-
vano i suoi fedeli, convoca intorno a i piloti delle navi seconda-
rie per tenere consiglio e decidere sul da farsi. Tutti i piloti salgo-
no e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infurian-
do sempre più la tempesta, sono rimandati a governare le proprie
navi.
Fattasi un po' di bonaccia, il Papa raduna intorno a i piloti
53

6.4 Page 54

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per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso.
Ma la burrasca ritorna spaventosa.
Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare
la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali
tutto intorno pendono molte àncore e grossi ganci attaccati a catene.
Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une
con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di
gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri.
Il combattimento si fa sempre più accanito; ma inutili riescono i
loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammi-
no. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei
suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un soffio
dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
Frattanto i cannoni degli assalitori scoppiano, i fucili e ogni al-
tra arma si spezzano, molte navi si sconquassano e si sprofonda-
no nel mare. Allora i nemici, furibondi, prendono a combattere
ad armi corte: con le mani, con i pugni e con le bestemmie.
A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade. Subito è soccor-
so, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di
gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile
tripudio.
Senonché, appena morto il Papa, un altro Papa sottentra al suo
posto. I piloti radunati lo hanno eletto così rapidamente che la no-
tizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del
suo successore. Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio.
Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mez-
zo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla pro-
ra la lega a un'àncora della colonna su cui sta l'Ostia, e con un'al-
tra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un'altra
àncora che pende dalla colonna su cui è collocata la Vergine Im-
macolata.
Allora succede un gran rivolgimento: tutte le navi nemiche fug-
gono, si disperdono, si urtano, si fracassano a vicenda. Le une si
affondano e cercano di affondare le altre, mentre le navi che han-
no combattuto valorosamente con il Papa, vengono anch'esse a
legarsi alle due colonne. Nel mare ora regna una grande calma >>.
A questo punto Don Bosco interroga Don Rua:
- Che cosa pensi di questo sogno?
54

6.5 Page 55

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Don Rua risponde:
- Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomi-
ni, il mare il mondo. Quelli che difendono la grande nave sono
i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la com-
battono con ogni sorta di armi. Le due colonne di salvezza mi sem-
bra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento del-
l'Eucaristia.
- - -; Hai detto bene commenta Don Bosco bisogna soltan-
to correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecu-
zioni. Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa. Quello che
finora fu, è quasi nulla rispetto a quello che deve accadere. Due
soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: Devozione o
Maria SS., frequente Comunione (M.8. VII,169).
,. r* ,.
Il servo di Dio cardinole Schuster, arcivescovo di Milono, dava
tanta importonza a questo visione, che nel 1953, quando fu o To-
rino come Legato Pontdicio ol Congresso Eucoristico Nazionale,
la notte sul l3 settembre, durante ilsolenne pontificale di chiusu-
ra, sullo Piazza Vittorio, gremita di popolo, diede a questo sogno
uno parte rilevante dello suo Omelia"
Disse tro I'altro: << In quest'ora solenne, nell'Eucaristico Torino
del Cottolengo e di Don Bosco, mi torna in mente una visione pro-
fetico che il Fondatore del Tempio di Moria Ausiliatrice narrò ai
suoi nel moggio del 1862. Gli sembrò di vedere laflotta dello Chieso
battuto quo e dai flutti di una orribile tempesto; tonto che., od
un certo momento, il supremo condottiero della nave copitona
- Pio IX convocò a consiglio i gerarchi delle novi minori.
- Purtroppo la bufera, che mugghtovo sempre più minaccioso, in-
terruppe a mezzo il Concilio Vaticano do notsre che Don Bosco
onnunciava questi eventi otto anni prima che ovvenissero). Nelle
olterne vicende di quegli anni, per ben due volte gli stessi Supremi
Gerarchi soccombettero ol travaglio. Quando successe il terzo, in
mezzo all'oceonofurente cominciarono ad emergere due colonne,
in cima alle quoli trionfovono i simboli dell'Eucoristia e della Ver-
gine Immacolota.
- A quella opparizione il nuovo Pontefice il Beato Pio X -
55

6.6 Page 56

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prese onimo e con uno saldo coteno, ogganciò la nave Capitono
di Pietro o quei due solidi pilastri, colqndo in mqre le àncore.
Allora i novigli minori cominciorono o vogore strenuomente per
roccogliersi attorno allu nove del Papa, e cosi scomporono dal nau-
fragio.
La storia confermò lo profezio del Veggente. Gli inizi pontifi-
cali di Pio X con l'àncora sullo stemmo araldico coincisero ap-
punto con il cinquantesimo anno giubilore dello proclamazione dog-
matica della Concezione Immscolots di Maria, e venne festeggio-
to in tutto I'orbe cqttolico. Tutti noi vecchi ricordiamo l'8 dicem-
bre 1904, in cui il Pontefice in San Pietro circondò la fronte del-
I'Immocoloto d'una preziosa corono di gemme, consacrondo allo
Modre tutta intero la fomiglia che Gesù Crocifisso le ovevo com-
messo.
Il condurre i pargoli innocenti e gli infermi allu Mensa Eucari-
stica entrò parimenti ofor parte del programma del generoso Pon-
tefice, che voleva restaurare in Cristo tutto quanto I'orbe. Fu così
che, finché visse Pio X, non ci fu guerra, ed Egli meritò il titolo
di pacifico Pontefice dell'Eucoristia.
Da quel tempo le condiztoni internazionali non sono dovvero
migliorote; così che I'esperienzo di tre quarti di secolo ci confer-
ma che la nove del Pescotore sul mare in burrasco può sperare sal-
vezza solo con I'agganciarsi alle due colonne dell'Eucaristia e del-
I'Ausiliotrice, opporse in sogno a Don Bosco»> (daL'ltalia del l3
settembre 1953).
Lo stesso sonto card. Schuster, un giorno disse a un Solesiono:
<< Ho visto riprodotto la visione delle due colonne. Dica oi suoi Su-
periort che la focciano riprodurre in stampe e cartoline, e Ia dif-
fondano in tutto il mondo cattolico, perché questa visione di Don
Bosco è di grande attualità: la Chieso e il popolo cristiano si salve-
ronno con queste due devozioni: I'Eucaristio e Morio, Aiuto dei
Cristiani».
56

6.7 Page 57

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Il serpente e il Rosario
Nel febbraio del 1848 il marchese Roberto d'Azeglio, amico per-
sonale di Carlo Alberto e senatore del Regno, onorò l'Oratorio
di Don Bosco di una sua visita. Il Santo lo accompagnò a visitare
tutta la casa. Il marchese espresse la sua viva compiacenza, ma
con una riserva. Definì tempo perduto quello occupato a recitare
il Rosario.
ria-inLfialzsacite- udniassdeo-podil'afaltrrare.citare quell'anticaglia di 50 Ave Ma-
tica- ;
- Ebbene
e su questa
priosptroesiediDreonchBeoèsfcoond-,ataiolacimteiangisotimtuzoilotonea;
tale pra-
sarei di-
sposto a lasciare tante altre cose pure importanti, ma non questa.
E con il coraggio che gli era proprio soggiunse:
-
sua
E anche, se fosse necessario,
preziosa amicizia, ma non mai
sarei disposto a
alla recita del S.
rinunziare alla
Rosario (M.B.
ril,294).
A stimolare i giovani ad amare il Rosario era incoraggiato an-
che dai suoi sogni. Ne citiamo uno. Lo ebbe la vigilia dell'Assun-
ta del 1862.
sgclioSso-igpnriòensdecinattsraoavUdaernsloifrn(aleatlelaslloosl,uitaacobGnourtgiudatattai dineasituisaoui-ogiisooovggagnni iiC). ocEhlldee
Don Bo-
ecco che
lo invita
ad andare nel prato attiguo al cortile, e gli indica un serpentac-
cio lungo 7-8 metri, di una grossezza straordinaria. Don Bosco inor-
ridisce e vuole fuggire. Ma la Guida lo invita a non aver paura
e a fermarsi. Poi va a prendere una corda, ritorna da Don Bosco
e gli dice:
pre-ndPerreònld'aaltqrouecsatapocoerdsaosppeernudenrecmapoo
e
la
la tenga ben stretta;
corda sul serpente.
io
si ---rivoAEElthepp!rooàNii?iogn,lviepipleaersrcibtaoartiteteàrc!eiGmfauoraàsiusalelapnesozczihif.iaenream. o questo. Il serpente
57

6.8 Page 58

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che«Mil aselrapeGntueidnaoninmsisi taevttreeb-be
narra
fatto
Don Bosco
alcun male,
-
e
e mi assicurò
tanto disse che
io acconsentii a fare come voleva. Egli intanto alzò la corda e con
questa diede una sferzata sulla schiena del rettile. II serpente fa
un salto e volge la testa indietro per mordere ciò che l'ha percos-
so, ma resta allacciato come in un cappio scorsoio.
- - - Tenga stretto grida la Guida e non lasci sfuggire la corda.
E corse a legare il capo della corda che aveva in mano a un pero
vicino; poi legò il capo della corda che tenevo io all'inferriata di
una finestra della casa. Frattanto il serpente si dibatteva furiosa-
mente e dava tali colpi in terra con la testa e con le immani sue
spire, che le sue carni si laceravano e ne saltavano ipezzi a grande
distanza. Così continuò finché non rimase di lui che lo scheletro
spolpato.
Morto il serpente, la Guida slegò la corda dall'albero e dalla fi-
nestra, la raccolse e la chiuse in una cassetta. Dopo qualche istan-
te l'aprì. Con stupore mio e dei giovani che erano accorsi, vedem-
mo che quella corda si era disposta in modo da formare le parole:
Ave Morio. La Guida spiegò:
sto-il
Il serpente figura il
Rosario, che è una
demonio e la corda I'Ave Maria o piutto-
continuazione di Ave Maria, con le quali
si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell'inferno ».
A questo punto agli occhi di Don Bosco si presentò una scena
ben dolorosa: videgiovani che raccoglievano pezzidi carne del ser-
pente e ne mangiavano e restavano avvelenati.
<< Io non
nonostante
sapevo darmi
i miei awisi,
cpoanctein-uavraanccoonatma aDnogniaBreo.sIcoo
g-r,idapveorcahlé-
l'uno, gridavo all'altro; davo schiaffi a questo, pugni a quello, cer-
cando di impedire che mangiassero, ma inutilmente. Io ero fuori
di me stesso, allorché vidi tutt'intorno un gran numero di giovani
distesi per terra in uno stato miserando>>.
Allora Don Bosco si rivolse alla Guida:
-
-
Ma non c'è un rimedio a tanto male?
Sì che c'è.
tell---o?CQNouomanelec?'sèDaraeeblbtbrbooe?cfohresel'imnceutdteinrlei
e il martello.
sull'incudine e
batterli
col
mar-
58

6.9 Page 59

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- - - Ecco rispose la Guida il martello significa la Confes-
sione, l'incudine la Comunione: bisogna far uso di questi due mezzi
(M.B.VII,238).
,Frf*
(Jn'allegorio contodina di molta efficacia. I fabbri dei piccoli
paesi, per dore al ferro inerte Ia forma degli strumenti ogricoli,
usovono le moniere forti: fuoco, incudine, martello. Pore di poter
introvedere, in queste parole di Don Bosco, che egli non conside-
ravo Ia Confessione come uno sfogo-conforto, la Comunione
come uno cerimonia pia. Per lui i due Sacromenti erano strumenti
energici, forti, con cui Gesù, ottroverso il Sacerdote, incammina
decisamente le persone sulla vio del bene, che non è sempre focile
e comoda.
59

6.10 Page 60

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Il sogno dell'elefante
Il 6 gennaio 1863 Don Bosco raccontava ai suoi giovani uno di
quei sogni che facevano epoca per l'efficacia con la quale scuote-
vano i cuori e li portavano a Maria.
Sognò di trovarsi nella sua cameretta in amichevole conversa-
zione col prof. Vallauri, senatore del Regno, quando senti bussa-
re alla porta. Corse a vedere. Era Mamma Margherita, morta da
sei anni, che affannata lo chiamava:
-DonViBeonsi caoveesdceeresu! lVbieanlcioaneveedveered!e, nel cortile, un elefante di
smisurata grandezza. Sbigottito si precipita nel cortile, seguìto dal
prof. Vallauri.
Quell'elefante sembrava mite, docile, si divertiva con igiovani,
li accarezzava con la proboscide, in modo che era sempre seguito
da un gran numero di giovani. La maggior parte pero fuggiva spa-
ventata e finì per rifugiarsi in chiesa. Anche Don Bosco li segui
e, nel passare vicino alla statuetta della Vergine, collocata sotto
il porticato (ove si trova ancora oggi), toccò l'estremità del suo
manto per invocarne la protezione; ed Ella alzò il braccio destro.
Vallauri lo imitò e la Vergine sollevò il braccio sinistro.
Venne I'ora delle sacre funzioni e tutti i giovani si recarono in
chiesa. L'elefante li segui e Don Bosco, mentre impartiva la bene-
dizione eucaristica, vide al fondo il mostro anch'esso inginocchia-
to, ma in senso contrario, col muso e con le zanne rivolti alla por-
ta principale.
Usciti di chiesa, i giovani ripresero la ricreazione. « A un tratto
-anirmaaccleo,ncthaeDporinmBaoesrcaota-,ntoalgl'iemnptielen,saavtvaendtiatrusittci,ovnidfui rqiouseil
brutto
barriti
in mezzo ai giovani circostanti e, prendendo i più vicini con la pro-
boscide, scagliarli in alto, sfracellarli sbattendoli in terra e con i piedi
farne uno strazio orrendo. Era un fuggi fuggi generale: chi grida-
va, chi piangeva, chi invocava l'aiuto dei compagni; mentre, cosa
60

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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straziante, alcuni giovani, invece di soccorrere i feriti, avevano fatto
alleanza col mostro per procacciargli nuove vittime.
Mentre avvenivano queste cose, la statuetta della Madonna si
animò, s'ingrandì, divenne persona di alta statura, alzò le brac-
cia, aperse il manto che si allargò smisuratamente, tanto da copri-
re tutti quelli che vi si ricoveravano sotto. Ma vedendo Maria SS.
che molti non si curavano di correre a lei, gridava ad alta voce:
-Ed
Venite ad me omnes (Venite a me
ecco che la folla dei giovani sotto il
tutti).
manto
cresceva,
mentre
il manto continuava ad allargarsi. Siccome pero alcuni facevano
i sordi e rimanevano feriti, la Vergine, rosso in vlso, continuava
a gridare:
-L'elVefeannittee
ad me Òmnes!
intanto continuava
la
strage,
aiutato
da
alcuni
gio-
vani che, armati di spada, impedivano ai compagni di rifugiarsi
presso la Madonna. Tra i giovani ricoverati sotto il manto della
Vergine alcuni facevano rapide scorrerie, strappavano all'elefan-
te qualche preda e portavano i feriti sotto il manto della Madon-
na, e subito restavano guariti».
Il cortile ormai era deserto e presentava due scene opposte. Da
una parte c'era l'elefante con l0-12 giovani che lo avevano aiuta-
to a fare tanto male. A un tratto quel bestione si sollevò sulle zampe
posteriori, si trasformò in un fantasma orribile con lunghe corna
e, preso un nero copertone, awiluppò quei miseri che avevano par-
teggiato con lui, mandando un orribile barrito. Allora un denso
fumo tutti li avvolse e si sprofondarono e sparirono col mostro
in una voragine improvvisamente apertasi sotto i loro piedi.
Dall'altra parte la scena dolcissima della Vergine che, ai giova-
ni ricoverati sotto il suo manto, rivolgeva belle parole di conforto
e di speranza. Tra le altre, Don Bosco udì queste:
de-l
Voi che
demonio,
avete ascoltato la mia voce e siete sfuggiti alla strage
volete sapere qual è Ia causa della loro perdita? So-
no i cattivi discorsi e le azioni che ne seguirono. Fuggite quei com-
pagni che sono amici di Satana, fuggite i cattivi discorsi, special-
mente quelli contro la purità; abbiate in me una confidenza illimi-
tata e il mio manto vi sarà sempre sicuro rifugio.
Detto questo, si dileguò e Don Bosco non vide altro che la cara
statuetta, mentre i giovani salvati si ordinarono dietro a uno sten-
dardo che portava la scritta: Sancta Maria, succurre miseris (San-
6l

7.2 Page 62

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ta Maria, soccorri noi poveretti) e partirono cantando: « Lodate
Maria, o lingue fedeli» (M.8. VII,356).
!frf*
Don Bosco terminavo ilsuo racconto dicendo: <<Chi vorrà sa-
pere il posto che tenevo nel sogno, vengo da me e io glielo manife-
sterò »>.
- -, << I giovani commenta il biografo Don Lemoyfi€ meditondo
tol sogno, per una settimono e più non lo lusciarono in pace. Al
mattino molte confessioni; dopo pronzo furono quasi tutti da lui
per sopere qual luogo tenessero in quel sogno misterioso>>.
62

7.3 Page 63

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La decima collina
La sera del22 ottobre 1864, Don Bosco narrava ai giovani del-
l'Oratorio questo sogno, nel quale gli era stato rivelato con quan-
ta facilità gli innocenti superino gli ostacoli che rendono agli altri
assai più ardua la via della salvezza.
Gli parve di trovarsi in una grandissima valle piena di migliaia
di giovani, molti dei quali riconobbe come allievi del suo Orato-
rio. Una ripa altissima chiudeva da un lato quella valle.
che-
Vedi
tu e i
quella ripa?
tuoi giovani
-
ne
gguliaddisasgenilaateGluaidcaim-a..
Ebbene bisogna
A un cenno di Don Bosco, tutti quei giovani si slanciarono per
arrampicarsi su per la ripa. I sacerdoti della casa li aiutavano: chi
rialzava quelli che cadevano, chi portava sulle spalle gli spossati
e i deboli. Don Rua (il futuro Beato) lavorava più di tutti: prende-
va i giovani a due a due e li lanciava addirittura per aria sulla ripa;
ed essi si rialzavano prontamente e si mettevano a scorrazzare al'
legramente qua e là. Don Cagliero (il futuro Cardinale) e Don Fran-
cesia correvano su e giù per le file gridando:
-In
Coraggio! Avanti, avanti, coraggio!
breve quelle schiere giovanili raggiunsero
la
cima
della
ripa
e videro elevarsi davanti a dieci colline, una dopo l'altra.
gio-vaTnui q-uedsitsesedileacGi ucoidllainae.Don Bosco -, devi valicare con i tuoi
-lunMgoa? come resisteranno i più piccoli e delicati a un viaggio co-
E- ccCohiinnfaotnti pcuoòmcpaamrirme inuanrem, asganifipcoorctaatroro-sprliesnpdoesneteladGi uoirdoa.e
di pietre preziose. Era triangolare e aveva le ruote che si moveva-
no per tutti i versi. Dai tre angoli paftivano tre aste che si con-
giungevano sopra il carro, formando come un pinnacolo, sul qua-
le s'innalzava un meraviglioso stendardo, su cui era scritto a ca-
ratteri cubitali: INNoCENZA.
ll carro si avanzò e venne a collocarsi in mezzo ai giovani. Dato
63

7.4 Page 64

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il comando, vi salirono sopra cinquecento fanciulli. Qui Don Bo-
sco commenta con tristezza: <<Cinquecento appena, inmezzo a tante
migliaia di giovani, erano ancora innocenti!».
Collocati questi sul carro, ecco apparire sei giovani biancove-
stiti, già morti nell'Oratorio, i quali inalberavano un altro bellis-
simo stendardo con la scritta: PENITENZA. Essi si misero alla
testa di tutte quelle falangi di giovani che, a un segnale, si mosse-
ro verso le dieci colline, mentre i fanciulli che erano sul carro can-
tavano con inesprimibile dolcezza: Laudate, pueri, Dominum (Lo-
date, fanciulli, il Signore).
Don Bosco continua: << Io camminavo inebriato da quella musi-
ca di paradiso, quando mi ricordai di voltarmi indietro per vedere
se tutti i giovani mi avessero seguito. Oh, doloroso spettacolo! Molti
erano rimasti nella valle e molti erano tornati indietro. Io, agitato
da indicibile dolore, decisi di rifare il cammino già fatto per tenta-
re di persuadere quei giovani sconsigliati a seguirmi. Ma ciò mi
venne assolutamente vietato.
co-mePteugttgiioglpi earltlroi.roLa-
disse
strada
la Guida
l'hanno
v-e.duEtassei
furono chiamati
ciò basta.
Pregai, scongiurai: tutto fu inutile. E dovetti proseguire il cam-
mino.
Non si era ancora lenito questo dolore, che sopravvenne un al-
tro caso. Molti ragazzi di quelli che erano sul carro erano caduti
per terra. Di cinquecento rimanevano sotto il vessillo dell'Inno-
cenza solo 150.
Il mio cuore scoppiava: gemevo e sentivo il mio gemito risonare
per la stanza: volevo dissipare l'incub'o di quel fantasma, ma non
potevo. lntanto la musica del carro continuava così dolce che a
poco a poco sopì il mio cocente dolore.
Sette colline erano già valicate e quando quelle schiere giunsero
sull'ottava, entrarono in una meravigliosa regione, dove si arre-
starono per prendere un po' di riposo. C'erano abitazioni di una
bellezza e ricchezza superiori ad ogni immaginazione, con piante
fruttifere, sulle quali si vedevano insieme fiori e frutti, maturi e
acerbi: era un incanto. I giovani godevano nell'ammirare e assa-
porare quelle frutta.
Ma qui ebbi un'altra sorpresa. A un tratto i giovani erano di-
64

7.5 Page 65

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ventati vecchi: senza denti, con i capelli bianchi, con il volto sol-
cato da rughe; zoppicanti e curvi, marciavano a stento, appoggia-
ti al bastone. Io mi meravigliavo di questa trasformazione, ma la
Guida mi fece notare che le dieci colline rappresentavano anche
ciascuna un decennio di vita.
to
-il
È quella
cammino
musica
e breve
dilivteinmap-o.
dGisusaerd-a
che ti ha fatto parere
la tua fisionomia e ti
cor-
per-
suaderai che dico il vero.
E mi venne presentato uno specchio, mi specchiai e vidi che il
mio aspetto era diventato quello di un uomo attempato, col volto
rugoso e i denti rari e guasti.
La comitiva frattanto si rimise in cammino. Lontano, lontano,
in fondo, sulla decima collina spuntava una luce che andava cre-
scendo, come se venisse da una splendida apertura (la porta del
paradiso?). Riprese allora il soavissimo canto, così attraente che
soltanto in paradiso si può gustare l'uguale. Fu tale la commozio-
ne e la gioia che mi inondò l'anima nel sentirlo che mi svegliai,
e mi trovai nella mia stanza)).
Don Bosco concluse dicendo che era pronto a dire confidenzial-
mente a certi giovani che cosa facevano in questo sogno: se erano
tra quelli rimasti nella valle o se erano caduti dal carro (M.B. VII,
7e6).
{.rk*
Don Bosco stesso ha interpretato il sogno così: la valle è il mon-
do; lo ripa gli ostacoli per stuccsrsi da esso; le dieci colline i dieci
comandamenti di Dio; il carro la grazia di Dio; le squodre dei gio-
vani a piedi sono quelli che hanno perduto I'innocenza, mo si so-
no pentiti dei loro falli.
Ilbiogrofo Don Lemoyne interpreta le dieci colline come decenni
e commenta: << Io tengo per certo che Don Bosco con le sue spie-
gazioni cercò di coprire ciò che il sogno ha di più sorprendente,
almeno per qualche circostonza. Quella dei dieci comandamenti
non mi oppoga. L'ottova collina sullo quole Don Bosco fa una so-
sta e si vede nello specchio così attempoto, io credo che indichi
la fine della suo vita dover succedere oltre i 70 anni. Vedremo I'ov-
venire >>.
65

7.6 Page 66

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Questo scriveva subito dopo il rocconto di Don Bosco la sero
del 22 ottobre 1864. E il tempo gli ha doto ragtone, perché Don
Bosco non compi I'ottavo decennio, morendo a 72 onni e cinque
mesi.
66

7.7 Page 67

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Corvi, beccate, balsamo
La notte precedente la domenica in Albis, 3 aprile 1864, a Don
Bosco parve di trovarsi sul balcone prospiciente la sua cameretta,
nell'atto di osservare i giovani a divertirsi, quando vide comparire
un grande lenzuolo bianco, che coprì tutto il cortile con i giovani
che si ricreavano. Mentre stava osservando, vide una grande quan-
tità di corvi venire a svolazzare sopra il lenzuolo, girare qua e
e finalmente trovare le estremità, passare sotto e gettarsi sopra i
giovani per beccarli.
Apparve allora uno spettacolo compassionevole: a uno cavavano
gli occhi, a un altro beccavano Ia lingua facendola apezz|' a questo
davano beccate in fronte, a quell'altro straziavano il cuore. Ma ciò
che stupiva Don Bosco era che nessuno si lamentava o gridava, ma
tutti restavano freddi e insensibili, senza curarsi di difendersi.
«- Sogno o son desto? pensavo euei corvi che siano
- -. demòni che danno l'assalto ai miei giovani?
Mentre pensavo così, sentii un rumore e mi svegliai. eualcuno
aveva bussato alla mia porta.
Ma quale non fu la mia sorpresa quando il lunedì vidi diminui-
re le Comunioni, al martedì più ancora, al mercoledì poi in modo
notevolissimo, sicché alla metà della Messa avevo terminato di con-
fessare! Non volli però dir nulla, perché essendo prossimi gli Esercizi
Spirituali, speravo che si sarebbe rimediato a tutto.
Ieri, l3 aprile, ebbi un altro sogno. Lungo il giorno avevo sem-
pre confessato, quindi la mia mente era tutta occupata dell,anima
dei miei giovani, come lo è quasi di continuo. Nella notte mi par-
ve di nuovo di trovarmi sul balcone a osservare i giovani in ricrea-
zione. scorgevo tutti quelli che erano stati feriti dai corvi e li os-
servavo, quando comparve un personaggio con un vasetto in ma-
no, entro cui c'era del balsamo. Era accompagnato da un altro
che recava un pannolino. Tutti e due si diedero attorno a medica-
re le ferite dei giovani che, appena toccati dal balsamo, restavano
guariti. ve ne furono però parecchi che non vollero essere guariti.
67

7.8 Page 68

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E ciò che più mi spiacque è che questi erano in numero notevole.
Mi affrettai a prenderne i nomi su di un pezzo di carta, ma mentre
scrivevo, mi svegliai e mi trovai a mani vuote. Tuttavia li ricordo
quasi tutti e andrò via via parlando con loro, come già parlai con
alcuni per indurli a sanare le loro ferite» (M.B. y[l,649)-
x*{.
Questi due sogni spiegano quonto si legge nelle Memorie Bio-
grafiche.' <<Finiti gliEsercizi, Don Bosco si lsmentò che olcuni de-
gli olunni non ne ovessero approfittoto per il bene della loro oni-
- -, mo. "fo, in questi giorni passati disse vedevo così chiara-
mente i peccoti di cioscuno di voi, come se li ovessi tutti scritti da-
vanti agli occhi. È uno grazia singolare che il Signore mi ha fotto
in questi giorni per il vostro bene">> (M.8. VII,649)-
68

7.9 Page 69

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La pernice e la quaglia
Il 16 gennaio 1865 Don Bosco raccontava ai suoi ragazzi un so-
gno che aveva fatto due giorni prima.
Gli era parso di essere in viaggio con tutti i giovani dell'Orato-
rio. Giunti in una vigna, si fermarono a fare colazione. I giovani
si sparsero qua e per mangiare frutta; Don Bosco in mezzo a
loro tagliava grappoli e li distribuiva a sazietà dicendo:
- A te: prendi e mangia!
Ristorati che furono, si rimisero in viaggio attraversando la vi-
gna; ma il cammino era malagevole perché bisognava ora scende-
re, ora salire, ora saltare solchi profondi. I più robusti saltavano,
i piir piccoli tentavano anch'essi il salto, ma rotolavano nel fosso.
Don Bosco allora guardò attorno, vide una strada che costeggia-
va la vigna e con tutti i giovani si diresse da quella parte. Ma la
Guida lo fermò:
- Non vada su quella strada: è impraticabile perché piena di
pietre, spine, fango e fosse.
- - minarMeaaqtturaevsetirspoiccqoulei s-toi bsioelctthòi. Don Bosco non possono cam-
- - -: Oh, è presto fatto rispose la Guida
dano sulle spalle i più piccoli.
i più grandi pren-
Giunti là dove finiva la vigna, aprendosi con grande stento un
passaggio attraverso una folta siepe di spine, si trovarono in una
amenissima valle, piena di alberi e ricca di verdi prati. Qui incon-
trarono due antichi giovani dell'Oratorio, che salutarono Don
Bosco.
- - Guardi gli disse uno mostrandogli due uccelli, una perni-
ce e una quaglia.
Don Bosco prese la pernice e mentre la imbeccava, si accorse
che aveva il becco diviso in quattro parti. Ne domandò spiegazio-
ne a quel giovane che rispose:
- Ella che ha studiato tanto non capisce? Come si chiama la
pernice in latino?
69

7.10 Page 70

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-
-p:
Perdix.
Orbene, mediti le lettere che compongono
vuol dire perseverontia (perseveranza).
la
parola
perdix:
e: aeternitss te expectat (l'eternità ti attende).
r: referet unusquisque secundum opera suo, prout gessit, sive
bonum, sive molum (ciascuno renderà conto delle opere che ha fat-
to, sia del bene che del male).
d; dempto nomine (cancellata ogni fama, scienza, gloria, ric-
chezza).
i: ibit (andrà).
Ecco che cosa indicano le quattro parti del becco: i quattro no-
vissimi.
-
vu-ol
Ho capito,
Come, lei
dire x?
ma
che
dimmi: e l'x
ha studiato
dove lo lasci? Che cosa significa?
le matematiche non sa che cosa
co-lo. x significa il numero ignoto che deve essere scoperto col cal-
- Ebbene, andrà in un luogo sconosciuto (in locum suum).
Mentre Don Bosco rifletteva su queste spiegazioni, il giovane
gli domandò:
-
-Gli
Vuol vedere
Sì, fammela
porse allora
anche la quaglia?
vedere.
una magnifica quaglia;
tale
almeno
pareva.
Don
Bosco la prese in mano, le sollevò le ali e vide che era tutta piaga-
ta; a poco a poco apparve brutta, marcia e puzzolente. Allora Don
Bosco chiese al giovane il perché di quella trasformazione. Egli
rispose:
ma-ndSòi
ricorda quando gli Ebrei nel
le quaglie, e ne mangiarono e
deserto mormoravano
avevano ancora quelle
e Dio
carni
fra i denti, quando tante migliaia di loro furono puniti dalla ma-
no di Dio? Dunque questa quaglia significa che ne uccide più la
gola che la spada, e che l'origine della maggior parte dei peccati
deriva dalla gola.
Intanto nelle siepi, sugli alberi, fra le erbe comparvero pernici
e quaglie in gran numero. I giovani presero a dar loro la caccia
e così si procurarono la refezione.
Quando poi si rimisero in viaggio, Don Bosco notò che quanti
avevano mangiato pernici erano diventati robusti e continuarono
70

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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il cammino; quelli invece che avevano mangiato quaglie restarono
nella valle, si dispersero e Don Bosco più non li vide.
ll sogno continua con una predizione di morte; quindi Don Bo-
sco concluse: << Il sogno durò tutta la notte e la mattina mi trovai
così stanco e affranto, che realmente mi pareva che avessi viag-
giato tutta la notte» (M.B. VIII,l2).
{< ,. tF
Due sere dopo, Don Bosco tornavo a parlare del sogno cosi: << Voi
vorrete sopere oncora quolche coso del sogno. Vi spiegherò solo-
mente che cosa voglia dire quoglia e pernice. La pernice è lo virtù,
la quaglio il vizio. Perché lo quoglio fosse cos) bello in appqrenzo
e poi, vista do vicino, apparisse tutto puzzolente, lo capite: è il vi-
zio impuro.
Tra i giovoni alcuni mangiavano la pernice: sono quelli che ama-
no la virtù e la seguono. Altri mongiovono lo quaglia golosomen-
te, con avidità, nonostonte che fosse tutta fradicia: sono quelli che
si danno al vizio. Taluni tenevano in una mono lo quoglio, nell'al-
tro la pernice, mo mangiavano lo quoglia: sono quelli che opprez-
zano la bellezza della virtù, ma non si decidono o proticorla-
Altri, tenendo in uno mono la pernice e nell'altro lo quaglia, man-
giavono la pernice, mo davano occhiate cupide e vogliose allo qua-
glia: sono quelli che seguono lo virtù, mo con stento e quasi per
forza; di costoro si può dubiture che se non mutano gusto, fini-
ronno per cadere.
Attri in fine mongiavano un po' di quaglto e un po' di pernice:
sono coloro che olternano vizio e virtù e cadono in inganno spe-
rando di non essere tanto cattivi.
Voi mi direte: chi di noi mangiava la quaglio e chi lo pernice?
A molti l'ho già detto; gli altri, se vogliono, vengano dq me e lo
sopronno)> (M. B. VIII, l6).
7L

8.2 Page 72

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Un'aquila maestosa
Oggi come ieri non mancano i pedagogisti e gli educatori che
non vogliono che si parli della morte ai giovani perché, dicono,
è un pensiero che turba la loro serenità e la loro gioia spensierata.
Don Bosco era di parere decisamente contrario, non per partito
preso, ma perché si basava sulla sua lunga esperienza.
È certo ed evidente per chiunque legga i l9 volumi delle Memo-
rie Biografiche che per Don Bosco il pensiero della brevità della
vita e della possibilità d'incontrarsi con Dio in ogni istante, sti-
molava un senso di vigilanza evangelica e creava un'atmosfera di
purezza e di santità straordinaria. Certe predizioni di morti fatte
in forma drammatica e circostanziata, seguite poi dalla non meno
drammatica realtà, producevano nei giovani I'effetto di un corso
di Esercizi Spirituali, tanto più che sovente avvenivano nel clima
raccolto dell'Esercizio mensile della Buona Morte.
Fu appunto nell'Esercizio del l' febbraio 1865 che Don Bosco
predisse che un giovane non sarebbe arrivato a fare un altro Eser-
cizio. Questo annunzio era effetto di un sogno.
Una notte gli parve di trovarsi nel cortile in mezzo ai giovani
che si ricreavano. A un tratto apparve un'aquila maestosa di bel-
lissime forme, la quale andava roteando e abbassandosi a poco
a poco sopra i giovani. Don Bosco la guardava meravigliato. La
Guida solita ad apparirgli nei sogni gli disse:
si ---l'aqOEVuseilscadeh.irivqasuaebràell?'naeq-:usialcarhà?ieqVsueueoDlloleonsguhBl ecorasmpcooir.edeulnqouadleeiatnudoriàgaiofvearmni.ar-
Don Bosco osservò attentamente e vide che l'aquila andò a po-
sarsi sul tredicenne Antonio Ferraris di Castellazzo Bormida. Don
Bosco lo riconobbe perfettamente e si svegliò. Impressionato dal-
la visione, fece questa preghiera:
do-vràSvigenriofircea,rssie?questo non è un sogno ma una realtà, quando
Si addormento di nuovo ed ecco apparirgli la Guida che gli disse:
72

8.3 Page 73

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BuA-olnloIalragMioDovroatenneB-.FosecrEroadrsiiissppneaorrsnvueaf.asecpheiuqduiedlluoenvoonlteerla'Eusnerscoizgionod, emllaa
una realtà. Ecco perché aveva dato quell'annunzio ai giovani.
Ferraris allora stava bene, cominciava però a sentire qualche di-
sturbo, che ando accentuandosi. Don Bosco delicatamente lo pre-
parava; il 16 marzo spirava santamente (M.B. VIII, 52).
,6 rl. {<
La sera stessa del 16 marzo Don Bosco così parlava ai giovani:
<< Io vi vedo tutti ansiosi di sapere da me quali siano stati gli ultimi
istonti del nostro Ferroris, e sono qui per sppagdre il vostro giusto
desiderio. Egli morì tronquillissimo. La morte non glifocevo pou-
ra. Io gli domandoi:
- Non hai niente che ti turbi la coscienza? Avresti qualche co-
sa do dirmi?
Egli ci pensò alquanto, poi mi rispose:
- Non ho niente-
Che bella risposta! Un giovone che si avvicina allo morte, che
sa di dover morire, risponde: "Non ho niente!" con tutta tran-
quillità e sèrenità.
Cioscuno di noi, miei cari figliuoli, vorrebbe trovarsi ol posto
di Ferraris. Io sono persuoso che andò diritto in Paradiso. E vo-
lentieri cambierei il mio posto col suo>» (M.8. VIII,58).
73

8.4 Page 74

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Il gattone dagli occhi accesi
Il 6 febbraio 1865, nel dare la <<buona notte>> ai suoi giovani,
Don Bosco s'introdusse così: << Siccome io amo i miei giovani, so-
gno sempre di essere in loro compagnia.
Mi parve di trovarmi qui in mezzo al cortile, circondato dai miei
cari figliuoli. Tutti avevano in mano un bel fiore. Chi aveva una
rosa, chi un giglio, chi una violetta, chi la rosa e il giglio insieme,
ecc. Insomma chi un fiore, chi un altro. Quando a un tratto com-
parve un brutto gattone con le corna, tutto nero, grosso come un
cane, con gli occhi accesi come bragia, con le unghie grosse come
un chiodo. La brutta bestia si avvicinava quietamente ai giovani
e, girando in mezzo a loro, ora dava un colpo di zampa al fiore
che uno aveva e, strappandoglielo di mano, lo gettava aterra, ora
faceva la stessa cosa a un altro, e così via.
Alla comparsa di questo gattone, io mi spaventai tutto e mi me-
ravigliai che i giovani non se ne turbassero e stessero tranquilli co-
me se nulla fosse.
Quando vidi che il gatto s'inoltrava verso di me per prendere
i miei fiori, cercai di fuggire; ma fui fermato e mi venne detto:
il
g-attNoonnofnugpgoirteeadrrii'vaairetuaoitoggiolivearenilochroe
innalzino
di mano
il braccio,
i fiori.
e
Io mi fermai e alzai il braccio: il gatto si sforzava di togliermi
i fiori, saltava per arrivarvi, ma siccome era molto pesante, cade-
va goffamente a terra»>.
Fin qui Don Bosco, che ne faceva questo commento: « Il giglio,
miei cari, è la bella virtù della pùrezza, alla quale il diavolo muo-
ve sempre guerra. Guai a quei giovani che tengono il fiore in bas-
so! Il demonio li fa cadere.
Coloro che lo tengono in basso sono quelli che accarezzano il
loro corpo mangiando disordinatamente e fuori di tempo; quelli
che fuggono la fatica, lo studio e si danno all'ozio; quelli che fan-
no certi discorsi, che leggono certi libri, che sfuggono la mortifi-
cazione. Per carità, combattete questo nemico, altrimenti di-
74

8.5 Page 75

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venterà vostro padrone. Queste vittorie sono difficili, ma l'eterna
Sapienza ci ha indicato i mezzi per conseguirle: "Questo genere
di demòni non si caccia se non con la preghiera e il digiuno" (Mt
17,21). Alzate il vostro braccio, sollevate in aria il vostro fiore e
sarete sicuri. Lapurezza è una virtù celeste, e chi vuole conservar-
la deve innalzarsi verso il cielo. Salvatevi dunque con la preghiera.
Preghiera che vi innalza al cielo sono le preghiere del mattino
e della sera dette bene; preghiera sono la meditazione e la Messa;
preghiera sono la frequente Confessione e Comunione; preghiera
sono le prediche e le esortazioni di chi vi guida; preghiera è la visi-
ta al SS. Sacramento; preghiera è il Rosario; preghiera è lo stu-
dio. Con la preghiera il vostro cuore si dilaterà come un involucro
gonfio e vi eleverà verso il cielo. Così potrete ripetere con Davide:
"Corro sulla via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio
cuore" (Sal 118,32).
Così porrete in salvo la piir bella delle vostre virtù e il vostro
nemico, per quanti sforzi faccia, non potrà strapparla dalle vostre
mani»> (M.B.VIII,34).
t< ,. {.
Questi <<gattoni>> oggi si sono moltiplicoti. Sono i pornografi
della stampa, del cinemo, dello televisione. Occorre difenderci e
difendere i nostri figli dalle zampote devostatrici di questi delin-
quenti in guanti gialli, che deturpano il giglio di innumerevoli ani-
me giovanili.
75

8.6 Page 76

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FioriefruttiaMaria
La sera del 30 maggio 1865, chiudendo il mese di Maria, Don
Bosco raccontò di aver visto in sogno un grande altare dedicato
alla Vergine e i giovani del suo Oratorio che, in processione, avan-
zavano cantando verso di esso.
Alcuni cantavano con voci angeliche, altri con voci roche, altri
stonavano; c'erano perfino deiragazzi che sbadigliavano annoiati.
Tutti portavano un dono da offrire a Maria, ma che varietà di
doni! Chi portava un mazzo di rose, chi di gigli, chi di violette;
chi portava agnelli, chi conigli, chi pesci, chi noci, chi uva ecc. ecc.
C'erano però anche di quelli che portavano alla Vergine dei doni
proprio strani: chi portava una testa di porco, chi un gatto, chi
un piatto di rospi.
Un bellissimo Angelo, forse l'Angelo Custode dell'Oratorio, sta-
va davanti all'altare e riceveva i doni e li poneva sull'altare. Pri-
ma però toglieva i fiori belli ma senza odore, come le dalie e le
camelie; soprattutto toglieva le spine e i chiodi che si nascondeva-
no in alcuni mazzi.
Vennero avanti anche i giovani che portavano doni strani e in-
degni.
-
tà,-e
Come! Tu hai il coraggio di offrire alla Vergine un porcello?!
disse l'Angelo al primo
Maria è la Tuttapura,
l-a.
E non sai che significa
Tuttasanta? Allontànati
l'impuri-
di qui.
Vennero altri che portavano un gatto e l'Angelo li respinse con
sdegno:
A-
Non sapete che il gatto significa il furto?
quelli che portavano un piatto di rospi, I'Angelo
gridò
sde-
gnato:
ve-niteI
rospi simboleggiano i vergognosi
a offrirli alla Vergine?
peccati
di
scandalo
e voi
Ci furono anche alcuni che si avanzavano con un coltello pian-
tato nel cuore, simbolo dei sacrilegi.
76

8.7 Page 77

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- - - Non vedete disse loro l'Angelo che avete la morte nel
cuore? Per carità fatevelo cavare quel coltello!
E anche costoro furono resPinti.
Quando tutti ebbero offerto i loro doni, comparvero due Ange-
li che sorreggevano due ceste piene di magnifiche corone, compo-
ste di rose stupende. L'Angelo Custode ne incoronò tutti i giovani
i cui doni erano stati graditi, e disse loro:
- Maria oggi ha voluto che voi foste incoronati di così belle
rose. Fate in modo che non vi vengano tolte praticando l'umiltà,
I'ubbidienza,la purezza. Tre virtù che vi renderanno sempre cari
a Maria e vi faranno degni di ricevere una corona infinitamente
più bella di questa.
I giovani incoronati espressero la loro gioia con il canto Lodute
Maria con voci così forti che Don Bosco si svegliò (M.B. VIII'129).
,t {. {<
Don Bosco stesso diede questa interpretazione: i fiori inodori
sono le opere buone fatte per fini umoni; le spine, le disubbidien-
ze; i chiodi, i peccati grovi.
E terminò dicendo: « Miei cari, io so quali furono incoronoti
e quali quelli scoccioti doll'Angelo. Lo dirò ai singoli offinché pro-
curino di portare alla Vergine doni che Essa si degni di accettare>».
77

8.8 Page 78

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L'inondazione e la zattera salvatrice
Questo sogno fu narrato da Don Bosco ai suoi giovani la sera
del l' gennaio 1866. È stato intitolato: Avvenire della Congrega-
zione Solesiana e suo missione salvatrice in mezzo alla gioventù.
In esso Don Bosco presenta alla rapita e commossa fantasia dei
suoi figliuoli il vasto panorama delle vicende della vita dello spiri-
to colorando, con tocchi potentemente drammatici, la sorte alla
quale Maria Ausiliatrice guida infallibilmente i suoi, e i tragici di-
sastri ai quali vanno fatalmente incontro quelli che a Maria, cioè
a tutto quel complesso di vita cristiana che è in essa vivente e ope-
rante, volgono stoltamente le spalle.
E un sogno suggestivo e rivelatore, capace di tonificare l'anima
e di richiamarla ai suoi veri destini. In esso Don Bosco descrive
un viaggio fatto in compagnia dei suoi giovani durante una im-
prowisa e furiosa tempesta e attraverso le acque burrascose di una
spaventosa inondazione. Lo riferiamo con qualche riduzione, ma
con la solita fedeltà.
Don Bosco sognò di trovarsi tra i giovani del suo Oratorio, che
si ricreavano allegramente in una immensa prateria; quand'ecco,
all'improvviso, si videro da ogni parte circondati da una inonda-
zione, la quale cresceva a misura che si avanzava verso di loro.
Sopraffatti dal terrore, corsero a rifugiarsi in un grande mulino
isolato, con le mura grosse come quelle di una fortezza. Dalle fi-
nestre si vedeva l'estensione del disastro: invece di prati, campi col-
tivati, orti, boschi, cascine, non si scorgeva più altro che la super-
ficie di un lago immenso.
A misura che l'acqua cresceva, essi salivano da un piano all'al-
tro. Perduta ogni speranza umana di salvarsi, Don Bosco prese
a incoraggiare i suoi cari giovani, invitandoli a mettersi tutti con
piena fiducia nelle mani di Dio e tra le braccia della loro cara Ma-
dre Maria.
Quando l'acqua giunse al livello dell'ultimo piano, il terrore
78

8.9 Page 79

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s'impossessò di tutti, e non videro altro scampo che quello di rifu-
giarsi in una grandissima zattera in forma di nave, apparsa in quel-
l'istante, che galleggiava vicino a loro.
Ognuno voleva rifugiarvisi per primo, ma c'era un muro che
emergeva un po' più alto del livello delle acque. C'era un solo mez-
zo: servirsi di un lungo e stretto tronco d'albero; ma rendeva dif-
ficile il passaggio il fatto che il tronco poggiava sul barcone e si
muoveva seguendo il beccheggio della barca stessa, agitata dalle
onde.
Fattosi coraggio, Don Bosco vi passò per primo; e per facilitare
il trasbordo ai giovani, stabilì preti e chierici che, dal mulino, sor-
reggessero chi partiva e, dal barcone, dessero mano a chi arrivava.
Frattanto molti giovani impazienti, trovato ul pezzo di asse ab-
bastanza lungo e un po' più làrgo del tronco, ne fecero un secon-
do ponte e, senza aspettare l'aiuto dei preti e dei chierici e non
dando ascolto alle grida di Don Bosco, vi si slanciarono, ma per-
dendo I'equilibrio, caddero e, ingoiati da quelle torbide e putride
acque, più non si videro.
Anche il fragile ponte si era sprofondato con quanti vi stavano
sopra. E grande fu il numero di quegli infelici, che un quarto
dei giovani restò vittima del loro capriccio.
Quelli che si erano rifugiati sulla zattera vi trovarono una gran-
de quantità di pani, custoditi in molti canestri.
il
« Quando
comando
tutti furono
di capitano
sulla barca
e dissi ai
g-iovcaonnit:inua
Don
Bosco
-
presi
co-nfidMaa: rmiaetètialamSoctei lltautdtei lsomttaoreil.
Essa non abbandona chi in
suo manto; Ella ci scamperà
Lei
dai
pericoli e ci guiderà a porto tranquillo.
Quindi abbandonammo ai flutti la nave, che galleggiava otti-
mamente, mentre I'impeto delle onde, agitate dal vento, la spin-
geva con tale velocità, che noi, abbracciati l'un l'altro, facemmo
un sol corpo per non cadere.
Percorso molto spazio in brevissimo tempo, a un tratto la bar-
ca si fermò e si mise a girare attorno a stessa con straordinaria
rapidità, sicché pareva dovesse affondare. Ma un soffio violentis-
simo la spinse fuori del vortice. Prese quindi un corso più regola-
re e, ripetendosi ogni tanto qualche mulinello e il soffio del vento
79

8.10 Page 80

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salvatore, andò a fermarsi vicino a una terra che si ergeva come
una collina in mezzo a quel mare.
Molti giovani se ne invaghirono e, dicendo che il Signore ayeva
posto l'uomo sulla terra e non sulle acque, senza chiedere il per-
messo, uscirono dalla barca giubilando.
Ma breve fu la loro gioia perché per un improvviso infuriare
della tempesta, crebbero le acque, la collina fu inondata, ed essi
scomparvero travolti dalle onde.
Io esclamai:
- È proprio vero che chi fa di sua testa, paga di sua borsa.
La zattera intanto, in balia di quel turbine, minacciava di nuo-
vo di andare a fondo.
Vidi allora i miei giovani pallidi in volto e tremanti:
E-
uFnaatemviincioeradgigciouo-regcriidmaietlotermo m-,o
Maria non ci
a pregare in
abbandonerà.
ginocchio, te-
nendoci per mano gli uni con gli altri. Però ci furono parecchi in-
sensati che, indifferenti a quel pericolo, alzatisi in piedi, si aggira-
vano qua e sghignazzando tra di loro e burlandosi degli atteg-
giamenti supplichevoli dei loro compagni.
Ed ecco che la nave si arresta all'improvviso, gira con rapidità
su sé stessa e un vento furioso sbatte nelle onde quei disgraziati.
Erano trenta, ed essendo l'acqua profonda e melmosa, appena vi
furono dentro, più nulla si vide di loro.
Noi intonammo la Salve Regina e più che mai invocammo di
cuore la protezione della Stella del mare.
Sopravvenne la calma, ma la nave continuava ad avanzare sen-
za che sapessimo dove ci avrebbe condotti. A bordo intanto fer-
veva l'opera di salvataggio. Si faceva di tutto per impedire ai gio-
vani di cadere nelle acque e per salvare i caduti.
Poiché vi erano di quelli che sporgendosi incautamente dalle basse
sponde dellazattera, cadevano nel lago; e ve ne erano anche altri
che, sfacciati e crudeli, chiamando qualche compagno vicino alle
sponde, con un urtone, lo gettavano giù.
Percio vari preti preparavano canne robuste, grosse lenze e ami
di varie specie. Appena cadeva un giovane, le canne si abbassava-
no e il naufrago si aggrappava alla lenza, oppure con I'amo resta-
va uncinato alla cintura o nelle vesti, e così veniva tratto in salvo.
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9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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Io stavo ai piedi di un alto pennone piantato nel centro, circon-
dato da moltissimi giovani, da preti e da chierici che eseguivano
i miei ordini.
Finché i giovani furono docili e obbedienti alle mie parole, tut-
to andava bene: erano tranquilli, contenti, sicuri. Ma non pochi
cominciarono a trovare incomoda quella zatteta, a temere il viag-
gio troppo lungo, a lamentarsi dei pericoli e disagi di quella tra-
versata, a disputare sul luogo ove avremmo approdato, a pensare
al modo di trovare altro rifugio, e a rifiutarmi obbedienza. Inva-
no io cercavo di persuaderli con le ragioni.
Ed ecco in vista al1.re zattere, che sembrava tenessero un corso
diverso dal nostro; e quegli imprudenti deliberarono di secondare
i loro capricci: gettarono nelle acque alcune tavole che erano nella
nostra zattera, vi saltarono sopra e si allontanarono alla volta del-
le zattere apparse. Fu una scena indescrivibile e dolorosa per me:
vedevo quegli infelici che andavano incontro alla rovina. Soffiava
il vento, i flutti erano agitati, e alcuni sprofondarono tra le spire
dei vortici, altri riuscirono a salire sulle zattere, che però non tar-
darono a sommergersi. La notte si era fatta buia: in lontananza
si udivano le grida strazianti di coloro che perivano. Naufragaro-
no tutti.
Il numero dei miei cari figliuoli era diminuito di molto, ciò no-
nostante continuando a confidare nella Madonna, dopo una not-
te tenebrosa, la nave entro in uno stretto, tra due sponde limac-
ciose, coperte di cespugli, di ciottoli e di rottami. Tutto intorno
alla barca si vedevano tarantole, rospi, serpenti, coccodrilli, vipe-
re e mille altri animali schifosi. Sopra salici piangenti, i cui rami
pendevano sopra la nostra barca, stavano molti scimmioni che,
penzolando dai rami, si sforzavano di toccare e arroncigliare i gio-
vani; ma questi, curvandosi impauriti, schivavano quelle insidie.
Fu colà, su quel greto, che rivedemmo con grande sorpresa e
orrore i poveri compagni perduti. Dopo il naufragio erano stati
gettati dalle onde su quella spiaggia, contro gli scogli. Altri erano
sotterrati nel padule e non se ne vedevano che i capelli e la metà
d'un braccio. Qui sporgeva dal fango un dorso, più in una te-
sta; altrove galleggiava, interamente visibile, qualche cadavere.
Ma ben altro spettacolo si presentava ai nostri occhi. A poca
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9.2 Page 82

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distanza s'innalzava una gigantesca fornace, nella quale divam-
pava un fuoco grande e ardentissimo. Sopra quel fuoco vi era co-
me un gran coperchio, sul quale stavano scritte a grossi caratteri
queste parole: " Il sesto e il settimo conducono qui" (cioè: il furto
e l'impurità).
Là vicino vi era anche una vasta prominenza di terra, ove si mo-
veva un'altra moltitudine di nostri giovani o caduti nelle onde o
allontanatisi nel corso del viaggio. Io scesi a terra, non badando
al pericolo, mi awicinai e vidi che avevano gli occhi, le orecchie,
i capelli e persino il cuore pieni di insetti e di vermi schifosi, che
li rosicchiavano e cagionavano loro grandissimo dolore.
Io additai a tutti una fonte che gettava in gran copia acqua fre-
sca e ferruginosa: chiunque andava a lavarsi in quella, guariva al-
l'istante e poteva ritornare nella zattera. La maggior parte di que-
gli infelici aderì al mio invito; ma alcuni si rifiutarono. Allora io,
seguìto da quelli che erano risanati, tornai alla zattera, che uscì
da quello stretto dalla parte opposta a quella per cui era entrata,
e si slanciò di nuovo in un oceano senza confi4i.
Noi, compiangendo la fine lacrimevole dei nostri compagni ab-
bandonati in quel luogo, ci mettemmo a cantare: "Lodate Maria,
o linguefedeli",inringraziamento alla gran Madre celeste per averci
fino allora protetti; e sull'istante, quasi al comando di Maria, ces-
l'infuriare del vento e la nave prese a scorrere rapida sulle pla-
cide onde.
Ed ecco comparire in cielo un'iride piir meravigliosa di un'au-
rora boreale, sulla quale, passando, vedemmo scritto a grossi ca-
ratteri di luce la parola MEDOUM, senza intenderne il significa-
to. A me parve che ogni lettera fosse l'iniziale di queste parole:
"Mater et Domina omnis universi Maria" (Madre e Signora di tutto
l'universo Maria).
Dopo un lungo tratto di viaggio, ecco spuntare terra in fondo
all'orizzonte. A quella vista provammo una gioia inesprimibile.
Quella terra, amenissima per boschetti con ogni specie di alberi,
presentava il panorama più incantevole, perché illuminata dal so-
le nascente, che spandeva una luce ineffabilmente quieta e ripo-
sante, simile a quella di una splendida sera d'estate.
Finalmente, urtando contro la sabbia del lido o strisciando su
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di essa, la zattera si fermò all'asciutto, ai piedi di una bellissima
vigna. I giovani mi guardavano come per dirmi:
- Discendiamo?
Al mio "Sì" fu un grido generale di gioia, e tutti entrarono in
quella vigna.
Dalle viti pendevano grappoli d'uva simili a quelli della terra
promessa, e sugli alberi c'era ogni sorta di frutta. Inmezzo a quella
vastissima vigna sorgeva un grande castello attorniato da un deli-
zioso giardino e da forti mura. Ci fu concessa libera entrata.
In un'ampia sala, tutta ornata d'oro, stava apparecchiata per
noi una gran tavola con ogni sorta di cibi i più squisiti.
Ognuno poté servirsi a piacimento. Mentre finivamo di rifocil-
larci, entrò nella sala un nobile giovane di una bellezza indescrivi-
bile, il quale con affettuosa e familiare cortesia ci salutò chiaman-
doci tutti per nome. Vedendoci meravigliati per le cose già viste,
ci disse:
- Questo è nulla, venite e vedrete.
Noi tutti lo seguimmo; dai parapetti delle logge egli ci fece con-
templare i giardini, dicendoci che erano a nostra disposizione per
la ricreazione. E ci condusse di sala in sala, una più magnifica del-
l'altra per'architettura,. colonnati e ornamenti di ogni specie. Ci
introdusse quindi in una splendida chiesa. Il pavimento, le mura,
le volte erano ricche di marmi, di argento, d'oro e di pietre preziose.
- - - Ma questa bellezza esclamai è una bellezza di paradiso.
Faccio firma di rimanere qui per sempre!
In mezzo a questo gran tempio s'innalzava, sopra ricca base,
una grande, magnifica statua di Maria Ausiliatrice. Attorno ad essa
si raccolse la moltitudine dei giovani per ringraziare la Vergine dei
tanti favori che ci aveva elargito.
Mentre i giovani stavano ammirandone la bellezza veramente
celestiale, a un tratto Ia statua parve animarsi e sorridere. Tra la
folla si levò allora un grido:
M- aLriaa
Madonna muove gli occhi!
infatti girava con ineffabile
bontà
i
suoi
occhi
materni
sui giovani che Le stavano intorno. Poco dopo risonò un secondo
grido:
- La Madonna muove le mani!
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9.4 Page 84

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La Vergine, aprendo lentamente le braccia, con le mani solleva-
va il manto in atto di protezione.
- La
Seguì
Madonna
un silenzio
mpuroofvoendleo,lambbernatr!e-.gli
Gridarono altri in coro.
occhi di tutti erano fissi
nel volto di Maria, la quale con voce dolcissima disse:
- Se voi sarete per me figliuoli devoti, io sorò per voi Madre
amorosa.
A queste parole cademmo in ginocchio e intonammo il canto:
Lodate Maria, o lingue fedeli.
L'armonia delle voci era così forte, così soave che, sopraffatto
da essa, mi svegliai; e così terminò [a visione» (M.B. YlIl,275).
,r**
Di questo sogno fece qualche commento Don Bosco stesso, e
confidò ai singoli che lo richiedevano ilposto che occupavano in
CSSO.
L'immenso pionura è il mondo. L'inondazione, i pericoli del
mondo. Il mulino rappresenta lo Chiesa. Il tronco di albero che
fa da ponte, lo Croce. La gronde zottera, la Casa di Moria, l'Oro-
torio. I canestri di pane, /a S§. Eucaristio. I vortici impetuosi, le
tentazioni. Lo collina che alletta molti, i desideri mondani. I sa-
cerdoti che si prodigano ol sslvataggio con omi e lenze, la Confes-
sione. Gli animoli schifusi e gli scimmioni, gli allettomenti della
colpa. La fonte di acquo fresca, ferruginoso, lo Confessione e la
Comunione. L'iride radiosa, Moria. Il castello, lo vigna e il convi-
to indicano lo Patria. In fine Maria Ausiliotrice stesso corono I'i-
nebriante gioia di tutti con I'assicurazione: << Se voi sarete per me
figliuoli devoti, io sarò per voi Modre amoroso»>.
OSS| il mondo, ossia lo mentalità onticristiana, è ancor più di-
lagante con i suoi vortici sempre più travolgenti, attraverso il pro-
gressivo onnacquomento delle convinzioni e delle abitudini cristiane.
Di qui I'qttualità sempre viva dt Don Bosco: ora che ho raggiunto
la Patrio, è più potente e operante di prima nell'opera di salvatag-
gio della gioventù, pupilla dei suoi occht.
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9.5 Page 85

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«Lasciatemi solo; soffro troppo! »
La sera del 25 giugno 1867 Don Bosco narrava ai giovani uno
dei suoi sogni più suggestivi.
Gli sembrò di essere sulla via che conduce a... (e nominò la cit-
/rÌ), quando si sentì chiamare per nome dalla sua Guida. La seguì.
Viaggiavano con la rapidità del pensiero, senza che i loro piedi toc-
cassero terra. Giunsero a un palazzo di mirabile struttura, ma inac-
cessibile.
Entra in quel palazzo gli disse la Guida.
- - Come faccio se non c'è l'entrata?
- Entra! replicò imperiosamente la Guida.
- - E vedendo che Don Bosco non si moveva, disse:
- Fa' come faccio io: alza le braccia e salirai.
Così dicendo, allargò le braccia verso il cielo; Don Bosco lo imitò
e si sentì sollevare in aria, finché si trovò sulla soglia del palazzo.
Che cosa c'è qui dentro? chiese Don Bosco.
- - Entra, visitalo e vedrai. In fondo, in una sala, troverai chi
- ti ammaestrerà.
La Guida scomparve. Don Bosco percorse molte sale sfarzose
con la rapidità del vento e, cosa mirabile, sospeso in aria, con le
gambe unite, strisciava senza fatica, come sopra un cristallo, ma
senza toccare il pavimento. Così passando da un appartamento al-
l'altro, giunse a una grande sala, più splendida delle altre.
Alla sua estremità, sopra un seggiolone, scorse maestosamente
seduto un Vescovo, in atto di chi aspetta per dare udienza.
- - « Mi avvicinai con rispetto narra Don Bosco e restai preso
da somma meraviglia nel riconoscere in quel prelato un mio inti-
mo amico. Era Monsignor. . . (e ne fece il nome) , Vescovo di . . . ll
suo aspetto era florido, affettuoso e di tale bellezza che non si può
esprimere »».
Oh, Monsignore! Lei qui? gli disse Ma non è morto?
-- - -. Sì che sono morto. E voi, Don Bosco, siete vivo o morto?
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---QuEIQinopudpsiiuonDrnoeoonncvsiiBvisooposn:ucoòno.ovfneecnveieredaelcVochel esccosoropvnooo.mqouliteindocmorapnodee: anima?
ho----bisMSMSooìag,innsdoèooicininnacoh,lpeuiMnaoproglaruneodosgisdgihgooiinastoadearilegvaso,enadclzevosaerrae,zalmzvDaopa?.ieorD, miooep.pnuorne
in purgatorio?
l'ho ancora visto
e
-
E-
E quanto tempo avrà ancora da
Guardate qui.
gli porse una carta soggiungendo:
stare
in
purgatorio?
-DonLeBgogsecteo. esaminò il foglio, lo rivolse da ogni parte, ma non
poté leggere nulla. Il Vescovo gli fece notare che bisognava leg-
gerlo a rovescio, perché i giudizi di Dio sono diversi da quelli del
mondo. Don Bosco non osò insistere per una risposta più chiara
e domandò:
do----------vuEMNANESNMIooclploooeamacienm,nno,rmena:ddilllntoqàoooieesioun.aiiesssgllsmmgooovrpt...aeieeoiirzrovcdtmieoa?aicnsen,ealgsiasaissloseiSinucsiighpoapneplvoeslesirnoceriaanaonl:no,eonmmifonacie?ocgdmloroicnauaozdnsiiaisccceuaadr.bteieitDaoaciosche.oi lvmourioolsecahelve,eqrvòuiv.aon--
no ancora.
Qui Don Bosco dice che era smanioso di sapere tante cose; quindi
fece al Vescovo altre domande:
do---bbMiODaramiateolomlofisaradropiecpcaaihaqemsuasoalavlcglavhiriàelnaoc?choles'aadndoimabbraiipa, ompreotarcrsehaélavaiilgrerieolsv'ataonniaimdnaau; plmlaaratgecioosvumaae..
-
-
Dite ai giovani che si facciano buoni e ubbidienti.
E chi non le sa queste cose?
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nio---ni.DDMiitateeslloiorsropoicechgheheisspi iciaùonnopferpastusicirniaome seconhvteeen.pteregehfaincoc.iano buone Comu-
oc--chiVMuenialodnidceairbòbqiugaia;alccechqheéuaclonosdvaoodlueintepo.èDgistepiuenlcotiroaoleacahvneecdhoearraen.nqouedlalavannetbi baigal,i
è già a buon punto.
cel--estSCi ochoneomceloessc'oèonsqoeu. edsetlamnoenbdboia,?che impediscono di vedere le cose
tus--esCEt (otcnuosttmiodeeirldinmeoobnbildomonoosnifdtaroroevcaaomstoo'ègt:tloiemirluepnqodtuueesrelltaodtenulesdbibinaiavm?oaloli)g,neoaplloosrai-
salveranno l'anima; non si lascino ingannare dalle apparenze del
mondo. I giovani credono che i piaceri, le gioie, le amicizie del
mondo possano renderli felici, e quindi non aspettano che il mo-
mento di godere di quei piaceri; ma si ricordino che tutto e vanità
e afflizione di spirito.
de--nsisDEsaimqllu'oiemscmthaeondteoebgsbltiieiaa
da che cosa principalmente è prodotta?
e dall'impurità. E come un nero nuvolone
la vista e impedisce ai giovani di vedere il
precipizio al quale vanno incontro. Dite loro quindi che conservi-
no gelosamente la virtù della purezza, perché quelli che la possie-
dono florebunt sicut lilium in civitote Dei (fioriranno come gigli
nella città di Dio).
gh--ieraSE.onchoeneccoessasacriiev:uroitlierapteezrzcao,nosbebrveadrieenlzaa,pfuurgeazzda?ell'ozio e pre-
-
-
-
-
E poi?
Preghiera, fuga dell'ozio, obbedienza e ritiratezza.
E niente altro?
Obbedienza, ritiratezza, preghiera e fuga dell'ozio.
tsaco«q-Au,eplplateunsttaaolailsemVceaosncriosoisvoaollde'Oibcbroeamtfoiunriniotioc. aVdrvioiplaaqvruolaerscetoi -navlavciosrani,tpilnaidsuicaiaDidoiennl fvrBeeont---
to e in un istante mi trovai alla porta dell'Oratorio. Quando fui
qui, mi arrestai e pensai: Perché non mi sono fermato di più con il
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9.8 Page 88

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Vescovo? Avrei avuto ancora altri schiarimenti. E subito ritornai
indietro con la stessa rapidità con la quale ero venuto. Entrai di
nuovo in quel palazzo e in quella sala.
Ma quale cambiamento era awenuto in quei brevi istanti! Il Ve-
scovo, pallidissimo come cera, era steso sul letto, sembrava un ca-
davere; gli spuntavano sugli occhi le ultime lacrime: era in ago-
nia. Solo un leggero movimento del petto, scosso dagli estremi ane-
liti, indicava che era ancor vivo. Io mi accostai a lui affannoso:
-
-
-
-
-
-
Monsignore, che cosa è avvenuto?
- Lasciatemi rispose con un gemito.
Monsignore, avrei ancora molte cose da domandarvi.
Lasciatemi solo, soffro troppo.
Che cosa posso fare per lei?
Pregate e lasciatemi andare.
Dove?
- Dove la mano onnipotente di Dio mi conduce.
- Ma, Monsignore, la supplico, mi dica dove.
- Soffro troppo, lasciatemi.
- Ancora una sola parola: non ha nessuna commissione che
-io possa eseguire nel mondo? Non mi lascia nulla da dire al suo
successore?
- Andate dall'attuale Vescovo di... e ditegli da parte mia que-
sto e questo.
Le cose che mi disse non fanno per voi, o miei cari giovani, e
quindi le tralascio. Il Vescovo proseguì ancora:
- E poi dite alle tali e tali persone queste e queste altre cose
segrete )).
[Interrogato da Don Lemoyne se avesse eseguito le commissio-
ni ricevute da quel Vescovo, rispose:
Sì, ho eseguito fedelmente il mio mandatol.
-«- E niente altro? io continuai.
- Dite ai vostri giovani che io ho sempre voluto loro molto be-
- ne, che finché ero in vita ho sempre pregato per loro e che anche
adesso mi ricordo di loro. Ora essi preghino per me.
- Stia sicuro, lo dirò e cominceremo subito a fare suffragi per
lei; ma lei appena sarà in paradiso si ricordi di noi.
Il vescovo intanto aveva preso un aspetto ancor più sofferente.
Era uno strazio al vederlo. Soffriva un'agonia delle piÌr angosciose.
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9.9 Page 89

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ve-il
Lasciatemi
Signore mi
-chimami adi.sse
ancora
-,
lasciatemi che io vada do-
to -daMirotdniscigibniloerec!o.m..pMasosniosingen.ore! ... - io andavo ripetendo stret-
-Io,
Lasciatemi! Lasciatemi!
spaventato e commosso
a-tanritpoetséofefrdiries,pamrviev.olsi
per
torna-
re indietro, ma avendo urtato in qualche oggetto, mi svegliai e mi
trovai nel mio letto» (M.8. VIII,853).
{.,&*
Il biogrofo Don Lemoyne scrive: <<Don Bosco non fece com-
menti sullo stato di quel buon Vescovo. Del resto da rivelazioni
degnissime di fede e da ottestazioni dei santi Podri si conosce che
personoggi di santità consumoto, gigli di purità verginale, ricchi
di meriti, operatori di miracoli, e che oru noi veneriamo sugli al-
tari, per difetti leggerissimi, un tempo onche lungo dovettero ri-
monere in purgatorio» (M.8. VIII,859).
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9.10 Page 90

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Visioni di cielo
Sul finire del maggio 1867 Don Bosco fece un sogno, nel quale
ebbe la gioia di godere visioni di cielo.
Gli parve di trovarsi in una pianura che si estendeva a vista d'oc-
chio. In essa un numero sterminato di grosse pecore, divise in greg-
gi, pascolavano in vasti prati. Don Bosco rivolse varie domande
al pastore, che rispose:
- Tu non sei destinato per loro; ti condurro io a vedere il greg-
ge del quale devi prenderti cura.
Ma tu chi sei? chiese Don Bosco.
- - Sono il Padrone; vieni con me.
-E [o condusse in un altro punto della pianura dove erano mi-
gliaia e migliaia di agnellini, così magri che camminavano a sten-
to. Il prato era secco, arido e sabbioso, senza un filo d'erba fre-
sca, senza un ruscello. Ogni pascolo era stato interamente distrut-
to dagli stessi agnelli.
Si vedeva a prima vista che quei poveri agnelli, coperti di pia-
ghe, avevano molto sofferto e soffrivano ancora. Don Bosco chiese
spiegazione, e il Pastore lo compiacque e disse:
- Ascolta e saprai tutto. Quella pianura è il mondo. I pascoli
verdi la Parola di Dio ela grazia.I luoghi sterili e aridi sono quelli
in cui non si ascolta la Parola di Dio e si cercano i piaceri del mon-
do. Le pecore sono gli uomini fatti, gli agnellini sono i giovani,
e per questi Dio ha mandato Don Bosco. Questo luogo così arido
figura lo stato di peccato.
Don Bosco continua: « Mentre io ascoltavo e osservavo ogni cosa,
ecco nuova meraviglia. Tutti quegli agnelli cambiarono aspetto.
Alzatisi sulle gambe posteriori, tutti presero la forma di altrettan-
ti giovanetti. Io mi avvicinai per vedere se ne conoscessi alcuno.
Erano tutti giovani dell'Oratorio. Moltissimi io non li avevo mai
veduti, ma tutti si dichiaravano figli del nostro Oratorio.
Mentre con pena osservavo quella moltitudine, il Pastore mi
disse:
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10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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E-
Vieni con me e vedrai altre cose.
mi condusse in un angolo remoto
della
valle,
circondato
da
collinette, cinto da una siepe di piante rigogliose, con un grande
prato verdeggiante, ripieno di ogni sorta di erbe odorose, sparso
di fiori campestri, con freschi boschetti e correnti di limpide ac-
que. Qui trovai un altro grandissimo numero di giovani, tutti alle-
gri, i quali con i fiori del prato si erano formati una vaghissima
veste.
A--- hAE!SloImocnheopinoqsosuoshenoaollii?dccir-ohesetdoisniritoentrrocorhnovegaaantvii.oedreainnmngoaraigzvrieaanddduiitsosDipmioea.rsoconnescoolaszìiobneelle.
e splendenti, né mai avrei potuto immaginare tali splendori.
Mi era però riservato uno spettacolo assai più sorprendente.
un-a
Vieni, vieni
scena che ti
dcaonmuena-
mi disse la
gioia e una
cGounisdoala-zioeneti
farò vedere
maggiore.
E mi condusse in un altro prato smaltato di fiori più vaghi e
piÌr odorosi dei già veduti. Aveva l'aspetto di un giardino princi
pesco. Qui si scorgeva un numero di giovani non tanto grande,
ma che erano di così straordinariabellezza e splendore da far scom-
parire quelli da me ammirati poc'anzi. Alcuni sono già qui all'O-
ratorio, altri verranno più tardi.
il b-elCgoigsltioorode-llampiudrieszszeai.l PQausetosrties-onosoannocqouraelvliecshteiticdonesllearvsatonloa
dell'innocenza.
Io li guardavo estatico. Quasi tutti portavano in capo una coro-
na di fiori di indescrivibile bellezza. Questi fiori erano composti
di altri piccolissimi fiorellini di una gentilezza sorprendente e i lo-
ro colori erano di una vivezza e varietà che incantavano. Più di
mille colori in un sol fiore, e in un sol fiore si vedevano più di mil-
le fiori. Scendeva ai loro piedi una veste di una bianchezza sma-
gliante, anch'essa tutta intrecciata di ghirlande di fiori, simili a quelli
della corona. La luce incantevole che partiva da quei fiori rivesti-
va tutta la persona e specchiava in essa la propria gaiezza.
I fiori si riflettevano l'uno negli altri, e quelli delle corone in
quelli delle ghirlande, riverberando ciascuno i raggi che erano emessi
dagli altri. Un raggio di un colore, rifrangendosi con un raggio
di un altro colore, formava raggi nuovi, diversi, scintillanti; quin-
9l

10.2 Page 92

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di a ogni raggio si riproducevano sempre nuovi raggi, sicché io non
avrei mai potuto credere esservi in paradiso un incanto così mol-
teplice.
Cio non è tutto. I raggi e i fiori della corona degli uni si spec-
chiavano nei raggi e nei fiori della corona di tutti gli altri; così pu-
re le ghirlande e la ricchezza della veste degli uni si riflettevano
nelle ghirlande e nelle vesti degli altri. Gli splendori poi del viso
di un giovane, rimbalzando, si fondevano con quelli del volto dei
compagni e, riverberandosi centuplicati su tutte quelle innocenti
e rotonde faccine, producevano tanta luce da abbagliare la vista
e impedire di fissarvi lo sguardo.
Così in uno solo si accumulavano le bellezze di tutti i compagni
con un'armonia di luce ineffabile. Era la gloria dei santi.
Non vi è nessuna immagine umana per descrivere anche languida-
mente quanto divenisse bello ciascuno di quei giovani in mezzo
a quell'oceano di splendori. Fra questi ne osservai alcuni in parti-
colare che adesso sono qui nell'Oratorio, e sono certo che se po-
tessero vedere almeno la decima parte della loro attuale bellezza,
sarebbero pronti a soffrire il fuoco, a lasciarsi tagliare apezn, ad
andare insomma incontro a qualunque più atroce martirio, piut-
tosto che perderla.
Appena potei riavermi alquanto da quel celeste spettacolo, mi
volsi al Pastore e gli dissi:
- Ma dunque, fra tanti miei giovani, sono così pochi gli inno-
centi? Sono così pochi coloro che non hanno mai perduto la gra-
zia di Dio?
Mi rispose:
- Non ti pare abbastanza grande questo numero? Del resto quelli
che hanno avuto la disgrazia di perdere il bel giglio della purezza,
e con questo l'innocenza, possono ancora seguire i loro compagni
nella penitenza. Vedi h? In quel prato si trovano ancora molti fiori;
ebbene essi possono tessersi una corona, una veste bellissima e se-
guire gli innocenti nella gloria.
- - - Suggériscimi ancora io soggiunsi qualche cosa da dire
ai miei giovani.
- Ripeti ai tuoi giovani che se essi conoscessero quanto sono pre-
ziose e belle agli occhi di Dio l'innocenza e la purezza, sarebbero
disposti a fare qualunque sacrificio per conservarle. Di' loro che
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10.3 Page 93

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si facciano coraggio a praticare questa candida virtù, perché i ca-
sti sono quelli che crescunt tonquam lilia in conspectu Domini (cre-
scono come gigli al cospetto di Dio)».
Don Bosco conclude il suo racconto dicendo che, attratto dallo
splendore di quei giovani, volle slanciarsi in mezzo a loro, ma in-
ciampo nel terreno e si svegliò (M.B. VIII,840).
rl.**
Due giorni dopo, tornò o porlore del sogno e, tra I'altro, disse:
<< Uno mi domandò se ero fro gli innocenti, e io gti dissi di no. Mi
domondò oncoro se ovevo delle pioghe e io gli dissi di sì.
E cosa significano quelle piaghe? egli soggiunse.
- - Non temere risposi sono rimorginate, spariranno; queste
- - -, pioghe oro non sono più disonorevoli, come non sono disonore-
voli le cicatrici di un combottente, il quale, malgrado le tonteferi-
te e I'incolzare del nemico, seppe vincere e riportore vittoria. So-
no dunque cicotrici onorevoli!.... Ma è più onorevole chi, com-
bottendo volorosamente in mezzo oi nemici, non riporta nessuno
ferita. La suo incolumità eccita lo meroviglia di tutti»» (M.8.
vIII,844).
93

10.4 Page 94

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Tragica passeggiata alla Stura
Questo sogno Don Bosco lo fece aLanzo Torinese la notte del
l7 aprile 1868. È un sogno terribile. Il direttore del Collegio, Don
Lemoyne, che dormiva nella camera accanto, fu svegliato da un
urlo agghiacciante che Don Bosco lanciò nel sonno.
A Don Bosco parve di trovarsi sulle sponde di un torrente non
largo, ma dalle acque torbide e vorticose. I giovani che lo circon-
davano, tentavano di passare sulla sponda opposta. Molti pren-
devano la rincorsa, saltavano e riuscivano ad arrivare dall'altra
parte. Altri però non ce la facevano. Qualcuno batteva con i piedi
proprio sull'orlo della riva, ricadeva indietro e veniva trascinato
dalla corrente. Qualcun altro piombava con un tonfo nel bel mez-
zo del fiume e spariva. C'era chi finiva sugli scogli aguzzi, spor-
genti dall'acqua, e si spaccava la testa o si rompeva lo stomaco
rimanendo boccheggiante.
A quella scena dolorosa Don Bosco gridava, avvisava, insegna-
va a prendere lo slancio con prudenza, ma inutilmente. Il torrente
in poco tempo apparve cosparso di corpi inerti che, trascinati dal-
la corrente impetuosa, andavano a sfracellarsi contro una rupe,
alla svolta del fiume, e sparivano in un vortice.
e
s-nelMli anopnerrciehséco-no
si chiedeva
ad arrivare
Ddoanll'aBlotrsacopa-rteracgoanzzuintabneltosaaltgoi?li
La spiegazione fu spaventosa, raccapricciante. Mentre prende-
vano lo slancio, molti avevano dietro qualche sciagurato compa-
gno che, per un gusto malvagio, faceva lo sgambetto, oppure li
tratteneva per il cappotto o, peggio ancora, con uno spintone li
gettava irrimediabilmente nella rovina.
ddios-scioarPseqi ruvceohsléettie-craiemccsiecnnlaadmlei raedveanlleoDl oscnupoirBrietoosdc-eo,i
il giorno seguente, riferen-
perché con i vostri cattivi
vostri compagni la fiamma
di quelle passioni che poi dovranno consumarli in eterno? Perché
insegnate il male a certuni che forse sono ancora innocenti? Perché
con la vostra ironia e con i vostri accordi insensati, vi ritirate dai Sa-
94

10.5 Page 95

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cramenti e non volete ascoltare le parole di chi vi può mettere sul-
la buona strada? L'unica cosa che guadagnerete sarà la maledi-
zione di Dio.
L'angoscia che stringeva il cuore a Don Bosco durante quel so-
gno gli fece gettare un urlo lacerante che lo svegliò.
« to li ho veduti tutti questi giovani, asseriva il Santo parlando-
ne con il direttore, li ho veduti tutti e ho conosciuto certi volponi.
Ma il mio segreto lo tengo per me e non lo dirò a nessuno. La pri-
ma volta che potrò ritornare aLanzo diro a ciascuno la parte sua»
(M.B. IX,l33).
***.
Impressiono Io parolo di Don Bosco: « Io Ii ho conosciuti questi
volponi>>. Non moncuno anche oggi quelli che tru i compognifan-
no le parti del diovolo. Vigilare per prevenire: ecco I'ossillo e il
dolce tormento dei genitori e degli educatori.
95

10.6 Page 96

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« Perché non parli? »
Qualche volta erano talmente terribili le cose che Don Bosco ve-
deva nei suoi sogni, che restava sgomento e non si decideva a par-
lare. È il caso di alcuni sogni fatti aLanzo nei primi giorni dell'a-
prile 1868. Ma un ultimo sogno lo decise a raccontare ai giovani
dell'Oratorio anche gli altri. La sera del 30 aprile parlò così:
«Miei cari figliuoli, ho fatto un sogno ed ero deciso di non far-
ne parola a voi, sia perché dubitavo che fosse un sogno come tutti
gli altri che si presentano alla fantasia nel sonno; sia perché tutte
le volte che ne ho raccontato qualcuno, ci fu sempre qualche os-
servazione o qualche reclamo. Ma un altro sogno mi obbliga a par-
larvi del primo. Voi sapete che sono stato a Lanzo per avere un
po' di quiete. Orbene, l'ultima notte che dormii in quel collegio,
messomi a letto, mentre cominciavo a prender sonno, mi si pre-
sento alla fantasia quanto sto per dirvi.
Mi parve di vedere entrare nella mia camera un gran mostro che,
avanzandosi, venne a porsi ai piedi del letto. Aveva la forma di
un rospo ripugnante e gigantesco. Io lo guardavo senza fiatare,
mentre quello s'ingrossava sempre più. Era di color verde con una
linea rossa intorno alla bocca e alla gola che lo rendeva ancora
più spaventoso. I suoi occhi erano di fuoco; sul naso si alzavano
due corna; dai fianchi spuntavano due alacce verdastre. Aveva una
lunga coda che terminava in due punte. In quei momenti mi pare-
va di non aver paura; ma quando il mostro cominciò ad avanzarsi
verso di me allargando la bocca ampia e fornita di grossi denti,
allora fui preso da grande terrore. Mi feci il segno di croce, ma
a nulla valse; suonai il campanello, ma nessuno mi udì; gridai, ma
invano: il mostro non fuggiva.
- - Che vuoi da me, brutta bestiaccia gridai allora.
Ma egli continuò ad avanzare. A un tratto, posate le zampe an-
teriori sulle sponde del letto, si tirò su lentamente, poi si fermò
a fissarmi. Quindi, allungatosi in avanti, protese il muso verso la
mia faccia e spalancò la bocca. [o ero paralizza|o dall'orrore. Mi
96

10.7 Page 97

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misi a urlare, gettai la mano indietro cercando l'acquasantino, ma
non trovandolo, battevo pugni nel muro. Intanto il rospo abboc-
per un istante la mia testa in modo che mi trovai con la metà
della persona dentro quelle orride fauci. Allora gridai:
-Il
In nome di Dio, perché mi
rospo, al mio grido, si ritirò
fai
un
questo?
tantino,
lasciando
libera
la
mia testa. Mi feci nuovamente il segno di croce ed essendo final-
mente riuscito a intingere le dita nell'acquasantino, gli gettai so-
pra un po' di acqua benedetta. Allora quel demonio, mandando
un urlo terribile, precipito indietro e scomparve.
Ma mentre scompariva il mostro, io potei udire distintamente
una voce che dall'alto pronunciò queste parole: "Perché non
parli?"
Il direttore di Lanzo Don Lemoyne quella notte si svegliò a causa
delle mie urla prolungate, udì che battevo le mani contro il muro
e il mattino seguente mi domando:
Don Bosco, questa notte ha sognato?
- Perché mi fai questa domanda?
- Ho udito le sue grida.
-Avevo dunque conosciuto la volontà di Dio; dovevo dirvi ciò
che ho veduto. Quindi ho deciso di raccontarvi tutti i sogni che
ho fatto in quei giorni, perché mi sento obbligato in coscienza,
e anche per liberarmi da visioni tanto orribili come quella del ro-
spo» (M.B. IX,l55).
rl. rl. ,.
In quella voce venutd dall'alto, che rimprovera Don Bosco per-
ché non ho raccontato alcuni sogni, si può vedere uno di quegli
elementi soprannaturali che caratterizzano i sogni di Don Bosco
e ci confermano che non erono dei semplici sogni. Ci sorebbe da
augurorsi che lo stessa voce di richiamo sentissero e ascoltassero
i genitori che vedono i figli mettersi su cattiva strada e non parlono.
97

10.8 Page 98

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Uva di varie qualità
Questo e quello che segue sono i sogni fatti da Don Bosco in
quei giorni trascorsi aLanzo, che dovevano essere di riposo per
il Santo. Don Bosco si decise a raccontarli ai giovani dell'Orato-
rio per obbedire a quel richiamo venuto dall'alto: <<Perché non
parli? ». Noi li riassumiamo fedelmente.
Don Bosco racconta: << La notte del giovedì santo, 9 aprile 1868,
appena assopito, cominciai a sognare. Mi trovavo nel cortile del-
I'Oratorio intento a discorrere con alcuni superiori. A un tratto
vediamo spuntare da terra una vite bellissima, che cresce a vista
d'occhio e s'innalza da terra fin quasi all'altezza di un uomo. A
questo punto comincia a stendere i suoi tralci in numero straordi-
nario e a mettere fuori i pampini. In breve si estese tanto da occu-
pare tutto il cortile. Con meraviglia notavo che i rami si estende-
vano solo orizzontalmente, così da formare un immenso pergola-
to, che restava sospeso senza alcun sostegno visibile. Subito spun-
tarono anche bei grappoli; gli acini ingrossarono e l'uva prese un
magnifico colore. Io osservavo con gli occhi spalancati, muto dal-
lo stupore, quando a un tratto tutti gli acini caddero per terra e
diventarono altrettanti giovani vispi e allegri: saltavano, giocava-
no, gridavano, correvano che era un piacere a vederli.
Allora un misterioso personaggio (la solita Guida) mi apparve
al fianco e osservava anch'egli i giovani. Ma improvvisamente si
stese dinanzi a noi uno strano velo, quasi fosse un sipario, e ci na-
scose quel gioioso spettacolo. Tutta l'allegria dei giovani era ces-
sata all'istante e succedeva un malinconico silenzio.
M- i
Guarda!
awicinai
-
e
mi disse la Guida; e mi additò la vite.
vidi che non c'era più uva, ma soltanto
foglie,
sulle quali stavano scritte le parole del Vangelo: "Nihil invenit in
ea" (In essa non ha trovato nulla).
-La
Che cosa significano?
Guida sollevò il velo e
i-o
domandai.
rividi i giovani,
ma
in
numero
mi-
nore dei moltissimi visti prima.
98

10.9 Page 99

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cili-
Cdoi sfatoreroil-bemnei,dnisosne
v-ogsloionnooqaupepllirocfhitetaprunre.avSeonndoo
molta
quelli
fa-
che
hanno la sola preoccupazione di apparire buoni, senza esserlo in
realtà. Sono quelli che agiscono ipocritamente per ottenere la sti-
ma e la lode dei superiori.
Provai un gran dispiacere nel vedere in quel numero alcuni che
io credevo molto buoni, affezionati e sinceri.
La Guida soggiunse:
E-
Il male non
lasciò cadere
è tutto qui.
di nuovo il
sipario,
poi
mi
disse:
T- raOlerafoggulaierdearadnioncuoomvop.arsi molti grappoli d'uva, che dappri-
ma sembravano promettere una ricca vendemmia. Avvicinando-
mi però mi accorsi che erano tutti guasti: alcuni ricoperti di muf-
fa, altri pieni di vermi e di insetti che li rodevano, altri mangiati
da uccelli e vespe, altri ancora marci e disseccati.
La Guida alzò di nuovo il velo e sotto comparvero molti dei gio-
vani visti all'inizio del sogno. Le loro fisionomie, prima così bel-
le, erano diventate brutte, scure e piene di piaghe ripugnanti. Essi
passeggiavano curvi, rattrappiti nella persona e assai malinconici.
Nessuno parlava.
gio-vanCioemraenovapqriumeastota?nt-o
adlloemgrainedsaiimaplalaticGi,ueidoara-.sonPoerccohséì
quei
tristi
e brutti?
-LOi sfisssearivaattbeenntaem! -entefumlaenrtirsepomsitap.assavano accanto e vidi che
tutti portavano scritto in fronte il loro peccato. Sulla fronte dei
grveiiodlVigviooaioln-esivaloeI-rgasgcerD-ivviose:SureIbpmbiirpiidtnuoioerinmdziiav-dei-nqSduecSeattonsactdir-aiplleoogBv-ioeesr-SetetumtpiFmepureibarrtioop-,o-etIecnGrcdl.ioiflaafvirv-eisnaIznreo-
in seguito, ma la Guida me lo impedi risolutamente dicendomi:
sca-noH; ahnannnoolei
Regole, le osservino; hanno
Sacramenti, li frequentino;
i Superiori, li obbedi-
hanno la confessione:
non la profanino col tacere i peccati; hanno la Santa Comunione:
non la ricevano indegnamente. Custodiscano gli occhi, fuggano i
cattivi compagni, si astengano da cattive letture e dai cattivi discorsi.
99

10.10 Page 100

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I tuoi giovani, con la grazia di Dio e con la voce della coscienza,
possono sapere quello che debbono fare o fuggire.
Lasciò cadere il velo e di nuovo osservai la vite. Questa volta
era carica di grappoli sanissimi, turgidi e maturi. Era un piacere
vederli e davano gusto solo a guardarli. Si alzo nuovamente il ve-
lario e apparvero molti giovani che sono, furono e saranno nei no-
stri collegi. Erano bellissimi e raggianti di gioia.
- - - Questi disse la Guida sono e saranno quelli che, me-
diante le tue cure, fanno e faranno buoni frutti e ti daranno molte
consolazioni.
Io mi rallegrai, ma restai nello stesso tempo afflitto, perché essi
non erano quel numero grandissimo che speravo» (M.B. IX,l57).
,k ,1. ,.
Il velario si è alzato tre volte, losciando vedere ogni volta un grup-
po diverso di giovoni. Niente di nuovo sotto ilsole. Se gli educa-
tori di oggi avessero i doni carismatici di Don Bosco, potrebbero
vedere qualcosa di simile.
r00

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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Viaggio alla città del fuoco
I'aPffreermmeaszsioon-e
In
di
mezzo agli orrori di questa visione,
Don Bosco: i giovani che egli vede
apre uno spiraglio di luce
precipitare nella città del
fuoco non hanno ancora ricevuto la sentenza del Giudice Divino: << Andate, ma-
ledetti, nel fuoco eterno )); ma andrebbero eternamente dannati se morissero nel-
lo stato di coscienza in cui vivono oggi. La visione è molto lunga; noi ne presen-
tiamo un fedele riassunto.
La sera del 3 maggio 1868 Don Bosco ripiglio il racconto di quan-
to aveva visto nei sogni di quei giorni.
S'introdusse così: « Debbo raccontarvi un altro sogno che si può
dire conseguenza dei precedenti. Questi sogni mi lasciarono affranto
in modo da non poter più reggere. Vi ho detto di un rospo spa-
ventevole che nella notte del 17 aprile minacciava di ingoiarmi e
che, al suo scomparire, udii questa voce: "Perché non parli?". Io
mi volsi dalla parte donde era partita la voce e vidi a fianco del
mio letto un personaggio distinto (la Guida).
-
che-
E che cosa
Ciò che hai
devo
visto
dire?
e ti fu
-detgtoli
chiesi.
negli ultimi
ti sarà svelato la notte ventura».
sogni
e
quel
di
più
Don Bosco continua dicendo che lo riempiva di terrore l'idea
di dover vedere ancora altri spettacoli paurosi e che non si decise
di andare a letto se non dopo la mezzanotte. Ed ecco che, appena
addormentato, la solita Guida si awicina al suo letto e gli intìma:
-Lo
Alzati e vieni con me.
condusse in una pianura
vastissima
e
arida,
un
vero
deserto
senza un filo d'acqua. Fu un viaggio lungo e triste, anche se la
strada per cui si inoltrarono era bella, larga, spaziosa e ben selcia-
ta. La fiancheggiavano due magnifiche siepi verdi coperte di bel-
lissimi fiori. A prima vista sembrava una strada pianeggiante, ma
in realtà scendeva; e Don Bosco e la Guida camminavano con una
rapidità tale che sembrava loro di volare.
«Dietro
l'Oratorio
cdoinnmoio-ltissraimcci ocnotampDaognni
Bosco
da me
-maviidvei dtuuttti.i
igiovani del-
Mentre avan-
101

11.2 Page 102

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zavano, vidi che or l'uno or l'altro cadevano ed erano immediata-
mente trascinati da una forza invisibile verso una paurosa disce-
sa, che s'intravedeva in lontananza. Domandai alla mia Guida:
V-- idACi vhavellioccrìoansaacthièeucinhgepioofva'adcnaii dppeiaùrse.saqvuaensoti
giovani?
fra molti
lacci,
alcuni
stesi
rasente aterra, altri sospesi in aria all'altezzadel capo. Erano quasi
invisibili, perciò molti giovani restavano presi a quei lacci: chi per
la testa, chi per il collo, chi per le mani, chi per un braccio, chi
per una gamba, chi per i fianchi. Non appena si stringeva il lac-
cio, venivano all'istante trascinati giù.
Volli esaminarne uno e lo tirai verso di me; ma non potendo
smuoverlo, decisi di seguire il filo fino al capo legato in qualche
posto o tenuto da qualcuno. Giunsi così sulla soglia di una orribi-
le caverna e avendo ancora dato uno strattone al filo, vidi uscire
un brutto e grande mostro che faceva ribrezzo. Con i suoi unghio-
ni teneva l'estremità di una fune, alla quale erano legati tutti quei
lacci. Impressionato da quella visione, ritornai presso la mia Gui-
da, la quale mi disse:
cad--ereOOirha,mssiìeacii hcgehioilvoèasncohi e!nÈetrlali'ilsncdfieenrmanooin.gioiovcahneitennedl eprqeuceipiizlaioc.ci per far
Mi accorsi allora che ogni laccio portava una scritta: superbia,
disubbidienza, invidia, impurità, furto, golo, accidia, ira, ecc. No-
tai pure che i lacci che facevano maggiori vittime erano quelli del-
l'impurità, della disubbidienza e della superbia. A quest'ultimo era-
no legati gli altri due.
Molti giovani sapevano però fortunatamente evitare la presa del
laccio; altri poi se ne liberavano passando accanto a coltelli infissi
nel terreno, che tagliavano o rompevano il laccio. Erano simbolo
della Confessione, della preghiera e di altre virtir o devozioni. Due
grandi spade rappresentavano la devozione a Gesù Sacramentato
e a Maria Santissima».
A questo punto Don Bosco racconta che proseguì il cammino,
sempre più aspro, per una via che scendeva sempre più ripida e
scoscesa, sparsa di buche, di ciottoli e di macigni. Ed ecco compa-
rire in fondo un edificio immenso e tenebroso. Sopra una porta
102

11.3 Page 103

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altissima c'era una scritta spaventosa: <<Qui non c'è redenzione>>.
Erano giunti alle porte dell'inferno.
un-brGacucaiord. a! - gli grido a un tratto la Guida afferrandolo per
a
g<<rTanremdisatnatneza-
afferma il Santo
uno che scendeva
p-r,ecvipoiltsoisgamli eonctceh.i
in
Di
su e vidi
mano in
mano che scendeva, riuscivo a distinguerne la fisionomia; era uno
dei miei giovani. I capelli scarmigliati, parte ritti sul capo, parte
svolazzanti indietro; le braccia tese in avanti, come per protegger-
si nella caduta. Voleva fermarsi e non poteva. Io volevo correre
ad aiutarlo, a porgergli una mano salvatrice, ma la Guida non me
lo permise:
di -DioC?redi - mi disse - di poter fermare uno che fugge dall'ira
Intanto quel giovane, guardando indietro con occhi folli di ter-
rore, andò a sbattere contro la porta di bronzo, che si spalancò.
Dietro di essa se ne aprirono contemporaneamente, con un lungo
boato assordante, due, dieci, cento, mille altre, spinte dall'urto del
giovane, trasportato come da un turbine invisibile, irresistibile, ve-
locissimo. Tutte quelle porte di bronzo per un istante rimasero aper-
te, e io vidi in fondo, lontanissimo, come una bocca di fornace,
e da quella voragine, mentre il giovane sprofondava, sollevarsi globi
di fuoco. Le porte tornarono a chiudersi con la stessa rapidità con
la quale si erano aperte. Ed ecco precipitare altri tre giovani delle
nostre case, che rotolavano rapidissimi come tre macigni, uno dietro
l'altro. Avevano le braccia aperte e urlavano per lo spavento. Giun-
sero in fondo e andarono a sbattere contro la prima porta che si
aperse, e dietro di essa le altre mille.
Molti altri caddero. Un poveretto venne spinto a urtoni da un
perfido compagno. Io li chiamavo affannosamente, ma essi non
mi udivano.
Ia V-meiadEeGcncduooidnuaena-c.acdaIeurcseoamtpaprniantgic,nipei,aslicellaidbmiraitiacncatotetnivdia,acnlcenenaatbzoiiotudndiis!ipn-ei rpaeetosrvc:elarsmeò.
tan-ti
Ma dunque è inutile che noi
giovani fanno questa fine!
lavoriamo
nei
nostri
collegi,
se
La Guida rispose:
z'a-ltroQuqeusito>». è il loro stato attuale e se morissero verrebbero sen-
103

11.4 Page 104

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In quel momento Don Bosco vide precipitare un altro gruppo
di giovani e quelle porte restarono aperte per un istante.
te
- Vieni
cose.
dentro
anche
tu
-
gli disse la Guida -;
imparerai tan-
Entrarono in quello stretto e orribile corridoio e giunsero a un
tetro e brutto sportello sul quale era scritto: <<Ibunt impii in ignem
oeternum» (gli empi andranno al fuoco eterno).
La Guida prese per mano Don Bosco, aperse lo sportello e lo
introdusse. << Lo spettacolo che mi si
simcom-ensmaicgaevettrònainapnrdeadvaa
a un terrore
perdendosi
oinffdeerssecri-vibrialec.coUnntaa
Don Bo-
specie di
in anfrattuosità incavate nelle
viscere dei monti, tutte piene di fuoco, non già come noi lo vedia-
mo sulla terra con le fiamme guizzanti, ma tale che tutto dentro
era arroventato e bianco per il grande calore. Mura, volta, pavi-
mento, ferro, pietre, legno, carbone, tutto era bianco e smaglian-
te. Certo quel fuoco sorpassava mille e mille gradi di calore; e non
inceneriva nulla, non consumava nulla. Mi mancano le parole per
descrivervi quella spelonca in tutta la sua spaventosa realtà.
Mentre guardavo atterrito, ecco da un varco venire a tutta furia
un giovane che, mandando un urlo acutissimo, precipita nel mez-
zo, si fa bianco come tutta la caverna, e resta immobile, mentre
risuona ancora per un istante I'eco della sua voce morente. Pieno
di orrore guardai quel giovane e mi parve uno dell'Oratorio, uno
dei miei figliuoli.
all-a
Ma costui
Guida.
non
è
uno
dei
miei
giovani,
non
è
il
tale?
-
chiesi
-DopPourqturoesptpooasrrìiv-aromnioriaspltoris,ee. il loro numero aumentava sem-
pre più, e tutti mandavano lo stesso grido e diventavano immobi-
li, arroventati, come coloro che li avevano preceduti.
Cresceva in me lo spavento e chiesi alla mia Guida:
ti
m-- ilOlMehav, osclìotecsh,teomrlooa
non lo sanno che vengono qui?
sanno di andare al fuoco eterno;
cadono qui, e volontariamente,
furono
per il
awisa-
peccato
che non vollero abbandonare. Essi disprezzarono e respinsero la
misericordia di Dio, che li chiamava incessantemente a pentimento.
ha-AnnllooQrupaalleasdpGeevureaidenaszsamerdei iolaurdsdicinsipròne:era!z-ioneesdcliaqmuaeis. ti disgraziati che non
104

11.5 Page 105

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fuo-coOcrhaebhisaoigvniastoch! e vada anche tu in mezzo a quella regione di
sog-naNpor,imnao!a-ndarirsepaolsigieusdteizrieofadttioD-io. ,
Per
e io
andare all'inferno bi-
non fui ancora giudi-
cato. Dunque non voglio andare all'inferno!
fer-no Deilmibmeria-re
iotsusoeirvgòiolavaGnui,idoapp-u:retisptaarrteenme efugloiori
andare all'in-
e lasciarli tra
tanti strazi?
Sbalordito a questa proposta, risposi:
no-n
Oh, i miei
potremmo
giovani
fare in
io li amo
modo da
molto e li voglio tutti salvi. Ma
non andare dentro, io
gli altri?
ess-i
pEuhre-,
pmuricrhiséptousefalaccGiauitduatto-,
sei ancora in tempo,
quello che puoi.
e
lo
sono
Il mio cuore si allargò e dissi subito:
tor-mePnoticoquimesptiomrtaieiilclaarviofrigalrieu,opliu. rché io possa liberare da quei
M- i
Dpruensequpeervmieanni odepnetrroin-trodpurorsmeigunìelIlaa
Guida.
caverna.
Mi
trovai
su-
bito in una grande sala con porte di cristallo. Su queste pendeva-
no larghi veli, i quali coprivano altrettanti vani comunicanti con
la caverna. La Guida mi indicò uno di quei veli sul quale era scrit-
to: "Sesfo Comandamento", ed esclamò:
di -tanLtai
trasgressione
giovani.
di
questo:
ecco
la
causa
della
rovina
eterna
con--fesSMsiaasteonnomonaclseoinosfeolesnsohaactino, nnmfoeastasleactiuic?otelpaeffcaotntotr.oVlai
purezza
sono di
le hanno
quelli che
ne hanno commesso una nella fanciullezza ed ebbero sempre ver-
gogna a confessarla; altri non ebbero il dolore e il proponimento.
Anzi taluni, invece di far l'esame, studiavano il modo di inganna-
re il confessore. E ora vuoi vedere perché la misericordia di Dio
ti ha condotto qui?
Alzo il velo e io vidi un gruppo di giovani dell'Oratorio che co-
noscevo, condannati per quella colpa. Fra essi ce n'erano di quelli
che ora tengono buona condotta.
-
-
Che cosa devo dir loro per aiutarli a salvarsi?
Predica dappertutto contro I'impurità.
Vedemmo allo stesso modo altri giovani condannati per altri pec-
105

11.6 Page 106

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cati. Poi la Guida mi fece uscire da quella sala. Attraversato in
un attimo quel lungo corridoio d'entrata, prima di lasciare la so-
glia dell'ultima porta di bronzo, si volse di nuovo a me ed esclamò:
-
che
Adesso
tu provi
che hai veduto i tormenti
un poco I'inferno. Prova
degli altri, bisogna che an-
a toccare questa muraglia.
Io non ne avevo il coraggio e volevo allontanarmi, ma egli mi
trattenne dicendo:
-Mi
Eppure
afferro
bisogna che tu provi!
risolutamente il braccio
e
mi
trasse
vicino
al
muro
continuando a dire:
-deUll'nualtivmoaltamsuorlaagtoliacc, aslea,coaslmì etenroribpieler
poter capire
è la prima.
che cosa sa-
Vedi questo
muro? È il millesimo prima di giungere dov'è il vero fuoco del-
l'inferno. Sono mille i muri che lo circondano. Ogni muro è di mille
misure di spessore e distano l'uno dall'altro mille miglia; è distan-
te quindi un milione di miglia dal vero fuoco dell'inferno, e per-
cio è un minimo principio dell'inferno stesso.
Ciò detto, afferro la mia mano, l'aperse per forza e me la fece
battere sulla pietra di quest'ultimo millesimo muro. In quell'istante
sentii un bruciore così intenso e doloroso che, balzando indietro
e mandando un fortissimo grido, mi svegliai.
Mi trovai seduto sul letto, e sembrandomi che la mia mano mi
bruciasse, la stropicciavo con I'altra per far passare quella sensa-
zione. Fattosi giorno, osservai che la mano era realmente gonfia
e in seguito la pelle della palma della mano si staccò e si cambiò ».
Don Bosco concluse: «Notate che io non vi ho detto queste co-
se in tutto il loro orrore, nel modo come le vidi e come mi fecero
impressione, per non spaventarvi troppo. Per piir notti in appres-
so non ho più potuto addormentarmi a causa dello spavento pro-
vato)). (M.B. IX, 166).
*,r*
C'è chi, per non urtore la sensibilità moderna, fo del Vangelo
un'antologia dolciastra, scegliendo i passi da cui risulta la bontà
infinita di Dio ed eliminondo quelli che porlano della sua giusti-
zia, pure infinito. Ma <<Cristo ieri, oggi e nei secoli>>. E Gesù non
hafatto così; la Madonno a Fatima non hafatto così; Don Bosco
106

11.7 Page 107

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non ho fatto così. Lo Spirito Santo presenta i «Novissimi>> come
efficace antidoto contro il peccoto: « Ricorda le tue ultime realtà
(morte, giudizio, inferno, paradiso), e non peccherai in eterno>>
(Siracide 7,36).
107

11.8 Page 108

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Tocca a te ! » disse il becchino
La sera del30 ottobre 1868, alle comunità riunite deglistudenti
e artigiani, Don Bosco raccontò questo sogno.
Tutti i giovani sono in cortile che si divertono. Incomincia a im-
brunire, cessano i giochi, si formano crocchi in attesa che la cam-
pana chiami allo studio; c'è ancora qualcuno che passeggia; in-
tanto la sera si avanza e appena appena si può distinguere un gio-
vane dall'altro.
Ed ecco entrare dalla portineria due becchini che, camminando
con passo concitato, portano sulle spalle una cassa da morto. I
giovani, al loro passaggio, fanno largo. Quei due uomini vengono
avanti e depongono la bara per terra in mezzo al cortile. I giovani
si dispongono intorno formando un vasto circolo, ma nessuno parla
per la paura. I becchini tolgono il coperchio alla cassa.
In quell'istante compare la luna con la sua luce chiara, viva, e
lentamente fa un primo giro intorno alla cupola di Maria Ausilia-
trice, ne fa un secondo e poi ne comincia un terzo, ma non lo fini-
sce e si ferma sopra la chiesa, quasi fosse per cadere.
Intanto, appena la luna ebbe illuminato il cortile, uno dei bec-
chini fece un giro, poi un altro dinanzi alle file degli alunni, fis-
sando ben da vicino il volto di ciascuno finché, vedutone uno sul-
la cui fronte stava scritto: <<Morieris>> (morirai), lo prese per met-
terlo nella cassa.
Q- ueTgolci cgaridaatvea!: - gli disse.
ne-chSeonnoonanhcoorfaatgtioovfainnoer,av.orrei prepararmi, fare delle opere buo-
un---girIMIooo,anpnooaonlinmupnedonesaobsltborpooro,issrippssaoopinoaudnnnedcreoperoreaacoaqaunpqediuùsaetrdsoeit.omaV. eerzidvzieodlàgeirlraeo;liuanmpapi?eeinHapaasrcfeaontmttoi.-
parirà, tu verrai con me.
Poco dopo la luna scomparve dall'orizzonte e il becchino prese
108

11.9 Page 109

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il giovane per la vita, lo distese nella cassa, gli avvitò sopra il co-
perchio e senz'altro lo porto via, aiutato dal compagno.
Dopo due giri e mezzo di luna (due mesi e mezzo) la profezia
si avverava (M.8. IX, 398).
* ,1. {<
Il segretorio Don Gioochino Berto, parlondo dell'avveramento
del sogno, commenta: << Noi eravomo già assuefotti a vedere avve-
rarsi tali predizioni, sicché ci ovrebbe recoto stupore, come di ec-
cezione alla regola, il vederne alcuna non avveroto>>.
109

11.10 Page 110

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Tre lacci per condurre alla perdizione
La sera del 4 aprile 1869 Don Bosco raccontò ai suoi giovani
un sogno che li impressionò vivamente.
tud«inSeogdniagiio-vadnisi scehe-
di trovarmi in
si preparavano
chiesa,inmezzo
alla confessione.
a una molti-
Un numero
stragrande assiepava il mio confessionale sotto il pulpito.
Cominciai a confessare, ma presto vedendo tanti giovani, mi alzai
e mi avviai verso la sacrestia in cerca di qualche prete che mi aiu-
tasse.
Passando vidi, con enorme sorpresa, giovani che avevano una
corda al collo, che stringeva loro la gola.
tev-elaP! erché tenete quella corda al collo? - domandai -. Leva-
E non mi rispondevano, ma mi guardavano fissamente.
--GuaONrrodsanùi
p-osdsiosslieavaurnlao;
che
c'è
allora con maggior
muni oerdaievtircoinoch-e,
attenzione e mi
togli quella corda!
la tiene.
parve di veder spun-
tare dietro le spalle di molti ragazzi due lunghissime corna. Mi av-
vicinai per vedere meglio e, dietro le spalle delragazzo più vicino,
scorsi una brutta bestia con un ceffo orribile, somigliante a un gat-
tone, con lunghe corna, che stringeva quel laccio.
Volli chiedere a quel mostro chi fosse e cosa facesse, ma esso
abbassò il muso cercando di nasconderlo tra Ie zampe, rannicchian-
dosi per non lasciarsi vedere. Prego allora un giovane di correre
in sacrestia a prendere il secchiello dell'acqua santa. Intanto mi
accorgo che ogni giovane ha dietro le spalle un così poco grazioso
animale. Prendo l'aspersorio e domando a uno di quei gattoni:
-L'anCimhiasleei?mi guarda minaccioso, allargala bocca, digrigna i den-
ti e fa I'atto di avventarmisi contro.
Ve-di?DCimomni
subito che cosa
quest'acqua ti
fai qui, brutta bestia. Non mi fai
lavo per bene, se non rispondi.
paura.
Il mostro mi guardò rabbrividendo. Si contorse in modo spa-
ventoso e io scoprii che teneva in mano tre lacci.
ll0

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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-
va-ni
Che cosa significano?
Non lo sai? [o, stando qui,
perché si confessino male.
con
questi
tre
lacci
stringo
i
gio-
ti
-
-
t- i
E còme? In che maniera?
Non te lo voglio dire; tu lo sveli ai giovani.
Voglio sapere che cosa sono questitre Iacci' Parla,
getto addosso l'acqua benedetta.
altrimen-
qu-ell'aPceqrupai.età, mandami all'inferno, ma non gettarmi addosso
-Il
In nome di Gesù Cristo, parla dunque!
mostro, torcendosi spaventosamente, rispose:
re -ai
Il primo
giovani
modo
i loro
col quale stringo questo
peccati in confessione.
laccio
è
con
far
tace-
st'a-----cqECIIIullloaitstmeleebrresczeze?oonocn?eoNdndnoooedntnoèta?mtd.eei lsolopivnvogugeolriiolidadirierce?o.nAfedsessasrositisegnezttaodaodlodroes.so que-
-
E-
No, no! Non parlerò, si mise a urlare, ho già detto troppo.
E io voglio che tu me lo dica.
ripetendo la minaccia, alzai il braccio. Allora uscirono fiam-
me dai suoi occhi, e poi ancora gocce di sangue. Finalmente disse:
del-coInI fteesrszooreè.
di non fare
Osserva il
proponimenti e di non seguire gli avvisi
profitto che i giovani ricavano dalle con-
fessioni; se vuoi conoscere se tengo i giovoni allacciati, guarda se
si emendano.
van-i? Perché nel tendere i lacci ti nascondi dietro le spalle dei gio-
ne-l
Perché non
mio regno.
mi
vedano
e
per
poterli
più
facilmente
trascinare
Mentre volevo domandargli altre cose e intimargli di svelarmi
in qual modo si potesse render vane le sue arti, tutti gli altri orri-
bili gattoni incominciarono un sordo mormorio, poi ruppero in
lamenti e si misero a gridare contro colui che aveva parlato; e fe-
cero una sollevazione generale. Io, vedendo quello scompiglio e
pensando che non avrei ricavato più nulla di vantaggioso da quel-
le bestie, alzai l'aspersorio e gettai I'acqua benedetta da tutte le
lll

12.2 Page 112

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parti. Allora, con grandissimo strepito, tutti quei mostri si diede-
ro a precipitosa fuga, chi da una parte e chi dall'altra. A quel ru-
more mi svegliai» (M.B. IX,593).
,1. rl. {<
C'è un proverbio che dice: <<Un buon consiglio lo si riceve on-
che dal diavolo»». E qui il diavolo ne ha dato o Don Bosco uno
che può fare anche per noi: << Osservu il profitto che i giovani rica-
vano dalle confessioni: se vuoi conoscere se li tengo allocciati, guar-
da se si emendono>>-
tt2

12.3 Page 113

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Profezia del '70:
Parigi, Chiesa, Italia
Il 5 gennaio 1870 Don Bosco ebbe un sogno profetico circa gli
avvenimenti futuri della Chiesa e del mondo. Scrisse egli stesso ciò
che vide e udì, e il 12 febbraio lo comunicò al Papa Pio IX.
È una profezia che, come tutti i vaticini, ha i suoi punti oscuri.
Don Bosco fece notare come fosse difficile comunicare ad altri con
segni esterni e sensibili ciò che aveva veduto. Secondo lui quanto
aveva narrato non era che « la Parola di Dio accomodata alla pa-
rola dell'uomo »>. Ma i molti punti chiari mostrano come realmen-
te lddio abbia svelato al suo Servo segreti ignoti a tutti, perché
venissero palesati a bene della Chiesa e a conforto dei cristiani.
L'esposizione comincia con una affermazione esplicita: « Mi tro-
vai alla considerazione di cose soprannaturali », difficili da comu-
nicare.
Segue la profezia, distinta in tre parti:
l^ su Parigi: sarà punita perché non riconosce il suo Creatore;
2" sulla Chiesa: afflitta da discordia e da divisioni interne. La
definizione del dogma della infallibilità pontificia vincerà il nemico;
3" sttll'Italio e su Roma in particolare, che superbamente disprez-
zalalegge del Signore. Per tale causa sarà vittima di grandi flagelli.
Finalmente <<l'Augusta Regina»», nelle cui mani è la potenza di
Dio, farà splendere di nuovo l'iride della pace.
L'annuncio incomincia col tono degli antichi profeti:
«Dio solo può tutto, conosce tutto, vede tutto. Dio non ha
passato né futuro, ma a lui ogni cosa è presente come in un punto
solo. Davanti a Dio non vi è cosa nascosta, né presso di lui vi è
distanza di luogo o di persona. Egli solo nella sua infinita miseri-
cordia e per la sua gloria può manifestare le cose future agli uomini.
La vigilia della Epifania dell'anno corrente 1870 scomparvero
gli oggetti materiali della camera e mi trovai alla considerazione
di cose soprannaturali. Fu cosa di brevi istanti, ma si vide molto.
113

12.4 Page 114

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Sebbene di forma, di apparenze sensibili, tuttavia non si posso-
no se non con grande difficoltà comunicare agli altri con segni ester-
ni e sensibili. Se ne ha un'idea da quanto segue. tvi è la parola
di Dio accomodata alla parola dell'uomo.
Dal Sud viene la guerra, dal Nord viene la Pace.
Le leggi di Francia non riconoscono più il Creatore, e il Creato-
re si farà conoscere e la visiterà tre volte con la verga del suo furore.
Nella prima abbatterà la sua superbia con le sconfitte, con il sac-
cheggio e con la strage dei raccolti, degli animali e degli uomini.
Nella seconda la grande prostituta di Babilonia, quella che i buoni
sospirando chiamano il Postribolo d'Europa, sarà privata del ca-
po in preda al disordine.
co-ndiPdairicgai!sePdairiigmi!mInovreacleitàd.i
armarti del nome
Esse saranno da
del Signore, ti cir-
te stessa distrutte,
l'idolo tuo, il Panteon, sarà incenerito, affinché si avveri che men-
tita est iniquitas siAi (l'iniquità ha mentito a se stessa). I tuoi ne-
mici ti metteranno nelle angustie, nella fame, nello spavento e nel-
I'abominio delle nazioni. Ma guai a te se non riconosci la mano
di chi tipercuote! Voglio punire l'immoralità, l'abbandono, il di-
sprezzo
Nella
della
terza
mcaiadraleigignem- andoicsetrial nSieigrnao, rie.tuoi
nemici
di
lontano
vedranno i tuoi palagi in fiamme,le tue abitazioni divenute un muc-
chio di rovine bagnate dal sangue dei tuoi prodi che non sono più.
Ma ecco un gran guerriero dal Nord porta uno stendardo. Sulla
destra che lo regge sta scritto: Irresistibile mono del Signore. In
quell'istante il Venerando Vecchio del Lazio gli ando incontro sven-
tolando una fiaccola ardentissima. Allora lo stendardo si dilato
e di nero che era divenne bianco come la neve. Nel mezzo dello
stendardo in caratteri d'oro stava scritto il nome di Chi tutto può.
Il guerriero con i suoi fece un profondo inchino al Vecchio e
si strinsero la mano.
Ora la voce del Cielo è al Pastore dei pastori. Tu sei nella gran-
de conferenza cor, i tuoi assessori [Concilio Vaticano I], ma il ne-
mico del bene non iptà un istante in quiete, egli studia e pratica
tutte le arti contro di te. Seminerà discordia tra i tuoi assessori,
susciterà nemici tra i figli miei. Le potenze del secolo vomiteran-
no fuoco e vorrebbero che le mie parole fossero soffocate nella
tt4

12.5 Page 115

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gola ai custodi della mia legge. Ciò non sarà. Faranno male, male
a se stessi. Tu accelera: se non si sciolgono le difficoltà, siano tron-
cate. Se sarai nelle angustie non arrestarti, ma continua finché non
sia troncato il capo dell'idra dell'errore [con la definizione dell'In-
fallibilità Pontificial. Questo colpo farà tremare la terra e I'infer-
no, ma il mondo sarà assicurato e tutti i buoni esulteranno. Rac-
cogli dunque intorno a te anche solo due assessori, ma ovunque
tu vada, continua e termina l'opera che ti fu affidata [il Concilio
Vaticano I]. I giorni corrono veloci, gli anni tuoi si avanzano al
numero stabilito; ma la gran Regina sarà sempre il tuo aiuto, e
come nei tempi passati, così per l'avvenire, sarà sempre mognum
et singulare in Ecclesio proesidium (grande e singolare difesa nella
Chiesa).
Ma tu, ltalia, terra di benedizioni, chi ti ha immersa nella deso-
lazione?... Non dire i nemici, ma gli amici tuoi. Non odi che ituoi
figli domandano il pane della fede e non trovano chi loro lo spez-
zi? Che farò? Battero i pastori, disperderò il gregge, affinché i se-
.denti sulla cattedra di Mosè cerchino buoni pascoli e il gregge do-
cilmente ascolti e si nutrisca.
Ma sopra il gregge e sopra i pastori peserà la mia mano; la care-
stia, la pestilenza, la guerra faranno che le madri dovranno pian-
gere il sangue dei figli e dei mariti morti in terra nemica.
E di te, o Roma, che sarà? Roma ingrata, Roma effeminata,
Roma superba! Tu sei giunta a tale che non cerchi altro, altro
ammiri nel tuo Sovrano, se non il lusso, dimenticando che la tua
e sua gloria sta nel Golgota. Ora egli è vecchio, cadente, inerme,
spogliato; tuttavia con la schiava parola fa tremare tutto il mondo.
Roma!... Io verrò quattro volte a te!
mu--raN.NNeellollaanspaerpicmorinaadnapceporcoraurtoelt'roeòcròclhalieos?ttruaegeteerrleo
e gli abitanti di esse.
sterminio fino alle tue
de-l
Verrò laterza, abbatterò
Padre sottentrerà il regno
le difese e i difensori e al comando
del terrore, dello spavento e della
desolazione.
far-o
Ma i miei
la quarta
savi fuggono, la mia legge è tuttora calpestata,
visita. Guai a te se la mia legge sarà ancora
percio
un no-
me vano per te! Succederanno prevaricazioni nei dotti e negli igno-
ll5

12.6 Page 116

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ranti. Il tuo sangue e il sangue dei figli tuoi laveranno le macchie
che tu fai alla legge del tuo Dio.
La guerra, la peste, la fame sono i flagelli con cui sarà percossa
la superbia e la malizia degli uomini. Dove sono, o ricchi, le vo-
stre magnificienze, le vostre ville, i vostri palagi? Sono divenuti
la spazzatura delle piazze e delle strade!
Ma voi, o sacerdoti, perché non correte a piangere tra il vesti-
bolo e l'altare, invocando la sospensione dei flagelli? Perché non
prendete lo scudo della fede e non andate sopra i tetti, nelle case,
nelle vie, nelle piazze, in ogni luogo anche inaccessibile, a portare
il seme della mia parola? Ignorate che questa è la terribile spada
a due tagli che abbatte i miei nemici e che rompe I'ira di Dio e
degli uomini?
Queste cose dovranno inesorabilmente venire l'una dopo I'altra.
Le cose si succedono troppo lentamente.
Ma I'Augusta Regina del cielo è presente.
Lapotenza del Signore è nelle sue mani; disperde come nebbia
i suoi nemici. Riveste il Venerando Vecchio di tutti i suoi antichi
abiti.
Succederà ancora un violento uragano.
L'iniquità è consumata, il peccato avrà fine, e, prima che tra-
scorrano due pleniluni del mese dei fiori, I'iride di pace comparirà
sulla terra.
Il gran Ministro vedrà la Sposa del suo Re vestita a festa.
In tutto il mondo apparirà un sole così luminoso quale non fu
mai dalle fiamme del Cenacolo fino ad oggi, più si vedrà fino
all'ultimo dei giorni» (M.B. IX,779).
{.rk*
Il Bollettino Sslesiqno del 1963, in tre puntate sui numeri di ot-
tobre, novembre, dicembre, focevo un interessante commento di
questa visione. Noi qui ci limitiomo a citare I'autorevole giudizio
dello Civiltà Cattolica del 1872, anno 23o, vol. VI, serie 8", pp.
299 e 303. Riferisce letteralmente olcuni periodi, preceduti do questa
testimonionza: <<Ci piace ricordore un recentissimo voticinio non
mai stampoto e ignoto olpubblico, che do una città dall'alto ltolia
fu comunicato a un personaggio in Roma il I2 febbraio del 1870.
ll6

12.7 Page 117

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Noi ignoriumo do chi provenga. Ma possiamo certificare che lo
obbiamo avuto nelle mani, primo che Parigifosse bombardato dagli
Alemonni e incendiata dai comunisti. E diremo che ci diè meravi'
stiq il vedervi prenunziata la caduta pure di Roma, ollorché dav-
vero non si giudicavo prossima probobile»>.'
I Vedi anche Don Bosco, una biografia nuova di Teresio Bosco, editrice Elle Di Ci,
pp. 345-146.
tt7

12.8 Page 118

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Tre predizioni avverate
Il primo biografo di Don Bosco, Don G.B. Lemoyne, scrive:
« Incalcolabile fu il bene spirituale che gli alunni dell'Oratorio ri-
cavavano dai sogni di Don Bosco... L'annunzio che Don Bosco
avrebbe raccontato un sogno era come un avvenimento nell'Ora-
torio, e i giovani impazienti e irrequieti aspettavano il momento
di udirne la narrazione>>.
La sera del 3l dicembre del 1867 Don Bosco radunò i giovani
in chiesa e, salito sul pulpito, dopo le orazioni parlo così: « In questi
giorni i parenti sogliono dare la strenna ai loro figliuoli, e gli ami-
ci darsela tra di loro. Cosi anch'io sono solito di fare ogni anno,
dando in questa sera un ricordo ai miei cari giovani, che serva di
norma per l'anno venturo)).
Don Bosco continua quindi dicendo che stava pensando quale
strenna dare ai ragazzi dell'Oratorio, quando gli parve nel sogno
di trovarsi in un bel giardino, ricco di rose splendide e cinto da
un muro sul cui ingresso era scritto a caratteri cubitali 186E.
I giovani che si divertivano in quel giardino, appena videro Don
Bosco, gli si affollarono attorno e si inoltrarono insieme nel giar-
dino. Dopo un tratto di via, videro in un canto molti giovani che
cantavano il Miserere e altre preghiere dei defunti, insieme con al-
cuni preti e chierici. Avvicinatosi a loro, chiese:
un-a-OmPhoertr-echiénrivscipdaoinastbaeitrleoe.i-l,HMainsroiecnreevlrouet?soaÈ?comÈn omgrratoonrtdofeorinsl eotasqlterua.aMlecduainfiohc?aazfiaotntoe
i sacramenti e si dimostrò pienamente rassegnato alla volontà di
Dio. Ora preghiamo per la sua anima accompagnandolo alla se-
poltura, ma pensiamo che sia già in paradiso.
sco-
mo
-il.LSaiSgnisauoafraeftutcahdelaucnvoqonulcoeendtuàanaadnibcDuhoeiona.aInmmoiiotilaratmego-razIeicaosudmeimvfaierrnteùuenDaproebnguhoBinoaa--
morte.
Sempre circondato da una folla di giovani, Don Bosco proseguì
il cammino finché arrivò in un bellissimo prato verdeggiante. Ed
118

12.9 Page 119

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ecco un'altra turba immensa di giovani disposti in circolo intorno
a qualcosa che non riusciva a distinguere. Si avvicinò e vide che
attorniavano una bara e udì che anch'essi cantavano il Miserere.
Domando:
-EssPi,etructthii
pregate?
malinconici,
risposero:
tat-o
È morto
dai suoi
un altro giovane. Stette gravemente
parenti e fece una buona morte.
malato,
fu
visi-
Don Bosco domandò il nome del morto e, quando lo seppe, ri-
mase molto addolorato.
e
n-onOhho,
pcoomtuetomdi arirngclrieIs'uclet!im-o
esclamò
addio!
M-.uoMioni ovolteuvtati
molto bene
adesso: so-
lamente ieri uno, oggi un altro....
me-si
Che
che
cosa dice?
è morto il
-primoboie, titlò
la
tal
sgoiolitranoG,unidealla-.talSeoonroa.piir
di
tre
Don Bosco prosegue: « Continuammo a inoltrarci tutti in mez-
zo a quei boschetti e, dopo un breve cammino, ecco che udiamo
cantare di bel nuovo il Miserere. Arrestiamo il passo e vediamo
un'altra schiera di giovani che si avvicinavano; erano tutti scon-
solati e con gli occhi lacrimosi.
vo------gliaDÈCÈSNeaìho,mmpnenppooocornrrrioivmcttsdooeeaaarveianelanntdtvttotcooaeehn!lteseeiHve!?osgluaanl-eici?fvrad!aacitmhtrpoiieeecnesnutivtni?ilmeaorrelmoin,.otporo,tei cloipsroiicccecohvédeetrtseimi,daemnraaebmciloemn. opopcoa-
co edificati di lui e ci rincresce assai che un giovane dell'Oratorio
abbia fatto una cosi brutta morte.
Allora io cercai di consolarli dicendo:
-NonSebihsoagnriacedvisuptoerai resadcerallammenistie,riscpoerdriiaamdoi
che
Dio:
si sia
è così
salvato.
grande!
».
Mentre, addolorato e turbato, Don Bosco pensava in qual tem-
po quei giovani fossero morti, gli apparve d'improvviso la Guida
che disse:
de-l giaDrudninqou?e
sono tre. Hai visto il
Significa l'anno 1868.
numero 68 scritto sulla
tn quest'anno i giovani
porta
che ti
119

12.10 Page 120

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furono indicati devono morire. Come hai visto, i due primi sono
ben preparati, il terzo tocca a te prepararlo.
-
-
Ma come tu puoi dirmi questo?
Sta' attento all'esito e vedrai -
-gli
obiettò Don
rispose.
Bosco.
Avvinto dall'amabilità e chiaroveggenza della sua Guida, Don
Bosco le disse:
- Ti prego di essermi cortese. Mi hai detto dell'avvenire; ora
parlami del presente. Dimmi qualche cosa da riferire ai miei gio-
vani come strenna domani sera.
E la Guida:
- Di' ai tuoi giovani che siccome quei due primi erano prepa-
rati perché frequentavano con le dovute disposizioni la S. Comu-
nione in vita, così anche in morte la ricevettero con edificazione
di tutti. Ma quell'ultimo non la frequentava in vita, perciò in punto
di morte la ricevette con poca soddisfazione. Di' loro che se vo-
gliono fare una buona morte, frequentino con le dovute disposi-
zioni la S. Comunione e che la prima disposizione è una Confes-
sione ben fatta. La strenna dunque sia questa: <<La Comunione
devota efrequente è il mezzo ptù efficace perfare uno buona morte
e così solvarsi I'anima>> (M.B. IX,ll).
,f ,f rl.
C'era nell'Orutorio di Valdocco il chierico Stefano Bourlot, en-
trato da poco con I'intenzione dtforsi salesiano. Egli trovavo una
certo ripugnanza a prestorfede ai sogni di Don Bosco, che gli nar-
rdvono i compagni onziani. Quindi con spirito di critico stette a
osservore ciò che quella volta sorebbe accaduto riguardo alla morte
dei tre giovoni e olle circostanze che dovevono occompagnurle. Con
Don G. Berto e con Don G. Bologna si mise di proposito o costa-
tare per iscritto gli ovvenimenti o mano a mano che accodevono;
tutti e tre firmavano il verbale ogni volta che una profezia si ovve-
rovo, rimonendo stupiti della mtrobile precisione con la quale si
svolgevano le cose preonnunziate dq Don Bosco.
Ptù tardi, Don Bourlot, tornato dalla suo Missione d'Americo,
t20

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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il l2 ottobre 1889, rilasciavo la seguente dichtarazione: << Posso as-
sicurare con giuromento che la morte annunziata dei tre figli di
Don Bosco si è ovverato, come potrebbero testificarlo Don Berto
e Don Bologna>» (M.8. 1X,18).
t2l

13.2 Page 122

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Lettera ai giovani di Lanzo
ll direttore del Collegio Salesiano di Lanzo Torinese, Don G.B.
Lemoyne, il 4 marzo 1867, dava conto ai suoi ragazzi di una visita
fatta a Don Bosco in Torino. Diceva tra l'altro: << Don Bosco mi
disse pure che più di una volta, col suo spirito, era venuto a visi-
tarvi, a passeggiare per i vostri corridoi, ad aggirarsi per le vostre
camerate, a osservare la vostra condotta, e che venendo saprà dir-
vi qualcosa in proposito».
In questa lettera autografa il Santo stesso parla di una di queste
sue visite fatte al Collegio di Lanzo, restando a Torino.
Carissimi e amatissimi figliuoli,
desidero, o cari figli in Gesù Cristo, desidero venire afare il car-
nevale con voi. Cosa insolita perché in questi giorni non sono so-
lito allontanarmi dalla casa torinese. Ma l'affezione che tante vol-
te mi avete manifestata, le lettere scrittemi concorsero a tale riso-
luzione. Tuttavia un motivo che di gran lunga più mi spinge, si
è una visita fattavi pochi giorni or sono. Ascoltate che terribile
e doloroso racconto. All'insaputa vostra e dei vostri Superiori, vi
feci una visita. Giunto alla piazzetta davanti alla chiesa, vidi un
mostro veramente orribile. Gli occhi grossi e scintillanti, il naso
grosso e corto, la bocca larga, mento acuto, orecchi come un ca-
ne, con due corna a guisa di caprone che gli sormontavano il ca-
po. Esso rideva e scherzava con alcuni suoi compagni saltellando
qua e là.
-
-
pa-ce
CMCohimetrefaa!sintutoulnloqsu-aii,cgroishspaigofnsaeorei-?n:fHernanoiantlues?foo-rcsoesgaslitafdabirsielsi.tiospdai vleansctaiator . in
questi miei cari giovanetti?
che-
Non
fanno
occorre che io mi
benissimo le mie
occupi, perché ho dentro dei miei amici
veci. Una scelta di allievi che si arruo-
lano e si mantengono fedeli al mio servizio.
122

13.3 Page 123

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let-tureT,ummeednittai,zoiopnai,dcreondfeelslasiomnei.n..zogna! Tante pratiche di pietà,
Mi guardò con un riso beffardo e, accennandomi di seguirlo,
mi condusse in sacrestia e mi fece vedere il Direttore che confessava.
mi-seVrveodnio-anscohgegqiuunisee
s-o:noaclcoulonriosochneo
miei nemici, molti però
promettono e non man-
tengono; confessano sempre le stesse cose, e io godo assai delle
loro confessioni.
Poi mi condusse in un dormitorio e mi fece osservare uno di-
cendo:
al
-CreCaotsotruei;
fu già al
ma poi
punto di morte, e
divenne peggiore
allora fece
di prima!
mille
promesse
Mi condusse poi in altri siti della casa e mi t'ece vedere cose che
parevano incredibili, e che non voglio scrivere, ma racconterò a
voce. Allora mi ricondusse dentro il cortile, poi con i suoi compa-
gni davanti alla chiesa e gli domandai:
ne-tti?Qual è la cosa che ti rende miglior servizio tra questi giova-
è
u- n
I discorsi,
seme che
i discorsi, i discorsi! Tutto viene
produce meravigliosi frutti.
di
li.
Ogni
parola
-
-
-
no-n
Chi sono i tuoi più grandi nemici?
Quelli che frequentano la Comunione.
Che cosa ti fa maggior pena?
Due cose: la devozione
volesse più proseguire.
a
Maria...
-
e
qui
tacque
come
se
-AlloQrauasl colantsuercboòn;dap?rese l'aspetto di un cane, di un gatto, di
un orso, di un lupo. Aveva ora tre corna, ora cinque, ora dieci;
tre teste, cinque, sette. E questo quasi nel tempo stesso. Io trema-
vo, I'altro voleva fuggire; io volevo farlo parlare, perciò gli dissi:
di
-tuttIeo
voglio
quelle
assolutamente che tu mi dica
che ivi si fanno. E questo te
quale cosa temi
lo comando in
di più
nome
di Dio Creatore, tuo e mio padrone, a cui tutti dobbiamo obbedire.
In quel momento egli con tutti i suoi si contorsero, presero for-
me che non vorrei mai più vedere in vita mia, di poi fecero un ru-
more con urla orribili che terminarono con queste parole:
mo-
si
Ciò che ci cagiona
è l'osservanza dei
maggior male, ciò che più
proponimenti che si fanno
di
in
tutto temia-
confessione.
123

13.4 Page 124

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Queste parole furono pronunciate con urla così spaventevoli e
gagliarde, che tutti quei mostri scomparvero come fulmini e io mi
trovai seduto in mia camera a tavolino. Il resto ve lo dirò a voce
e vi spiegherò tutto.
Dio ci benedica e credetemi vostro affez.mo in G. Cristo
Sac. Giovanni Bosco.
Torino, ll febbraio 1871
(M.8. X,42).
{. ,f {.
I mali che Don Bosco denuncio: cottivi discorsi, compagni che
fanno la parte deldiavolo, confessioni malfatte, mqnconza di pro-
posito.... soranno proprio solo di quei giovani visitati misteriosa-
mente da Don Bosco? Oggi, oltre i mezzi di corruzione usoti
nell'800, il demonio ha o disposizione un nuovo mezzo, forse il
più deleterio: la pornografia nelle sue varieforme. Occorre aiuto-
re i giovoni a diftndersi.
t24

13.5 Page 125

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«Siamo dieci!... Siamo dieci!...»
All'Oratorio di Don Bosco iragazzi, dal 3 al T luglio 1872, ave-
vano fatto gli Esercizi Spirituali. Il Santo, dopo aver pregato il
Signore di fargli conoscere se tutti li avevano fatti bene, fece que-
sto sogno rivelatore.
Gli parve di essere in un cortile assai più spazioso di quello del-
I'Oratorio, circondato tutt'intorno di case, di piante e di cespugli.
Sui rami degli alberi e tra le spine dei cespugli vi erano qua e là
dei nidi, con dentro i piccoli sul punto di prendere il volo. Mentre
Don Bosco si divertiva ad ascoltarne il cinguettio, ecco cadergli
dinanzi un uccellino: dal suo canto conobbe che era un usignuolo.
io -ti
pOohtr!ò-
-, disse
prendere.
sei caduto! Le ali non ti bastano al volo e
E mentre diceva così, mosse il passo e allungò il braccio per pren-
dere I'animaletto. Stava già per sfiorargli le ali e prenderlo in ma-
no, quando l'uccellino fece uno sforzo e volò fino in mezzo al cor-
tile.
- - -, Povera bestiolina pensava Don Bosco è inutile che tu
cerchi di sfuggirmi, tanto ti raggiungerò e ti prenderò ugualmente.
Gli si riavvicina e sta quasi per acciuffarlo, quand'ecco gli fa
lo stesso gioco di prima e, raccolte tutte le sue forze, se ne vola
lontano un bel pezzo.
- - -. Oh, mi vuoi prendere in giro esclama Don Bosco Eb-
bene vedremo chi la vincerà.
Ed eccolo addosso all'usignuolo per laterza volta. Ma mentre
già lo sta stringendo delicatamente, eccolo innalzarsi nell'aria.
Don Bosco lo segue con lo sguardo e si meraviglia del suo ardi-
re, quando tutto all'improwiso vede un grosso sparviero piomba-
re addosso all'usignuolo, afferrarlo con i suoi adunchi artigli e por-
tarlo via per divorarlo.
- -, «A quello spettacolo continua Don Bosco ffii sentii gela-
re il sangue nelle vene e mentre seguivo con lo sguardo il volo del-
lo sparviero, dicevo tra me:
t25

13.6 Page 126

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an-zi
Io
mi
volevo salvarti, ma tu non hai voluto lasciarti
hai burlato tre volte, e ora paghi il fio della tua
prendere;
testardag-
gine.
Allora I'usignuolo si rivolse a me e mandò tre volte un debole
grido:
T- utStoiamagoitadtioe,cim!..i.
Siamo
sveglio
dieci!... Siamo dieci!...
e ripenso naturalmente
al
sogno
e
a
quelle misteriose parole, ma non riesco a capirne il senso.
La notte seguente ecco il medesimo sogno. Mi pare di essere nello
stesso cortile, attorniato come la notte precedente di case, di albe-
ri e di cespugli e vedo lo stesso sparviero che mi vola attorno con
occhi di fuoco e in atteggiamento aggressivo. Maledicendo alla sua
crudeltà con I'usignuolo, alzo la mano in segno di minaccia. Egli
allora fugge impaurito e, fuggendo, lascia cadere ai miei piedi un
biglietto su cui erano scritti dieci nomi. Ansioso lo raccolgo, lo
divoro con lo sguardo e vi leggo i nomi di dieci giovani qui pre-
senti. Svegliatomi, senza troppo fantasticare, capii subito il segre-
to di quei nomi: erano i giovani che non avevano voluto saperne
di far bene gli Esercizi, che non avevano aggiustato i conti della
loro coscienza e, anziché darsi al Signore per mezzo di Don Bo-
sco, avevano preferito darsi al demonio.
Mi inginocchiai, resi grazie a Maria Ausiliatrice che si fosse de-
gnata di farmi noti, in un modo così singolare, quei figli che ave-
vano disertato dalle file; e le promisi in pari tempo di non cessare
mai, finché mi fosse possibile, di andare dietro alle pecorelle smar-
rite» (M.B. X,50).
,f {< ,r
II segretario Don Giouchino Berto, nei processi Apostolici per
la Causo di Beotificozione di Don Bosco, ha dichioroto: << Ricordo
che i detti giovani furono fatti uvvisore da Don Bosco in privato
e che uno di quelli, non volendo mutare condotta, fu allontonato
doll'Oratorio » (M.8. X,5 l).
126

13.7 Page 127

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Due becchini con una bara
Al termine delle vacanze dell'anno scolastico 1872-73 Don Bo-
sco sognò d'incontrarsi con un allievo che stava rientrando nel-
I'Oratorio. Lo salutò cordialmente:
po----sitiNMEBlebioanb!heedoEni-rmema,nmeromsiiss:pitiorioionpscperapqo.roupoeo,dsnctiaiofmfmicceaeinslitsh;ieaectitchapce.oaa,svsi eastvuoiofliaertitvcoaoclraidnhizaeei?iomssieeirvpartoi?-
Così dicendo gli mostrava una cassettina che aveva sotto il
braccio.
de-ll'anPiomvaertouain. felice! Almeno cerca di aggiustare subito le cose
lon-tanMaavac.he anima! C'è tempo... E poi... e poi... E intanto si al-
--DoMUn afBf!ops-ecrcohe, sésceflaagmui ecònosdscoi?rlooAllcasoncnodlotuanlmeoissepgatuillaetrr,doeovesperaieninecooanndtdieònm.toe.stizia,
esclamò:
ti
s-ei
Povero ragazzot
scavata.
Sei
stato
rovinato
e
non
vedi
la
buca
che
Così dicendo si sveglio e fantasticò a lungo sull'incontro con quel
giovane che ben conosceva, e non poteva darsi pace. Finalmente,
ripreso sonno, continuò il sogno interrotto.
le,«dMirei tptoarvveer-so
racconta Don
la portineria,
Be odsicionc-ondtiratrromviarcmoni
solo
due
nel corti-
becchini.
Fuori di me per la sorpresa, mi avvicino e domando loro:
-
-
-
-
-
era-
Chi cercate?
Il morto
Qui non
c-
rispondono.
alcun morto;
avete
sbagliato
porta.
Non è questa la casa di Don Bosco?
EPbebr el'naep,psuianmtoo-startisi paovsvii.sati che un giovane di Don
morto e che si doveva farne la sepoltura.
Bosco
t27

13.8 Page 128

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-SegMuiiai
come va
becchini
v-ersfoani tpaostritcicaivoe
-trocvhaemimoonounnasocansiseandtea?mor-
to, sulla quale da una parte era scritto il nome del giovane morto,
con la cifra dell'anno 1872;' dall'altra parte erano scritte queste ter-
ribili parole: <<Vitia eius cum pulvere dormienl» (Porterà nella tom-
ba i suoi vizi).
I becchini volevano portarlo via, ma io mi opposi dicendo:
io -gliNpoanrlilaasncceoramuaniachveolutan. mio figlio mi venga tolto senza che
E mi posi attorno alla cassa cercando di romperla, ma non mi
fu possibile. E poiché [e cose andavano per le lunghe, i becchini
si impazientirono, si misero a protestare e uno, nella furia, diede
un gran colpo sulla cassa, che mi svegliò. Per il restante della not-
te rimasi triste e malinconico. Giunto il mattino, per prima cosa
chiesi notizia di quel tale e seppi che si divertiva in ricreazione.
Allora fu alquanto mitigato il mio dolore>>.
Senza dubbio Don Bosco fece il possibile per prepararlo al gran
passo, ma poi dovette assentarsi dall'Oratorio. E proprio in quei
giorni il giovane si ammalò gravemente. Accorse Don Cagliero,
che con le maniere più soavi lo invitò a pensare alla sua anima,
ma il giovane disse che lo lasciasse tranquillo. Don Cagliero tornò
e prese a discorrere di questo e di quello, ma appena gli fece qual-
che domanda sulla vita privata, il poveretto, accortosi dove il sa-
cerdote sarebbe andato a finire, tacque e si voltò dall'altra parte.
Don Cagliero andò egli pure dall'altra, e il giovane tornò a voltar-
si silenziosamente. Così fece più volte e morì senza Sacramenti il
giorno in cui Don Bosco rientrava all'Oratorio.
L'impressione che fece questa morte fu enorme e durò molto
tempo (M.B.X,5l).
,1. tk tt
Tro i giovani dell'Orotorio c'ero la persuasione che era bello mo-
rire assistiti da Don Bosco. E in realtà avvenivono morti invidiu-
bili per lo serenità che le accompognavu. Questo quindi è un caso
rsro e forse unico di una morte poco desiderobile. Don Bosco
128

13.9 Page 129

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I'ovevo prevista nel sogno citoto e non ovevd risparmiato solleci-
tudini per portare il giovane quindicenne sulla buona strado. Ms
lo grazia di Dio esige sempre la collaborazione dello volontò uma-
na, che in questo coso purtroppo mancò, cousando a Don Bosco
un grqve dolore.
129

13.10 Page 130

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Primo sogno missionario: la Patagonia
Questo è il sogno che decise Don Bosco a iniziare l'apostolato
missionario dei suoi figli Salesiani. Lo ebbe nel 1872 e lo raccontò
per la prima volta a Pio IX nel marzo del 1876; in seguito ne ripe-
il racconto anche ad alcuni Salesiani.
Mi parve, disse, di trovarmi in una regione selvaggia e affatto
sconosciuta. Era un'immensa pianura tutta incolta, nella quale non
si scorgevano colline monti. Ma nelle estremità lontanissime
la profilavano tutta scabrose montagne. Vidi in essa turbe di uo-
mini che la percorrevano. Erano quasi nudi, diun'altezza e statu-
ra straordinaria, di un aspetto feroce, con i capelli ispidi e lunghi,
di colore abbronzato e nerognolo, e solo vestiti di larghi mantelli
di pelli di animali, che loro scendevano dalle spalle. Avevano per
armi una specie di lunga lancia e la fionda.
Queste turbe di uomini, sparse qua e là, offrivano allo spettato-
re scene diverse: questi correvano dando la caccia alle fiere; quelli
portavano conficcati sulle punte delle lance pezzi di carne sangui-
nolenta. Da una parte gli uni si combattevano tra di loro, altri ve-
nivano alle mani con soldati vestiti all'europea, e il terreno era spar-
so di cadaveri. Io fremevo a quello spettacolo; ed ecco spuntare
all'estremità della pianura molti personaggi, i quali, dal vestito e
dal modo di agire, conobbi missionari di vari Ordini.
Costoro si avvicinavano per predicare a quei barbari la religio-
ne di Gesù Cristo. Io Ii fissai ben bene, ma non ne conobbi alcu-
no. Andarono in mezzo a quei selvaggi; ma i barbari, appena li
videro, con un furore diabolico, con una gioia infernale, li assali-
vano, li uccidevano, con feroce strazio li squartavano, li tagliava-
no apezzi e ficcavano i brani di quelle carni sulle punte delle loro
lunghe picche.
Dopo di essere stato a osservare quegli orribili macelli, dissi tra
me:
- Come fare a convertire questa gente così brutale?
130

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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Intanto vedo in lontananza un drappello di altri missionari che
si avvicinavano ai selvaggi con volto ilare, preceduti da una schie-
ra di giovinetti.
Io tremavo pensando:
E-
Vengono a
mi avvicinai
farsi uccidere.
a loro: erano chierici
e
preti.
Li
fissai
con
atten-
zione e li riconobbi per nostri Salesiani. I primi mi erano noti, e
sebbene non abbia potuto conoscere personalmente molti altri che
seguivano i primi, mi accorsi essere anch'essi Missionari Salesia-
ni, proprio dei nostri.
N- onCoamvreeivvaoqluuteosltaos?c-iarliesacnladmaraevoa.vanti ed ero per fermarli.
Mi aspettavo da un momento all'altro che incorressero la stessa
sorte degli antichi Missionari. Volevo farli tornare indietro, quando
vidi che il loro comparire mise in allegrezza tutte quelle turbe di
barbari, le quali abbassarono le armi, deposero la loro ferocia e
accolsero i nostri Missionari con ogni segno di cortesia.
Meravigliato di ciò, dicevo fra me:
E-
Vediamo un po' come ciò
vidi che i nostri Missionari
andrà a finire!
si avanzavano verso
quelle
orde
di selvaggi; li istruivano ed essi ascoltavano volentieri la loro vo-
ce; insegnavano ed essi mettevano in pratica le loro ammonizioni.
Stetti a osservare, e mi accorsi che i Missionari recitavano il santo
Rosario, mentre i selvaggi, correndo da tutte le parti, facevano ala
al loro passaggio e di buon accordo rispondevano a quella pre-
ghiera.
Dopo un poco i Salesiani andarono a disporsi al centro di quel-
la folla che li circondò, e s'inginocchiarono. I selvaggi, deposte
le armi per terra ai piedi dei Missionari, piegarono essi pure le gi-
nocchia. Ed ecco uno dei Salesiani intonare: "Lodate Mario, o lin-
guefedeli...", e tutte quelle turbe, a una voce, continuare il canto
di detta lode, così all'unisono e con tanta forza di voce, che io,
quasi spavenato, mi svegliai.
Questo sogno fece molta impressione sul mio animo, ritenendo
che fosse un avviso celeste>> (M.B. X,54).
,f{.x
Dapprima Don Bosco credette che fossero i popoli dell'Etiopia,
poi pensò ai dintorni di Hong-Kong, quindi alle genti delle Indie;
l3l

14.2 Page 132

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solo nel 1874, quondo ricevette i più pressanti inviti di mandore
i Salesioni in Argentina, conobbe chioromente che i selvoggi vedu-
ti in sogno erano gli indigeni di quella immensa regione, alloro quosi
sconosciuta, che era la Patagonia.
<<Chi pensava ollora ai miseri abitatori di quelle estreme ploghe
dell'America Meridionale? I geografi ne ovevono uns nozione molto
voga. I Governt orgentino e cileno si curovano tonto poco degli
Indi, che li escludevano doi loro censimenti, come se non esistes-
sero. Perfino a Romo eminenti preloti giudicovano utopie i dise-
gni di Don Bosco; un cardinale disse che egli voleva mondore o
evongelizzare le erbe della Pampa.
Don Bosco invece, assiduo lettore deglt Annali della Propaga-
zione della Fede, sapeva da gran tempo che colà vivevano popolo-
zioni selvagge, a cui non risplendeva ancora lo luce del Vangelo.
Nelle sue grondi aspirazioni missionorie, affrettava col cuore il gior-
no in cui ovrebbe potuto inviorvi banditori dello divina Parola,
quando ebbe questo sogno che molto lo impressionò»» (8. CEnIa,
Ssn Giovanni Bosco, SEI, p. 263).
132

14.3 Page 133

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Un bidente prodigioso
L'anno 1875, per animare i suoi a celebrare il mese di Maria Au-
siliatrice con grande impegno, Don Bosco espose loro un sogno
che suscitò profonda e durevole emozione. Lo annunciò la sera
del 30 aprile e lo narrò la sera del4 maggio, appagando una aspet-
tativa fattasi di giorno in giorno piir fervida e ansiosa. Noi lo rias-
sumiamo servendoci, al solito, delle parole stesse di Don Bosco.
«Appena coricato, presi sonno e mi sembrò di trovarmi in una
estesissima valle: di qua e di vi era un'alta collina. In fondo alla
valle da una parte splendeva una luce chiara, dall'altra parte I'o-
rizzonte era semioscuro.
Mentre contemplavo quella pianura, vidi venire verso di me Buz-
zetti e Gastini [suoi fedeli collaboratori della prima oral, i quali
mi dissero:
-E
Don
io:
Bosco,
monti
a
cavallo.
- Non voglio andare a cavallo; sono andato una volta e sono
caduto.
Buzzetti e Gastini insistettero:
Monti a cavallo e presto, che non abbiamo tempo da perdere.
- Ma dove si trova questo cavallo? Io qui non vedo nessun ca-
- vallo.
- - Eccolo là gridò Gastini.
Mi voltai da quella parte e vidi un bellissimo e brioso cavallo:
aveva alte e grosse le gambe, folta la criniera e lucentissimo il pelo.
- - - Ebbene risposi poiché volete che io monti a cavallo,
monterò; ma se mi rompo il collo, tu Buzzetti dovrai mettermelo
a posto!
Ci avvicinammo al cavallo. Salii sulla groppa con molta fatica,
mentre essi mi aiutavano. Finalmente eccomi in arcione. Come mi
sembrò alto allora quel cavallo! Mi pareva di essere sopra un pog-
gio elevato, dal quale io dominavo tutta la valle.
Ed ecco che il cavallo si mette in moto. Dopo un buon cammi-
133

14.4 Page 134

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no si fermò. Allora vidi venire verso di me tutti i preti dell'Orato-
rio con molti chierici, i quali circondarono il mio cavallo. Tra di
èssi vidi Don Rua, Don Cagliero, Don Bologna. Avevano tutti un
aspetto malinconico che indicava forte turbamento. Volli sapere
che cosa stava succedendo; uno mi porse una tromba, dicendomi
di soffiarvi dentro. Vi soffiai e ne uscì questa voce: "Siamo nel
paese della provo".
Allora si vide discendere dalla collina una quantità di giovani,
tale che credo fossero un venti e più mila. Tutti, annati di una forca,
si avanzavano in silenzio e a grandi passi verso la valle. Fra questi
vidi tutti i giovani dell'Oratorio e degli altri collegi e moltissimi
che io non conoscevo. In quel mentre da una parte della valle co-
minciò a oscurarsi il cielo per modo tale che pareva notte, e com-
parve un immenso numero di animali, che sembravano leoni e ti-
gri. Con gli occhi rossi, quasi fuori delle occhiaie, si lanciarono
contro i giovani, i quali si difendevano disperatamente con la for-
ca a due punte, alzandola e abbassandola secondo l'assalto delle
fiere. I mostri mordevano i ferri della forca, si rompevano i denti
e sparivano. C'erano dei giovani che avevano la forca con una so-
la punta, e rimanevano feriti; altri l'avevano col manico rotto, al-
tri col manico tarlato; c'erano anche dei presuntuosi che si getta-
vano contro quegli animali senz'arma e rimanevano vittime; non
pochi rimasero uccisi.
Intanto il mio cavallo fu circondato da numerosi serpenti; ma
con salti e calci, a destra e a sinistra, li schiacciava e li allontana-
va, mentre andava sempre crescendo, fino a raggiungere una grande
altezza.
Ho domandato a Uno che cosa significassero quelle forche a due
punte. Mi si portò una forca e vidi scritto sopra una delle due punte:
Confessione, e sopra l'altra: Comunione.
--SofMSfioaafifcei hnneeeclluoasstcarìosqmiugbensaift.aicavnooceq: u"eClolenfdeusesiopnunetee? Comunione ben
fatte".
Soffiai di nuovo e ne uscì questa voce: "Manico rotto: Confessio-
ni e Comunioni mol fotfe; manico tarlato: Confessioni difettose" .
Finito questo primo assalto, feci a cavallo un giro per il campo
r34

14.5 Page 135

▲back to top
di battaglia e vidi molti feriti e molti morti. Alcuni giacevano a
terra strangolati, col collo gonfio in modo deforme, altri con la
faccia deformata in modo orribile; altri morti di fame, sebbene
avessero li vicino un piatto di bei confetti. Quelli strangolati sono
quelli che avendo avuto fin da piccoli la disgrazia di commettere
qualche peccato, non se ne confessarono mai; quelli deformi nella
faccia erano i golosi; quelli morti di fame, coloro che vanno a con-
fessarsi, ma non mettono in pratica gli avvisi del confessore.
Vicino a ciascuno di quelli che avevano il manico tarlato stava
scritta una parola. Chi aveva scritto: superbia; chi: accidia; chi:
impurità ecc. Ho anche notato che i giovani, mentre camminava-
no, passavano sopra uno strato di rose e ne godevano, ma fatti
pochi passi, mandavano un grido e cadevano morti o rimanevano
feriti, poiché sotto Ie rose c'erano le spine. Altri però, calpestan-
do quelle rose con coraggio, vi camminavano sopra animandosi
a vicenda e rimanevano vincitori.
Ma di nuovo si oscurò il cielo e in un momento apparvero que-
gli animali e mostri più numerosi di prima, e anche il mio cavallo
ne fu circondato. I mostri crebbero a dismisura, in modo che an-
ch'io cominciai ad avere paura, e mi sembrava già di essere graf-
fiato dalle loro zampe. Sennonché si portò anche a me una forca;
presi anch'io a combattere e quei mostri furono messi in fuga.
Allora soffiai nella tromba e rimbombo per la valle questa vo-
ce: " Vittoria! Vittoria!" .
vi -sonMoatacnomti efe-ritideissainicohe-
abbiamo
morti!
riportato
vittoria?
Eppure
Allora, soffiando nella tromba, si sentì questa voce: " Tempo
oi vinti".
Quindi il cielo si rasserenò e comparve un arcobaleno di una bel-
lezza indescrivibile. Era così largo che sembrava si appoggiasse a
Superga e, facendo un arco, andasse a poggiare sul Moncenisio.
I vincitori portavano corone così brillanti che era una meraviglia
a vederli; la loro faccia risplendeva di una bellezza incantevole.
In mezzo all'arcobaleno si vedeva una specie di orchestra affolla-
ta di gente piena di giubilo. Una nobilissima Signora vestita regal-
mente si fece alla sponda di quell'orchestra gridando:
-In
Figli miei, venite; ricoveratevi sotto il mio manto.
quel momento si distese un larghissimo manto e tutti
i
gio-
135

14.6 Page 136

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vani presero a corrervi sotto: alcuni volavano e avevano scritto sulla
fronte: innocenza; altri camminavano a piedi, altri si trascinava-
no; anch'io mi misi a correre, e mentre correvo, mi svegliai».
Due giorni dopo Don Bosco volle appagare la legittima curiosi-
del suo vivace uditorio e disse: « Quella valle, quel paese della
prova è questo mondo; quei serpenti i demoni; quei mostri le cat-
tive tentazioni; il cavallo è la confidenzain Dio; quelli che passa-
vano sulle rose e cadevano morti sono quelli che si danno ai piace-
ri mondani; quelli che calpestavano le rose sono quelli che disprez-
zano i piaceri del mondo e riescono vincitori; quelli che volavano
sotto il manto sono gli innocenti.
Quelli tra di voi che desiderano sapere se fossero o no vincitori,
se fossero tra i morti o i feriti, vengano da me e poco per volta
li accontenterò>> (M.B. XI,257).
* ,1. :1.
Quolche giorno dopo, Don Giulio Barberis [ilfuturo cotechista
Generale dello CongregazioneJ, portò il discorso sul sogno per so-
perne di più. Don Bosco si limitò a rispondere tutto serio: <<C'è
ben qualche cosa più che un sogno!n.
Così si spiega quanto afferma il suo segreturio Don G. Berto:
<<Anch'io volli domandare la parte mia; ne ebbi risposta così pre-
ciso, che piansi e dissi: "Se fosse venuto un angelo dal cielo, non
potevo colpire meglio nel segno">> (M.8. X1,262).
r36

14.7 Page 137

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Nessuno spaventava le galline
Il23 gennaio 1876, dopo le preghiere della sera, Don Bosco salì
sulla piccola cattedra dalla quale soleva dare la << buona notte » ai
suoi giovani. Il suo volto, raggiante di gioia, manifestava, come
sempre, la sua contentezza nel trovarsi tra i suoi figli. Fattosi un
po' di silenzio, prese a raccontare questo sogno.
Gli parve di trovarsi in piena campagna e di avere davanti una
grande estensione di terreno, situato in una vasta e bella pianura.
In essa vide molti che lavoravano con vanghe, zappe, rastrelli e
altri strumenti. Chi arava, chi spianava la terra, chi seminava il
grano. C'era qua e chi dirigeva i lavori; a Don Bosco parve di
essere uno di questi. Ed era una meraviglia vedere come quei buo-
ni lavoratori non desistessero un istante dal loro lavoro. [n altra
parte cori di contadini stavano cantando.
Mentre Don Bosco contemplava quella piacevole scena, si vide
attorniato da alcuni suoi preti e da molti chierici. Comparve an-
che la Guida misteriosa dei suoi sogni, a cui chiese:
- Qui dove siamo? Chi sono questi lavoratori? Di chi è questo
campo?
La Guida rispose:
- Ella ha studiato latino: qual è il primo nome della seconda
declinazione che ha imparato?
Èi dominzs rispose Don Bosco.
- - E come fa al genitivo?
- Domini.
- Bravo, bene! Questo campo è Domini, cioè del Signore.
-Intanto Don Bosco vide varie persone che venivano con sacchi
di grano per seminare, mentre un gruppo di contadini cantava: Exiit
([ qui seminot seminare semen suum seminatore è uscito a semi-
nare il suo seme). In quel mentre vede uscire da ogni parte una
moltitudine di galline che, spargendosi per il campo, beccavano
tutto il grano che veniva seminato.
137

14.8 Page 138

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E quel gruppo di cantori proseguiva nel suo canto: Venerunt aves
coeli, sustulerunt frumentum et reliquerunt zizaniam (Vennero gli
uccelli del cielo, si portarono via il frumento e lasciarono la ziz-
zania).
Don Bosco continua: « Io do uno sguardo attorno e osservo quei
chierici che erano con me. Uno con le mani conserte stava guar-
dando con fredda indifferenza, un altro chiacchierava con i com-
pagni, alcuni si stringevano nelle spalle, altri proseguivano tran-
quillamente la ricreazione; ma nessuno spaventava le galline per
farle andar via. Io mi rivolgo loro tutto risentito e, chiamando cia-
scuno per nome, dico:
- Ma che cosa fate? Non vedete quelle galline che si mangiano
tutto il grano, facendo svanire le speranze di questi buoni contadini?
Ma i chierici si stringono nelle spalle, mi guardano e non dico-
no niente.
go-zzoSptoieltni oc.heNosinetpeo! t-resitoe
cboanttteinruealveom-a, nilee
galline hanno
fare così?
già
il
Allora alcuni si misero a fugare le galline, mentre io ripetevo
tra me: "Eh, sì, ora che tutto il grano è mangiato, si scacciano
le galline!".
In quel mentre mi colpì l'orecchio il canto di quel gruppo di con-
tadini, i quali così cantavano: Canes muti nescientes lotrare (Cani
muti che non sanno abbaiare).
Allora io mi rivolsi alla Guida e, tra stupefatto e sdegnato, le
dissi:
-
seme
Orsù, mi dia
che si getta
una
per
spiegazione
terra?
di
quanto
vedo.
Che
cos'è
quel
--LaOMGhau, idbcheael,lacctaoSmseabmviaeunnodelosdt tiVroeenrocbhudemilevDogeciae(l,lIilnrisseepmsoeseeIèo: lamPaangroialanod?i Dio).
e
s- i
Il campo
può anche
è la vigna
intendere
del
del
Signore di cui si parla nel Vangelo,
cuore dell'uomo. I coltivatori sono
gli operai evangelici che, specialmente con la predicazione, semi-
nano la Parola di Dio. Questa Parola produrrebbe molto frutto
in quel cuore ben disposto, ma vengono gli uccelli del cielo e la
portano via.
-
-
Che cosa indicano questi uccelli?
Vuol che glielo dica? Indicano le mormorazioni. Sentita quella
138

14.9 Page 139

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predica, uno fa la chiosa a un gesto, alla voce, alla parola del pre-
dicatore, ed ecco portato via tutto il frutto della predica; un altro
accusa il predicatore di qualche difetto fisico o intellettuale; un
terzo ride del suo italiano; e così tutto il frutto della predica è por-
tato via. Lo stesso deve dirsi di una buona lettura.
Il grano, sebbene il campo non sia tanto fertile, tuttavia nasce,
cresce e produce frutto; se in un campo di fresco seminato viene
un temporale, la terra resta pesta e non porta più tanto frutto, ma
pure ne porta; se la semente non è tanto bella, porterà poco frut-
[o, ma pure ne porta; ma se le galline o gli uccelli si beccano la
semente, il campo non porta più frutto di sorta. Così se alle predi-
che, alle esortazior\\i, ai buoni propositi segue qualche distrazione
o tentazione, faranno meno frutto; ma quando c'è la mormora-
zione, il parlar male o simile, non c'è poco che tenga, ma c'è subi-
to il tutto che viene portato via. E a chi tocca battere le mani, insi-
stere, gridare perché queste mormorazioni, questi discorsi cattivi
non si facciano? Lei lo sa.
Lei che è prete insista su questo: predichi, esorti, parli, non ab-
bia paura di dire mai troppo, e tutti sappiano che il fare le chiose
a chi predica, a chi esorta, a chi buoni consigli è ciò che reca
più del male. E lo star muti quando si vede qualche disordine e
non impedirlo, specialmente se uno può e deve impedirlo, è ren-
dersi complice del male degli altri.
Io, impressionato da queste parole, volevo rimproverare i chie-
rici, infiammarli a compiere il proprio dovere; ma, fatti pochi passi,
inciampai in un rastrello destinato a spianare [a terra, lasciato in
quel campo, e mi svegliai» (M.B. XII,40).
,( rl. rk
Porlundo di questo sogno, Don Bosco affermò: <<Io nelsogno
ho visto tutti e ho visto lo stoto nel quale ognuno si trovova: se
gallina, se cone muto, se nel numero di coloro che, avvisqti, si mi-
sero all'opera o non si mossero. Di queste cognizioni io mi servo,
confessando, esortondo in pubblico e in privoto, finché vedo che
producono del bene... ».
139

14.10 Page 140

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Presa quindi un'orio più grave, e quasi conturbato, prosegui:
« Quando penso alla mia responsabilità nella posizione in cui mi
trovo, tremo tutto... Che conto tremendo avrò da rendere a Dio
di tutte le grazie che ci fa per il buon andamento della nostra Con-
gregazione! » (M.B. XII,50).
140

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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Il Papa al Colle Don Bosco
La trama esile di questo sogno ci avrebbe suggerito di ometter-
lo, ma la notizia che Giovanni Paolo II ha promesso all'Arcive-
scovo di Torino e al Rettor Maggiore dei Salesiani che nel 1988,
per il centenario della morte di Don Bosco, sarà presente al colle
Don Bosco per le celebrazioni centenarie, ci fa scorgere in questo
sogno, molto singolare, quasi un significato profetico.
Ecco il sogno che Don Bosco fece nell'aprile del 1876: «Mi par-
ve di trovarmi al mio paese, e colà vidi giungere il Papa' Io non
potevo persuadermi che fosse lui; perciò gli chiesi:
Come? non avete la carrozza. Padre Santo?
- Sì, sì, ci penserò. La mia carrozza è la fedeltà, la forlezza
-e la dolcezza.
Ma egli era sfinito e diceva:
Io sono alla fine.
- No, no, Santo Padre dissi io Fino a tanto che le cose
- - -. della nostra Congregazione non saranno terminate, non morirà.
Quindi comparve vna carrozza, ma senza cavalli. chi la tirerà?
Ecco farsi avanti tre bestie: un cane' una capra e una pecora, che
tiravano la carrozzadel Papa. Ma, arrivati a un punto quegli ani-
mali non la potevano più far muovere e il Papa diventava sempre
più sfinito. Io mi pentivo di non averlo invitato a venire a casa
mia e di non aver pensato a fargli prendere qualche ristoro' Ma,
dicevo fra me, appena saremo giunti alla casa del cappellano di
Murialdo, aggiusteremo tutto. Intanto però la vettura rimaneva
ferma. Allora alzai wa specie di asse, che di dietro toccava terra'
Il Papa, vedendo questo, Prese a dire:
- se foste in Roma e vi vedessero a fare questi lavori, ci sareb-
be proprio da ridere.
Mentre stavo così aggiustando, mi svegliai» (M.B. XII, 188)'
rl. {. {.
t4t

15.2 Page 142

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<<La lingua batte dove il dente duole»>, dice il proverbio. Don
Bosco in quegli anni seguiva con trepidazione il declinare della sa-
lute di Pio IX, al quale era affezionatissimo. pregava e lo pensova
giorno e notte. Questo sogno è dell'aprile 1876, due anni primo
che Pio IX morisse. L'anno dopo ne previde in sogno anche la mor-
te. Ecco perché in questo sogno vede il Popa «sfinito>> e lo sente
dire: <<Io sono slla fine>>.
142

15.3 Page 143

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La fede: nostro scudo e nostra vittoria
Nel raccontare questo sogno Don Bosco s'introdusse così: «Era
da molto tempo che pregavo il Signore affinché mi facesse cono-
scere lo stato dell'anima dei miei figliuoli. Specialmente in questi
Esercizi Spirituali io ero soprappensiero per tal motivo... E il Si-
gnore volle favorirmi in modo che io potessi leggere nelle coscien-
ze dei giovani proprio come se leggessi in un libro; e quello che
è piir mirabile, vidi non solo lo stato presente di ciascuno, ma le
cose che a ciascuno sarebbero accadute nell'awenire. E ciò in modo
proprio anche per me straordinario, perché non mi avveniva mai
che vedessi così bene, così chiaro, cosi svelatamente nelle cose fu-
ture e nelle coscienze dei giovani».
Questa premessa sull'elemento soprannaturale del sogno acqui-
sta risalto quando si tenga presente la grande umiltà di Don Bo-
sco e l'abituale senso di misurata semplicità con cui era solito pe-
sare le sue parole.
Nel sogno Don Bosco cita il fratello Giuseppe, fratel Michele
Romano, direttore della Casa di noviziato dei Fratelli delle Scuole
Cristiane di Torino, e due sacerdoti, Don Alasonatti e Don Ruffi-
no, che erano stati tra i suoi primi e più devoti figli e collaborato-
ri. Presentiamo il racconto di Don Bosco, ridotto qua e là.
«Mi parve di trovarmi nell'Oratorio sull'imbrunire. Un nume-
ro immenso di giovani mi circondava, come voi siete soliti fare,
perché siamo amici. Ero giunto in mezzo al cortile quando sento
alte grida e urla feroci che venivano dalla parte della portineria.
I giovani fuggono a precipizio gridando e correndo verso di noi.
Io mi volsi da quella parte e vidi un mostro che mi parve un gigan-
tesco leone. Enorme era la sua testa, e la bocca così smisurata e
aperta, che sembrava fatta per divorare la gente in un boccone.
Da questa sporgevano fuori due grossi, acuti, lunghissimi denti,
a guisa di spade taglienti».
143

15.4 Page 144

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Don Bosco continua dicendo che i giovani gli si erano stretti at-
torno, ansiosi di sapere che cosa fare per salvarsi.
- - - Voltiamoci rispose Don Bosco verso il fondo dei porti-
ci, all'immagine della Madonna, mettiamoci in ginocchio, preghia-
mola fervorosamente perché venga in nostro aiuto e ci faccia co-
noscere chi sia questo mostro: se è un animale feroce, tra tutti lo
uccideremo; se è un demonio, non temete, Maria ci salverà».
Intanto il mostro continuava ad avvicinarsi lentamente, quasi
strisciando per terra in atto di prendere lo slancio per avventarsi.
<< Trascorsero pochi minuti di preghiera. La belva era giunta così
vicino da potere, con uno slancio, piombarci addosso. Quand'ec-
co, non so come, ci vedemmo trasportati tutti nel refettorio atti-
guo. Al centro di esso si vedeva la Madonna che, tutta raggiante
di vivissima luce, come un sole in pieno meriggio, illuminava tut-
to il refettorio, ampliato in vastità e altezza cento volte tanto. Era
attorniata da santi e da angeli, sicché quella sala sembrava un pa-
radiso.
Nei nostri cuori, allo spavento, sottentrò lo stupore. Gli occhi
di tutti erano intenti alla Madonna, la quale con voce dolcissima
ci rassicurò:
- Non temete
va che vuol fare
-di
disse
voi il
-m; ioabdbiviainte
fede; questa
Figlio.
è
solo
una
pro-
Osservai allora attentamente quelli che, folgoranti di gloria, fa-
cevano corona alla Santa Vergine e riconobbi Don Alasonatti, Don
Ruffino, Fratel Michele delle Scuole Cristiane e mio fratello Giu-
seppe; e altri i quali furono anticamente nel nostro Oratorio e ora
sono in paradiso.
Quand'ecco uno di coloro che facevano corteggio alla Vergine
disse ad alta voce:
Surgamzs! (Sorgiamo).
- Ma come sorgiamo, se siamo già tutti in piedi!
- Surgamus! ripeté più forte la stessa voce.
- - lo non sapevo rendermi ragione di questo comando. Allora un
altro di quelli che erano con la Beata Vergine s'indirizzò a me, che
stavo sopra un tavolo per dominare tutta la moltitudine, e così prese
a dire con voce mirabilmente robusta, mentre i giovani stavano
attenti:
- Tu che sei prete, dovresti intendere questo Surgamus.
144

15.5 Page 145

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Quando celebri la santa Messa non dici tutti i giorni Sursum cor-
du (in alto i cuori)? Intendi forse con cio di innalzarti material-
mente, oppure di innalzare gli affetti del cuore a Dio?
Io tosto gridai ai giovani:
str-i
Su, su, figliuoli,
cuori a Dio.
ravviviamo
Ia
nostra
fede,
innalziamo
i
no-
E tutti ci inginocchiammo. E mentre noi pregavamo con slan-
cio pieno di fiducia, ci sentimmo sollevare sensibilmente da terra
per una forza soprannaturale e salimmo molto in alto. Tutti era-
vamo sollevati in aria e io ero stupito che non cadessimo per ter-
ra. Ed ecco che il mostro che avevamo veduto nel cortile, entra
nella sala, seguito da innumerevoli bestie di varia specie, ma tutte
feroci. Scorrazzavano qua e per il refettorio, mandavano urli
orribili, sembrava che ad ogni momento fossero per slanciarsi con
un salto contro di noi. Noi dall'alto stavamo osservandole.
ro-deSllea cmadiaespsei r-sodniac!evo tra me - quale orribile strazio farebbe-
Mentre eravamo in quella strana posizione, udimmo la voce della
Madonna che cantava le parole di San Paolo: Sumite ergo scutum
fidei inexpugnabile (imbracciate lo scudo inespugnabile della fede).
Era un canto così armoùioso, che noi eravamo come in estasi.
Stavamo ascoltando quel canto di paradiso, quando vedemmo par-
tire dai fianchi'della Madonna molti leggiadrissimi giovanetti for-
niti di ali e discesi dal cielo. Si avvicinarono a noi portando degli
scudi in mano e ne ponevano uno sul cuore di ciascuno dei nostri
giovani. Erano scudi grandi, belli, risplendenti; si rifletteva in essi
la luce che veniva dalla Madonna. Ogni scudo pareva di ferro con
un gran cerchio di diamante e un orlo d'oro purissimo. Questo
scudo rappresentava la fede.
Quando tutti fummo così armati, coloro che erano intorno alla
Beata Vergine intonarono un canto così armonioso che non trovo
parole per descriverlo.
Mentre io contemplavo quello spettacolo e mi deliziavo di quel-
la musica, fui scosso da una voce potente che gridava:
T- utAtedqpuuegllenobmelv! e(apllraesbearottaagdliaa)g. itarsi furiosamente. Improwi-
samente noi cademmo al suolo restando in piedi ed eccoci in lotta
con le fiere, protetti dallo scudo divino. Quei mostri, con i vapori
145

15.6 Page 146

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che uscivano dalle loro fauci, lanciavano contro di noi palle di piom-
bo, saette e proiettili di ogni genere; ma queste armi colpivano i
nostri scudi e rimbalzavano indietro.
Lunga fu la battaglia. Finalmente si udì la voce della Madonna:
(Q-uesItIaaeèclaesvtovsitcratorviiattoverisatroch, equvainecevinilcmit omnudnod:ulma,vfoidsetrsa
vestro
fede).
A questa voce quella moltitudine di belve, spaventata, si diede
a precipitosa fuga e scomparve; noi restammo salvi e vincitori in
quella sala immensa, sempre illuminata dalla viva luce che si dif-
fondeva dalla Madonna.
Ma Ia nostra gioia venne turbata all'improvviso da grida e ge-
miti strazianti, misti a urla feroci. Sembrava che i nostri giovani
fossero dilaniati da quelle belve, fuggite poco prima dalla sala. Io
volevo uscire fuori per portare soccorso ai miei figli, ma i giovani
si erano messi alla porta per impedirmelo. [o facevo ogni sforzo
per liberarmi e dicevo loro:
lor-o
Ma lasciatemi andare: voglio aiutare i miei
danno o morte, voglio morire con loro!
giovani
e
se
tocca
E strappatomi dalle loro mani, fui sotto i portici, e oh! quale
spettacolo! il cortile era sparso di morti, di moribondi e di feriti.
I giovani tentavano di fuggire, ma i mostri li inseguivano, si getta-
vano loro addosso e li dilaniavano. Ma chi piu di tutti faceva spa-
ventevoli macelli era il mostro che era comparso il primo nel cor-
tile. Con quei due denti simili a spade trapassava il petto dei gio-
vani da destra a sinistra e da sinistra a destra, e quelli con doppia
ferita nel cuore cadevano miseramente morti.
Io risolutamente mi posi a gridare:
-MoCltiosrai rgifguiog,iamvaieniocvairciingoiovaamnei!. Ma il mostro, al mio apparire,
mi corse incontro. Io, facendomi coraggio, feci qualche passo verso
di lui. Intanto alcuni giovani che avevano già vinto le bestie, usci-
rono dalla sala e si unirono a me. Quel principe dei demoni si av-
ventò contro di me e contro di essi, ma non ci poté ferire perché
eravamo difesi dagli scudi; anzi, alla vista di questi, spaventato
e quasi riverente, indietreggiava. Fu allora che, guardando fisso
quei suoi lunghi denti in forma di spade, vi Iessi due parole scritte
a grossi caratteri. Sull'uno era scritto: Otium; sull'altro; Gulo.
Possibile, andavo pensando tra me, che nella nostra casa, dove
146

15.7 Page 147

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c'è tanto lavoro, ci sia chi pecchi di ozio? E di gola poi? Tra noi,
anche volendolo, non si possono commettere molte golosità».
Don Bosco continua dicendo che si rivolse a Fratel Michele per
avere qualche chiarimento.
no-vizEioh.,
mio caro
Riguardo
-allarisgpoolsaediel vsiasnat'pueorme och-e
in questo sei ancora
si puo peccare di in-
temperanza anche quando si mangia o si bene più del bisogno, an-
che quando si eccede nel dormire e nelle cure del corpo. Riguardo
all'ozio, si può peccare anche quando si lascia libera l'immagina-
zione nel pensare a cose che sono pericolose.
Don Bosco conclude: «Allora volli appressarmi alla Madonna
che pareva avesse ancora qualche cosa da dirmi. Ero quasi vicino
a lei, quando dal di fuori mi pervennero all'orecchio nuove e alte
grida. Subito volli uscire per la seconda volta, ma, nell'uscire, mi
svegliai » (M.B. XII,348).
rk ,f ,1.
Oggi ancora, come sempre, brillano invincibili le quattro armi
che Don Bosco vide e insegnò q brondire contro le insidie del ne-
mico: la fede viva, lo filisle devozione a Maria, il lsvoro ossiduo
e la temperamza. Don Bosco che si lancio al solvataggio dei suoi
figltuoli, <<pronto onche a morire con loro>>, ci stimola e ci inco-
raggio con la sua paterna assistenza.
147

15.8 Page 148

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Sogno del settembre 1876
PARTE I
Un toro furibondo
Il27 settembre del 1876, aLanzo Torinese, Don Bosco, a ricor-
do degli Esercizi Spirituali dei Salesiani, raccontò un sogno che
è uno dei più istruttivi di quanti ne aveva avuti fino allora. Si sno-
da in tre parti ben distinte tra loro.
- - « Sognai disse di fare con voi il viaggio da Lanzo a Tori-
no. Eravamo tutti insieme su di un convoglio, forse sui carrozzo-
ni della ferrovia. A un tratto la macchina si ferma. Scendo per ve-
dere che cosa è successo e mi trovo accanto un personaggio stra-
no: alto e basso nello stesso tempo, grasso e anche magro, mentre
era bianco era anche rosso, camminava per terra e per aria.
- - -, Vieni mi disse
ze in questo campo.
vieni presto. Facciamo girare le carroz-
Il campo era vastissimo, si perdeva a vista d'occhio, pianeggiante
e battuto come fosse un'aia. Sistemati i veicoli in quella pianura,
gridammo ai passeggeri di scendere. Ed ecco che, appena tutti so-
no scesi, si vedono scomparire i veicoli, senza che sapessimo dove
erano andati.
Ora che siamo discesi, tu mi dirai... voi mi direte... lei mi
-dirà... sussurrai incerto sul modo di comportarmi con quello
- strano personaggio mi dirà perché ci abbia fatti fermare in questo
- luogo.
Rispose:
II motivo è grave: per farvi evitare un grandissimo pericolo.
- E quale?
- Il pericolo di un toro furibondo che non lascia persona viva
- al suo passaggio. Chiama tutti i tuoi attorno a te. Avvisali che de-
vono stare attenti, molto attenti. Appena sentiranno il muggito del
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15.9 Page 149

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toro, muggito straordinario e immenso, si gettino subito a terra, e
così se ne stiano bocconi, con la faccia rivolta al suolo, fintanto che
il toro abbia fatto il suo passaggio. Guai a colui che non ascolterà la
tua voce! Poiché qui se humiliat exoltabitur, et qui se exaltot humi-
liabitur (Chi si umilia sarà esaltato, e chi si esalta sarà umiliato).
Poi soggiunse:
no-a
Presto,
terra.
presto!
II
toro
sta
per
venire.
Grida
forte
che
si
butti-
Io gridavo forte, ma egli mi esortava:
-Io
Crida più
ho gridato
forte, grida più forte, grida, grida!
tanto forte che credo di aver spaventato
Don
Le-
moyne (il direttore di Lanzo), che dormiva nella camera accanto.
Tutt'a un tratto si sente il muggito tremendo del toro.
tro-,
Attenti, attenti! Fallimettere tutti in fila, l'uno vicino all'al-
da una parte e dall'altra, con un passaggio nel mezzo, per cui
il toro possa passare.
Così mi grida quel personaggio. Io do questi ordini e in un bat-
ter d'occhio tutti sono a terra, mentre incominciamo a vedere da
molto lontano il toro, che arrivava furibondo. Alcuni però vole-
vano vedere che cosa fosse quel toro e rimasero in piedi: erano
pochi, per fortuna.
Quell'individuo mi disse:
ve-ranOnorapveerdchraéi
che cosa avverrà
non si vogliono
di costoro;
abbassare.
vedrai
che
cosa
rice-
Io volevo avvertirli ancora, correre presso di loro, farli abbas-
sare, ma la mia Guida me lo impedì recisamente.
N- onL'eurbobaidniceonrzaaprèosatnrcahtoe
per te: abbàssati!
che un grandissimo
muggito,
tremen-
do, spaventevole, si fece udire. Tutti tremavamo e ci domanda-
vamo:
-UnaChcoescaossatrasnuacccehdeerfàe?ce stupire anche me fu questa: sebbene
avessi il capo prostrato a terra con gli occhi nella polvere, vedevo
benissimo ciò che accadeva attorno a me. II toro aveva sette corna
in forma quasi di circolo. Queste corna erano mobili, le voltava
dalla parte che voleva di modo che, per abbattere qualcuno, non
aveva da voltarsi qua e là; gli bastava andare avanti per abbattere
qualunque cosa incontrasse.
149

15.10 Page 150

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Già il toro ci era vicinissimo. Allora la Guida grido:
E-
Si vedrà l'effetto dell'umiltà.
in un istante ci vedemmo tutti sollevati
in
aria,
a
una
conside-
revole altezza, in modo che i[ toro non poteva assolutamente rag-
giungerci. Ma quei pochi che non si erano abbassati non furono
sollevati. Arrivò il toro e li sbrano in un momento. Non se ne sal-
neppur uno. Noi intanto vedevamo il toro furioso, che cercava
di raggiungerci; faceva salti terribili per poterci dare delle corna-
te; ma non poté farci alcun male. Allora, furioso più che mai, se
ne andò; e noi ci ritrovammo per terra. La Guida allora gridò:
E- d
Voltiamoci
ecco che si
dalla parte di mezzogiorno.
cambiò completamente la scena
davanti
a
noi.
ll prato era scomparso, al suo posto vedemmo una chiesa immen-
sa, bellissima, ornata con magnificenza. Fra un tripudio di luci
stava esposto il SS. Sacramento. Mentre eravamo in adorazione,
arrivò un'intera mandra di tori furibondi, decisi a sterminarci. Ma
trovandoci in adorazione a Gesù Sacramentato, non poterono farci
nulla e, di lì a poco, scomparvero. A un tratto non vedemmo più
né chiesa né altare: era tutto sparito e noi ci trovammo nuovamente
nel prato» (M.B. XII,463).
,1. {< {.
Don Bosco terminò il racconto dicendo che era focile capire che
il toro è il nemtco delle anime, il demonio. Le sette corno sono
i sette vizi copitoli. Dolle terribili cornate di questo toro infernole
ci salvano l'Eucaristia e I'umiltà, base e fondamento di ogni virtù.
Tro i preziosi consigli che dova Don Bosco, eccone uno prezio-
sissimo:
«Abbi I'umiltà di riconoscerti debole;
obbi I'umiltà di forti aiutore da chi sa e può aiutorti;
abbi I'umiltà di pregore e di confessarti spesso e bene»».
150

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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Sogno del settembre 1876
PARTE II
Il trionfo della Congregazione
Dopo la scena descritta nella prima parte del sogno, Ia Guida
misteriosa disse a Don Bosco:
Fra-ncVesieconi,ditiSfaalreos.vMedoenretailsutriqounefsotodesallsasoCoenvgerdergaai.zione di San
<<Era un gran macigno in mezzo a quel piano sterminato, e io
vi
sa
montai sopra
si affacciò ai
m- ieriaoccccohni!taQDuoenl cBaomspcoo
-m. i
Oh, che vista immen-
comparve come se oc-
cupasse tutta la terra. Uomini d'ogni nazione, d'ogni vestito, d'o-
gni colore vi stavano radunati. Vidi tanta gente che non so se il
mondo tanta ne possegga. Cominciai a osservare i primi che si af-
facciarono al nostro sguardo. Erano vestiti come noi Italiani. Io
conoscevo quelli delle prime file: vi erano tanti Salesiani che con-
ducevano come per mano squadre di ragazzi e di ragazze. Poi ve-
nivano altri con altre squadre; poi ancora altri e altri che più non
conoscevo e piÌr non potevo distinguere, ma erano in numero in-
descrivibile. Verso il mezzogiorno comparve ai miei occhi un po-
polo sterminato di gente che io non conoscevo. Erano sempre con-
dotti da Salesiani, che conoscevo nelle prime file e poi non più.
E- ccVooclhtae tmi -i
mi disse la Guida.
si affacciarono agli occhi
altri
popoli
sterminati
di
numero, vestiti diversamente da noi: avevano pellicce, specie di
mantelli che parevano velluto, tutti a vari colori. La Guida mi fe-
ce voltare verso i quattro punti cardinali. Tra le altre cose vidi in
Oriente donne con i piedi tanto piccoli, che stentavano a stare in
piedi e quasi non potevano camminare. [l singolare si è che dap-
pertutto vedevo Salesiani che conducevano squadre di ragazzi e
di ragazze, e con Ioro un popolo immenso. Nelle prime file sem-
151

16.2 Page 152

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pre li conoscevo; poi andando avanti non conoscevo piil nemme-
no i missionari.
Allora la mia Guida prese di nuovo la parola e disse:
sia-ni.
Tutto
Vedi
questo
quanto
che hai visto
è immensa la
è tutta
messe?
messe preparata per i Sale-
I Salesiani non solo in que-
sto secolo, ma anche nei secoli futuri lavoreranno nel proprio cam-
po. Ma sai a quali condizioni si potrà arrivare a eseguire quanto
tu vedi? Te lo dirò io. Bisogna che tu faccia stampare queste pa-
role che saranno come il vostro stemma, la vostra parola d'ordi-
ne, il vostro distintivo. Notale bene: IL LAVORO E LA TEMPE-
RANZA FARANNO FIORIRE LA CONGREGAZIONE. Que-
ste parole le farai spiegare, le ripeterai, insisterai. Farai stampare
il manuale che le spieghi e faccia capire bene che il lavoro e la tem-
peralza sono l'eredità che tu lasci alla Congregazione, e nello stesso
tempo ne saranno anche la gloria.
Io risposi:
mi-o
Questo lo faro molto volentieri. Questo è tutto secondo
scopo; è quello che vado già raccomandando tutti i giorni
il
e
vado insistendo sempre che me ne capiti l'occasione.
dit-à
Sei
che
dunque
lascerai
ben persuaso?
loro e di' pur
Mi hai ben capito? Questa è
loro chiaro che fino a tanto
I'ere-
che i
tuoi figli corrisponderanno, avranno seguaci al sud, al nord, al-
l'oriente e all'occidente. Ora discendi pure dagli Esercizi e incam-
minali per la loro destinazione»> (M.B. XII,465).
,k * !N<
Don Bosco conclude dicendo che allora comporvero degli «omni-
bus»» per condurli d Torino; ms erono omnibus sui generis.' non
ovevono appoggio do nessuna porte. Don Bosco temevd che i suoi
codessero, mq lo Guida lo rassicurò:
- Vadano, vadano pure: essi non honno bisogno di appoggio;
basta che eseguiscano bene queste due parole: Sobrii estote et vi-
gilate (Siote sobrii e vigilate). Quando si eseguiscono bene queste
due parole, non si cade, sebbene non vi siono appoggi e la carroz-
za corra.
r52

16.3 Page 153

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Sogno del settembre 1876
PARTE III
Quattro chiodi emblematici
Don Bosco, partiti i Salesiani che erano con lui, rimase solo con
la Guida, che gli disse:
da-imVpiaernair,ev!oVgeliodi
farti vedere la
quel carro?
parte
più
importante;
oh,
avrai
-
-
-
va-lo:
Lo vedo.
Sai che cos'è?
Ma non vedo bene.
Se vuoi veder bene, avvicìnati. Vedi
su quel cartello vi è I'emblema: da
quel cartellone? Osser-
quello conoscerai.
Don Bosco si awicina e vede su quel cartello dipinti quattro chio-
di molto grossi. Si rivolge alla Guida:
no--cruQMduaeelminqoeunnatecttariopl isnccohosiotnrdoui lsldaoivnsioen
non mi spiega.
quelli che forarono
Salvatore.
e
tormentaro-
gio--se.SESoecnooenvqictuiioaq?tutreostcihqioudaittrcohecthoiormdie, nsteanlaotulea
Congregazioni reli-
Congregazione sa-
prà tenerli lontani, le cose andranno bene e voi sarete salvi.
chi-odiM? a io ne so come prima: che cosa significano quei quattro
ble-maS.e
vuoi
Vedi:
saperlo visita quel cartozzone che ha i chiodi
quel carrozzone ha quattro scompartimenti,
per em-
ciascu-
no dei quali corrisponde a un chiodo.
D-- onMOsBasoeqsrcuvoaeioislsscpeorrmivmapoae.rlteimggeentsiulcchaertceollsoa:
significano?
Quorum Deus
venter
est
(Il loro dio è il ventre).
153

16.4 Page 154

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le
--ConOQguhree, sgatadozesosnioli
comincio a capire qualche cosa.
primo chiodo che tormenta e manda in
religiose. Esso farà strage anche di voi,
rovina
se non
stai attento. Combattilo bene e vedrai che le tue cose prospereranno.
Ora veniamo al secondo scompartimento. Leggi l'iscrizione del
secondo chiodo: Quaerunt quae sua sunt, non quae Jesu Christi.
(Cercano le cose loro e non quelle di Gesù Cristo). Quivi sono quelli
che cercano le proprie comodità, gli agi, e brigano per il bene pro-
prio e forse anche dei parenti; e non cercano il bene della Congre-
gazione, che è quello che forma la porzione di Gesù Cristo. Sta'
attento, allontana questo flagello e vedrai prosperare la Congre-
gazione.
Siamo al lerzo scompartimento. Osserva l'iscrizione del terzo
chiodo: Aspidis lingua eorum (la loro è la lingua di un serpente).
Chiodo fatale per le Congregazioni sono i mormoratori, i sussur-
roni, quelli che cercano sempre di criticare o per diritto o per tra-
verso.
Ed ecco il quarto scompartimento con la scritta: Cubiculum otio-
sitatis (la sede degli oziosi). Qui sono gli oziosi, e quando si co-
mincia a introdurre I'ozio, la comunità resta bell'e rovinata; inve-
ce finché si lavorerà molto, nessun pericolo per voi. Ora osserva
ancora una cosa che vi è in questo carrozzone, a cui molte volte
non si bada. Vedi quel ripostiglio che non fa parte di nessun scom-
partimento e che si estende a tutti?
--DonVBeeBndoeos,,comossaoesnrsvoearnvla'visibcrinzaeiolternoeveccdhheeesescrtbraiattcqocu:eaLseui ftnoeagtslcaieonsgstaue.icschine. herbo
(tra l'erba sta nascosto il serpente).
sco-stiV, inosonnpoacrelarntioin, dnoivnidaupi r-onospmieagai illacuGouriedaai-sucpheeriosrtai nenroumnai--
nano sempre in cuore i loro segreti. Sta' attento: lotet onguis in
herba. Sono veri flagelli, vera peste delle Congregazioni. Anche
se cattivi, se fossero conosciuti, si potrebbero correggere; ma no,
stanno nascosti e intanto il veleno si moltiplica nel loro cuore; e
quando fossero conosciuti, non si sarebbe più in tempo per ripa-
rare il danno che già hanno prodotto.
Tieni dunque bene a mente le cose che devi tenere lontano dalla
tua Congregazione. Da' ordine che queste cose siano spiegate e ri-
154

16.5 Page 155

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spiegate a lungo. Facendo così sta'tranquillo sulla tua Congrega-
zione: le cose prospereranno un giorno più dell'altro.
A questo punto Don Bosco prego la sua Guida di permettergli
di scrivere quanto gli aveva detto.
ma-ncShei
vuoi far
il tempo.
la
prova
-
rispose -,
scrivile; ma temo che ti
Infatti egli udì un gran rumore e vide ricomparire il toro furio-
so della prima parte del sogno; e fu tanto spaventato alla sua vista
che si svegliò (M.B. XII,467).
,l< {< {<
Don Bosco concluse: << Sarebbe un bel frutto degli Esercizi se
noi proponessimo di attenerci al nostro stemma: LAVORO E TEM-
PERANZA,' e se procureremo con tutte le nostre forze di evitqre
i quattro chiodi che martoriano le Congregazioni, a cui c'è da ag-
giungere che cioscuno sia sempre aperto, schietto e confidente con
i propri superiori. In questo modoforemo del bene slle unime no-
stre, e nello stesso tempo potremo solvore quelle che lo divina Prov-
videnza offiderà alle nostre cure>» (M.8. XII,469).
155

16.6 Page 156

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Visione di San Domenico Savio
La sera del22 dicembre 1876 Don Bosco raccontò ai suoi gio-
vani una meravigliosa visione avuta nella notte che aveva passato
aLanzo Torinese. Poiché è molto lunga, dobbiamo limitarci a pre-
sentarne le scene più belle.
GIi sembrò di trovarsi su di un'altura davanti a una pianura molto
estesa, divisa in giardini di mirabile bellezza, in mezzo ai quali sor-
gevano palazzi che per magnificenza sembravano altrettante reg-
ge. Mentre Don Bosco ammirava tante meraviglie, al suono diuna
musica dolcissima, gli comparve il suo allievo prediletto, San Do-
menico Savio, a capo di una schiera di giovani, molti dei qualiDon
Bosco riconobbe.
« Savio si avanzò
che, se avessi steso
-la
racconta Don
mano, l'avrei
Bceorstacome-.nteMtioecrcaactoo.siTvaicceinvoa
guardandomi sorridente. Com'era bello! Una tunica candidissima,
tutta trapuntata di diamanti, gli scendeva fino ai piedi. Un'ampia
fascia rossa, tempestata di gemme, gli cingeva i fianchi; dal collo
gli pendeva una collana di fiori, che splendevano di una luce so-
vrumana, più viva del sole, che in quell'istante brillava in tutto
lo splendore di un mattino di primavera, e riflettevano i loro raggi
in quel viso candido e rubicondo, in una maniera indescrivibile.
Gli cingeva il capo una corona di rose. La capigliatura gli scende-
va ondeggiante giù per le spalle, e gli dava un aspetto così bello,
cosi attraente che sembrava un angelo».
Don Bosco osservava come fuori di per la meraviglia. Final-
mente Domenico parla, svela il suo nome e compiace Don Bosco,
che vuol sapere che cosa significhi quell'abbigliamento così sma-
gliante. In sua vece risponde cantando il coro dei giovani, pur essi
biancovestiti con fascia rossa. Il canto riportava frasi bibliche: «Essi
ebbero i fianchi cinti e lovarono le loro vesti nel Sangue dell'A-
gnello. Essi sono vergini e seguono I'Agnello dovunque vada>>.
«Allora intesi - afferma Don Bosco - come quella fascia fosse
156

16.7 Page 157

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simbolo dei sacrifici e quasi del martirio sofferto per conservare
la virtù della purità».
Riavutosi dal suo grande stupore, Don Bosco approfitta per chie-
dere Savio che gli parli del passato, del presente e del futuro del
suo Oratorio.
Riguardo al passato Savio parla del gran bene già fatto dalla
giovane Famiglia di Don Bosco e gli mostra un giardino, all'en-
trata del quale si legge: Giardino Solesiano, e spiega:
fig-li.
Quelli sono tutti Salesiani e giovani salvati da te e dai tuoi
Contali se puoi, ma sarebbero molto più numerosi se tu avessi
avuto maggior fede e confidenza nel Signore.
-SavEio igl lipmreossetnrate?un-macghineidfiecoDmoanzzBoodsicofi.ori: vi erano rose, viole,
girasoli, genziane, gigli, semprevive e, inmezzo ai fiori, alcune spi-
ghe di grano.
bia-noQ: uneesatovrmananzzooalinbboamstoasntzraalopeari
tuoi figli, fa'
essere felici.
che
tutti
lo
ab-
mi--ltà,LMilaagriorcashsaeo-lceorsl'iuaspbionbsdiediciSeaanvczioaot,e-lastosgiemmnbazoizalzenogagdliaai
fiori?
la carità, [a viola l'u-
penitenza, il giglio la
ptrezza,le spighe la Comunione frequente, la sempreviva la per-
severanza.
ste-virOrbiennveit-a,
riprese
dimmi
DchoencoBsoasctioc-o,nstoulòchdei
hai
piu
praticato
in punto
tutte que-
di morte?
di
-moErtcecofu-l'asrissipsotesnezSaadveilola-poctentcehee
mi consolò di più
amabile Madre di
in punto
Dio. Dil-
lo ai tuoi figli, che non dimentichino di pregarla finché sono in vita.
Circa il futuro, Domenico confidò a Don Bosco varie cose, tra
cui che il Papa Pio IX avrebbe avuto più poco da vivere. Morì
infatti l4 mesi dopo. Predisse pure che nell'anno 1877 Don Bosco
avrebbe avuto il dolore di perdere sei pitr due dei suoi figli. Anche
questa profezia si avverò con Ia morte di sei giovani dell'Oratorio
e di due chierici.
lBoo,Qsmcuoiai-lleScasouvneiomsfleaacnneciilo'saettmteosbidrlaei vamallnoaonntiaapeneraerresaief.fen«ruArallllraoersaqtru-ienlsrsia»ac.nctAoovnfetiagvalDiuodoni--
menticato che ormai Domenico era un puro spirito.
mi-ei
Ascolta
giovani
s-onosutpuptltiicòsuDllaonbuBoonsacovi-a
ancora una domanda:
per salvarsi?
i
157

16.8 Page 158

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si.-VeEdsisiq-uesritsepotrsee
Domenico
note?
-
si possono distinguere in tre clas-
E gliene porse una. Don Bosco vide che portava scritto: Invul-
nerati (non feriti) e portava i nomi di chi aveva conservato l'inno-
cenza.
tutti e
n<e<Erircaonnooinbbgi rmanonltui.mCearomm- indaivcaenDo odnirBittois, cboen-;chéiofolsi sveirdoi
fatti bersaglio di saette e di colpi di spada>>.
Allora Savio gli diede la seconda nota, che portava scritto: Vul-
nerati (feriti): erano quelli che avevano peccato, ma poi si erano
pentiti e confessati. Questi erano in numero maggiore dei primi.
Don Bosco lesse la nota e li vide tutti.
Savio aveva ancora la terza nota, che portava scritto: Lassati
in via iniquitotis (abbandonati sulla via dell'iniquità). C'erano i
nomi di quelli che si trovavano in disgrazia di Dio. Don Bosco era
impaziente di conoscerli e stese la mano, ma Domenico lo tratten-
ne dicendo che ne sarebbe uscito un fetore insopportabile. Tutta-
via alle insistenze di Don Bosco, gli diede anche laterza nota. Quin-
di si dileguo.
cos«ìAinpesorspi plaorntoatbaile-
crhaecccorendtaetiltiSdaintmo o-riree.suNboitno
si sparse un odore
vidi alcun nome,
ma in un colpo d'occhio mi furono dinanzi tutti gli individui scrit-
ti in quella nota, come se li vedessi in realtà. Tutti li vidi, e con
amarezza. La maggior parte io li conoscevo. Vidi molti che in mez;o
ai compagni parevano buoni, alcuni anzi ottimi, e non lo erano »
(M.B.XII,586).
,t( ,1.
Don Bosco termins il racconto della merovigliosa visione dicen-
do: « a Lonzo, oye io mi trovavo, ho interrogoto I'uno e I'altro
e ho scoperto che quel sogno non mt avevo ingannato. È dunque
una grazia del Signore, che mi ha fatto conoscere lo stato dell'ani-
ma di ciascuno>>.
r58

16.9 Page 159

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La fillossera
Dal lo al7 ottobre del 1876 Don Bosco presiedette aLanzoTo-
rinese gli Esercizi Spirituali dei Salesiani. Stava pensando quali ri-
cordi dare loro quando fece un sogno.
Gli parve di trovarsi in una vastissima sala piena di religiosi e
di religiose appartenenti a diversi Ordini e Congregazioni. All'en-
trare di Don Bosco tutti gli occhi si rivolsero verso di lui, come
se fosse atteso da tutti. lnmezzo ad essi Don Bosco vide un uomo
strano con la testa fasciata da una benda bianca e con la persona
avvolta in un lenzuolo a guisa di mantello.
Don Bosco volle sapere chi fosse e gli fu risposto che quella te-
sta strana era proprio lui [rappresentava forse Don Bosco so-
gnante?1.
Si avanzò dunque fra quella moltitudine di persone religiose, che
gli fecero intorno larga corona sorridendogli, ma nessuno parla-
va. Finalmente ruppe il silenzio Don Bosco:
vin--atoPBeuilrrcmlhaéorctriividdoei tcteeh?ecoTtis'iìhn?agSacenomnnbdi;roanttoqoui qariusdiii:acmthueovviopegenlriicaahteécebarcubabrrliaearmvcoiosdaiindmdioree.-
nella predica dei ricordi agli Esercizi di Lanzo.
gu--ardUSinenoaèdccaoolsslaaì,
suggeritemi che cosa devo dire.
sola noi ti suggeriamo: di' ai tuoi
fillossera.' Se terrai lontano dalla
figliuoli che si
tua Congrega-
zione la fillossera, essa avrà lunga vita, fiorirà e farà un grandissi-
mo bene alle anime.
-
din-i
La fillossera? Ma che c'entra la fillossera?
La fillossera è il flagello che ha portato la rovina
religiosi, e fu la causa per la quale tanti oggi non
in tanti Or-
raggiungo-
no piùr il loro altissimo fine.
I La fillossera è originaria dell'America del Nord. Fu portata in Europa dopo il 1850
con i vitigni di quel paese. Si diffuse rapidamente prima in Francia e poi, dal 1879, anche
in Italia. E malattia deleteria per le viti.
159

16.10 Page 160

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ne-caÈpisincoutinleulqlau.esto avviso se voi non vi spiegate meglio. Io non
ne-chGi itaeccnheédtaurànolna
sei capace di
spiegazione.
spiegare
il
mistero,
ecco
che
vie-
In quella Don Bosco vide farsi largo tra la turba e avanzarsi verso
di lui un nuovo personaggio. Lo fissò bene, ma non lo riconobbe,
anche se col suo tratto familiare mostrava di essere un'antica co-
noscenza. Appena gli fu vicino, Don Bosco gli disse:
in
-cuiVmoii
giungete proprio a proposito per levarmi dall'imbarazzo
hanno posto questi signori, che pretendono che io pren-
da la fillossera come tema della conclusione degli Esercizi Spirituali.
È
c-ertDoocnheBsoesctuo,ccohmebsai tctererdaei
tanto sapiente, non sa queste cose?
a tutto potere questa fillossera e in-
segnerai ai tuoi figli a combatterla a dovere, la tua Congregazione
non mancherà di fiorire. Sai che cos'è la fillossera?
str-ageSfoaccehnedèolueniantmisiaclhaitrteia. che si attacca alle piante e ne mena
pos--sesÈEsooqrudiegisinutaanatmapadilaaantuttiana.adma oclhtietucdoinsae
proviene?
di animaletti
che
prendono
a c---omAESpscaaccirooicrloetqamusbeeoelpslnorieafcaquhuenaeanlslopoainlavchansertoea.sltseoopplaiea,rnedtenirotvin.iciLpnaaes?sfiallogsrsaenratecmopmoincchiae
tutte le piante vicine ne sono infette. Quando in una vigna, in un
frutteto, compare la malattia, l'infezione si estende rapidamente
e la bellezza e i frutti sperati se ne vanno in rovina. E sai come
si estende la fillossera? Non per contatto perché la distanza lo im-
pedisce; non perché gli animaletti scendano nel suolo e attraversi-
no Io spazio che li divide dalle altre piante; è il vento che li sparge
sui rami delle piante ancora sane. E questo rapidissimamente. Eb-
bene, sappi che il vento della mormorazione porta lontano la fil-
lossera della disobbedienza. Intendi?
no--incOCarolacmoiliandbcaiinolin. iaNccehaellpepircoea.rstae
la fillossera
più fiorenti
spinta da simile vento so-
fa prima scemare la carità
vicendevole; poi Io zelo per la salvezza delle anime; quindi genera
ozio; poi toglie tutte le altre virtir religiose; e infine lo scandalo le
160

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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rende oggetto di riprovazione da parte di Dio e degli uomini. Non
fa bisogno che alcuno dei depravati passi da un collegio all'altro:
basta questo vento che soffia da lontano. Persuaditi! Questa fu
la causa che condusse alla distruzione certi Ordini Religiosi.
po-rreArvimeteedriaogiaontaen, traicodnisogsraczoiala? verità di quel che dite; ma come
es-tremLei.
mezze misure non bastano; è necessario ricorrere
Per porre un argine alla fillossera materiale, si
ai mezzi
tentò di
solforare le piante infette, si ricorse all'acqua calcinata, s'inven-
tarono altri espedienti, ma tutto questo a nulla valse, perché da
una sola pianta la fillossera rovina una vigna intera. Poi si propa-
ga alle vigne vicine, da una regione si estende a tutta la provincia,
e da questa a tutta una nazione. Vuoi conoscere l'unico mezzo per
troncare efficacemente il male nel suo principio? Appena la fillos-
sera si manifesta sopra una pianta, cautamente tagliarla, tagliare
le siepi che ha intorno e tutto gettare alle fiamme. Solo il fuoco
stermina simile malattia.
Percio quando in una casa si manifesta la fillossera dell'opposi-
zione ai voleri dei superiori, la noncuranza superba delle Regole,
il disprezzo degli obblighi della vita comune, tu non temporeggia-
re, ma sradica quella casa dalle fondamenta. Come della casa, co-
farai dell'individuo. Talvolta ti sembrerà che un individuo iso-
lato possa guarire, oppure ti rincrescerà colpirlo per l'amore che
gli porti, o anche per qualche sua abilità o scienza che ti sembra
tornare di lustro alla Congregazione. Non lasciarti muovere da si-
mili riflessioni. Persone di questa fatta difficilmente cambieranno
costume. Non dico che Ia loro conversione sia impossibile, sostengo
però che di rado accade.
co-n
E se realmente, ritenendoli
la tolleranza tirarli al bene?
nella
Congregazione,
si
potesse
qu-estiQsuuepsetarbsi uchpeporistieznioenreloncoonl
vale. È meglio rimandare uno di
dubbio che possa continuare a se-
minare zizzania nella vigna del Signore. Tieni bene a memoria que-
sta massima, mettila risolutamente in pratica qualora ne venisse
il bisogno, fanne oggetto di conferenza ai tuoi direttori e sia que-
sto il tema per la chiusura dei tuoi Esercizi.
Mentre lo sconosciuto così parlava, suonò la levata e Don Bo-
sco si svegliò (M.B. XIL,475).
l6l

17.2 Page 162

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*ìt*
Dopo over narrato il sogno, Don Bosco aggiunse che gli era du-
roto tre notti consecutive. Questo particolorità toglie consistenzo
al dubbio che il rocconto sia una specie di parabolo da lui escogi-
totq per vestire fontusticamente la sua idea.
L'esordio dell'«uomo strono dalla testa fasciota»» gli servi per
umiliare se stesso e per eliminare dalla mente degli uditori I'im-
pressione che si trottasse di corismi stroordinuri.
162

17.3 Page 163

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Prevede la morte di Pio IX
Il primo Papa con cui Don Bosco ebbe a trattarc fu il venerabi-
le Pio IX. Il grande Pontefice dell'Immacolata fu sempre per Don
Bosco, più che Papa, un papà: lo ebbe in grandissima stima, desi_
derava la sua conversazione, molte volte ro richiese del suo consi-
glio e desidero di averlo a Roma accanto a sé, offrendogli alte di-
gnità ecclesiastiche. Don Bosco lo ripago con un vivo amore filia-
le. Fin che visse, parlando dell'angelico pio IX, come soleva chia-
marlo, si commoveva fino alle lacrime; e volle perpetuare la sua
riconoscenza al grande Pontefice erigendogri due grandiosi mo-
numenti: uno nella Basilica del sacro cuore in Roma e I,altro nel-
la chiesa di San Giovanni Evangelista in Torino.
La notte sul 7 febbraio del 1877, esattamente un anno prima
della santa morte di Pio IX, Don Bosco sogno. Gli parve di t.o-
varsi a Roma e di recarsi subito in vaticano, senza neppure chie-
dere udienza dal Papa. Mentre si trovava in una sala, àrriva pio
IX e si siede amichevolmente vicino a Don Bosco.
mi<<inIop, ietudtitopemr efarargvliigliiadteobi-ti
racconta il
ossequi, ma
seagnlitono-n,
cercai di alzar-
lo permise; anzi
con premura mi fece forza che stessi seduto accanto a lui e si inco-
minciò questo dialogo». [In esso trattarono insieme le modalità
di alcune proposte di fondazioni salesiane in Romal.
sul<la<Ppoecrosodnoap' oco-n
continua Don
la faccia alta e
qBuoassciora-g,giainl tSeadnitolucpea,dmrei,
ritto
stava
guardando.
ved-erOe hla,
Santo
vostra
Pfaadcrceia-!
esclamai
Io credo
c-h,e
se i nostri giovani potessero
resterebbeio fuori di per
la consolazione. Essi vi vogliono tanto bene!
piu-toQquueesstotonloonroè
impossibile:
desiderio!
chissà
che
non
possano
veder
com_
, lntanto, come se gli venisse male, appoggiandosi qua e là, an_
dava a sedersi sopra un canapé; seduto che fu, vi si stese sopra
163

17.4 Page 164

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con tutta la persona. Io credevo che fosse stanco e che volesse ri-
posare, perciò cercai di mettergli vt capezzale un po' elevato sot-
to il capo, ma egli non lo volle e, stese anche le gambe, mi disse:
-Io
Ci vuole un lenzuolo
stavo tutto attonito e
bianco per
stupefatto a
coprirmi da capo a piedi.
rimirarlo: non sapevo che
cosa dire né che cosa fare. Non capivo nulla di ciò che accadeva.
In quel mentre il Santo Padre si alza e dice:
A- rrAivnadtiiaimn ou.na sala dove c'erano molti dignitari ecclesiastici, il
Papa, senza che gli altri vi badassero, s'incamminò verso un uscio
chiuso. Io prontamente aprii l'uscio perché Pio IX, che era già vi-
cino, potesse passare. Vedendo ciò uno dei prelati si mise a scuo-
tere il capo e a borbottare:
pe-r
Questa non è
questo ufficio.
cosa
che
spetti
a
Don
Bosco;
vi
sono
addetti
Il Papa, avendo udito, si volse indietro sorridendo e disse:
-E
Lasciate che faccia;
passata quella porta,
sono
non
io che lo voglio.
apparve pifi.
lo mi trovai tutto solo e non sapevo più dove fossi, quando ap-
parve Buzzetti [uno dei primi ragazzi raccolti da Don Bosco e a
lui affezionatissimo]. La sua vista mi fece molto piacere.
-
che
veDdimo mè ui n-a
gli chiesi
realtà?
-:
sai dove siamo? Sogno oppure cio
de-.
Stia tranquillo che
Qui siamo a Roma,
non
nel
sogna; è tutto vero quello che lei ve-
Vaticano' Il Papa è morto. E tanto
è vero che ella, volendo uscire di qui, avrà delle difficoltà e non
troverà la scala.
Allora io mi affaccio alle porte, alle finestre e trovo case infrante
e diroccate da ogni parte e le scale rotte, e frantumi in ogni luogo.
Va-ticaOnroa
mi avvedo
col Papa,
proprio
ma non
che sogno: poco fa io sono stato
v'era niente di tutto questo.
in
scr-ollQo uiemstperomwaciseoriech-e raiswpoesreBatzllazemttio-rtefuderol nPoapparo, dpootitcehédatuutntao
la Chiesa alla sua morte sarà scossa terribilmente.
Io non sapevo che dire, volevo a tutti i costi discendere dal luo-
go dove mi trovavo, ma molti mi tenevano, chi per le braccia, chi
per la veste, e uno mi teneva forte per i capelli e non mi lasciava
andare a nessun costo. Io mi misi a gridare:
t64

17.5 Page 165

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E-
Ahi!
tanto
mi fai male!
fu il dolore che
mi
svegliai
e
mi
trovai
nel
mio
letto
»
(M.B. XIII,4Z).
,k ,k ,t
Don Bosco raccontò ilsogno ai direttori salesiani riuniti, ma proi-
loro di porlarne, esprimendo il parere che per allora non si do-
vesse farne coso. Ma possato un onno preciso, ben si vide che non
si trottavo punto di un sogno comune. Infatti proprio sul princi-
pio della notte dal 6 al 7 febbroio, il grande Ponteftce Pio IX, do-
po uno ropida molattia, rendeva lo sua bell'onima al Signore.
165

17.6 Page 166

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Confetture per i Salesiani
Nella seconda metà di agosto del 1877, Don Bosco, nel dare i
ricordi ai Salesiani che avevano fatto aLanzo Torinese gli Eserci-
zi Spirituali, raccontò questo sogno.
«Mi sembrava di passare per i viali di Porta Susa. Davanti alla
caserma dei militari vidi una Donna che aveva l'aspetto di una ven-
ditrice di castagne arrostite, perché faceva girare una specie di ci-
lindro, dentro il quale pareva facesse cuocere delle castagne. Mi
avvicinai e le domandai che cosa facesse cuocere in quello strano
arnese. Ed essa:
A--- peVCSrsìaoe-dmoiel ?rfciasi-cplienonsddedri.sooseico-m.nefeCltetoumnrefoespttteuròrre.i
Salesiani.
per i Salesiani?!
Potei così vedere
confetture
di vario colore: bianche, rosse, nere. Sopra di esse vidi una specie
di zucchero ingommato, come gocce di rugiada caduta di fresco
e qua e sparsa di gocce rosse.
Io allora interrogai la Donna:
-
-
alt-re
Si possono mangiare questi confetti?
ESìc-he
disse; e me ne porse.
vuol dire che alcune di
queste
confetture
bianche e altre nere?
sono
rosse'
fac-ilmLeentbeiamncahcech-iarreis;ploesreos-seccoosstatannoopiolcsaanfagtuicea, ,lemnaesrei
possono
costano
la vita. Chi gusta di queste non conosce fatiche, non conosce la
morte.
--QuÈeEllsaqimusepbelolocloiezdudeci lcrlahuegdriaooldciaenzgszoiagmndmiefilcaSatoacnchtoheecshiceodsoaavvretiegsnpuirdfeicasaroe?,a
imitare.
e sudare
molto per conservare questa dolcezza, e che talvolta si dovrà spar-
gere persino il sangue per non perderla.
Io, tutto meravigliato, volevo continuare a far domande, ma essa
non mi rispose piir; e io continuai il mio cammino pensando alle
166

17.7 Page 167

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cose udite. Ed ecco che, fatti appena pochi passi, incontro Don
Picco' con altri nostri preti, tutti meravigliati, tutti mortificati.
-
che-
Che cosa è accaduto?
faSceesvaapecsosnef!e..t.tu-rer?ispose
D- ondoPmiccaond-a;i
loro.
ha veduto
quella
donna
-
-
che
i
Sì. E con ciò?
Ebbene, mi ha detto
suoi figliuoli lavorino,
che le raccomandassi
lavorino. Essa diceva:
di fare in
troveranno
modo
molte
spine, ma troveranno anche molte rose.
-D- etMStoialca..iv.òo,ersanc,oomnmapsaisrlivaelvaovcroao?nri!t-u-ttdiriigssslpiioaisolet.riD; oenioP,icpco. meravigliato
di prima, continuai nel sogno la mia strada verso l'Oratorio e, quivi
giunto, mi svegliai» (M.8. XIII,302).
,l< ,1. {<
Don Bosco concluse: <<Quello che vorrei che si tenesse bene a
mente è ciò che disse quello Donno, ossio che pratichiamo la man-
suetudine del nostro San Francesco e che lavoriamo molto e sem-
pre... Focciamoci coraggio, o figliuoli, incontreremo molte spine,
ma ricordotevi che ci sarqnno onche molte rose. Non abbattiamo-
ci d'animo nei pericoli e nelle difficoltà; preghiomo con fiducia
e Dio ci darà I'oiuto promesso a chi lavoro per lo sua causo. tJniq-
moci tutti insieme efacciamo quello che dice la Scritturo dei primi
cristiani: cor unum et anima una (un cuor solo e un'onimo solo)>>.
I E il prof. Don Motteo Picco, alla cui scuola Don Bosco mandava i suoi primi giova-
ni, tra i qualì san Domenico Savio. Quando seppe detla morte del santo allievo, ne tessé
un accorato elogio, nel quale disse tra I'altro: « Parmi ancora di vederlo quando, con quel-
la modestia che era tutta sua propria, entrava nella scuola, prendeva il suo posto e in tutto
il tempo dell'ingresso, tungi dal vano cicaleccio consueto nei giovani della sua età, ripeteva
la sua lezione, scriveva annotazioni, oppure si tratteneva in qualche utile lettura; e quindi,
cominciata la scuola, con quale applicazione io vedevo quel suo angelico volto pendere
dalle mie parole! » (S.G. Bosco, San Domenico Savro, SEI, 1963, pag.20l).
167

17.8 Page 168

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«Amico venerato, siateci padre diletto»
Durante gli Esercizi Spirituali che precedettero il primo Capito-
lo Generale della Società Salesiana nel 1877, Don Bosco narrava
che, poco prima di ricevere una lettera del Vescovo di Fréjus, che
lo invitava ad aprire in Francia una scuola agricola a La Navarre,
aveva fatto questo sogno.
Gli parve di trovarsi in una regione che non era quella di Tori-
no. C'era una casa rustica e disadorna, davanti alla quale si sten-
deva una piccola aia. Dalla camera, dove egli si trovava, si acce-
deva per mezzo di alcuni scalini ad altre camere, le une situate piir
in alto, le altre più in basso; e tutto intorno alla stanza girava una
rastrelliera, da cui pendevano vari strumenti agricoli.
Il luogo appariva deserto e silenzioso, quand'ecco giungere alle
sue orecchie la voce di un ragazzo. Guarda e vede nell'aia un fan-
ciullo di 10 o 12 anni, vestito da artigiano, e vicino a lui una Don-
na pulita e assestata, che aveva I'apparenza di una campagnola.
Ilragazzo cantava in francese: «Amico venerato, siateci padre di-
letto »>. Don Bosco si domandava che cosa significasse e il ragazzo
continuava a cantare: « I miei compagni ti diranno cio che voglia-
mo ». Ed ecco avanzarsi dal campo incolto verso l'aia, una molti-
tudine di giovani, che cantavano in pieno coro: (( O nostra guida,
conduceteci al giardino dei buoni costumi»>. Domandò chi fosse-
ro, e gli fu risposto sempre cantando: << La nostra patria è il paese
di Maria».
A queste parole la Donna prese per mano il fanciullo che aveva
parlato per primo e, accennando agli altri di seguirla, s'incammi-
verso un'aia più grande, non molto lontana, di fronte alla quale
sorgeva un altro fabbricato. Giunta colà, la Donna, che intan-
to aveva assunto un aspetto misterioso, si volse a Don Bosco e gli
disse:
-
-
Questi giovani sono tutti tuoi.
Miei? ! - rispose il Santo -. E con quale autorità voi mi date
168

17.9 Page 169

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questi giovanetti? Non sono né vostri miei; sono del Signore.
-
-
Con quale autorità? Sono i miei figli: a te li affido.
Ma come farò io a sorvegliare tanta gioventù così vispa e chias-
sosa?
-DonOsBsoesrcvoa!si-vodltiosseevliadeDaovnannaz.arsi un'altra schiera numerosis-
sima di giovani, sopra dei quali Ella gettò un gran velo che Ii coprì
tutti; quindi trasse il velo a sé, ed ecco si videro quei giovani tra-
sformati in altrettanti preti e chierici.
-
-E
E questi
Saranno
preti e chierici sono miei?
tuoi se saprai formarteli.
-
chiese Don Bosco.
fatto cenno a tutti i giovani di raccogliersi attorno a Lei, die-
de un segnale e quelli cominciarono a cantare a pieno coro; Glo-
ria, lous, honor et grotiarum octio Domino Deo to6oo77t (Glo-
ria, onore e lode, ringraziamento al Signore Dio degli eserciti).
A questo punto Don Bosco si sveglio (M.B. XIII,534).
rk ri( ,1.
In vista di questo sogno Don Bosco, com'ebbe I'accennato let-
tera del Vescovo di Fréjus, uccettò senz'oltro ls direzione della scuo-
la ograria offertagli. Il primo biografo di Don Bosco, Don G.B-
Lemoyne, scrive: << Noi stessi, recotici a visitare quello Colonia poco
tempo dopo la fondazione, restommo estatici: entrati nella cqsa
dove abituva il direttore, vedemmo al piano superiore una stanzo
con attorno una rastrelliera e qi lati delle porte con scalini da cui
si solivo e si scendevq in altre stonze. Davonti ollo casa una piccola
aio e un vosto campo incolto, cinto da uno corona di alberi; e al
di un'ultra oio più gronde con un'oltro coso, ove erono stqti col-
locati i primi giovanetti; insomma più meno la località de-
scritta da Don Bosco»».
Don Bosco stesso più tordi, recatosi o visitore la Colonia, fece
sopere a Don Lemoyne d'avervi trovoto qualche coso <<ancor più
meravigliosa>>. Al suo giungere infotti tutti i giovani gli andarono
incontro, preceduti do un compogno che portava un mozzo difio-
ri. Quondo lo vide, Don Bosco combiò colore per la commozione:
ero il ragozzo del sogno! Non basto: allo sera vi fu un po' di acca-
demia e si contò un inno, e quel rogazzo vi sostenne un assolo...
Esattomente quanto oveva già contemplato nel sogno!
169

17.10 Page 170

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Maria lo salva
Nell'aprile del 1878 Don Bosco, di ritorno da uno dei suoi con-
sueti viaggi trionfali in Francia, veniva sorpreso da malattia a Sam-
pierdarena. In una di quelle notti febbrili, la notte del venerdì santo,
ebbe questo sogno.
« Mi parve di trovarmi in una famiglia, i cui membri avevano
deciso di mettere a morte un gatto. In quella cisa regnava una gran-
de confusione. Io stavo appoggiato a un bastoncello osservando,
quand'ecco comparire un gatto nerastro con i peli irti, che corre-
va verso di me. Dietro a lui due grossi cagnacci lo inseguivano e
sernbrava che presto l'avrebbero raggiunto. Io, vedendo passare
poco lungi da me quel gatto, lo chiamai. Esso parve esitare alquan-
to, ma avendo io replicato I'invito alzando un poco i lembi della
mia veste, corse ad appiattarsi vicino ai miei piedi.
Quei due cagnacci si fermarono di fronte a me ringhiando cu-
pamente.
- - -, Via di qua dissi loro lasciate in pace questo povero gatto.
Allora, con mia grande meraviglia, quei cagnacci apersero la boc-
ca e, snodando la lingua, presero a parlare in forma umana:
ord-ineNod,i
mai, dobbiamo ubbidire
uccidere questo gatto.
al
nostro
padrone,
e
abbiano
dis--poErErsescodoesnillèqaudvaaittloadvidroietltloosn?utaorisacmhieanvtoe.
al suo servizio. II padrone può
Quindi noi abbiamo I'ordine
di ucciderlo, e l'uccideremo.
sul-la
vIlitpaa; deroioneno-n
priesrpmoestite-hma adiircihtteo
sulle opere del servo, non
questo gatto venga ucciso.
E-
Non lo permetterai? Tu?!
ciò detto, i due cani si lanciarono
furiosamente
per
afferrare
il gatto. Io alzai il bastone menando colpi disperati contro gli as-
salitori.
- Olà! - io gridavo -. Fermi! Indietro!
170

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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Ma essi ora si avventavano, ora indietreggiavano e la lotta si
prolungò per molto tempo, in modo che io ero affranto dalla stan-
chezza. Avendo i cani lasciato un momento di tregua, volli osser-
vare quel povero gatto che era sempre ai miei piedi; ma con stu-
pore me lo vidi tramutato in un agnellino. Mentre pensavo a quel
fenomeno, mi rivolgo ai due cani. Essi pure avevano cambiato for-
ma: apparivano due orsi feroci; poi, cambiando sempre aspetto,
apparivano prima tigri, poi leoni, quindi scimmioni spaventosi e
prendevano altre forme sempre più orribili. Finalmente presero la
figura di due orrendi demòni.
-
teggi
Lucifero
si è dato
è
a
illuni,oqsutriondpiaddorobnbeia-noutrrlaasvcainnoar-lo;
colui che tu pro-
a lui togliendogli
la vita.
Mi volsi all'agnello, ma piir non lo vidi; al suo posto c'era un
povero giovanetto che, fuori di per lo spavento, andava ripe-
tendo supplichevole:
bu--onoND?oonn
Bosco, mi
aver paura
salvi!
- gli
Don
dissi
Bosco,
-; hai
mi salvi!
proprio volontà
di
farti
Ma--doNSnoìn,nas.tie,SmDueo,renp:reBingogasinccòooc!ncMhmiaaet.ic,opmreendhiotrdaalefamreanpi elar
salvarmi?
medaglia della
E il giovanetto si inginocchio. I demoni avrebbero voluto ap-
pressarsi; io stavo in guardia col bastone alzato, quando Enria [l'in-
fermiere che lo vegliaval, vedendomi così agitato, mi svegliò e mi
impedì così di vedere la fine di quell'avvenimento.
Il giovanetto era uno di quelli da me conosciuti» (M.B. XIII,548).
*rr>&
Se Don Bosco, ancora pellegrino sulla terrs, poteva esplicare una
cosi efficoce difesa contro I'aggressore, che coso non potrà oggi,
glorioso in Dio, per coloro che, col ragazzo assalito, lo supplica-
no di cuore: <<Don Bosco, mi solvi!»», e con lui ricorrono a Moria?
t7t

18.2 Page 172

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Temporali estivi
Una lunga esperienza, vissuta a contatto intimo con l'anima dei
giovani, aveva convinto Don Bosco che spesso le vacanze sono << la
vendemmia del diavolo ». Questo sogno, fatto a Lanzo nel settem-
bre del 1878, è stato per il santo Educatore una conferma dolorosa.
- - « Sognai disse di trovarmi in un luogo a me sconosciuto,
nel quale si estendeva un giardino con accanto un vastissimo pra-
to. In compagnia di alcuni amici, entrai nel giardino e vidi una
quantità di agnellini che saltavano, correvano, facevano capriole.
Quand'ecco si apre la porta del giardino e la maggior parte degli
agnelli si precipita nel prato. Molti però si fermano nel giardino
e continuano a brucarne l'erba, anche se non è abbondante come
nel prato. Ma improvvisamente il cielo si oscura, lampi sinistri lo
solcano, rimbomba cupo il tuono.
Che cosa avverrà degli agnelli sparsi nel prato? pensavo
- - tra me Facciamoli rientrare nel giardino, che siano al riparo
-. dal temporale.
Cominciai a chiamarli; poi con i miei compagni cercai di spin-
gerli verso I'entrata del giardino. Ma essi non volevano saperne
di rientrare: uno fuggiva da una parte, l'altro scappava dall'altra.
Eh, si, gli agnellini avevano le gambe più svelte delle nostre. Frat-
tanto comincio a cadere qualche raro gocciolone; poi la pioggia
si fece sempre più scrosciante. Visti inutili gli sforzi per far rien-
trare il gregge, andammo in giardino. Qui vi era una fontana chiusa
da un coperchio di marmo, su cui stava scritto a caratteri cubitali:
Fons Signolzs (Fontana sigillata). A un tratto si apre, l'acqtazam-
pilla e sale in alto, dividendosi a formare un arcobaleno, ma a guisa
di volta come un porticato.
I lampi e i tuoni si erano fatti più frequenti; cominciò a cadere
la grandine. Tutti ci rifugiammo sotto quella volta meravigliosa
e ci trovammo al riparo.
Quei poveri agnellini che stanno fuori, come se la passeran-
- - no? mi chiedevo intanto.
172

18.3 Page 173

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Non potendo resistere, uscii fuori noncurante della pioggia, e
mi si offrì uno spettacolo desolante. La pioggia e la grandine ave-
vano ridotto gli agnelli in uno stato così miserando da far pietà:
colpiti in vari modi e violentemente dalla gragnuola, erano stra-
11azzv1ia terra e, per quanti Sforzi facessero, non avevano più fOrza
di rialzarsi e camminare verso il giardino. Intanto era cessato l'u-
ragano.
-
Su
Osserva
ciascuna
la fronte
fronte si
di quegli
leggeva il
naogmneellid-i
mi disse
un giovane
la Guida.
dell'Orato-
rio. Mi fu quindi presentato un vaso d'oro con coperchio d'ar-
gento. La Guida mi disse:
ne-veSdrpaailml'eaffuenttopop'roddi iqguioeslol'u. nguento sulle ferite degli agnelli e
Subito mi metto all'opera; ma non appena mi avvicino a uno,
esso si trascina via. Vado da un altro, ma anche questo mi scap-
pa. E così tutti quelli che avvicinavo per ungerli e guarirli. Final-
mente raggiungo un agnellino più malconcio degli altri, che aveva
gli occhi quasi fuori delle orbite. Lo tocco con la mano spalmata
del misterioso unguento ed egli all'istante guarisce e torna saltel-
lando nel giardino.
Allora molti altri agnelli, visto ciò, si lasciarono toccare e gua-
rire ed entrarono nel giardino. Ma ne restavano fuori molti e ge-
neralmente i più piagati; questi non mi fu possibile avvicinarli.
an-cheLlaosrcoi.ali stare - mi disse la Guida -, vedrai che verranno
-DepVoesdi rilevmaose! t-to
dissi
d'oro
io.
e ritornai
nel
giardino.
Questo
aveva
mu-
tato aspetto e portava sull'ingresso la scritta: ORATORIO. Ap-
pena entrato, vedo quegli agnelli che non volevano venire, avvici-
narsi, entrare di nascosto e accantucciarsi qua e là. Neanche allo-
ra potei avvicinarli e guarirli con l'unguento miracoloso. Anzi al-
cuni che lo ricevettero contro voglia ottennero l'effetto di vedersi
le piaghe peggiorate; per essi la medicina si convertiva in veleno.
-Mi
Guarda: vedi quello stendardo?
voltai e vidi sventolare un grande
v-essmilloi ,dsisuslequlaaleGueridaas.critto
a caratteri cubitali: VACANZE.
gio-vanQiueessctoonèol'deafflel'tOtoradteolrleiovcaocannbzeuo-namvioslopniegodlianGuutriidrsai -d.ellaI tPuao-i
173

18.4 Page 174

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rola di Dio e di conservarsibuoni, ma poi sopravviene il tempora-
le, che sono le tentazioni; poi la pioggia, che sono gli assalti del
demonio; quindi cade la grandine, ed è quando cadono nella col-
pa. Alcuni guariscono ancora con la Confessione; ma altri non fan-
no buon uso di questo sacramento o non lo usano affatto. Abbilo
in mente e non stancarti di ripeterlo ai tuoi giovani, che le vacanze
sono una gran tempesta per le loro anime.
Stavo ancora curando le piaghe mortali di quegli agnelli, quan-
do un rumore nella camera accanto mi svegliò» (M.B. XIII,76l).
,< ,r
È un sogno rivelatore delle sollecitudini assidue, più che pater-
ne, con cui Don Bosco curovs I'antma dei suoi giovani al ritorno
dalle vacanze. Oggi i mezzi di corruzione sono cresciuti; e se i gio-
voni lqsciano I'incontro con Gesù-Pane nella Contunione e con
Gesù-Medico nello Confessione, ben dfficilmente escono indenni
dai pericoli dell'ozio e delle cottive compagnie, propri deile vacanze
estive.
174

18.5 Page 175

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San Francesco di Sales lo ammaestra in sogno
Il9 maggio 1879 Don Bosco raccontò di avere assistito in sogno
a due grandi battaglie: la prima di giovani contro guerrieri di va-
rio aspetto e con armi strane: in fine rimasero pochissimi supersti-
ti. La seconda battaglia, « piil accanita e orribile », avvenne tra mo-
stri giganteschi e uomini di alta statura bene armati e bene eserci-
tati. Questi uomini issavano uno stendardo sul quale erano scritte
in oro queste parole: MARIA AUXILIUM CHRISTIANORUM.
La battaglia fu lunga e sanguinosa, ma quelli che seguivano lo sten-
dardo furono vincitori e rimasero padroni di una vastissima pia-
nura. A questi si aggiunsero i giovani superstiti della battaglia an-
tecedente e formarono una specie di esercito, aventi ognuno come
arma nella destra il SS. Crocifisso, nella sinistra un piccolo sten-
dardo di Maria Ausiliatrice.
I novelli soldati fecero molte manovre in quella vasta pianura,
poi si divisero, gli uni per I'Oriente, pochi al Nord, molti al Mez-
zodì.
Scomparsi questi, si rinnovarono le stesse battaglie e le parten-
ze per le stesse direzioni. Don Bosco riconobbe alcuni delle prime
battaglie; gli altri gli erano sconosciuti, ma essi dimostravano di
conoscere lui e gli facevano molte domande.
Successe poco dopo una pioggia di fiammelle splendenti che sem-
bravano di fuoco di vario colore. Tuonò, poi si rasserenò il cielo
e Don Bosco si trovò in un amenissimo giardino. gli comparve
un uomo che aveva la fisionomia di San Francesco di Sales e gli
offrì un piccolo libro senza parlare. Don Bosco chiese chi fosse.
-DonLeBgogsicnoelalpibroil -librroispeolsees.se:
<<Ai novizi: Ubbidienza in ogni cosa. Con l'ubbidienza merite-
ranno le benedizioni di Dio e la benedizione degli uomini.
Ai Solesiani: Custodire gelosamente la virtù della castità. Ama-
re il buon nome dei confratelli e prornuovere il decoro della Con-
gregazione.
175

18.6 Page 176

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Ai direttori: Ogni cura, ogni fatica per osservare e far osservare
le Regole con cui ognuno si è consacrato a Dio.
AlSuperiore: Olocausto assoluto per guadagnare sé e i suoi sog-
getti a Dio».
mo-
chCehliosiesttaevvaogi?ua-rddaonmdoancdoon
di nuovo
sguardo
Don Bosco
sereno.
a
quell'uo-
nic-arItli
mio nome è noto a tutti
alcune cose future.
i
buoni
e
sono
mandato
per
comu-
do----tta,IQQCSthruuaaeaeltelltildas?eienacbndhbioeoacvcforhaanirneesndooepmreammri.opaltreocamvrouitcàoavzgeilorienailllceieovvniolecaailnzosiroiosntiee?nsedmo pslaurlela
con-
fre-
quente Comunione.
len------zaD,EECCVaeseohncgmepcleluiaiecòladlro'rateseecsmiraoedpsnmeseuieiimòvptdstiiouceeolpvrrteneaeigsreoaiefaorsrrieiravsiqgvaneusoorzrecevtlioiaran?isivrzlseiea.ubr.nelulae,olvlnc'aiaoscsitcstaietpràteit.ra,itztorioanntteealrleedencioonnsotrbveeiznci?aesveo?-
-
che-
Come dobbiamo regolarci nelle Missioni?
Mandare individui sicuri nella moralità; richiamare coloro
ne lasciassero intravedere grave dubbio; studiare e coltivare
le vocazioni indigene.
-
-
Qui
La nostra Congregazione cammina bene?
Qui iustus est iustificetur udhuc. Non progredi
perseverovertt salvus erit. (Chi è santo diventi più
regredi est.
santo. Non
progredire è regredire. Chi avrà perseverato sarà salvo).
po--tràFSaiinrrdcehilsaèttaeirrneupmlaeordlitooifr?fiufsairoannen.o la parte loro crescerà, e nessuno
-
vo-ro
Durerà molto tempo?
La vostra Congregazione durerà finché i soci ameranno
e la temperanza. Mancando una di queste due colonne,
il la-
il vo-
stro edificio crollerà schiacciando superiori e sudditi con i loro se-
guaci.
In quel momento comparvero quattro individui che porta-
176

18.7 Page 177

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vano una cassa mortuaria. Camminavano verso Don Bosco.
-
-
-
fig-li
Presto?
Non domandarlo; pensa solo che sei mortale.
Che cosa mi volete significare con questa bara?
Che devi far praticare in vita quello che desideri che i tuoi
pratichino dopo di te. Questa è l'eredità, il testamento che
devi lasciare ai tuoi figli; ma devi prepararlo e lasciarlo ben com-
piuto e ben praticato.
min--enVCtiii
sovrastano fiori o spine?
sovrastano molte rose, molte consolazioni; ma sono im-
pungentissime spine, che cagioneranno in tutti profondis-
sima amarezza e cordoglio. Bisogna pregare molto.
-
-
A Roma dobbiamo andare?
Sì, ma adagio, con la massima prudenza e raffinate cautele.
Don Bosco dice che voleva fare ancora altre domande; ma a que-
sto punto scoppio il tuono con lampi e fulmini e si sveglio (M.8.
xIv,l23).
,.< {. ,S
Don Bosco ovevd scelto come Maestro e Protettore San France-
sco di Ssles. Ed ecco, in questo sogno, il santo Dottore dorgli sa-
pienti norme perfarfiorire la Congregazione Solesiono. Nella pri-
ma parte delsogno Don Bosco avevo assistito alle lotte che avreb-
bero dovuto offrontore i chiomati a far porte dellq sua nuova Fa-
miglio religioso.
177

18.8 Page 178

▲back to top
Pioggia di spine e di rose
Da parecchi anni una croce assai dolorosa gravava sulle spalle
di Don Bosco: nonostante la sua buona volontà, non riusciva a
superare le ostilità di un'autorità ecclesiastica, dovute a precon-
cetti e a malintesi. Ed ecco che un sogno venne a rischiarare l'o-
rizzonte, preannunziando in forma simbolica un avvenire più se-
reno.
Nella notte dall'8 al 9 luglio 1880 Don Bosco sognò di essere
col suo Consiglio nella camera vicina alla sua e di tenervi confe-
renza. Mentre parlava si accorse che il cielo si rannuvolava; tosto
scoppiò una tempesta con fulmini, lampi e tuoni che facevano spa-
vento. Un tuono pitr fragoroso dei precedenti fece tremare la ca-
sa. Don Bonetti si alzò e andò alla galleria attigua e, dopo brevi
istanti, si mise a gridare:
-InfaUttniacapdieovgagnioa
di spine!
spine fitte
come
le gocce dell'acqua
in
una
piog-
gia dirotta.
Poi si udì un secondo tuono fragorosissimo come il primo e su-
bito sembrò che il cielo si rischiarasse alquanto. Allora Don Bo-
netti dalla galleria gridò:
-VenOivha,nboeglliaù!
Una pioggia di bottoni!
per l'aria tanti bottoni di
fiori
che
in
breve
se
ne
formò in terra un alto strato.
A un terzo schianto di veementissimo tuono comparvero tratti
di cielo sereno e alcuni raggi di sole. E Don Bonetti dal loggiato:
T- utUtanla'apriiaogegraiapdieinfaiodrii!fiori d'ogni colore, forma e qualità, che
in un baleno coprirono il suolo e i tetti delle case con mirabile va-
rietà di tinte.
Un quarto tuono fortissimo rimbombo nell'aria. Il cielo era di-
ventato terso e risplendeva un limpido sole. E Don Bonetti a gridare:
- Venite, venite a vedere: piovono rose!
178

18.9 Page 179

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Cadevano infatti dall'alto nembi di rose fragrantissime.
xlv-,53O9h)., finalmente! - esclamò allora Don Bonetti (M.B
,f ,lc {<
Don Bosco all'indomani radunò appositamente i membri del
Consiglio Generale per raccontare quello che avevo veduto nel so-
gno, che dovette essere di gran sollievo per lui. Infotti preonnun-
ziava un periodo di quiete, che sqrebbe durato fino al non lonta-
no termine della suo vitq.
t79

18.10 Page 180

▲back to top
Un misterioso convito
La notte dall'8 al 9 agosto del 1880 Don Bosco, trovandosi nel-
la sua casa di San Benigno Canavese, ebbe questo sogno, che rac-
conto la sera del 10 a tutta la comunità.
« Sognai
illuminata.
-In
disse
essa
v- i
di trovarmi
erano molti
in una grande sala sfarzosamente
giovani seduti intorno alle men-
se, ma non mangiavano. Le posate, le tovaglie, i tovaglioli erano
così bianchi che i nostri più candidi, messi vicino a quelli, sembre-
rebbero sudici. Posate, bicchieri, bottiglie, piatti erano tutti così
lucenti e belli che io sospettai di sognare e dicevo tra me:
so-no
Ma
qui
io
e
sogno! Mai
non sogno.
più
in
San
Benigno
tante
ricchezze!
Pve
lntanto osservavo quei giovani che stavano a mensa, ma non
mangiavano. Domandai:
M- enCthree
cosa fanno
dicevo questo,
che non mangiano?
tutti si misero a mangiare.
Io
vedevo
tanti
giovani e domandavo alla mia Guida che mi dicesse che cosa si-
gnificasse tutto quello, ed egli mi rispose:
M- enSttrae'
attento e capirai tutto il
la Guida proferiva queste
mistero.
parole, comparve
una
luce
an-
cor più splendida e, con essa, una schiera di giovani belli come
angeli, che tenevano in mano un giglio; e si misero a passeggiare
sopra la tavola senza toccarla con i piedi. I commensali si alzaro-
no e col sorriso sulle labbra stavano osservando. Quegli angeli di-
stribuivano gigli qua e là, e coloro che li ricevevano si sollevavano
anch'essi da terra, come se fossero spiriti. Osservando i giovani
che ricevevano i gigli, io li conoscevo: essi apparivano così belli
e risplendenti che non mi sarei immaginato di trovare di meglio
in paradiso. Domandai che cosa significassero quei giovani che por-
tavano il giglio; mi fu risposto:
-
mi-ei
Non hai predicato
gSiìo-vanrii.sposi -, la
tante volte la virtù della purezza?
predicai e la insinuai tanto nel cuore
dei
180

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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ma-noEsbobneoneap-purniptoiglcioololaroGcuhidease-,ppeqruoeclloi ncsheervvaerdlai.col giglio in
Standomi pieno di meraviglia, vidi comparire un'altra schiera
di giovani che passeggiavano sulla tavola senza toccarla e aveva-
no in mano tante rose e andavano distribuendole; e chi le riceveva
acquistava uno splendore bellissimo in volto.
Domandai alla mia Guida che cosa volesse significare quest'al-
tra schiera di giovani che avevano le rose, ed egli mi rispose:
-VidSi oanllooriagcihoevatuntitiinafviaemvamnoatsicdriittaomsoulrladfiroDniote. a caratteri d'o-
ro il proprio nome; feci per prenderne nota, ma essi d'un tratto
sparirono.
Con loro scomparve pure la luce, sicché io rimasi in una oscuri-
tà, che però permetteva di vedere ancora alquanto. Vidi facce ros-
se come di fuoco: erano quelli che non avevano ricevuto il gi-
glio le rose. Vidi pure alcuni che si affaticavano attorno a una
corda limacciosa pendente dall'alto e si sforzavano di arrampicarsi
e andare in alto; ma la corda cedeva sempre e veniva giù un poco,
di modo che quei poverini erano sempre a terra con le mani e la
persona infangata.
Meravigliato di vedere quello strano gioco, ne domandai il si-
gnificato. Mi fu risposto:
arr-iveLa
corda è la
certamente
confessione, alla quale
al cielo; e questi sono i
chi sa bene attaccarsi
giovani che vanno an-
cora sovente a confessarsi e si attaccano a questa corda per poter-
si innalzare, ma vanno a confessarsi senza le disposizioni necessa-
rie, con poco dolore e con poco proponimento, e percio non pos-
sono arrampicarsi; quella corda si rompe sempre e non possono
mai innalzarsi, ma scivolano giù e sono sempre allo stesso piano.
Io volevo prendere il nome anche di quelli, ma ebbi appena il
tempo di scriverne due o tre, che essi sparirono dai miei occhi. Con
essi sparì pure quel po' di luce e io rimasi in una totale oscurità.
In mezzo a quel buio vidi uno spettacolo ancor più desolante.
Certi giovani dall'aspetto tetro avevano attorcigliato al collo un
gran serpentaccio, che con la coda andava al cuore e sporgeva in-
nanzila testa e la posava vicino alla bocca del giovane, come per
mordergli la lingua, se mai aprisse le labbra. La faccia di quei gio-
l8l

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vani era così brutta che mi faceva paura: gli occhi erano stravolti;
la loro bocca era torta ed essi erano in una posizione da mettere
spavento. Tutto tremante, ne domandai il significato, e mi fu detto:
a
q-ueNgloi ninvfeedlici?i
Il serpente antico stringe
per non lasciarli parlare
la
in
gola con doppio giro
confessione, e con le
fauci avvelenate sta pronto, se aprono la bocca, per morderli. Po-
veretti! Se parlassero, farebbero una buona confessione e il de-
monio non potrebbe più far niente contro di loro. Ma per rispetto
umano non parlano, tengono i loro peccati sulla coscienza, torna-
no piir e più volte a confessarsi senza mai mettere fuori il veleno
che racchiudono nel cuore.
Allora dissi alla mia Guida:
-
-Mi
Dammi il nome
Spuo,sisua,ssccrirviveire-,
di tutti costoro affinché io possa
mi rispose.
ma ne scrissi pochi, perché tutti
ricordarli.
sparirono
dai miei occhi. E la Guida mi disse:
che-
\\,r4', di' ai
hai visto.
tuoi
giovani
che
stiano
attenti
e
racconta
loro
cio
mi-chDe aqmuemstiounnosnegènsoem- plriicsepmoesint-e,
affinché
un sogno,
io possa persuader-
ma un avvertimen-
to che il Signore vuol darmi per i miei giovani.
A- lloBreaneric-ommpairdveisslea
-,
luce
sta' attento!
e ricomparvero
i giovani
che
avevano
i gigli e le rose. La luce cresceva a ogni istante, sicché potei osser-
vare che quei giovani erano tutti contenti: una gioia d'angeli splen-
deva sul loro volto.
Osservavo con una meraviglia indescrivibile; intanto la luce cre-
sceva sempre più e crebbe tanto che poi dette in una forte detona-
zione. A quel fragore mi svegliai e mi trovai nel mio letto, tanto
stanco che ancora adesso mi risento di quella stanchezza>> (M.B.
xIV,552).
,f {. ,f
Don Bosco concluse: << Ieri sero e anche quest'oggi ho voluto fare
degli esperimenti e, indagando, ho troyato che il mio sogno non
era tutto un sogno, e che soltonto una misericordia straordinaria
del Signore può salvare certi disgraziati>>.
182

19.3 Page 183

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Le case di Francia sotto il manto
della Madonna
Il2l settembre del 1880, mentre in Francia infieriva la persecu-
zione contro gli Ordini e le Congregazioni religiose e i membri di
vari Ordini erano già stati espulsi, a chi Io interrogava se i Salesia-
ni sarebbero stati scacciati, Don Bosco rispondeva: «No! No!
No! ». E a Don Bologna, direttore a Marsiglia, aveva scritto: « Non
temere: avrete noie, seccature, disturbi, ma non vi scacceranno >>.
Perché tanta sicurezza? Nella festa della Natività di Maria SS.
aveva fatto un sogno, che raccontò solo il I " dicembre ai membri
del Consiglio Generale, introducendosi così:
«Pio IX, già fin dal 1858 quando fui a Roma la prima volta,
e poi in più altre circostanze, mi disse di raccontare o scrivere tut-
to quanto sa, anche alla lontana, di soprannaturale; è per questo
che alcune cose le scrivo, altre le racconto, ma sono contento che
si sappiano, perché tornano sempre alla maggior gloria di Dio e
a vantaggio delle anime.
Eravamo nel tempo in cui in Francia si cominciava tanto a te-
mere per le Congregazioni religiose, anzi essendo già scacciati i Ge-
suiti, si era sul punto di veder cacciare tutte le altre. Io temevo
per le nostre case di Francia, ho pregato, fatto pregare, ed ecco
che una notte, dormendo, mi vidi davanti la Vergine SS. posta in
alto, proprio come si trova sulla cupola di Maria Ausiliatrice. Aveva
un gran manto che si stendeva tutto attorno a Lei e formava come
un salone immenso; e sotto vidi tutte le nostre case di Francia.
La Madonna guardava con occhio sorridente tutte queste case,
quand'ecco successe un temporale orribile, o meglio un terremoto
con fulmini, grandine, mostri orribili di ogni forma e figura, fuci-
late, cannonate, che riempirono tutti del pitr grande spavento.
Tutti quanti questi mostri, fulmini e palle erano rivolti contro
i nostri che stdvano sotto il manto di Maria; ma nessuno recò danno
a coloro che stavano sotto una cosi potente difenditrice: tutti i dardi
183

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andavano a spuntarsi nel manto di lei e cadevano a vuoto. La Beata
Vergine, in un mare di luce, con la faccia raggiante e un sorriso
di paradiso, disse molte volte in questo frattempo: Ego diligentes
me diligo (io amo chi mi ama). Poco alla volta cessò ogni burra-
sca e nessuno dei nostri restò vittima di quel temporale o terremo-
to o tempesta che si voglia chiamare.
Io non volli fare gran caso di questo sogno, ma già fin d'allora
scrissi a tutte le case di Francia che stessero tranquille. Mi si chie-
deva: "Come va che tutti sono sbalorditi e solo lei è tranquillo in
mezzo a questi trambusti e pericoli?". Io non rispondevo altro che
confidassero nella protezione della Vergine SS. Ma non se ne ten-
ne conto. Scrissi all'abate Guiol che non se ne temesse, che le cose
avrebbero avuto buon successo; ma egli rispondeva come chi non
capisce. E veramente, a considerare la cosa adesso che la burrasca
è pressoché passata, si vede che la cosa ha proprio dello straordi-
nario. Vedere sbandate tutte le Congregazioni francesi che da tanto
tempo fanno del bene in Francia, e poi vedere la nostra, straniera,
che vive del pane raccolto tra i Francesi, con il giornalismo sfega-
tato, il quale grida contro il governo perché non ci manda via, e
noi tranquilli! Questo ci serva di incoraggiamento per porre sem-
pre la nostra fiducia in Maria Vergine. Ma non insuperbiamoce-
ne, perché basterebbe un atto di vanagloria a f ar che la Madon-
na non si mostri più contenta di noi e lasci che i cattivi vincano »>.
A questo punto Don Rua obiettò:
- Ma anche altre Congregazioni saranno state molto devote della
Madonna. Come va che...?
Don Bosco rispose:
- La Madonna fa cio che vuole. D'altronde le cose nostre co-
minciarono in questo modo straordinario da quando io avevo dai
nove ai dieci anni. Mi parve di vedere nell'aia di casa tanti e tanti
ragqzzi. Allora una persona mi dice: «Perché non vai a istruirli? ».
«Perché non so!>». <<Va', va': ti mando io»». Io, dopo questo, ero
tanto contento, che tutti se ne accorsero» (M.B. XIV,608).
,i*.*
Storicamente parlando le cose andarono in un modo semplicis-
simo. Il Commissario incaricato di procedere all'esecuzione del
184

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decreto dovette combsttere fino verso le l0 di sers per sfondare
le porte e rovesciore le barricate nel convento dei Domenicani di
via Montreaux, sicché I'oro torda gli impedì di dor I'assalto alla
casa salesiana di Son Leone, che era I'ultima caso religiosa da chiu-
dere. Poi nella notte un ordine del Ministero ingiunse al Prefetto
di sospendere le esecuzioni; motivi di politica estera consigliovano
qualche temperamento.
185

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«Ma io la casa l'ho già»
Durante una sua permanenza a Marsiglia, Don Bosco al cano-
nico Guiol, che gli faceva vedere la necessità di avere in campagna
una casa per mandarvi i giovani di San Leone durante i mesi più
caldi, disse:
ed-ificiMo asiitoualatociansapol'shizoiognieà
a mia disposizione. E
amena, cinto da larga
uno spazioso
pineta, e vi si
accede per magnifici viali di platani; un abbondante corso d'ac-
qua attraversa da un capo all'altro tutto il podere.
Il canonico, che sapeva benissimo come Don Bosco non posse-
desse un bel niente a Marsiglia, poco mancò che non temesse in
lui un improvviso squilibrio mentale. Quindi, un po' sconcertato,
Io interrogò per sapere dove fosse quella villeggiatura.
e c-heDsoi vtreovsiaa nneolnlelovicsiona-nzreispdoi sMeaDrsoignliaB.osco -; ma so che c'è
re -cheQulaesctaasèaccurioesach-e èredpelisctòinial tpaaprreorcolei-?. Ma come fa a sape-
-
-
to,-e
Lo so perché l'ho sognato.
E come ha sognato?
Ho visto casa, alberi, podere, acqua,
per di più i giovani che si divertivano e
tutto come ho descrit-
correvano sotto i viali.
L'abate Guiol che, quando Don Bosco parlava di sogni, non lo
credeva affatto un visionario, non prese alla leggera Ie sue parole,
ma le tenne bene a mente e stette a osservare. Qualche tempo do-
po, alcuni benefattori offrirono una casa per lo scopo desiderato,
ma Don Bosco rifiutò ringraziando e dicendo che non era quella.
Intanto gli anni passavano. In ogni incontro Don Bosco e il cano-
nico parlavano tra loro della famosa villa da cambiare in novizia-
to, e il canonico cominciava a ridere piacevolmente.
Ma Don Bosco ne parlava anche con altri. Infatti nel settembre del
1882 ne fece cenno con il chierico Cartier, che si era fermato a Nizza,
dove Don Bosco presiedeva gli Esercizi Spirituali dei Salesiani.
186

19.7 Page 187

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un-a
Noi
gran
c-asagliindcisusiemileSttearnetmo o-
avremo nei dintorni di Marsiglia
il noviziato e lo studentato filoso-
fico. Tu sarai destinato colà, ma non nel primo anno, essendovi
bisogno di te per la scuola a San Leone; tuttavia vi andrai a dare
lezione, finché non vi stabilisca la tua residenza.
Nel 1883 la signora Pastré, ricca vedova parigina a cui Don Bo-
sco aveva ottenuto la guarigione della figlia, gli offerse l'uso di
una sua villa presso Santa Margherita, poco lontano da Marsiglia;
sennonché Don Bosco, per motivo di personali riguardi, senza nem-
meno verificare le condizioni della casa, declino I'offerta. Trascorsi
alcuni mesi, il direttore di Marsiglia Don Bologna gli scrisse che
la signora insisteva nella sua proposta, pregando di accettare. Don
Bosco rispose che se vi erano i pini, i platani e il corso d'acqua,
sì; se no, no.
Il direttore, andato a vedere, gli notificò che di pini ve n'erano
a centinaia, che vi erano i viali di platani e che l'acqua correva
per il podere. Allora fu accettata la casa di Santa Margherita in
usufrutto per quindici anni e vi si pose il noviziato nell'autunno
del 1883, sotto la denominazione significativa di « La Provviden-
za» (M.B. XV,53).
*{<rr
Il canonico Guiol si recò a visitare la cosa con Don Bosco nel
1884 e osservò con stupore che tutto corrispondeva esattamente
a quanto il Sonto gli aveva detto di aver visto nel sogno.
187

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Il sogno dei dieci diamanti
Nel settembre del l88l Don Bosco ebbe uno dei suoi sogni più
importanti che, prospettandogli le sorti della Congregazione in un
prossimo avvenire, gliene svelava i grandiosi incrementi, ma in-
sieme gli scopriva i pericoli che minacciavano di annientarla, se
non si correva in tempo ai ripari. Le cose vedute e udite lo impres-
sionarono talmente, che non si contentò di esporle a voce, ma le
mise anche per iscritto. Ecco perché noi lo presentiamo fedelmen-
te, senza i ritocchi di forma e le riduzioni che apportiamo negli
altri sogni. Ci permettiamo solo di tradurne il molto latino per fa-
cilitarne a tutti la comprensione.
'rTr;flf i :::i:, ::;:;':,',2:i:,
Amen
Ad ammaestramento della Pia Società Salesiana
Il l0 settembre anno corrente (1881), giorno che la Santa Chie-
sa consacra al glorioso nome di Maria, i Salesiani, raccolti in San
Benigno Canavese, facevano gli Esercizi Spirituali.
«Nella notte dal l0 all'll, mentre dormivo, la mente si trovò
in una gran sala splendidamente ornata. Mi sembrava di passeg-
giare con i direttori delle nostre case, quando apparve tra noi un
uomo di aspetto così maestoso, che non potevamo reggerne la vi-
sta. Datoci uno sguardo senza parlare, si pose a camminare a qual-
che passo da noi. Egli era cosi vestito: un ricco manto a guisa di
mantello gli copriva la persona. La parte più vicina al collo era
come una fascia che si rannodava davanti, e una fettuccia gli pen-
deva sul petto. Sulla fascia stava scritto a caratteri luminosi: LA
PIA SOCIETA DI SAN FRANCESCO DI SALES NELL'ANNO
1881, e sulla striscia di essa fascia portava scritte queste parole:
QUALE DEVE ESSERE.
188

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Dieci diamanti di grossezza e splendore straordinari erano quelli
che c'impedivano di fermare lo sguardo, se non con gran pena,
su quell'augusto Personaggio. Tre di quei diamanti erano sul pet-
to, ed era scritto sopra di uno FEDE, sull'altro SPERANZA e CA-
RITA su quello che stava sul cuore. Il quarto diamante era sulla
spalla destra e aveva scritto LAVORO, sopra il quinto nella spal-
la sinistra si leggeva TEMPERANZA. Gli ahri cinque diamanti
ornavano la parte posteriore del manto, ed erano così disposti: uno
più grosso e più folgoreggiante stava in mezzo come al centro di
un quadrilatero, e portava scritto OBBEDIENZA. Sul primo a de-
stra si leggeva VOTO DI POVERTA. Sul secondo, più in basso,
PREMIO. Nella sinistra sul più elevato era scritto: VOTO DI CA-
STITA: Lo splendore di questo mandava una luce tutta speciale,
e mirandolo traeVa e attraeva lo sguardo come la calamita attrae
il ferro. Sul secondo a sinistra, più in basso, stava scritto: DIGIU-
NO. Tutti questi quattro ripiegavano i loro raggi verso il diaman-
te del centro.
Questi brillanti tramandavano dei raggi che a guisa di fiammel-
le si alzavano e portavano scritte qua e varie sentenze.
Sulla Fede si elevavano le parole: "Imbracciate lo scudo della
Fede per vincere le insidie del demonio". [Jn altro raggio aveva:
"La fede senza le opere è morta. Non chi ascolta, ma chi pratica
Io legge possederà il regno di Dio".
Sui raggi della Speranza: "Sperote nelSignore, non negli uomi-
ni. I vostri cuori siano sempre fissi dove sono le vere gioie".
Sui raggi della Carità "Portate gli uni i pesi degli altri, se vole-
te compiere la mio legge. Amate e sorete amati, ma omate le oni-
me vostre e le anime altrui. Recitate devotomente il Divino Uffi-
cio; celebrate lo Sontq Messo con ottenzione; visitate con grande
zmore il Santo dei Ssnti".
Sulla parola Lavoro: "Rimedio ollo concupiscenzo, orma po-
tentissima contro tutte le tentazioni del demonio".
Sulla Temperanza: " Il fuoco si spegne se si toglie lo legna. Fote
un patto con i vosti occhi, con Io gola e col sonno, uffinché que-
sti nemici non vi rubino le vostre anime. Intemperanza e castità
non possono abitare insieme".
Sui raggi dell'Obbedienza: " È il fondomento di tutto l'edificio
e il compendio della santità".
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Sui raggi della Povertà: " Il Regno dei Cieli è dei povert. Le ric-
chezze sono spine. La povertà non si vive a porole, mo si protica
con I'amore e con ifotti. Esso oprirà le porte del Cielo e vi entrerà".
Sui raggi della Castità,: "Tutte le virtù vengono insieme con es-
sa. I mondi di cuore penetrano i segreti di Dio e vedono Dio stesso" .
Sui raggi del Premio: "Se vi lusinga lo grondezzo del premio,
non vi spaventino le fotiche della conquista. Chi patisce con me,
godrà con me. Sono momentonei i potimenti di questa vita; è eter-
na la felicità che godronno i miei omici in Cielo".
Sui raggi del Digiuno: I'arme più potente contro le insidie
del demonio. È tt custode di tutte le virtù. Cot digiuno si scaccis
ogni genere di demoni".
Un largo nastro a color di rosa serviva di orlo nella parte infe-
riore del manto, e sopra questo nastro era scritto: "Questo sia I'ar-
gomento delle vostre esortazioni del msttino, del mezzogiorno e
dello sero. Raccogliete le briciole delle virtù e vi costruirete un grqn-
de edfficio di santità. Guoi o voi che disprezzote le cose piccole:
a poco o poco codrete".
Fino allora i direttori erano chi in piedi, chi in ginocchio, ma
tutti attoniti e nessuno parlava. A questo punto Don Rua, come
fuori di sé, disse:
C- erBcaisounganapepnrennadeenreonnolatatropvear ;ncoanvadifmuoernitiicl aproer.tafoglio, fruga
e non ha la matita.
scr--iverIIeoo
vcmooingrliiucononrgdoaetamrròebo--
disse Don Durando.
aggiunse Don Fagnano
di rosa.
-,
e si pose a
Tutti miravano e comprendevano la scrittura. Quando Don Fa-
gnano cesso di scrivere, Don Costamagna continuò a dettare così:
mo-lLaacocnarlaitàpcaarpoilsocee
tutto,
con i
sopporto
fatti.
tutto,
vince
tutto:
protichia-
Mentre Don Fagnano scriveva, scomparve la luce, e tutti citro-
vammo in folte tenebre.
gh-iamSoileenlzaiolu-ce
disse Don
verrà.
Ghivarello
-,
inginocchiamoci, pre-
Don Lasagna cominciò il Veni Creotor, poi il De profundis e
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20 Pages 191-200

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Maria Auxilium Christionorum, a c;,ti tutti rispondemmo. Quan-
do fu detto Oro pro nobis, riapparve una luce che circondava un
cartello su cui si leggeva: LA PIA SOCIETA SALESIANA QUA-
LE CORRE PERICOLO DI ESSERE NELL'ANNO 1900. UN
istante dopo la luce divenne più viva a segno che potevamo veder-
ci e conoscerci a vicenda.
Inmezzo a quel bagliore apparve di nuovo ilPersonaggio di pri-
ma, ma con aspetto malinconico, simile a colui che comincia a pian-
gere. Il suo manto era divenuto scolorato, tarlato e sdruscito. Nel
sito dove stavano fissi i diamanti vi era invece un profondo gua-
sto, cagionato dal tarlo e da altri piccoli insetti.
-HoGvueadrudtaotech-e i edgielicci iddiaismsean-ti
e intendete.
erano divenuti
altrettanti
tarli
che rabbiosi rodevano il manto.
Pertanto al diamante della Fede erano sottentrati: sonno e ac-
cidia.
Alla Speranza; risate e scurrilità.
Alla Carità: negligenza nel compiere i divini Uffici. Amano e
cercono i propri comodi e non gli interessi di Gesù Cristo.
AIla Temperanza; golosità e pioceri sensuali.
Al Lavoro: il sonno, ilfurto e I'ozio.
Al posto dell'Ubbidienza non vi era altro che un guasto largo
e profondo senza scritta.
Alla Castità: concupiscenzd e vita mondano.
Alla Povertà era succeduto: dormire, vestire bene, mangiare e
bere, denaro a disposizione.
Al Premio: "Ci basta godere la vitq presente".
Al Digiuno: Vi era un guasto, ma niente di scritto.
A quella vista fummo tutti spaventati. Don Lasagna cadde sve-
nuto, Don Cagliero divenne pallido come una camicia e, appog-
giandosi sopra una sedia, gridò:
-DonPLoaszszibeilreo
che le cose siano già a questo
e Don Guidazio stavano come
punto?
fuori di
e
si
por-
sero la mano per non cadere. Don Francesia, il Conte Cays, Don
Barberis e Don Leveratto erano quivi ginocchioni pregando con
in mano la corona del S. Rosario.
In quel momento si fece intendere una voce cupa:
- Come è svsnito quello splendido colore!
t9t

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Ma nell'oscurità successe un fenomeno singolare. In un istante
ci trovammo avvolti in folte tenebre, nel cui mezzo apparve tosto
una luce vivissima, che aveva forma di corpo umano. Non pote-
vamo tenerci sopra lo sguardo, ma potevamo scorgere che era un
avvenente giovanetto, vestito di abito bianco lavorato con fili d'oro
e d'argento. Tutto attorno all'abito vi era un orlo di luminosissi-
mi diamanti. Con aspetto maestoso, ma dolce e amabile, si avan-
verso di noi, e ci indirizzò queste parole testuali:
- Servi e strumenti di Dio onnipotente, ascoltate e intendete.
Siate forti e robusti. Quanto avete veduto e udito è un ovviso del
Cielo, inviato ora o voi e ai vostri frotelli. Fate attenzione e inten-
dete bene quello che vi si dice. I colpi previsti feriscono di meno
e si possono prevenire. Le parole indicate siano tanti orgomenti
di predicazione. Predicate incessantemente a tempo e fuori tem-
po. Ma le cose che predicate fatele sempre, sicché le vostre opere
siano come uno luce che, sotto forma di sicura tradizione, s'irro-
dii sui vostri frateili e fisli di generozione in generazione. Ascolta-
te bene e intendete. Siote oculott nell'accettare i novtzi, forti nel
coltivarli, prudenti nell'ammetterli. Provoteli tutti, ina tenete sol-
tonto il buono. Mandate via i leggeri e volubili. Ascoltate bene e
intendete. Lo meditazione del mottino e della sero sia sull'osser-
vonza regolore. Se ciò farete, non vi verrà meno giammoi I'aiuto
dell'Onnipotente. Diverrete spettocolo almondo e agli angeli e al-
loro lo vostra gloria sarà gloria di Dio. Chi vedrà la fine di questo
secolo e il principio dell'oltro dirà di yoi: "Dal Signore è stato fat-
to questo ed è mirobile agli occhi nostri". Allora tutti i frotelli e
figli vostri conteranno: "Non a not, Signore, non o noi, mo al tuo
nome dà gloria".
Queste ultime parole furono cantate, e alla voce di chi parlava
si unì una moltitudine di altre voci così armoniose e sonore, che
noi rimanemmo privi di sensi e, per non cadere svenuti, ci siamo
uniti agli altri a cantare. Al momento che finì il canto, si oscurò
la luce. Allora mi svegliai e mi accorsi che si faceva giorno».
Promemoria
« Questo sogno durò quasi l'intera notte, e sul mattino mi trovai
stremato di forze. Tuttavia per timore di dimenticarmene, mi sono
192

20.3 Page 193

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levato in fretta e ho preso alcuni appunti che mi servirono come
di richiamo per ricordare quanto qui ho esposto nel giorno della
Presentazione di Maria SS. al Tempio.
Non mi fu possibile ricordare tutto. Tra le altre cose ho potuto
con sicurezza rilevare che il Signore ci usa grande misericordia.
La nostra Società è benedetta dal Cielo, ma Egli vuole che pre-
stiamo l'opera nostra. I mali minacciati saranno prevenuti se noi
predicheremo sopra le virtù e sopra i vizi ivi notati; se ciò che pre-
dichiamo lo tramanderemo ai nostri fratelli con una tradizione pra-
tica di quanto si è fatto e faremo.
Ho potuto anche rilevare che ci sono imminenti molte spine, mol-
te fatiche, cui terranno dietro molte consolazioni. Circa il 1890 gran
timore, circa il 1895 gran trionfo. Maria, Auxilium Christianorum,
oro pro nobis>> (M.B. XV,l82-87).
{.*'k
Il biogrofo Don Ceria commenta: <<Lo portata del sogno non
ha limiti di tempo. Don Bosco diede I'sllarme per un momento
speciale che doveva seguire allo sua morte; ma il "Quale deve es-
sere la Congregazi one" e i/ "Quale è in pericolo di essere " con-
tengono un ammonimento che non perderà mai nulla del suo va-
lore, sicché sarà sempre verq la dichiarazione fotta do Don Bosco
ai Superiori:
"I mali minaccioti soronno prevenuti, se noi predicheremo sul-
le virtù e i vizi tvi nototi">> (M.8. XV,l87).
193

20.4 Page 194

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Gli appare Don Provera
La notte dal 17 al 18 gennaio 1883 a Don Bosco comparve in
sogno Don Francesco Provera, santo salesiano, morto nel 1874-
Appariva un po' più alto di statura che non fosse quando viveva
quaggiù. Aveva la faccia florida e ridente, dalla quale emanava
un chiarore scintillante.
- Don Provera - disse Don Bosco -, sei veramente Don Pro-
vera?
-E
Sì che sono
la sua faccia
dDivoennnPerocvoerabe-llariespluomsein. osa
che
Don
Bosco
a
gran fatica poteva rimirarla.
lar-e. Se tu sei veramente Don Provera, non fuggirmi, lasciami par-
- Sì, sì, parli pure che io I'ascolterò.
di
----caSpTSCiìurehcetieht,soeacl'olosqvosucoan?ceohlgloisooadcldhiveoin.veileSllcd'oauenlortoerraeseapvllvuiatol?pidneegrsuliadaemdraiisreeesreipcroliamrdmeiareend. teel
Signore.
è capace
ves----seNDEAvonilivlmnaceomrtcearoainsntqepotuime,narumplcimrahea;eolalmltcavooovasort.aie.r.macaosrpeenmo.m?tiuMoptrtoeriilgtgbeuleiacnsrodfposorer.ezlip'aaptrotaestnsoid.boilni oco. me se do-
-
-
-
-
ben
E per i confratelli della Congregazione?
Ai fratelli della nostra Congregazione raccomandi il fervore.
Come fare per ottenerlo?
Ce lo dice il capo supremo dei maestri. Prenda un falcetto
arrotato e faccia da buon vignaiuolo: tagli i tralci secchi e inutili
per la vite. Allora essa diverrà vigorosa, farà frutti copiosi e, quello
che importa assai, frutterà per molto tempo.
- Ma ai nostri confratelli che debbo dire?
t94

20.5 Page 195

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tel-li
Ai miei
dica che
asmtaicpire-padriasstoe
cuonngvroacnepprieùmfoior,tem-a,
ai miei
che Dio
confra-
lo darà
soltanto a quelli che saranno perseveranti nelle battaglie del Signore.
I'et-----ernCAEPPaheeltaerrrsloatiicrl:oovnnse?sooazosszrdttavrro?iievgggrliiaiooanvvnnaazonnaiipedcrahelatevivcecaooirmresoap,iiemlnagoviaosrratreroci clgaeoivomsovoararonvndeieig?plsieaornrvzaeasg.sliicaunrzaars. i
fer-miSini cciboinnfoesssoiovneen.te del cibo dei forti e facciano dei propositi
«In quel momento
splendore investì tutta
-Ia
continua Don
sua persona; e
Bioosdcoove-t,ti
u[ vivissimo
abbassare gli
occhi, perché lo sguardo si trovava in violenza, come chi fissa la
luce elettrica, ma di gran lunga più viva. In quell,istante egli si mi-
se a parlare con voce simile a chi canta: "Gloria o Dio podre, Gloria
o Dio Figlio, Gloria a Dio Spirito Sonto. A Dio che era, è e sarà
il Giudtce dei vivi e dei morti".
Io volevo ancora parlare, ma Don Provera, con la voce più bel-
la e sonora che si possa immaginare, si mise solennemente a into-
nare: "Leudate Dominum omnes gentes,, (Genti tutte lodate il Si-
gnore), e un coro di mille e mille voci si unirono a lui fino a tutto
il Gloria.
Finito il canto, tutto tornò allo stato normale, Don provera scom-
parve e io mi svegliai» (M.B. XVI,l5).
{.*rr
Defunctus adhuc loquitur (Benché sio morto, parla ancoro). Don
Proyera era stoto uno dei Solesioni più fedeli o Don Bosco, il qua-
le olla suo morte ne aveva fatto questo elogio: << La Società Sote-
siana perde uno dei migliori suoi soci>>. Ecco perché il Sonto ten-
ne in gran conto gli ovvisi ricevuti in sogno e riportò tutto il dialo-
go avuto con lui in un suo scritto outogrofo.
195

20.6 Page 196

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Secondo sogno missionario: attraverso
l'America
Questo secondo sogno missionario che Don Bosco fece a San
Benigno Canavese nel 1883, è una rappresentazione allegorica, ricca
di elementi profetici, dell'avvenire delle Missioni Salesiane nell'A-
merica del Sud. Don Bosco lo raccontò il4 settembre ai membri
del Terzo Capitolo Generale. Don Lemoyne lo mise subito per iscrit-
to e Don Bosco lo completo e lo ritoccò.
Se ne possono distinguere tre grandi sequenze:
1. Dopo una breve introduzione, Don Bosco dice di trovarsi in
una grande sala, dove parecchie persone sconosciute parlano del-
le Missioni. Qui è riconosciuto dal figlio del Conte Colle di To-
lone.'
2. Nella forma più strana il giovane gli fa contemplare, da quel-
la sala, I'esteso campo di missione dell'America del Sud prepara-
to per i Salesiani.
3. In compagnia del giovane, Don Bosco fa un viaggio attraver-
so tutta l'America del Sud, fino alla Patagonia, dove trova al la-
voro i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Data la ltnghezza,lo presentiamo alquanto ridotto.
Chiudiamo tra parentesi quadre le aggiunte posteriori, fatte da
Don Lemoyne dopo aver udito chiarimenti da Don Bosco.
«Era la notte che precedeva la festa di S. Rosa da Lima (30 Ago-
sto) e io ho fatto un sogno. Mi pareva di entrare in una sala di
trattenimento, dove erano molte persone che parlavano della mol-
titudine di selvaggi, che nell'Australia, nelle Indie, nella Cina, nel-
l'Africa e più particolarmente nell'America sono tuttora sepolti
nell'ombra della morte.
I Luigi Colle, figlio del conte Luigi Fleury Colle di Tolone, morto ivi nel 1882, in te-
nera età. Giovane angelico che, ricevuti gli ultimi sacramenti, sorridendo aveva esclamato:
«vado in paradiso; me l'ha detto Don Bosco». Dopo la sua santa morte, apparve piir vol-
te a Don Bosco, che ne scrisse la vita, uscita I'anno dopo la morte col titolo: Biographie
du-jeune Luis Fleury Colle par Jean Bosco, prétre.
196

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Disse uno:
sce-nzaChdeelqVuaanngtielodni eidllaolasotrlai
vivono infelici
America! Gli
e lontani
uomini si
dalla cono-
pensano (e
i geografi s'ingannano) che le Cordigliere di America siano come
un muro che divide quella gran parte del mondo. Non è così. Quelle
lunghissime catene di alte montagne fanno molti seni di mille e
piir chilometri in sola lunghezza.
In essi vi sono selve non mai visitate, vi sono piante, animali,
e poi vi sono pietre di cui colà si scarseggia. Carbon fossile, petro-
lio, piombo, rame, ferro, argento e oro stanno nascosti in quelle
montagne, nei siti dove furono collocati dalla mano potente del
Creatore a beneficio degli uomini. O Cordigliere, Cordigliere!
Quanto mai è ricco il vostro Oriente!
In quel momento mi sentii preso da vivo desiderio di chiedere
spiegazione di più cose, e di interrogare chi fossero quelle persone
colà raccolte, e in quale luogo io mi trovassi. Percio chiesi:
Pa-rigiD?itEemVio, idcihgirsaizetiae?: siamo a Torino, a Londra, a Madrid, a
Ma tutti quei personaggi rispondevano vagamente discorrendo
delle Missioni.
In quel mentre si avvicinò a me un giovanotto sui l6 anni, ama-
bile per sovrumana bellezza e tutto raggiante di viva luce più chia-
ra di quella del sole. Il suo vestito era intessuto con celestiale ric-
chezza e il suo capo era cinto di un berretto a foggia di corona,
tempestato di brillantissime pietre preziose. Fissandomi con sguardo
benevolo, mi dimostrava un interesse speciale. Il suo sorriso espri-
meva un affetto di irresistibile attraenza. Mi chiamo per nome,
mi prese per mano e incominciò a parlarmi della Congregazione
Salesiana.
lo ero incantato al suono di quella voce. A un certo punto l'in-
terruppi:
pe--rchVéCeomnloi cddhoiirveheioteill'cmoonniooosrnecoemrdeie. psaerlfaarcee?ssFe abvisoorigtenmo;i
il vostro nome.
ma non occorre
Così dicendo sorrideva.
Fissai meglio quella fisionomia cinta diluce. Oh, quanto era bel-
la! E riconobbi allora in lui il figlio del Conte Fiorito Colle di To-
lone, insigne benefattore della nostra casa e specialmente delle no-
stre Missioni Americane. Questo giovinetto era morto poco tem-
po prima.
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20.8 Page 198

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- - -. Luigi! esclamai chiamandolo per nome
chi sono?
E tutti costoro
- Sono amici dei vostri Salesiani, e io come amico vostro e dei
Salesiani, o nome di Dio, vorrei darvi un po' di lavoro.
Vediamo di che si tratta.
- Mettetevi qui a questo tavolo e poi tirate giù questa corda.
-Inmezzo a quella sala vi era un tavolo, sul quale stava aggomi-
tolata una corda, che era segnata come il metro, con linee e nume-
ri. Più tardi mi accorsi anche come quella sala fosse posta nell'A-
merica del Sud, proprio sulla linea dell'Equatore, e come i numeri
stampati sulla corda corrispondessero ai gradi geografici di latitu-
dine.
Io presi dunque l'estremità di quella corda, la guardai e vidi che
sul principio aveva segnato il numero zero. E quell'angelico giovi-
netto:
---TiraOTNiisuraasmletqeeruvruaoantnezt!eoprCoola'h..ecocordsaa,setad
scritto
ecco il
sopra la
numero
corda?
l.
-TiraTiireatveenannecroorafueofrai tei
un gran rotolo
numeri 2, 3, 4,
di quella corda.
fino al 20.
Basta? dissi io.
- - No, più in su, più in su! Andate finché troverete un nodo
-rispose quel giovinetto.
- Tirai fino al numero 47, dove trovai un grosso nodo. Da quel
punto la corda continuava ancora, ma divisa in tante cordicelle
che si sparpagliavano a Oriente, a Occidente, a Mezzodi.
-
-
-
-
-
Basta? replicai.
- Che numero è? interrogò quel giovane.
- E il numero 47.
47 più 3 quanto fa?
50!
---EEpN5po5oii!ùtma5tie?d: iscsineq: uantacinque.
Tirate ancora.
- Sono alla fine! io risposi.
-- - Ora dunque voltatevi indietro e tirate la corda dall'altra parte.
198

20.9 Page 199

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Tirai la fune dalla parte opposta fino al numero 10. E quel gio-
vane:
-
-
-
-
Tirate ancora.
C'è più niente!
Come? C'è più niente? Osservate ancora. Che cosa c'è?
C'è dell'acqua! - risposi.
Infatti in quell'istante si operava in me un fenomeno straordi-
nario, quale non è possibile descrivere. Io mi trovavo in quella stan-
za, tiravo quella corda, e nello stesso tempo si svolgeva sotto i miei
occhi come un panorama immenso, che io dominavo quasi a volo
d'uccello, e che si stendeva con lo stendersi della corda.
Dal primo 0 al numero 55 era una terra sterminata che, dopo
uno stretto di mare, in fondo si frastagliava in cento isole, di cui
una assai maggiore delle altre. A quelle isole pareva alludessero
le cordicelle sparpagliate, che partivano dal gran nodo. Ogni cor-
dicella faceva capo a un'isola. Alcune di queste erano abitate da
indigeni abbastanza numerosi; altre sterili, nude, rocciose, disabi-
tate; altre tutte coperte di neve e ghiaccio. A occidente gruppi nu-
merosi di isole abitate da molti selvaggi.
[Pare che il nodo posto sul numero o grado 47 figurasse il luo-
go di partenza, il centro salesiano, la Missione principale donde
i missionari nostri si diramavano alle isole Malvine, alla Terra del
Fuoco e alle altre isole di quei paesi dell'Americal.
Dalla parte opposta poi, cioè dallo zero al 10, continuava la stessa
terra e finiva in quell'acqua da me vista per l'ultima cosa. Mi par-
ve essere quell'acqua il mare delle Antille, che vedevo allora in un
modo così sorprendente, da non essere possibile che io spieghi a
parole quel modo di vedere.
Or dunque avendo io risposto:
-
-
-
-
-
E-
C'è
Ora
dmeellt'taectequinas! ie-,meq5u5elpgiov1a0n. eAttochdeiscsoes: a
è
uguale?
Somma 65.
Ora mettete tutto insieme e ne farete una corda sola.
E poi?
Da questa parte che cosa c'è?
mi accennava un punto sul panorama.
ma-re.All'Occidente vedo altissime montagne, e all'Oriente c'è il
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20.10 Page 200

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[Noto qui che allora io vedevo in compendio, come in miniatu-
ra, tutto ciò che poi vidi, come dirò, nella sua reale grandezza ed
estensione; e i gradi segnati sulla corda, corrispondenti con esat-
tezza ai gradi geografici di latitudine, furono quelli che mi permi-
sero di ritenere a memoria per vari anni i successivi punti che visi-
tai viaggiando nella seconda parte di quello stesso sognol.
Il giovane mio amico proseguiva:
ne-.
Orbene: queste
Fin qui, fin è
montagne sono come una sponda, un confi-
la messe offerta ai Salesiani. Sono migliaia
e milioni di abitanti che attendono il vostro aiuto, attendono la
Fede.
Queste montagne sono le Cordigliere dell'America del Sud e quel
mare l'Oceano Atlantico.
tan-ti
Epocpoomlieaflal'orev?ile-
io ripresi
di Cristo?
-;
come riusciremo a condurre
gra-ditCi oall
sudore e col sangue
Padrone della vita.
-Qureissptoosaew-eniimseelvnatgogisadrivàecnotemrpainuntoo
prima che si compia la seconda generazione.
-
-Io
E quale sarà la seconda generazione?
Questa presente non si conta. Sarà un'altra e poi
parlavo confuso e quasi balbettando nell'ascoltare i
un'altra.
magnifi-
ci destini che sono riservati alla nostra Congregazione, e domandai:
- Ma ognuna di queste generazioni quanti anni comprende?
-
-
-E
Sessant'anni.
E dopo?
Volete vedere quello
senza sapere come, mi
che sarà? Venite!
trovai a una stazione
di
ferrovia.
Qui-
vi era radunata molta gente. Salimmo sul treno. Io domandai do-
ve fossimo. Quel giovane rispose:
te
-la
Guardate: noi andiamo in viaggio lungo le Cordigliere. Ave-
strada aperta anche all'Oriente, fino al mare. E un altro do-
no del Signore.
--CosEOì gdainciBecnoodssotaotnraa, ssdsuoeovfetueocmiripaoutt.neandcoarntao,,
quando andremo?
dove era rilevata in
grande
la diocesi di Cartagena.
[Era questo il punto di partenza].
200

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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Mentre io guardavo quella carta,la macchina mando un fischio
e il treno si mise in moto. Viaggiando, il mio amico parlava mol-
to; e io imparai cose bellissime e nuove sull'astronomia, sulla nau-
tica, sulla meteorologia, sulla mineralogia, sulla fauna, sulla flo-
ra, sulla topografia di quelle contrade, che mi spiegava con mera-
vigliosa precisione. Condiva le sue parole con una contegnosa e,
nello stesso tempo, tenera familiarità, che dimostrava quanto mi
amasse. Fin dal principio mi aveva preso per mano e mi tenne sem-
pre così affettuosamente stretto fino alla fine del sogno. Io porta-
vo talora l'altra mia mano sulla sua, ma questa sembrava sfuggire
di sotto alla mia, quasi svaporasse, e la mia sinistra stringeva so-
lamente la mia destra. Il giovane rideva al mio inutile tentativo.
Io frattanto guardavo dai finestrini del carrozzone e vedevo pas-
sare innanzi svariate, stupende regioni. Boschi, montagne, pianu-
re, fiumi lunghissimi e maestosi, che io non credevo così grandi
in regioni tanto distanti dalle foci. Per più di mille miglia abbia-
mo costeggiato il lembo di una foresta vergine, oggigiorno ancora
inesplorata. Il mio sguardo acquistava una potenza visiva meravi-
gliosa. Non solo vedevo le cordigliere anche quando ero lontano,
ma anche le catene di montagne, isolate in quei piani immensura-
bili, erano da me contemplate con ogni loro più piccolo accidente.
[Quelle della Nuova Granata, di Venezuela, delle tre Guiane;
quelle del Brasile e della Bolivia, fino agli ultimi confinil.
Potei quindi verificare la giustezza di quelle frasi udite al prin-
cipio del sogno nella gran sala posta sul grado zero. Io vedevo nelle
viscere delle montagne e nelle profonde latebre delle pianure. Avevo
sott'occhio leicchezze incomparabile diquesti Paesi, che un giorno
verranno scoperte. Vedevo miniere numerose di metalli preziosi,
cave inesauribili di carbon fossile, depositi di petrolio così abbon-
danti quali mai finora si trovarono in altri luoghi. Ma ciò non era
tutto. Tra il grado l5 e il 20 vi era un seno assai largo e assai lungo
che partiva da un punto ove si formava un lago. Allora una voce
disse ripetutamente:
mo-ntQi, uaapnpdaorisriàveqrui
a scavare le miniere nascoste inmezzo a questi
la terra promessa fluente latte e miele. Sarà
una ricchezza inconcepibile.
Ma ciò che maggiormente mi sorprese fu il vedere in vari siti le
201

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Cordigliere che, rientrando in se stesse, formavano vallate, delle
quali i presenti geografi neppur sospettano l'esistenza, immaginan-
dosi che in quelle parti le falde delle montagne siano come una
specie di muro diritto. In questi seni e in queste valli, che talora
si stendevano fino a 1000 chilometri, abitavano folte popolazioni
non ancora venute a contatto con gli Europei; nazioni ancora pie-
namente sconosciute.
Il convoglio intanto continuava a correre, e va e va, e gira di
qua e gira di là, finalmente si fermò. Quivi discese una gran parte
di viaggiatori, che passava sotto le Cordigliere, andando verso oc-
cidente.
[Don Bosco accennò la Bolivia. La stazione era forse La Paz,
ove una galleria, aprendo un passaggio al litorale del Pacifico, puo
mettere in comunicazione il Brasile con Lima, per mezzo di un'al-
tra linea di via ferratal.
Il treno di bel nuovo si mise in moto, andando sempre avanti.
Come nella prima parte del viaggio, attraversavamo forest€, p€-
netravamo in gallerie, passavamo sopra giganteschi viadotti, ci in-
ternavamo fra gole di montagne, costeggiavamo laghi e paludi sui
ponti, valicavamo fiumi larghi, correvamo in mezzo a praterie e
a pianure. Siamo passati sulle sponde dell'Uruguay. Pensavo che
fosse un fiume di poco conto, invece è lunghissimo. In un punto
vidi il fiume Paranà, che si avvicinava all'Uruguay, come se an-
dasse a portargli il tributo delle sue acque, invece dopo essere cor-
so per un tratto quasi parallelamente, se ne allontanava facendo
un largo gomito. Tutti e due questi fiumi erano larghissimi.
E il treno andava sempre in giÌr, e gira da una parte e gira da
un'altra, dopo un lungo spazio di tempo, si fermò la seconda vol-
ta. Quivi molta altra gente scese dal convoglio e passava essa pure
sotto le Cordigliere andando verso occidente.
[Don Bosco indicò nella Repubblica Argentina la provincia di
Mendoza. Quindi la stazione era forse Mendoza, e quella galleria
metteva a Santiago, capitale della Repubblica del Cilel.
II treno riprese la sua corsa attraverso le Pampas e la Patago-
nia. I campi coltivati e le case sparse qua e indicavano che la
civiltà prendeva possesso di quei deserti.
Sul principio della Patagonia oltrepassammo una diramazione
del Rio Colorado ovvero del Rio Chubut [o forse del Rio Negro?].
202

21.3 Page 203

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Non potevo vedere da qual parte andasse la sua corrente, se verso
le Cordigliere o verso l'Atlantico. Cercavo di sciogliere questo mio
problema, ma non potevo orizzontarmi.
Finalmente giungemmo allo stretto di Magellano. Io guardavo.
Scendemmo. Avevo innanzi Punta Arenas. II suolo per varie mi-
glia era tutto ingombro di depositi di carbon fossile, di tavole, di
travi, di legna, di mucchi immensi di metallo, parte greggio, parte
lavorato. Lunghe file di vagoni per mercanzie stavano sui binari.
Il mio amico mi accennò a tutte queste cose. Allora domandai:
-Mi
E adesso
rispose:
che
cosa
vuoi
dire
con
questo?
sel-vagCgiiòinchfuetuardpesssaoraènnino
progetto un giorno
così docili da venire
sarà
esse
realtà. Questi
stessi per rice-
vere istruzione, religione, civiltà e commercio.
-
dere
iHmoieviisStoalaebsibaansi tainnzPaa-tagioonciao.nclusi
-;
ora conducimi a ve-
Ritornammo alla stazione e risalimmo sul treno per tornare. Do-
po aver percorso un lunghissimo tratto di via, la macchina si fer-
innanzi a un borgo considerevole. [Posto forse sul grado 47,
ove sul principio del sogno avevo visto quel grosso nodo della cor-
dal. Alla stazione non vi era alcuno ad aspettarmi. Discesi e tro-
vai subito i Salesiani. Vi erano molte case con abitanti in gran nu-
mero; piu chiese, scuole e vari ospizi per giovanetti e adulti, arti-
giani e coltivatori, e un collegio di ragazze che si occupavano in
svariati lavori domestici. I nostri missionari guidavano insieme gio-
vanetti e adulti.
Io andai in mezzo a loro. Erano molti, ma io non li conoscevo
e fra loro non vi era alcuno degli antichi miei figli. Tutti mi guar-
davano stupiti, come se fossi persona nuova, e io dicevo loro:
-
sto-
Non mi conoscete? Non conoscete Don Bosco?
Oh, Don Bosco! Noi lo conosciamo di fama; l'abbiamo
solo nei ritratti. Di persona no, certo!
vi-
lan-esEio,DdoonveFasgonnoa?no, Don Costamagna, Don Lasagna, Don Mi-
arr-ivaNroonionoinn
li abbiamo
questi paesi
conosciuti. Sono
dall'Europa. Ma
i primi
oramai
Salesiani che
sono passati
tanti anni da che sono morti.
A questa risposta io pensavo meravigliato: Ma questo è un so-
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21.4 Page 204

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gno o una realtà? E battevo le mani una contro l'altra, mi toccavo
le braccia, mi scuotevo, mentre realmente udivo il suono delle mie
mani e mi persuadevo di non essere addormentato.
Questa visita fu cosa di un istante. Visto il meraviglioso pro-
gresso della Chiesa Cattolica, della nostra Congregazione e della
civiltà in quelle regioni, io ringraziavo la Divina Provvidenza che
si fosse degnata di servirsi di me come strumento della sua gloria
e della salute di tante anime.
Il giovanetto Colle frattanto mi fece segno che era tempo di ri-
tornare indietro: quindi salutai i miei Salesiani e ritornammo alla
stazione, ove il convoglio era pronto per la partenza. Risalimmo,
fischiò la macchina, e via verso il Nord.
Mi procurò meraviglia una novità che mi cadde sotto gli occhi.
Il territorio della Patagonia, nella parte più vicina allo stretto di
Magellano, tra le Cordigliere e l'Atlantico, era meno largo di quello
che si crede comunemente dai geografi.
Il treno avanzava nella sua corsa velocissima, e mi parve che
percorresse le province della Repubblica Argentina che ora sono
già civilizzate.
Per lunghissime ore si avanzò sulle sponde di un fiume larghis-
simo. E ora il treno correva sulla sponda destra e ora sulla sinistra
di questo. Intanto su quelle rive comparivano di tratto in tratto
numerose tribù di selvaggi. Tutte le volte che vedevamo queste tribù,
il giovanetto Colle andava ripetendo:
E- ntEracmcomloa
messe dei
poi in una
Salesiani! Ecco
regione piena di
la messe dei Salesiani!
animali feroci e di rettili
velenosi, di forme strane e orribili. Gli uni sembravano cani che
avessero le ali ed erano panciuti straordinariamente [gola, lussu-
ria, superbia]. Gli altri erano rospi grossissimi che mangiavano rane.
Queste varie specie di animali erano mischiati insieme e grugniva-
no sordamente come se volessero mordersi. Il mio compagno mi
rivolse anche qui la parola e, accennandomi quelle belve, esclamò:
- I salesiani le renderanno mansuete.
Il treno intanto si avvicinava al luogo della prima partenza e ne
eravamo poco lontani. Il giovanetto Colle trasse allora fuori una
carta topografica di una bellezza stupenda e mi disse:
- Volete vedere il viaggio che avete fatto?
204

21.5 Page 205

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A- lloVraolespniteiegròi!q-uelrlaispcaorstia
io.
nella
quale
era
disegnata
con
esattez-
za meravigliosa tutta l'America del Sud. Di piir ancora, ivi era rap-
presentato tutto ciò che fu, tutto ciò che è, tutto ciò che sarà in
quelle regioni, ma senza confusione; anzi con una lucidezza tale
che con un colpo d'occhio si vedeva tutto.
Mentre io osservavo quella carta, aspettando che il giovanetto
aggiungesse qualche spiegazione, essendo io tutto agitato per la
sorpresa di ciò che avevo sott'occhi, mi sembrò che Quirino [il sa-
grestano di Maria Ausiliatrice] suonasse l'Ave Maria dell'alba; ma,
svegliatomi, mi accorsi che erano i tocchi delle campane della par-
rocchia di San Benigno. Il sogno era durato tutta la notte».
Don Bosco terminò il suo racconto dicendo:
<<Con la dolcezza di San Francesco di Sales i Salesiani porte-
ranno a Gesù Cristo le popolazioni dell'America. sarà cosa diffi-
cilissima moralizzare i selvaggi, ma i loro figli obbediranno con
tutta facilità alle parole dei Missionari, e con essi si fonderanno
colonie, la civiltà prenderà il posto della barbarie e cosi molti sel-
vaggi verranno a far parte dell'ovile di Gesù Cristo» (M'B'
xvI,385).
,f ,& ,r
Parlondo del sogno Don Bosco affermò: <<Quondo si conosce-
ronno le immense ricchezze che fonno prezioso lo Potogonia, QU€-
sto territorio ayrà uno sviluppo di commercio struordinario. Nel-
le gole dei monti stan noscoste preziose miniere; nella catena delle
Ande fro il grado 10" e il 20" vi sono miniere di piombo, di oro
e di cose ancor più preziose dell'oro»>-
Il volore di questo sogno sta nel fotto che in esso Don Bosco
ci offre un complesso di dati positivi, dei quali egli non poteva over
avuto notizia da viaggiatori do geografi, non essendosi an-
cora fatta esplorozione di sorta in quelle estreme latitudini a
scopo turistico né con finalità economiche o scientifiche. A questi
elementi se ne aggiungono altri di natura profetica circa I'ovveni-
re dell'Opera Solesiano in quelle terre.
Interessunte la descrizione che Don Bosco fo delle Cordigliere.
205

21.6 Page 206

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Do tutti si pensova che fossero un muro divisorio, uno cateno omo-
genea, un cordone unico per elevazione e corso. Invece le esplora-
zioni e gli studi posteriori olsogno hanno dimostrato che le Ande
sono, come le descrive Don Bosco, sezionate do numerosi e pro-
fondi seni, valli e conche lacustri, e suddivise in gruppi dt catene
differenti tra loro per caratteri geologici e orografici.
<< Neppure il più autorevole cultore di studi geogrofici avrebbe
potuto, tn quegli anni, lanciare un'affermozione tanto recisa e psr-
ticolareggiota come fa Don Bosco; una sì chiora e precisa visione
di quei luoghi è dovuta senzo dubbio d un potere che oltreposso
i limiti umoni»> (8. Ceria).
Quonto all'affermozione che stroricche miniere di carbon fossi-
le, di petrolio, di piombo e di metallt anche preziosi stonno nasco-
ste nelle viscere di quelle montogne, si so che di anno in anno si
vengono scoprendo nuovi depositi di mineroli in tutta la zona cor-
diglierana e lungo lo costa dell'Atlontico.
È noto che il 21 Aprile 1960 venne inaugurato nel Brosile la nuova
copitale Brosilio. Questo città è nata sotto I'egida e lo protezione
di Don Bosco.
Quando, dopo lungo studio, se ne stubilì il luogo nello stoto di
Goitis, gli ingegneri, avendo sentito parlare di una profezia del
Santo, la vollero esaminare e si convinsero che egli ne facevo cen-
no nella sua visione profetica, là dove indico i grodi di lotitudine
19 e 20, in cui sarebbe scorso latte e miele, vicino a un grande la-
go. Brasilio si trova precisamente tra il 15" e il 20" grado di latitu-
dine, il lago è stato creato artificiolmente e la regione, per la uber-
tosità del terreno, promette di diventare un giardino.
Miniere di petrolio si stanno scoprendo un po' dappertutto, sic-
chè pare proprio che questo nuova capitale sia destinato a diven-
tore il centro di una delle zone più ricche del Brasile.
A Don Bosco è stato dedicoto un intero quortiere e intitolata
una delle vie principali; e nell'Aprile 1963 venne proclamoto po-
trono principale di Brasilia, allo stesso titolo di Nostra Signora Apa-
recida.
206

21.7 Page 207

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Maria... Maria... Maria! ...
Nel febbraio del 1884, Don Bosco, fiaccato da decenni di tita-
nico lavoro, cadde in una prostrazione di forze così estrema da
non potersi più reggere. Un inizio di bronchite dette il tracollo al-
la sua eccezionale resistenza, sicché il giorno l2 fu costretto a met-
tersi a letto.
Immobilizzato così nel fisico ormai consunto dalle veglie e dal-
le fatiche, lo spirito si spandeva libero verso il regno dell'amore
e della gioia: il paradiso. [n questo stato, durante la notte sul 13
sognò. Gli parve di trovarsi in una casa dove ebbe due incontri
singolari: San Pietro e San Paolo. Indossavano una sopraweste
che scendeva fino sotto le ginocchia e portavano un copricapo al-
l'orientale. Sorridevano a Don Bosco. Interrogati se avessero qual-
che missione per lui, non risposero, ma presero a parlare dell'O-
ratorio e dei giovani. [n quella ecco arrivare un amico di Don Bosco.
e S--anGCPuhaai orvdeloiduoqnumip?aoi'! q-uesetsecldaumeòpel'arsmoniceo--.disPsoesaslibniuleo?voSaanrrPiviaettoro.
Don Bosco allora rinnovò la domanda fatta poc'anzi ai due Apo-
stoli che, pur mostrandosi affabilissimi, continuarono a parlare
d'altro. Poi all'improvviso San Pietro lo interroga:
-ParEimleanvtiitaSadni
San Pietro?
Paolo:
-DonEBlaosvciotasidsicuSsaònuPmaiolmloe?nte, confessando che aveva dimenti-
cato il proposito di ristampare le due vite.
F- raStetannotno
fai presto,
essendosi
non
San
avrai piir tempo
Pietro scoperto
-il
lo awertì San Paolo.
capo, apparve la sua
testa calva con due ciocche di capelli sulle tempia: aveva tutta l'a-
ria di un rubizzo e bel vecchietto. Tiratosi in disparte, si pose in
atto di preghiera. Don Bosco voleva seguirlo, ma:
- Lascialo che preghi - gli ingiunse San Paolo.
207

21.8 Page 208

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ge-tto Vsoi èrreini gviendoecrcehi-ator.ispose Don Bosco - dinanzi a quale og-
Gli ando accanto e vide che stava inginocchiato dinanzi a una
specie di altare, ma diverso dagli altari comuni. E interrogo San
Paolo:
risp--osNMeoaIn'Ancpoonsbtcoisiloosg.onnoo
candelieri?
di candelieri
dove
risplende
l'eterno
sole
-
A---- lloNMLLra'aoaanlvtSianiavtrstneeiomdmPèoaimepnntaeeroorpnl,p'tauucslotrtiteanisralievalcomnrcmieofoeincnnaasltcte,aa'è.mC?eaaalrvvmiavroeinoii.noseat,ermnoa. senza canto,
pregò così: <<Gloria a Dio Padre Creatore, a Dio Figlio Redento-
re, gloria a Dio Spirito Santo Santificatore. A Dio solo sia onore
e gloria per tutti i secoli dei secoli. A te sia lode, o Maria. Il cielo
e la terra ti proclamano loro Regina. Maria... Maria... Maria!».
Pronunciava questo nome con una pausa tra una esclamazione
e l'altra e con tale espressione di affetto e con un crescendo siffat-
to di commozione da non potersi descrivere, sicchè si piangeva
di tenerezza.
Alzatosi San Pietro, andò a inginocchiarsi nello stesso luogo San
Paolo, che con voce distinta si diede egli pure a pregare così: « Oh
profondità degli arcani divini! Gran Dio, i tuoi segreti sono inac-
cessibili ai mortali. Soltanto in cielo essi ne potranno penetrare la
profondità e la maestà, accessibile unicamente ai celesti compren-
sori. O Dio, uno e trino, a te sia onore, salute e rendimento di
grazie da ogni punto dell'universo. Il tuo nome, o Maria, sia da
tutti lodato e benedetto. Cantano in cielo Ia tua gloria, e sulla ter-
ra tu sii sempre l'aiuto, il conforto,la salvezza. Regina Sancto-
rum omnium, alleluio, olleluia>>.
Don Bosco concluse: « Questa preghiera per il modo di proferi-
re Ie parole produsse in me tale commozione che ruppi in pianto
e mi svegliai. Dopo mi rimase nell'anima un'indicibile consolazio-
ne» (M.B. XYII,Z7).
,,( ,< *
208

21.9 Page 209

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Il biografo Don Ceria commento: « La febbre, chi so?, e lo con-
suetudine di celebrare all'altore di San Pietro contribuirono forse
allo svolgersi in tui di questa fantastica rappresentazione. È peral-
tro un segno
i pensieri e
di tal natura
i sentimenti
che
che
rivelo quali fossero abituolmente
gli riempivono l'animo» (M.8.
xvrr,29).
209

21.10 Page 210

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La lettera da Roma del 1884
In questa lettera, molto nota nell'ambiente salesiano, Don Bo-
sco racconta un suo sogno in due puntate, fatto in due notti con-
secutive. L'argomento è l'Oratorio di Valdocco popolato di ragazzì
e il suo clima educativo: anzitutto il clima felice dei primissimitempi
dell'Oratorio, poi quello così cambiato del 1884. Data l'importanza
pedagogica del sogno, ne pubblichiamo il testo integrale. Le po-
che omissioni sono segnate da puntini tra parentesi quadre. I sot-
totitoli sono nostri.
Roma, l0 maggio 1884
Miei carissimi figliuoli in G.C.,
vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desi-
derio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Questo pen-
siero, questo desiderio mi risolsero a scrivervi questa lettera. Sen-
to, o cari miei, il peso della mia lontananza da voi, e il non veder-
vi e il non sentirvi mi cagiona pena, quale voi non potete immagi-
nare. Perciò io avrei desiderato scrivere queste righe una settima-
na fa, ma le continue occupazioni me lo impedirono. Tuttavia
benché pochi giorni manchino al mio ritorno, voglio anticipare la
mia venuta tra voi almeno per lettera, non potendolo di persona.
Sono le parole di chi vi ama teneramente in G.C. e ha il dovere
di parlarvi con la libertà di un padre. E voi me lo permettete, non
è vero? E mi presterete attenzione e metterete in pratica cio che
sto per dirvi.
L'Oratorio prima del 1870
Ho affermato che voi siete l'unico e il continuo pensiero della
mia mente. Or dunque in una delle sere scorse io mi ero ritirato
in camera, e mentre mi disponevo per andare a riposo, avevo co-
210

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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minciato a recitare le preghiere che mi insegno la mia buona mam-
ma. In quel momento, non so bene se preso dal sonno o tratto
fuori di me da una distrazione, mi parve che mi si presentassero
innanzi due degli antichi giovani dell'Oratorio. Uno di questi due
mi si avvicinò e, salutandomi affettuosamente, mi disse:
-
-
-
ma-
O
E
Di
del
Don Bosco, mi conosce?
stceihreeicdtoiirtcduoatntioagsnclciooar-altrid.riisTmPuoess?ei.i-Vaslforgégeiudnseeri
1870.
quell'uomo.
nell'Oratorio
pri-
era-noDaiclla'O-ratcoorinotinauiòmqieuietlel'muopmi?o -, vuol vedere i giovani che
pia-cerSeì., fammeli vedere - io risposi -; ciò mi cagionerà molto
Allora Valfré mi mostrò i giovani, tutti con le stesse sembianze
e con la statura e nell'età di quel tempo.
Mi pareva di essere nell'antico Oratorio nell'ora della ricreazio-
ne. Era una scena tutta vita, tutto moto, tutta allegria. Chi corre-
va, chi saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana, abar-
rarotta e al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di gio-
vani che pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una sto-
riella. In un altro luogo un chierico, che in mezzo ad altri giova-
netti giocava all'asino vola e ai mestieri. Si cantava, si rideva da
tutte le parti e dovunque chierici e preti, e intorno ad essi i giovani
che schiam azzavano allegramente. Si vedeva che tra i giovani e i
superiori regnava la più grande cordialità e confidenza' Io ero in-
cantato a quello spettacolo e Valfré mi disse:
za.-
Veda, la familiarità porta affetto e I'affetto porta confiden-
È ciò che apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore
ai maestri, agli assistenti e ai superiori. Diventano schietti in con-
fessione e fuori di confessione e si prestano docili a tutto ciò che
vuol comandare colui dal quale sono certi di essere amati.
L'Oratorio nel 1EE4
In quell'istante mi si avvicinò l'altro mio antico allievo, che aveva
la barba tutta bianca, e mi disse:
tua-lmDenotne
Bosco, adesso vuol conoscere
sono nell'Oratorio?
e vedere
i
giovani
che
at-
2lt

22.2 Page 212

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Costui era Buzzetti Giuseppe.
E-
me
l-i
risposi io
additò: vidi
-l',Orpaetorcrihoé
è già
e tutti
un mese che non li vedo.
voi che facevate ricreazio-
ne. Ma non udivo più grida di gioia e cantici, non vedevo più quel
moto, quella vita come nella prima scena. Negli atti e nel viso di
molti giovani si leggeva una noia, una spossatezza, una musone-
ria, una diffidenza che faceva pena al mio cuore. [...]
-
-
tal-
-
-
QHLuiaavvneitdsootos-oi nsoruisodpiifogfesioirevsanonstipi?diraa-nqdumoe.lilodiscshee
quell'antico allievo.
eravamo noi una vol-
esclamò quell'antico allievo.
Purtroppo! Quanta svogliatezza in quella ricreazione! [...]
Ci manca il meglio
fin-chéMraipcreonmdeasnioplo'asnsotincoa
rianimare
vivacità,
questi miei cari giovani,
allegrezza ed espansione?
af-
-
-
za?
Con la carità.
Con la carità?
Tu lo sai se io li
Ma i
amo.
miei giovani non sono amati abbastan-
Tu sai quanto per essi ho sofferto e tol-
lerato nel corso di ben 40 anni, e quanto tollero e soffro ancora
adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni, quante opposizioni,
quante persecuzioni per dare a essi pane, casa, maestri e special-
mente per procurare la salute alle loro anime. Ho fatto quanto ho
potuto e saputo per coloro che formano I'affetto di tutta la mia vita.
ri,
--preDNfieoctnthi,ipmdauranleoqsudterii?,leaDis. isicsotelonrtoi?
che fanno
Non vedi
le mie veci? Dei diretto-
come sono martiri dello
studio e del lavoro? Come consumano i loro anni giovanili per co-
loro che ad essi affido la Divina Provvidenza?
- Vedo, conosco; ma ciò non basta: ci manca il meglio.
sca--noCCdhhieeeicsgoseisoraveamanmai nanctoia.nasdoulnoqsuiea?no amati, ma che essi stessi cono-
l'in-tellMigeannzoa?n
hanno gli occhi in fronte?
Non vedono che quanto si
Non hanno
fa per essi è
il lume del-
tutto per lo-
ro amore?
2t2

22.3 Page 213

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tec---ipaCNCrehhoeea, lellceososlseroainrpodceoitinovac,umlcoinailòeatiznaiinodounnqniubqeinaullfseeat?anc.otislie,
che loro piacciono
imparino a vedere
col par-
I'amore
in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali sono
la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose
imparino a fare con slancio e amore.
Il Salesiano <<anima della ricreazione»»
--OssSOepsrvsaegirvaeitiqimugeiinogdvliaion!rei pinlicarici:reazione.
me--gliSEoo.ncDohoetavcneotissaaonncnoi icdhneiosvspatreeicdSiaualcelaensddiaaonvig?eidoevraen?i e non capisce? Guardi
Osservai e vidi che ben pochi preti e chierici si mescolavano tra
i giovani, e ancor più pochi prendevano parte ai loro divertimen-
ti. I superiori non erano più I'anima della ricreazione. La maggior
parte di essi passeggiavano parlando tra loro, senza badare che cosa
facessero gli allievi; altri guardavano la ricreazione non dandosi
nessun pensiero dei giovani; altri sorvegliavano così alla lontana
senza avvertire chi commettesse qualche mancanza; qualcuno poi
avvertiva, ma in atto minaccioso, e ciò raramente. Vi era qualche
Salesiano che avrebbe desiderato di intromettersi in qualche grup-
po di giovani, ma vidi che questi giovani cercavano studiosamen-
te di allontanarsi dai maestri e dai superiori. Allora quell'amico
ripiglio:
ai
-gioNvaengili
antichi tempi dell'Oratorio lei non stava sempreinmezzo
e specialmente in tempo di ricreazione? Si ricorda quei
begli anni? Era un tripudio di paradiso, un'epoca che ricordiamo
sempre con amore, perché l'affetto era quello che ci serviva di re-
gola, e noi per lei non avevamo segreti.
un-o
Certamente! E allora
slancio per avvicinarsi
tutto
a me,
era
per
gioia per me, e nei giovani
volermi parlare, e una viva
ansia di udire i miei consigli e di metterli in pratica. Ora però vedi
come le udienze continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità
me lo impediscono.
213

22.4 Page 214

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suo- i
Va bene.
imitatori?
Ma se lei non può,
Perché non insiste,
perché i Salesiani non si fanno
non esige che trattino i giovani
come li trattava lei?
più-
Io parlo, mi spolmono,
di fare le fatiche di una
ma purtroppo
volta.
molti
non
si
sentono
so-no
E
le
quindi trascurando il
loro fatiche. Amino
meno, perdono
cio che piace ai
il più; e
giovani
questo più
e i giovani
ameranno ciò che piace ai superiori. E a questo modo sarà facile
la loro fatica. La causa del presente cambiamento nell'Oratorio
è che un numero di giovani non ha confidenza nei superiori. Anti-
camente i cuori erano tutti aperti ai superiori, che i giovani ama-
vano e obbeddivano prontamente. Ma ora i superiori sono consi-
derati come superiori, e non piir come padri, fratelli e amici; quindi
sono temuti e poco amati; perciò se si vuol fare un cuor solo e
un'anima sola, per amore di Cesù bisogna che si rompa quella fa-
tale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cor-
diale. Quindi I'obbedienza guidi I'allievo come la madre guida il
fanciullino; allora regnerà nell'Oratorio la pace el'allegrezza antica.
lia-r-itàFCnaoommnielsiaidrduitimnàqocusoetrnafai lr'gaeifofpeveatrtnori,osmepepsceeinerzeainqqurueicesrsteataabzdiaiomrnroiees.rtarSa?ezniozanefanmoni-
vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che fac-
cia vedere che ama. Gesù Cr. si fece piccolo con i piccoli e porto
la nostra infermità. Ecco il Maestro della familiarità. Il maestro
visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione
con i giovani, diventa come fratello.
Se uno e visto solo predicare dal pulpito, si dirà che fa piu
meno che il proprio dovere; ma se dice una parola in ricreazio-
ne, è la parola di uno che ama. Quante conversioni non cagiona-
rono alcune sue parole fatte risonare all'improvviso all'orecchio
di un giovane nel mentre che si divertiva!
Amorevolezza e sorve glianza
Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, special-
mente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica
tra i giovani e i superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i
214

22.5 Page 215

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loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo amore fa sopportare
ai superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le man-
canze,le negligenze dei giovanetti. Gesù Cristo non spezzò la can-
na già fessa spense il lucignolo che fumigava. Ecco il vostro
modello. Allora non si vedrà più chi lavorerà per fini di vanaglo-
ria; chi si ritirerà dal campo della sorveglianza per gelosia di una
temuta preponderanza altrui; chi mormorerà degli altri volendo
essere amato e stimato dai giovani, esclusi tutti gli altri superiori,
guadagnando null'altro che disprezzo eipocrite moine; chi si lasci
rubare il cuore da una creatura, e per fare la corte a questa trascu-
ri tutti gli altri giovanetti; chi per amore dei propri comodi tenga
in non cale il dovere strettissimo della sorveglianza; chi per un va-
no rispetto umano si astenga dall'ammonire chi deve essere am-
monito. Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che
la gloria di Dio e la salute delle anime. Quando illanguidisce que-
sto amore, allora è che Ie cose non vanno più bene.
Perché si vuole sostituire alla carità la fteddezza di un regola-
mento? Perché i superiori si allontanano dall'osservanza di quelle
regole di educazione che Don Bosco ha loro dettate?
Perché al sistema di prevenire con la vigilanza e I'amorevolezza
i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pe-
sante e piùr spiccio per chi comanda, di bandir leggi che se si so-
stengono con i castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri; se
si trascura di farle osservare, fruttano disprezzo per i superiori a
causa di disordini gravissimi?
L'educatore sia tutto a tutti
E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adun-
que si vuole che l'Oratorio ritorni all'antica felicità, si rimetta in
vigore l'antico sistema: il superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascol-
tare sempre ogni dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhio
per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto cuore per cer-
care il bene spirituale e temporale di coloro che la Prowidenza
gli ha affidato.
Allora i cuori non saranno più chiusi e non regneranno più certi
segretumi che uccidono. Solo in caso di immoralità i superiori
215

22.6 Page 216

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siano inesorabili. E meglio correre pericolo di scacciare dalla casa
un innocente, che ritenere uno scandaloso. Gli assistenti si faccia-
no uno strettissimo dovere di coscienza di riferire ai superiori tut-
te quelle cose che conoscano essere in qualunque modo offesa di
Dio.
Allora io interrogai:
e s-imEileqaumalorèeilemceoznzfiodepnrzeac?ipuo perché trionfi simile familiarità
-
-
-
L'osservanza esatta delle regole della casa.
E null'altro?
Il piatto migliore in un pranzo è quello della buona cera.
[Il dispiacere di quanto va considerando procura a Don Bosco
tanta oppressione che si sveglia tutto spossato. Ma la sera seguen-
te, appena a letto, il sogno interrotto riprende].
Avevo dinanzi il cortile, i giovani che ora sono all,Oratorio, e
lo stesso antico allievo dell'Oratorio. Io presi a interrogarlo.
gio-vaCniiòdechlle'Omrai tdoircioesctihieo
lo farò sapere ai
cosa debbo dire?
miei
Salesiani;
ma
ai
Mi rispose:
ste-ntiCfahteicehsinsioriceosntuodsicnaonopeqruloarnotoaimsourpee, rpiooirci,i
maestri, gli assi-
se non fosse per
loro bene non si assoggetterebbero a tanti sacrifici; che si ricordi-
no essere I'umiltà la fonte di ogni tranquillità; che sappiano sop-
portare i difetti degli altri, poiché al mondo non si trova la perfe-
zione, ma questa è solo in paradiso; che cessino dalle mormora-
zioni, poiché queste raffreddano i cuori; e soprattutto procurino
di vivere nella santa grazia di Dio. Chi non ha pace con Dio, non
ha pace con sé, e non ha pace con gli altri.
che-
E tu mi dici adunque che vi sono
non hanno la pace con Dio?
fra
i
miei
giovani
di
quelli
ha-la
Questa è la prima causa del malumore; [...]
pace con Dio, rimane angosciato, inquieto,
se il cuore non
insofferente di
obbedienza, si irrita per nulla, gli sembra che ogni cosa vada ma-
le, e perché esso non ha amore, giudica che i superiori non lo amino.
ni -e
Eppure, mio caro,
di Comunioni vi è
non vedi quanta
nell'Oratorio?
frequenza
di
Confessio-
che-
È vero che grande
manca radicalmente
è
in
la frequenza
tanti giovani
delle Confessioni,
che si confessano
ma ciò
è Ia sta-
216

22.7 Page 217

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bilità nei proponimenti. Si confessano, ma sempre le stesse man-
canze,le stesse occasioni prossime, le stesse abitudini cattive, le
stesse disobbedienze, le stesse trascuranze nei doveri. Così si va
avanti per inesi e mesi, e anche per anni. [...]
Sono confessioni che valgono poco o nulla, quindi non recano
pace, e se un giovinetto fosse chiamato in quello stato al tribunale
di Dio, sarebbe un affare ben serio.
t...I
[Qui Don Bosco dice di aver visto di alcuni cose che lo hanno
amareggiato, e si propone di avvisarli al suo ritorno da Roma. In-
tanto esorta tutti alla santità1.
Qui vi dirò che è tempo di pregare e di prendere ferme risolu-
zioni; proporre non con le parole ma con i fatti, e far credere che
i Comollo, i Domenico Savio, i Besucco e i Siccardi vivono anco-
ra tra noi.
In ultimo domandai a quel mio amico:
Ma--riaPHSraeSid.nicAuhulils'aaillitaturtotrtici,deag. rdaCinrhmdeii?Eespsaiccliohlia,
che
qui
si ricordino sempre di
radunati per condurli
via dai pericoli del mondo, perché si amassero come fratelli, e per-
ché dessero gloria a Dio e a Lei con la loro buona condotta; che
è la Madonna quella che provvede loro pane e mezzi per studiare
con infinite grazie e portenti. Si ricordino che sono alla vigilia del-
la festa della loro SS. Madre e che con l'aiuto suo deve cadere quella
barriera di diffidenza che il demonio ha saputo innalzare tra i gio-
vani e i superiori, e della quale sa giovarsi per la rovina di certe
anime.
qu--alcShEìeccmei rrotiaurmtsifecicnirateezm,ioopnuearctphoeégrlgiaermarenodrqeiueedspitiaMccbaoarliirarsieiearnamo?epttraonnoti
a
in
soffrire
pratica
ciò che io ho detto.
Intanto io continuavo a guardare i miei giovanetti, e allo spet-
tacolo di quelli che io vedevo awiati verso l'eterna perdizione, sentii
tale stretta al cuore che mi svegliai. Molte cose importantissime
che io vidi desidererei ancora narrarvi, ma il tempo e le convenienze
non me lo permettono.
217

22.8 Page 218

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Ritornino i giorni dell'affetto e della confidenza
Concludo: sapete che cosa desidera da voi questo povero vec-
chio, che per i suoi cari giovani ha consumato tutta la vita? Nien-
te altro fuorché, fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni feli-
ci dell'Oratorio primitivo. I giorni dell'affetto e della confidenza
cristiana tra i giovani e i superiori; i giorni dello spirito di condi-
scendenza e di sopportazione, per amore di G. Cr. degli uni verso
gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità e candore;
i giorni della carità e della vera allegrezza per tutti. Ho bisogno
che mi consoliate dandomi la speranza e la promessa che voi fare-
te tutto cio che desidero per il bene delle anime vostre.
Voi non conoscete abbastanza quale fortuna sia la vostra di es-
sere stati ricoverati nell'Oratorio. Innanzi a Dio vi protesto: basta
che un giovane entri in una casa salesiana, perché la Vergine SS.
lo prenda subito sotto la sua protezione speciale. Mettiamoci adun-
que tutti d'accordo. La carità di quelli che comandano, la carità
di quelli che debbono ubbidire faccia regnare tra di noi lo spirito
di San Francesco di Sales.
O miei cari figliuoli, si avvicina il tempo nel quale dovrò stac-
carmi da voi e partire per la mia eternità.lNoto del segretario: A
questo punto Don Bosco sospese di dettare, i suoi occhi si riempi-
rono dilacrime, non per rincrescimento ma per ineffabile tenerez-
zachetrapelava dal suo sguardo e dal suono della sua voce: dopo
qualche istante continuò1. Quindi io bramo di lasciare voi, o pre-
ti, o chierici, o giovani carissimi, per quella via del Signore nella
quale Egli stesso vi desidera.
A questo fine il Santo Padre, che io ho visto il9 maggtro, vi manda
di tutto cuore la sua benedizione. Il giorno della festa di Maria
Ausiliatrice mi troverò con voi innanzi all'effigie della nostra amo-
rosissima Madre.
Voglio che questa gran festa si celebri con ogni solennità; e Don
Lazzero e Don Marchisio pensino a far sì che stiate allegri anche
in refettorio. La festa di Maria Ausiliatrice deve essere il preludio
della festa eterna che dobbiamo celebrare tutti insieme uniti un gior-
no in Paradiso.
Vostro aff.mo in G.C.
Sac. Giov. Bosco
(M.B. XVII,l07-l l4)
218

22.9 Page 219

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*{.rt
<< Questo scritto è un tesoro, che con il trattatello sul sistema pre-
ventivo e con il Regolamento delle case forma la trilogia pedogo-
gica loscioto do Don Bosco ai suoi figli. Pedosogio umile e alto
che, dove sio bene inteso e bene ottuoto, può fare degli istituti di
educazione soggiorni di letizia, asili d'innocenzo, focoloi di virtù,
palestre di studio, vivai insomma di ottimi cristiani, di brovi citta-
dini e di degni ecclesiostici. Ma è d'uopo di buono volontà e di
socrificio»> (Eugenio Ceria, M.B. XVII,ll5).
219

22.10 Page 220

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Il cantico della pùrezza
La stesura di questo sogno è di Don Lemoyne, che non ebbe
l'opportunità di farlo rivedere da Don Bosco; noi quindi ci limi-
tiamo a presentarlo in sintesi.
In una notte del luglio del 1884 a Don Bosco parve trovarsi di-
nanzi a uno sconfinato e dolce declivio, splendidamente illumina-
to da una luce più pura e più viva di quella del sole, tutto rivestito
di erbe verdeggianti, smaltato di fiori svariatissimi e ombreggiato
da gran numero di alberi, i cui rami, avviticchiandosi tra loro, si
stendevano a forma di festoni. Un vero paradiso terrestre.
Ma piu che quel giardino incantato, attirarono la sua attenzio-
ne due vaghe fanciulle sui 12 anni, sedute sui margini della riva
presso la stradicciuola dov'egli stava. Una celestiale modestia spi-
rava dai loro volti e da tutto il loro contegno. Dai loro occhi, sem-
pre fissi in alto, traspariva una ingenua semplicità di colomba e
una gioia di sovrumana felicità. La grazia delle movenze davalo-
ro un'aria di nobiltà che faceva contrasto con la loro giovinezza.
Una veste candidissima scendeva fino ai piedi. I fianchi erano cin-
ti da una fascia purpurea con bordi d'oro, sulla quale spiccava un
fregio a modo di nastro, intessuto di gigli, di violette e di rose.
Un ornamento simile, a guisa di monile, portavano al collo. Due
fascette di margheritine bianche ne cerchiavano i polsi come brac-
cialetti. Candide le calzature e bordate di nastro filettato d'oro.
Lunga la capigliatura e stretta da una corona che cingeva la fron-
te, lasciando ricadere, ondeggianti sulle spalle e inanellate a ricci,
le chiome.
Esse tenevano insieme un dialogo parlando, interrogando, escla-
mando, ora sedute ambedue, ora seduta l'una e l'altra in piedi,
ora movendosi in su e in giù a lenti passi.
Don Bosco, spettatore silenzioso, ne ascoltava i discorsi, conti-
nuati a lungo, senza che dimostrassero di accorgersi della sua pre-
senza. Esse cantavano le lodi della purezza, i mezzi per custodir-
220

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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la, i premi riservati ad essa in questo mondo e nell'altro.
Alla fine si volsero e salirono la ripa camminando sui fiori sen-
za curvarli e cantando un inno angelico, a cui risposero schiere
di spiriti celesti scesi loro incontro. Ai primi se ne aggiungevano
del continuo altri e poi altri, levando uniti un cantico immenso
e armoniosissimo, finito il quale, tutti insieme a poco a poco si
sollevarono in alto e disparvero con I'intera visione. Don Bosco
in quel punto si sveglio (M.B. XV[I,722).
*rd*
È noto che Don Bosco è tra Ie figure di educotori santi più ama-
te e che ha esercitato tra i giovant un fascino tutto suo di calda
pot ern i t à conqu ist a ffice.
Ma è onche noto che omava i giovoni con un condore angelico.
In questo sogno assiste ad ammalianti visioni di ongeli e di vergini
che esalono I'effluvio del loro condore e contano le lodi della pu-
rezzo.
221

23.2 Page 222

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Assiste a un conciliabolo di demoni
Nella notte del 1' dicembre del 1884 il chierico Viglietti, che fa-
ceva da segretario a Don Bosco, fu svegliato di soprassalto da gri-
da strazianti che venivano dalla camera del Santo. Balzo subito
da letto e stette ad ascoltare. Don Bosco, con voce soffocata dal
singhiozzo, gridava:
-VigOliehtitmi èe,ntorhòime èd,isaseiu: to, aiuto!
-
ma-
Oh, Don Bosco, si sente male?
Oh, Viglietti
non potevo piu
-resrpisipraorsee.
Msvaegblaiasntad:orsiito-r;nantor,annoqnuilslotoamleatlteo,
e dormi.
Al mattino, dopo la Messa,
dal-le
Oh, Viglietti, non ne posso proprio più, ho lo stomaco rotto
grida di questa notte. Sono quattro notti consecutive che faccio
sogni che mi costringono a gridare e mi stancano all'eccesso.
E narrò che, tra I'altro, aveva sognato la morte di Salesiani a
lui carissimi. Ma il sogno che l'aveva maggiormente impressiona-
to era stato il seguente.
Gli era parso di essere in una grande sala dove diavoli in gran
numero tenevano congresso e trattavano del modo di sterminare
la Congregazione Salesiana. La loro figura era indeterminata e si
avvicinava piuttosto alla figura umana. Parevano ombre che ora
si abbassavano e ora si alzavano, si accorciavano, si stendevano,
come farebbero molti corpi che dietro avessero un lume traspor-
tato or da una parte or dall'altra, ora abbassato al suolo e ora sol-
levato. Ma quella fantasmagoria metteva spavento.
Ora ecco uno dei demòni avanzarsi e aprire la seduta. Per di-
struggere la Congregazione Salesiana propose un mezzo: lo gola.
Fece vedere le conseguenze di questo vizio: inerzia per il bene, cor-
ruzione dei costumi, scandalo, nessuno spirito di sacrificio, nes-
suna cura dei giovani. Ma un altro diavolo gli obietto:
222

23.3 Page 223

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sem- prIel
tuo mezzo non
parca e il vino
è efficace
misurato.
perché Ia mensa dei religiosi sarà
La Regola fissa il loro vitto ordi-
nario. I superiori invigilano per impedire che succedano disordi-
ni. No, non è questa l'arma per combattere i Salesiani. Procurerò
io un altro mezzo che ci faccia ottenere meglio il nostro intento:
I'amore alle ricchezze. In una Congregazione religiosa quando entra
l'amore alle ricchezze, entra insieme l'amore alle comodità, si cer-
ca ogni via per avere un peculio, si rompe il vincolo della carità
perché ognuno pensa a se stesso, si trascurano i poveri per occu-
parsi solo di quelli che hanno fortuna, si ruba alla Congregazione.
Costui voleva continuare, ma sorse un terzo demonio:
ni -l'amMoarechaellegorilcac!h-ezzeescplaumo òvi-n.cerMeapochcehir.icScohneozzteutttTi rpaoiveSrailei sSiaa--
lesiani. In generale poi sono così immensi i loro bisogni per itanti
giovani e per le tante case, che qualsiasi somma, anche grossa, ver-
rebbe consumata. Non è possibile che tesoreggino. Ma ho io un
mezzo infallibile per rovinare Ia Società Salesiana e questo è la li-
bertà.Indurre quindi i Salesiani asprezzare le Regole, a rifiutare
certi uffici pesanti e poco onorifici, spingerli a fare scismi dai loro
superiori con opinioni diverse, ad andare a casa col pretesto d'in-
viti e simili.
Mentre i demòni parlamentavano, Don Bosco pensava: << Io sto
ben attento, sapete, a quanto andate dicendo. Parlate, parlate pu-
re, che così potrò sventare le vostre trame)).
Intanto saltò su un quarto demonio:
pra-nnMo afrechnea!re-
grido
questa
l-ib.erAr,msicascpceezrzaantenolevviaosdtarell.e
I superiori sa-
case chi osas-
se dimostrarsi ribelle alle Regole. Qualcuno forse sarà trascinato
dall'amore alla libertà, ma la gran maggioranza si manterrà fede-
le. Io ho un mezzo adatto per guastare tutto fin dalle fondamen-
ta; un mezzo tale che a stento i Salesiani se ne potranno guardare:
sarà proprio un.guasto in radice. Ascoltatemi con attenzione: per-
susderli che I'essere dotti è quello che deve formare la loro gloria
principale. Quindi indurli a studiare molto per sé, per acquistare
[ama, e non per praticare quello che imparano, non per usufruire
della scienza avantaggio del prossimo. Perciò boria nelle maniere
verso gli ignoranti e i poveri, poltroneria nel sacro ministero. Non
223

23.4 Page 224

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più oratori festivi, non più catechismi ai fanciulli, non più scuo-
lette basse per istruire i poveri ragazzi abbandonati, non più lun-
ghe ore di confessionale. Terranno solo la predicazione, ma rara
e misurata, e questa sterile perché fatta a sfogo di superbia, col
fine di ottenere le lodi degli uomini e non di salvare anime.
La proposta di costui fu accolta da applausi generali. Allora Don
Bosco intravide il giorno in cui i Salesiani avrebbero potuto illu-
dersi che il bene della Congregazione dovesse consistere unicamente
nel sapere, e temette che non solo così praticassero, ma anche pre-
dicassero doversi così praticare.
Anche questa volta Don Bosco se ne stava in un angolo della
sala ad ascoltare e a vedere tutto, quando uno dei demòni lo sco-
perse e gridando lo indico agli altri. A quel grido tutti si avventa-
rono contro di lui urlando:
E- raLuanafarreidmdao
finita!
infernale
di
spettri,
che
lo
urtavano,
lo
afferra-
vano per le braccia e per la persona, ed egli a gridare:
-FinaLlamsecniatetesmi si!veAgilutoc!on lo stomaco tutto sconquassato dal mol-
to gridare (M.8., XVII,384).
,r. ,< ,k
Don Bosco roccontondo il sogno piongeva. Il chierico Viglietti
gli prese Ia mano e stringendosela al cuore, gli disse:
de-li
Ah, Don Bosco,
e buoni fisliuoli!
noi
con
l'aiuto
di
Dio
le
ssremo
sempre
fe-
- - -, Coro Viglietti rispose Don Bosco sto' buono e prepa-
rati a vedere gli avvenimenti... Vi sarunno di quelli che vorranno
soprattutto la scienzo che gonfio, che prococcia loro le lodi degli
uomini e che li rende sprezzanti di chi essi vedono da meno di loro
per sopere (M.8. XVII,388).
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23.5 Page 225

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Terzo sogno missionario: viaggio aereo
Era prossima la spedizione missionaria del 1885 con l8 Salesia-
ni e 6 Figlie di Maria Ausiliatrice. Don Bosco era afflitto dal pen-
siero di non poter dare loro l'addio paterno nella chiesa di Maria
Ausiliatrice, come negli anni precedenti, perché i medici gli aùe-
vano ordinato assoluto riposo. Ed ecco che nella notte dal 3l gen-
naio al I febbraio il Signore lo consolo con un terzo sogno missio-
nario, che si puo definire un fantastico volo aereo quando di vie
aeree non si parlava ancora. Lo presentiamo alquanto riassunto,
usando però le parole di Don Bosco.
Gli parve di accompagnare i missionari nel loro viaggio. Essi
Io circondavano e gli chiedevano consigli. E Don Bosco:
ma-
Non
con lo
con
zelo
la scienza, non con
e la pietà farete del
la sanità, non con le ricchezze,
gran bene, promovendo la glo-
ria di Dio e la salvezza delle anime.
Senza saper come e con quali mezzi, si trovarono quasi subito
in America. I missionari si sparsero qua e in una vastissima pia-
nura, posta tra il Cile e la Repubblica Argentina, e Don Bosco si
trovò solo.
In quella immensa pianura apparivano molte e lunghissime vie
per le quali si vedevano sparse numerose case. Strade e case non
erano come le strade e le case di questo mondo. Quelle strade era-
no percorse damezzi di trasporto magnifici e stupendi. Don Bo-
sco osservò con stupore che quei veicoli, giunti presso i villaggi
e le città, passavano in alto, sicché chi viaggiava vedeva sotto di
i tetti delle case. Di lassù si vedevano gli abitanti a muoversi
nelle vie, nei cortili e nelle campagne.
Ciascuna di quelle strade faceva capo a una Missione, e Don
Bosco, con un colpo d'occhio, vide tutte le case salesiane dell'Ar-
gentina, dell'Uruguay e del Brasile. In quell'istante apparve vici-
no a Don Bosco un personaggio di nobile aspetto, nel quale rico-
nobbe la sua Guida.
225

23.6 Page 226

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cos-ì
Perché
pochi?
-
chiese Don Bosco -
i Salesiani che vedo qui sono
- Ciò che non è, sarà - rispose la Guida.
pia«nIuorain,tapnetroco-rrervaocccoonntaloDsognuaBrodsocotu-tt,e
sempre fermo in quella
quelle interminabili vie
e contemplavo in modo chiarissimo, ma inesplicabile, i luoghi che
sono e saranno occupati dai Salesiani.
Quante cose magnifiche io vidi! Vidi tutti i singoli collegi. Vidi
come in un punto solo il passato, il presente e l'avvenire delle no-
stre Missioni. Siccome vidi tutto complessivamente in uno sguar-
do solo, è ben difficile rappresentare anche languidamente qual-
che ristretta idea di questo spettacolo. Solamente quello che io vi-
di in quella pianura del Cile, del Paraguay, del Brasile, della Re-
pubblica Argentina richiederebbe un grosso volume. Vidi pure in
quella vasta pianura la gran quantità di selvaggi che sono sparsi
nel Pacifico, fino al Golfo di Ancud, nello stretto di Magellano,
al capo Horn, nelle Isole Malvine. Tutta messe destinata per i Sa-
lesiani. Vidi che ora i Salesiani seminano soltanto, ma i nostri po-
steri raccoglieranno. Uomini e donne ci rinforzeranno e diverran-
no predicatori. I loro figli stessi che sembra quasi impossibile gua-
dagnare alla fede, diverranno gli evangelizzatori dei loro parenti
e amici.
I Salesiani riusciranno a tutto con l'umiltà, col lavoro, con la
temperanza. Le cose che io vedevo in quel momento e che vidi in
appresso, riguardano tutte i Salesiani, il loro stabilimento in quei
paesi, il loro aumento meraviglioso, la conversione di tanti indi-
geni e di tanti europei colà stabiliti. L'Europa si riverserà nel['A-
merica del Sud.
Visto il campo che ci assegna il Signore e il glorioso avvenire
della Congregazione Salesiana, mi parve di mettermi in viaggio per
il ritorno in Italia. Io ero trasportato con rapidissimo volo per una
via strana, altissima; e così giunsi in un attimo sopra l'Oratorio.
Tutta Torino era sotto i miei piedi: le case, i palazzi,le torri mi
sembravano basse casupole, tanto io mi trovavo in alto. Piazze,
strade, giardini, le ferrovie, le mura di cinta, le campagne e le col-
line circostanti, le città, i villaggi della provincia, la gigantesca ca-
tena delle Alpi coperta di neve stavano sotto i miei piedi presen-
226

23.7 Page 227

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tandomi uno stupendo panorama. Vedevo i giovani là in fondo
all'Oratorio che sembravano tanti topolini. Ma il loro numero era
straordinariamente grande: preti, chierici, studenti, capi d'arte oc-
cupavano tutto. Molti partivano in processione ed altri sottentra-
vano a quelli che partivano. Era una continuata processione.
Tutti andavano a raccogliersi in quella vastissima pianura tra
il Cile e la Repubblica Argentina, nella quale ero tornato a volo
in un batter d'occhio. Io li stavo osservando. Un giovane prete
di un aspetto candido e di carnagione fanciullesca venne verso di
me e, con aria affabile e parola cortese, mi disse:
di
- Ecco
Sales.
le anime
e i paesi
destinati
ai
figliuoli
di
San
Francesco
Quinoto che nel narrare il mio sogno vado per sommi capi: non
mi è possibile precisare la successione esatta dei magnifici spetta-
coli che mi si presentavano. Lo spirito non regge, la memoria di-
mentica, la parola non basta. Oltre al mistero che avvolgeva quel-
le scene, queste si awicendavano, talora si intrecciavano, sovente
si ripetevano secondo il vario unirsi o dividersi o partire dei Mis-
sionari, e lo stringersi o allontanarsi da essi di quei popoli che era-
no chiamati alla fede o alla conversione. Lo ripeto: io vedevo in
un punto solo il passato, il presente, l'avvenire di quelle Missioni,
con tutte le fasi, i pericoli, le riuscite, le disdette o i disinganni che
accompagneranno questo apostolato.
Ripigliando il racconto, dico che restai meravigliato nel vedere
scomparire tanta moltitudine. Mons. Cagliero in quell'istante era
al mio fianco. Alcuni Missionari erano a una certa distanza. Mol-
ti altri erano attorno a me con un bel gruppo di Cooperatori Sale-
siani. Allora il solito interprete venne verso di me e mi disse:
E- d
Ascoltate e
ecco in quel
vedrete!
momento
la
vasta
pianura
divenire
una
gran
sa-
la. Io non posso descriverne la magnificenza e la ricchezza. Dico
solo che se uno si mettesse a descriverla, nessun uomo potrebbe
sostenerne Io splendore neppure con l'immaginazione. L'ampiez-
za era tale che si perdeva a vista d'occhio e non si riusciva a veder-
ne i muri laterali. La sua altezza non si poteva raggiungere. La
volta terminava tutta con archi altissimi, larghissimi e splendidis-
simi, e non si vedeva sopra quale sostegno si appoggiassero. Non
vi erano pilastri colonne. In generale sembrava che la cupo-
227

23.8 Page 228

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la di quella gran sala fosse di un candidissimo lino a guisa di tap-
pezzeria. Non vi erano lumi, né sole, né luna, stelle, ma uno
splendore generale diffuso ugualmente in ogni parte. Tutto intor-
no si spandeva una soavissima fragranza, che era una mescolanza
di tutti i profumi più graditi.
Una gran quantità di tavole in forma di mensa, di una lunghez-
za straordinaria, si trovavano là. Ve n'erano in tutte le direzioni,
ma concorrevano in un centro solo. Erano coperte da eleganti to-
vaglie e sopra stavano disposti in ordine bellissimi vasi cristallini,
in cui erano disposti fiori molti e vari.
La prima cosa che notò mons. Cagliero fu:
-InfaLteti
tavole ci
non era
sono, ma i commestibili dove sono?
apparecchiato nessun cibo e nessuna
bevanda;
anzi neppure vi erano piatti, coppe o altri recipienti nei quali por-
re le vivande.
Rispose allora l'amico interprete:
(Q-uelQli ucehleli
che vengono
vengono qui
qui neque sitient neque esurient amplius
non avranno più sete fame).
Detto questo, cominciò a entrare gente, tutta vestita di bianco,
con una collana color rosa ricamata a fili d'oro. I primi che entra-
rono erano in numero limitato. Appena entrati, andavano a se-
dersi intorno a una mensa loro preparata, cantando: Evvival Do-
po questi si avanzavano altre schiere piìt numerose, cantanto: Trion-
/o! Allora cominciò a comparire una varietà di persone, grandi
e piccole, uomini e donne di ogni generazione, diverse di colore,
di forme, di atteggiamenti, e da tutte le parti risonavano cantici.
Da quelli che erano già al loro posto si cantava: Evviva!; si canta-
va Trionfo! da quelli che entravano. Ogni turba che entrava era-
no altrettante nazioni o parti di nazioni che saranno tutte conver-
tite dai Missionari.
Ho dato un colpo d'occhio a quelle mense interminabili e co-
nobbi che sedute e cantando vi erano molte suore e gran nume-
ro di confratelli. Costoro però non avevano nessun distintivo di
essere preti, chierici, suore, ma come gli altri avevano la veste bianca
e la collana color rosa.
La mia meraviglia crebbe quando vidi uomini dall'aspetto ruvi-
do col medesimo vestito degli altri, e li udii cantare: Evviva! Trion-
fo! In quel momento il nostro interprete disse:
228

23.9 Page 229

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ro-edGucliastotrrai,nideirvi,eni nseerlvoagbgaincdhietobrei vdeetltlearopalaroplaarodliaDdioi D. io dai lo-
Osservai pure in mezzo alla folla schiere di ragazzi dall'aspetto
rozzo e strano; domandai:
co-si
E questi ragazzi che hanno una pelle
bella e di un colore così risplendente,
così ruvida,
chi sono?
ma
pure
L'interprete rispose:
l'er-ediQtàuedsi tLi esvoin.oIli
figliuoli
regno di
di Cam che
Dio è giunto
non hanno
finalmente
rinunciato al-
anche tra loro.
Era piccolo il loro numero, ma i figli dei loro figli lo accrebbero.
Quei giovanetti appartenevano alla Patagonia e all'Africa me-
ridionale.
In quel mentre s'ingrossarono talmente le file di coloro che en-
travano in quella sala straordinaria, che ogni sedia pareva occu-
pata. Le sedie non avevano forma determinata, ma prendevano
quella forma che ciascuno desiderava. Ognuno era contento del
seggio che occupava e del seggio che occupavano gli altri.
Ed ecco, mentre da tutti si cantava: Alleluiat Trionfol, soprag-
giungere una gran turba che veniva incontro a quelli già entrati,
cantando: Alleluio, Glorio, Trionfo!
Quando la sala fu piena e la moltitudine non si poteva numera-
re, si fece un profondo silenzio, e quella turba cominciò a cantare
divisa in vari cori.
Il primo coro: Appropinquavit in nos regnum Dei; Laetentur
coeli et exultet terra; Dominus regnavit super nos, alleluia (E ve-
nuto a noi il regno di Dio; si rallegrino i cieli ed esulti la terra;
il Signore regna sopra di noi, alleluia).
Un terzo coro: Laudate Dominum omnes gentes, laudate eum
omnes populi (Genti tutte lodate il Signore, lodatelo popoli tutti).
Mentre cantavano queste e altre cose e si alternavano, a un trat-
to si fece per la seconda volta un profondo silenzio. Quindi co-
minciarono a risonare voci lontane che venivano dall'alto. Il sen-
so del cantico, di un'armonia che non si puo esprimere, era que-
sto: So/i Deo honor et glorio in saecula saeculorum (A Dio solo
l'onore e la gloria nei secoli dei secoli). Altri cori, sempre in alto
e lontani, rispondevano a queste voci: Semper grotiarum actio illi
qui erat, est et qui yenturus est. Illi eucharistio, illi soli honor sem-
piternus (Siano sempre rese grazie a colui che era, è e sarà. A lui
rendimento di grazie, a lui solo onore eterno).
229

23.10 Page 230

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In quel momento quei cori si abbassarono e si avvicinarono. Tra
quei musici celesti c'era anche Luigi Colle. Allora gli altri che sta-
vano nella sala si unirono, si misero tutti a cantare e le voci si col-
legarono insieme a somiglianza di straordinari strumenti musica-
li, con suoni la cui estensione non aveva limiti. Quella musica sem-
brava avesse contemporaneamente mille note, che si associavano
a fare un solo accordo di voci. Le voci in alto salivano acute; le
voci di coloro che erano nella sala scendevano sonore e rotonde.
Tutti formavano un coro solo, una sola armonia con tale gusto
ebellezza che io caddi in ginocchio ai piedi di mons. Cagliero escla-
mando:
-MoOnsh.,
Cagliero! Noi siamo in paradiso!
Cagliero mi prese per mano e mi
rispose:
che-
Non è il
in realtà
paradiso, ma una
c'è in paradiso.
semplice
debolissima
figura
di cio
Intanto le voci dei due grandiosi cori proseguivano unanimi e
cantavano con inesprimibile armonia: Soli Deo honor et gloria,
et triunphus, alleluia, in oeternum, in oeternum!
Qui ho dimenticato me stesso e non so piir che cosa sia stato
di me. Al mattino stentavo a levarmi da letto; appena appena po-
tei richiamarmi a me stesso, quando andai a celebrare Ia Santa
Messa.
Il pensiero principale che mi restò impresso dopo questo sogno,
fu di dare a mons. Cagliero e ai miei cari Missionari un avviso di
somma importanza, riguardante le sorti future delle nostre Mis-
sioni: «Tutte le sollecitudini dei Salesiani e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice siano rivolte a promuovere le vocazioni ecclesiastiche
e religiose>, (M.8. XVII,299).
**rr
Ogni volta che Don Bosco, raccontondo il sogno, ripetevo quel-
le porole: Evviva/ Trionfo/ la sua voce prendevo un occento così
vibroto che facevo trasalire. Quando poi, alla fine, nominò il suo
diletto mons. Cagliero, sospese per un istonte lo narrazione, un
singulto gli troncò lo parola e i suoi occhi si riempirono di locrime.
Don Costamagna, il futuro secondo Vescovo solesiano, dopo
uver letto questo sogno, doll'America scrivevs a Don Lemoyne:
230

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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« Dica pure o Don Bosco che non ubbidiremo a quelle sue parole
scritte nell'ultimo lettera a Monsignore: "Non credere o tutto ciò
che dicono i miei sogni", perché noi stiamo alle visioni del nostro
Padre, ilquale, non lo dimenticherò giammui, ebbe o dirmi un gior-
no: "Fro tutte le Congregazioni e Ordini Religiosi, forse lo nostra
fu quella che ebbe più Porolo di Dio">> (M.8. XVII,305).
231

24.2 Page 232

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«Abbine cura: sono mie figlie»
Per esattezza storica bisogna dire che, in un primo tempo, Don
Bosco non pensò a fondare il ramo femminile della sua Famiglia;
vi si indusse soltanto quando ripetute illustrazioni celesti e i rin-
novati consigli di Pio IX lo convinsero che quella era la volontà
di Dio.
Un profetico accenno alla fondazione della sua seconda Fami-
glia religiosa lo si ihtravede nel sogno che racconto il 6 luglio del
t862.
<< Stanotte, disse, ho fatto un sogno singolare. Sognai di trovar-
mi insieme con la Marchesa Barolo.' Passeggiavamo su di una
piazzetta che metteva in una grande pianura. Io vedevo i giovani
dell'Oratorio a correre, a saltare, a ricrearsi allegramente. La Mar-
chesa si mise a discorrere dei miei giovani e mi disse:
- Va tanto bene che ella si occupi dei giovani, ma lasci a me
soltanto la cura di occuparmi delle tagazze: così andremo d'ac-
cordo.
Io le risposi:
- Ma mi dica, mi dica un poco: Nostro Signore Gesù Cristo
è venuto al mondo solo per redimere i giovani o anche le ragazze?
- - - Lo so ella rispose che Nostro Signore ha redento tutti,
ragazzi e ragazze.
- Ebbene, io devo procurare che il suo sangue non sia sparso
inutilmente tanto per i giovani quanto per le raEazze>» (M.B.
Yil,217).
Don Francesia ricordava di aver udito dallo stesso Don Bosco
che due volte aveva sognato di trovarsi inPiazza Vittorio a Tori-
no e di aver visto un gran numero di ragazze che giocavano e pa-
I Giulia Colbert, Marchesa di Barolo (1785-1864). Caritatevole e colta patrizia della
Vandea che, stabilitasi a Torino, fondò vari Istituti di carità che formano l'«Opera Pia
Barolo». Ospitò nel suo palazzo Silvio Pellico, reduce dalla prigionia, e accolse Don Bo-
sco, giovane prete, come cappellano del «Rifugio», da lei fondato.
232

24.3 Page 233

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revano abbandonate a se stesse. Appena videro Don Bosco, ab-
bandonarono i loro giochi e corsero attorno a lui gridando: «Vi-
va Don Bosco!». E lo supplicavano di prendersi cura di loro. Don
Bosco, narrando il sogno, disse: «Io cercavo di allontanarmi da
loro dicendo che non potevo, che altri sarebbero venuti in loro aiu-
to, perché la mia missione era per i giovani e non per le fanciulle;
ma esse insistevano. C'era specialmente un gruppo di giovani più
adulte che parevano estranee a quei divertimenti. Esse, rivolte a
me con aria pietosa, dicevano:
-AlloCroamveidivecdoem,pnaoriiresiaumnao
abbandonate!
nobile Signora
che,
tutta
risplenden-
te in viso, con bella parola mi incoraggiava ad appagare il loro
desiderio. E mentre pareva che scomparisse di mezzo a loro, mi
diceva:
- Abbine cura: sono mie figlie!».
Così si spiega il dialogo che la sera del 24 giugno 1866, suo gior-
no onomastico, tenne col suo primo biografo Don Lemoyne.
-
cosa
Dica, Don Bosco, non
per completare la sua
le sembra
Opera?
che
manchi
ancora
qualche
-DonChLeemvuooyni edirreimcaosne
questo?
un momento
esitante,
poi
riprese:
sim- o
E per le ragazze
anche le Suore,
non farà niente? Non le sembra
questo sarebbe il coronamento
che se aves-
dell'Opera?
Esse potrebbero fare per le ragazze ciò che noi facciamo per i gio-
vani.
Don Lemoyne aveva esitato a manifestare il suo pensiero, per-
ché temeva che Don Bosco fosse contrario. Invece, con sua mera-
viglia, il Santo rispose:
xv-II,4S8ì,7a).nche questo sarà fatto, ma non subito (M.B. VIII, 418;
**rf
Don Francesco Cerruti, direttore delCollegio di Alassio, quon-
do seppe che Don Bosco ovevs deciso di fondare il romo femmini-
le della sua Opera, gli chiese:
- Dunque ella vuol fondare uns congregazione di suore?
233

24.4 Page 234

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- - -, Vedi gli rispose il Santo la rivoluzione si è servita delle
donne per fare un gron mole, e noi per mezzo loro faremo un gron
bene.
E aggiungeva che avrebbero avuto il nome di « Figlie di Moria
Ausiliatrice»», perché voleva che il nuovo Istituto fosse un monu-
mento vivente di perenne riconoscenza per i favori ottenuti da
buono Madre (M.8. X,600).
234

24.5 Page 235

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« Questo è mio ! »
Nell'aprile del 1885 Don Bosco si trovava di passaggio a Marsi-
glia. Era circa la mezzanotte. Don Francesco Cerruti, che lo ac-
compagnava, stava per andare a letto quando lo colpì un grido.
Sulle prime credette che venisse da un prete malaticcio, ospite del-
la casa. Ma lo udì più forte, a modo di urlo, poco dopo piir forte
ancora. Senza dubbio partiva dalla camera di Don Bosco, attigua
alla sua. Si veste, va alla camera di Don Bosco, entra e lo vede
seduto sul letto e sveglio.
-
A- l
Don Bosco, sta male?
Nmoatt-inor,isappopnednea-a,lzatotorn, avaaddaolurmi eirelotrtraonvqausilelod.uto
sul
sofà
in uno stato di grandissima prostrazione.
-
-
-
tra-re
Don Bosco, è ben lei che ha gridato stanotte?
Sì, sono
Ma che
io -
cosa
gli risponde ancora
è avvenuto?
tutto
contraffatto
nel
volto.
Hinoqvueedsutatoca-sad.isEsreatuinttounsaercioamDeornataBoescpoas-saviladdeamllo'unnioo
en-
al-
l'altro letto dicendo di quando in quando: <<Questo è mio!>> Io
protestavo. A un tratto si precipita addosso a uno di quei giovani
per portarlo via. Io mi posi a gridare ed egli si avventò contro di
me come per strangolarmi.
Ciò detto, Don Bosco, commosso e piangente, continuò:
re -denCaarriopeDroinnCosetrrriugtii,ovaaiuntiaempi!erSloanCohvieesnautdoeilnSFarcaroncCiauoarece, rmcaa-
qui ora vi è un bisogno assai più grave: bisogna salvare questi po-
veri giovani. Lascerò tutto e penserò a loro. Facciamo un buon
Esercizio della Buona Morte.
Quella sera il direttore della casa annunziò ai giovani l'Eserci-
zio della Buona Morte, aggiungendo che anche Don Bosco avreb-
be confessato. Confesso di fatti nella sua camera, seduto sul sofà,
perché l'estenuazione delle forze non gli permetteva di reggersi sulla
235

24.6 Page 236

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sedia. Tutto andò così bene che Don Bosco, dopo, disse scherzando:
vu-to
Vedi, il demonio mi ha
una buona bastonata.
fatto
perdere
una
notte,
ma
si
è
rice-
Anche il direttore Don Paolo Albera, il futuro secondo succes-
sore di Don Bosco, informato da Don Cerruti del sogno, confer-
dicendo:
che-
Don Bosco ha purtroppo
mi fanno piangere per la
ragione. Vi sono parecchi giovani
loro condotta (M.B. XVII,448).
tF ,1. {(
Più tardi Don Cerruti interrogò Don Bosco:
- I giovani che il demonio voleva portor via con sono di quelli
che non vanno o confessarsi?
- - -, No rispose Don Bosco sono particolarmente quelli che
si confessano male, che fanno sacrilegi nella confessione. Ricor-
dati bene: quando predichi, soprattutto alla gioventù, insisti mol-
to sullo necessità di fore buone confessioni, e in specie sulla neces-
sità del dolore dei propri peccati (M.8. XVII,449).
236

24.7 Page 237

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Un sogno provvidenziale
Si era nell'ottobre del 1885. Nell'infermeria giaceva il chierico
irlandese O' Dònnell an. La sera del l9 Don Bosco andò a visitar-
lo e lo trovò agli estremi, ma tranquillissimo.
sci-armEbi bpeen.eq-r".igali
chiese
terra?
N-,e
non hai
vorresti
nessuna
ricevere
commissione da la-
qualcuna per il pa-
radiso?
mi-ssiSoonni;ointraqnuqauniltloo
a- ll'raisltproos,e m-.i
Per
dica
questo
lei.
mondo
non
ho
com-
rad-isoN; oei
ptegh"re-o per te affinché tu possa essere
Lrassù dirai alla Madonna che noi l'amiamo
presto
tanto,
in pa-
tanto.
Il chierico morì la sera del giorno dopo. La notte seguente Don
Bosco ebbe
« Andai a
un sogno.
riposo con
Ecco, alquanto ridotto, il suo racconto.
la mente piena del pensiero di o' Dònnel-
lan, della sua tranquillità, della speranzache fosse in paradiso. Es-
sendomi pienamente addormentato, sognai. Mi pareva di cammi-
nare e al mio fianco stava O' Dònnellan, così bello che sembrava
un angelo. Io non potevo saziarmi di guardarlo. Alla mia sinistra
invece camminava un giovane a testa bassa, sicché non potevo di-
stinguerne la fisionomia: pareva stravolto. Gli rivolsi la parola:
-NoTnuriscphoissee.i?Insistetti, ma si era ostinato a tacere'
Dopo ,rtt luttgo viaggio, arrivai dinanzi a uno stupendo palaz-
zo. Ai di deflé portèìpalancate, si scorgeva un immenso porti-
co, sormontato da un'eccelsa cupola, dalla quale scendevano tor-
renti di luce di talevivezzada non potersi paragonare alla luce
del sole ad altra qualsiasi luce umana.
Una grande moltitudine di persone tutte splendenti stava radu-
nata là aentro; inmezzo ad esse c'era una Signora vestita con molta
semplicità, ma ogni punto del suo vestito risplendeva per tanti.raggi
cheìpiccavano viviisimi in mezzo a tutti gli altri splendori.
tuita quella assemblea pareva fosse in attesa di qualcuno. In-
tanto notài che quel giovane tentava sempre di nascondersi dietro
di me. [o allora lo interrogai di nuovo:
237

24.8 Page 238

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-
-
-
-In
Ma dimmi: chi sei? Qual è il tuo nome?
Fra poco lo saprà.
Ma dimmi: che cos'hai che sei così malinconico?
Fra
quel
poco lo
mentre
Osa' pDràòn-nelrliapnetséi
con voce rabbiosa.
avvicinò alla porta
di
quel
pa-
lazzo e quella bella Signora gli mosse incontro esclamando:
l'et-ernQituàe.sto è un figlio eletto, che splenderà come sole per tutta
Allora si elevo un canto che ripeteva queste stesse parole: non
era voce umana, ma un'armonia così soave che non solo l'orec-
chio, ma tutta la persona ne era compresa.
O' Donnellan entrò.
Allora da un fosso di quella pianura uscirono due mostri spa-
ventosi e si avviarono verso quel giovane che stava dietro di me.
Tutta la luce era scomparsa, solo si vedevano ancora splendere in-
torno a me i raggi della Signora.
E-
Che cos'è questo?
dietro a me quella
v-ocedicsuspi aioe-.rabCbihoisaso: no
questi
mostri?
- Fra
Quella
poco lo
Signora
saprà, fra
esclamò:
poco
lo
saprà.
me-ntuFmiliuimnsiepnieuntsriv(iHeot
educavi; ipse autemfactus est
nutrito ed educato un figlio;
tanquam
ma lui è
iu-
di-
ventato come un giumento insipiente).
Tosto quei due mostri si slanciarono su quel giovane: uno lo ad-
dentò sopra una spalla, l'altro tra la nuca e il collo. Le ossa scric-
chiolarono come se fossero pestate in un mortaio. Io mi slanciai
contro quei mostri, ma essi si rivolsero verso di me e spalancarono
le loro fauci. Vedo ancora il biancheggiare dei loro denti e il rosso
fuoco delle loro gengive. Il mio spavento fu tale che mi svegliai ».
Il segretario che dormiva nella camera attigua, svegliato dalle
grida di aiuto, era accorso e aveva trovato Don Bosco come chi,
in preda a spavento, si voglia scuotere dal sonno per liberarsi da
un incubo. Dimenava Ie braccia, si alzava a sedere, tastava il letto
e brancicava le coperte, come per rendersi conto se fosse desto o
addormentato.
Il giorno 25 Don Bosco raccontò il sogno ai Salesiani, ma non
manifestò il nome del giovane innominato. I superiori però comin-
238

24.9 Page 239

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ciarono a sospettare su di uno che non aveva mai voluto sapere
di sacramenti. Don Stefano Trione, che aveva Ia cura spirituale
degli studenti, accompagnando Don Bosco nella sua cameretta,
era riuscito a strappargli il segreto. Si chiamava Archimede Ac-
cornero. Già l'anno prima, per la sua cattiva condotta, i superiori
avevano quasi deciso di lasciarlo a casa sua dopo le vacanze. Don
Trione, zelantissimo prete, non si diede pace finché, con le sue dolci
e insinuanti maniere, non riuscì a farlo confessare.
Fu provvidenziale. Nel pomeriggio di quello stesso giorno il po-
vero giovane faceva i suoi giochi, appoggiandosi a lettiere di ferro
che stavano accatastate sotto i portici, quando improvvisamente
il mucchio si rovesciò e lo prese sotto. Liberato e portato in infer-
meria, rimase in dall'unaemezzo fino alle tre, lagnandosi però
di sempre nuovi dolori. Alle quattro non capiva piu nulla e verso
la mezzanotte spirò. Sua madre, chiamata d'urgenza, appena po-
se piede nell'Oratorio, domandò se il figlio si fosse suicidato! Tanto
era anch'essa convinta che il figlio batteva la via del male (M.B.
xvII,504).
,r ,< ,k
La sua tragica fine segnò il completo avveramento di una predi-
zione di Don Bosco, che nel dare lo strenna per il 1885, oveva an-
nunziato per quell'anno la morte di sei là presenti. In quel mese
di ottobre tra i rogozzi si andava dicendo: << Cinque sono già mor-
ti; chi sarà il sesto?>>. Il sesto fu Accornero.
239

24.10 Page 240

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Quarto'sogno missionario: l'Africa e la Cina
La Provvidenza non cessava di squarciare dinanzi agli occhi di
Don Bosco il velo del futuro sui progressi della Congregazione Sa-
lesiana nel campo sconfinato delle Missioni. Anche nel 1885 un
sogno rivelatore venne a manifestargli i disegni di Dio sul remoto
avvenire. Don Bosco lo narro e commentò ai membri del Consi-
glio Generale la sera del 2 luglio.
« Mi parve
ma, sulla cui
v-ettdaisssteav-a
di
un
essere innanzi a una montagna altissi-
angelo splendidissimo per luce, sicché
illuminava le contrade più remote. Intorno al monte vi era un va-
sto regno di genti sconosciute.
L'angelo con la destra teneva sollevata in alto una spada, che
splendeva come fiamma vivissima, e con la sinistra mi indicava
le regioni all'intorno. Mi diceva:
- Angelus
congregandos
Arfaxod vocot vos ad proelionda bella Domini et ad
populos in horrea Domini (L'Angelo Arfaxad vichia-
ma a combattere le battaglie del Signore, e a radunare i popoli nei
granai del Signore).
Una turba meravigliosa di Angeli lo circondava. Fra questi vi
era Luigi Colle, a cui faceva corona una moltitudine di giovanet-
ti, ai quali insegnava a cantare le lodi di Dio.
Intorno alla montagna, ai piedi di essa e sopra i suoi dorsi, abi-
tava molta gente. Tutti parlavano tra di loro, ma era un linguag-
gio a me sconosciuto. Io capivo solo ciò che diceva l'Angelo. Non
posso descrivere quello che ho visto. Sono cose che si vedono, s'in-
tendono, ma non si possono spiegare.
Innanzi a questa montagna e in tutto questo viaggio mi sembra-
va di essere sollevato aun'altezza sterminata, come sopra le nu-
vole, circondato da uno spazio immenso. Chi puo esprimere a pa-
role quell'altezza, qluellalarghezza, quella luce, quel chiarore, quello
spettacolo? Si puo godere, ma non si può descrivere.
Vi erano molti che mi accompagnavano e mi incoraggiavano,
e facevano animo anche ai Salesiani perché non si fermassero nel-
240

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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la loro strada. Fra costoro che calorosamente mi tiravano, per co-
dire, per mano affinché andassi avanti, c'era il caro Luigi Colle
e schiere di Angeli, i quali facevano eco al canto di quei giovanetti
che gli stavano d'intorno.
Quindi mi parve di essere al centro dell'Africa, in un vastissimo
deserto. [n terra era scritto a grossi caratteri trasparenti: Negri.
Nel mezzo vi era l'Angelo di Cam, il quale diceva:
-sopCreassi arbipitrronvaaletidsicutuomi fiegllai,
benedizione
e il miele e
del Creatore discende-
il balsamo guariranno
i morsi fatti dai serpenti; dopo saranno coperte le turpitudini dei
figliuoli di Cam.
Finalmente mi parve di essere in Australia. Qui pure vi era un
Angelo, ma non aveva nessun nome. Egli guidava e faceva cam-
minare la gente verso il mezzodi. Una moltitudine di fanciulli che
colà abitavano, tentavano di venire verso di noi, ma erano impe-
diti dalla distanza e dalle acque che li separavano. Tendevano pe-
le mani verso Don Bosco e i Salesiani dicendo:
str-i
Venite in nostro aiuto! Perché
padri hanno incominciato?
non
compite
l'opera
che
i
vo-
Molti si fermarono, altri con mille sforzi passarono in mezzo
ad animali feroci e vennero a mischiarsi con i Salesiani, che io non
conoscevo, e si misero a cantare: Benedictus qui venit in nomine
Domini (Benedetto colui che viene nel nome del Signore).
A qualche distanza si vedevano aggregati di isole innumerevoli
ma io non ne potei discernere le particolarità. Mi pare che tutto
questo insieme indicasse che la Provvidenza offriva una porzione
di campo evangelico ai Salesiani, ma in tempo futuro. Le loro fa-
tiche otterranno frutto perché la mano del Signore sarà costante-
mente con loro, se non demeriteranno i suoi favori.
Se potessi imbalssmore e conservare vivi un cinquanta Salesiani
di quelli che ora sono fra di noi, da qui a 500 onni vedrebbero qualt
stupendi destini ci riserva la Provvidenza, se soremo fedeli.
Noi saremo sempre ben visti, anche dai cattivi, perché il nostro
campo speciale è di tal fatta da attirare le simpatie di tutti, buoni
ed empi. Potrà essere qualche testa matta che ci voglia distrutti,
ma saranno progetti isolati e senza appoggio degli altri. Tutto sta
che i Salesiani non si lascino prendere dall'amore alle comodità
241

25.2 Page 242

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e quindi rifuggano dal lavoro. Mantenendo anche solo le opere
già esistenti e non dandosi al vizio della gola, avranno caparra di
lunga durata.
La Società Salesiana prospererà materialmente se procureremo
di sostenere e di diffonderell Bollettino e l'Opera dei Figli di Ma-
ria Ausiliatrice e la estenderemo: sono così buoni tanti di questi
figliuoli! La loro istituzione è quella che ci darà valenti confratelli
risoluti nella loro vocazione>) (M.B. XVII,643).
,j< ,< ,1.
Il I0 agosto Don Bosco scriveva alConte Fiorito Colle di Tolo-
ne, padre di Luigi: << Il nostro amico Luigi mi ha condotto a fare
una gita nel centro dell'Africo, "terra di Cam" come diceva egli,
e nelle terre di Arfoxad, ossia in Cina»».
Dopo il sogno, Don Bosco incaricò ilchierico Festa difar ricer-
che nei dizionari biblici sull'enigmatico Arfaxad, che è nominato
nel capo decimo della Genesi. Si credette poi di aver trovato lo chio-
ve del mistero nel primo volume della Storia dello Chiesa del Rohr-
bacher, il quale asserisce che da Arfaxad discendono i Cinesi.
Don Bosco si fissò parttcolarmente sullo Cina e diceva: << Se io
ovessi 20 Salesiani da spedire in Cino, è certo che vi riceverebbero
un'accoglienzo trionfole, nonostante lo persecuzione >>.
A questo sogno il Sonto mostrava di pensare sovente, ne discor-
reva volentieri e ravvissva in esso uno conferma dei sogni prece-
denti sulle Missioni.
242

25.3 Page 243

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Quinto sogno missionario: Pechino
Questo quinto sogno missionario Don Bosco lo ebbe a Barcel-
lona nella notte dal 9 al 10 aprile del 1886. Lo raccontò a Don
Rua, a Don Branda, direttore della Casa, e al segretario Don Vi-
glietti, con voce rotta dai singhiozzi.
Sogno di trovarsi sopra un poggio, dalla cui vetta scorgeva una
selva, ma coltivata e percorsa da vie e da sentieri. Di volse in-
torno lo sguardo e lo spinse in fondo all'orizzonte; ma prima del-
l'occhio, fu colpito il suo orecchio dallo schiamazzo di una turba
innumerevole di r agazzi.
Per quanto egli facesse per scorgere donde venisse quel rumore,
non vedeva nulla. Finalmente vide un'immensa quantità di giova-
ni che, correndo intorno a lui, gli andavano dicendo:
me-nteTicai bsbeiia: mseoi
aspettato, ti abbiamo aspettato
tra noi e non ci sfuggirai!
tanto,
ma
final-
Don Bosco non capiva e pensava che cosa volessero da lui quei
ragazzi; ma mentre stava contemplandoli come attonito, vide un
immenso gregge di agnelli guidati da una Pastorella, la quale, se-
parati i giovani e le pecore, e messi gli uni da una parte e le altre
dall'altra, si fermò accanto a Don Bosco e gli disse:
--P- oiVES, ìbefbacdheittenqieulvo,aetnnviiteroredicotioi r-gsditoai rvdiiasnepnnloiassncoeozginnD?oDoncohnBeoBhsoacsoic.foa,ttaoggaiu9nsaen:ni?...
lo
-voGituutatridealeogragedtea
questa parte, spingi il
che cosa sta scritto...
tuo sguardo
Ebbene, che
e spingete-
cosa vedi?
tag-neVeedmoamri.ontagne, poi mari, poi colline, quindi di nuovo mon-
-
-
-
-
LIIooe,glegegosgc-loam-daivcdaeicvueanvuatneurrnzaoga,altlzrizoloe-g-:g:o
Volparaiso.
Santiago.
tutti e due.
Ebbene - continuò la Pastorella -, parti ora da quel punto e
243

25.4 Page 244

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avrai una norma di quanto i Salesiani dovranno fare in avvenire.
Volgiti ora da quest'altra parte, tira una linea visuale e guarda.
E-
Vedo montagne, colline e mari.
i giovani a5tJzzarono lo sguardo
ed
esclamarono
in
coro:
A- lloLreaggDiaomn oBoPseccohvinidoe. una gran città, attraversata da un largo
fiume, sul quale erano gettati alcuni grandi ponti.
est-remBienea-ll'adltirsas,edlaa
Pastorella
Santiago a
-P.echOinrao,tirfaanunneausnoclaenlitnroeanedlamuenza-
zo dell'Africa e avrai un'idea esatta di quanto debbono fare i Sa-
lesiani.
dis-tanMzea
come fare tutto
sono immense, i
qluuoegshtoi?d-iffiecsilcilaemiòSDaloensiaBnoi spcooch-.i.
Le
gli-e
Non ti turbare. Faranno
dei figli loro; ma si tenga
questo
fermo
i tuoi figli, i figli dei
nell'osservanza delle
tuoi fi-
Regole
e nello spirito della Congregazione.
P-- iùVMiineanlàdi oqnveueiveepdrgeiunaadlrtedrraie.e
tanta gente?
Vedi là cinquanta
altri ancora? Tira
Missionari in pronto?
una linea da Santiago
al centro dell'Africa. Che cosa vedi?
e
-
d-i
Leggo dieci centri di stazioni.
Ebbene, questi centri che tu vedi
noviziato e daranno moltitudine di
formeranno
Missionari,
case di studio
affine di prov-
vederne queste contrade. E ora volgiti da quest'altra parte. Qui
vedi dieci altri centri dal mezzo dell'Africa fino a Pechino. E an-
che questi centri somministreranno Missionari a tutte queste altre
contrade. c'è Hong Kong, là Calcutta, più in Madagascar.
Questi e più altri avranno case, studi e noviziati.
Don Bosco ascoltava guardando ed esaminando, poi disse:
luo-ghEi? dove trovare tanta gente? E come inviare Missionari in quei
Vi
-
è
Guarda
una cosa
-solraispdoasfearlea:Praacsctoormelaland-a,remcehtetitii
di buona
miei figli
volontà.
coltivino
costdntemente la virtù di Maria.
pa-roleE.bbene, sì, mi pare di aver inteso. Predicherò a tutti le tue
di
-coloErogucàhredsattui ddiaanll'oerleroarerti
che vige adesso, che è la mescolanza
umane con quelli che studiano le arti
divine, perché la scienza del cielo non vuole essere mescolata con
le cose terrene.
244

25.5 Page 245

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Don Bosco voleva ancora parlare; ma la visione disparve: il so-
gno era finito (M.B. xvIII,Tl).
,k ,< {<
Il Bollettino Salesiano del settembre 1887 riportava due fotti che
possono essere un buon commento ol punto delsogno dove si parla
del Cile.
II senstore Valledor di Sontiogo oveva pregato i Salesiqni di ac-
cettdre la direzione dell'Orfonotrofio governotivo. Mons. Caglie-
ro e mons. Fognano, andoti q visitare I'Istituto, si sentirono rivol-
gere do un orfanello queste porole: << Sono due onni che piongia-
mo e preghiamo perché Don Bosco ci dia un padre»».
A Valparaiso, quondo i Solesiani arrivorono, più di 200 rogazzi
correvano loro dietro gridondo: <<Finalmente sono arrivati i no-
stri padri! Oh, che piocere!»>.
Due episodi che fecero pensore a quanto quei Salesiani ovevuno
Ietto nel sogno di Don Bosco (M.8. XVIII,74):
Interessonte il commento che del sogno fece Don Bosco stesso:
« Quando i Solesioni soronno nello Cino e si troveronno sulle due
sponde del fiume che passo nelle vicinanze di Pechino!... Gli uni
verranno alla spondo sinistrs dallo parte del grande Impero; gli
altri alla spondo destra dallo parte della Tartoria. Oh, quando gli
uni andronno incontro agli altri per stringersi lo mano!... Quale
gloria per la nostro Congregazione!... Ma il tempo è nelle mani
di Dio>» (M.8. XVIII,74).
245

25.6 Page 246

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La Madonna predice
la guarigione del chierico Olive
Nel dicembre del 1886 il chierico salesiano francese Lodovico
Olive si ammalo gravemente di tifo. La vigilia di Natale Don Bo-
sco andò a trovarlo e gli disse:
-MaTi imaesdsiicciuVroigcnhoelola,
Madonna
Gallenga,
ti guarirà.
Fissore, Albertotti,
a
consulto,
lo avevano dichiarato spacciato.
Nella notte dal 3 al 4 febbraio Don Bosco fece questo sogno.
<<Non so se fossi sveglio o nel sonno, quando una luce ordinaria
cominciò a rischiarare l'ambiente nel quale mi trovavo.
Dopo un rumore prolungato, apparve una persona attorniata
da molte e molte altre che andavano awicinandosi. Le persone e
i loro ornamenti erano così luminosi che ogni altra luce restò co-
me tenebre, a segno che non si poteva più tenere lo sguardo fisso
sopra nessuno degli astanti.
Allora la persona che pareva di guida alle altre si avanzò alquanto
e cominciò a parlare in latino così:
il
t-uoIoLosdoonvoiclo'uminifleermAnoc. eEllgolicheerailgSigcnhoiroemhoatomaalnrdipsotosoa;
guarire
ora in-
vece, affinché si manifesti in lui la gloria di Dto, avrà ancora da
pensore all'anima suo e o quella dei suoi. Io sono I'Ancella alla
quole ha fotto cose grandi Colui che è potente, e santo è il suo
nome. Rifletti attentomente a questo e copirai quello che deve av-
venire. Amen.
Dette queste parole, I'abitazione tornò nella prima oscurità, e
io rimasi tutta la notte tra veglia e sonno, ma senza forza e come
privo di cognizione. Al mattino mi sono dato premura di avere
notizie del giovane Lodovico Olive e mi venne assicurato che, do-
po una buona notte, egli era entrato in reale miglioramento>>.
La notte appresso Don Bosco rivide la stessa apparizione che
246

25.7 Page 247

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gli diede, per il bene della Congregazione e dei giovani, parecchi
avvertimenti in latino: eccoli tradotti fedelmente:
- Continuono le parole di Colei che si ero detta I'Ancella del
Signore. Negli oltissimi cieli io ho la mia stanza, perfar ricchi co-
loro che mi omano e riempire i loro tesori. Tesori dei giovani sono
la purezza dei discorsi e delle ozioni. Perciò voi, ministri di Dio,
alzste la voce e non stoncatevi moi di gridare: fuggite le cose con-
trurie, ossia i cattivi discorsi. I discorsi cottivi corrompono i buo-
ni costumi. Coloro che hanno un parlare insensoto e lubrico assoi
difficilmente si correggono. Se volete farmi cosa molto gradita,
procurate di tenere buone conversazioni tro voi e dotevi scambie-
volmente esempio di bene operore. Molti di voi promettono fiori
e porgono spine a me e a mio Figlio.
Perché fate confessioni così frequenti e il vostro cuore è sempre
lontano da me? Dite e fote il bene, e non il mole. Io sono Madre
che amo i miei fisli e detesto le loro colpe. Ritornerò a voi per
condurre alcuni ol vero riposo. Mi prenderò curs di essi come lo
gallina custodisce i suoi pulcini.
E voi, artigiani, siate artefici di opere buone e non di iniquità.
I cottivi discorsi sono una peste che serpeggia in mezzo a voi- E
voi, chiamati ad amministrore I'eredità del Signore, alzate Io vo-
ce, non vi stoncote di gridore, finché vengo Colui che chiamerà
voi a rendere conto della v,ostra amministrozione. È mia detizia
lo store con i figli degli uomini; ma il tempo è breve, dunque fin-
ché ovete tempo, comportatevi virilmente.
La mattina del 5 gennaio Don Bosco manifestò ogni cosa a Don
Lemoyne, dando luogo a questo dialogo:
- Ti ho chiamato perché mi dia un consiglio. Debbo far sapere
alla famiglia Olive quello che ho sognato?
- Lei sa meglio di me che la Madonna è sempre stata tanto buo-
na con lei.
Oh, sì, è vero.
- E che tanti di questi suoi sogni si sono avverati a puntino.
- È vero.
- E quindi, se mi permette e per dar gloria a Dio, li chiamo
-visioni, perché sono tali.
Hai ragione.
-- Dunque noi abbiamo ragione di credere che questo sogno sia
247

25.8 Page 248

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cosa soprannaturale e che si avvererà; e che Olive, benché dispe-
rato dai medici, guarirà.
di --comPEienqrcuuiaasrlaeeresa,afrsaeerblbeceoi rcdrreuerndeqe,ulaeuvniolcpteuoo'chdceiopDnrsouigndleioBn?ozsacoumhaansao,ginoadtoiredii
Olive; e che nel sogno gli parve di aver concepito liete speranze.
si
t--ratEMtababdeelenlliae, ,DMsoai ndfaoBcnconisaac.cooS, sefia.ilccfaiattoil
piacere, scriva
si avvera, ecco
questo sogno:
un documento
della materna bontà di Maria.
-E
Ebbene, scriverò.
scrisse come sopra
abbiamo
riferito.
Merita di essere conosciuta un'altra circostanza. Il chierico Oli-
ve, quando stava malissimo, aveva sognato che Don Bosco era en-
trato nella sua camera e gli aveva detto:
mi-a
Sta' tranquillo:
camera.
fra
dieci
giorni
verrai
tu
a
trovare
me
nella
Lavivezza del sogno lasciò nel malato la persuasione che Don
Bosco in persona fosse stato a trovarlo, e rifiutava di credere a
chi gli asseriva il contrario.
Il l0 gennaio Lodovico era tanto migliorato che il padre ripartì
per la Francia. Il 12 si alzo e il 24 comparve nel refettorio dei su-
periori durante il pranzo, accolto con grandi manifestazioni di gioia
(M.B. XVIII,253).
{.r<*
Possiamo aggiungere che la sua solute si mantenne così buona
che gli permise di prendere porte, nel 1906, alla prima spedizione
di Missionori salesiani per la Cina, dove esercitò un fecondo apo-
stolato fino ol 1921, onno della sua sonta morte.
248

25.9 Page 249

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Sogna di trovarsi in una nicchia in San Pietro
Un giorno, non si sa in che anno, Don Bosco sognò di trovarsi
nella Basilica di San Pietro, entro Ia grande nicchia che si apre sotto
il cornicione, a destra della navata centrale, perpendicolarmente
alla statua di bronzo del Principe degli Apostoli, e al medaglione
in mosaico di Pio IX. Egli non sapeva come fosse capitato lassu
e non si dava pace. Guarda attorno se vi sia modo di scendere,
ma non vede nulla. Chiama, grida, ma nessuno risponde. Final-
mente, vinto dall'angoscia, si sveglia.
Se qualcuno, udendo questo sogno, allora avesse creduto di scor-
gervi un senso profetico, si sarebbe detto che sÒgnava a occhi aperti.
Ma oggi, proprio dall'alto di quella nicchia, sorride il magnifico
Don Bosco del Canonica.
Questo monumento, degno della Basilica Vaticana, è un colos-
sale gruppo marmoreo, in cui la figura di Don Bosco misura me-
tri 4,80 di altezza, senza tener conto del piedestallo di oltre un me-
tro di altezza. Don Bosco è rappresentato nell'atto che con nobile
gesto della destra indica l'altare papale a due giovani, da lui av-
volti con la sinistra in ampio amplesso paterno. Questi sono San
Domenico Savio e il venerabile giovane patagone Zeffirino Namun-
curà, figlio del Gran Cacico convertito con la sua tribù dal cardi-
nal Cagliero.
I due giovani pare pendano dal suo labbro per ascoltare, perpe-
tuata nel marmo, quella professione di fedeltà al Papa, che è stata
la divisa inviolata di Don Bosco. Tale atteggiamento, mentre ri-
sponde alla fedeltà storica, non isola la statua nella sua nicchia
come un puro elemento decorativo, ma ne fa un elemento organi-
co del tempio vaticano.
« In questo monumento, concezione ed espressione toccano il
vertice dell'arte. Il Canonica, scultore di fama mondiale e Acca-
demico d'Italia, svincolandosi dalle meticolosità fotografiche e sor-
249

25.10 Page 250

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passando gli atteggiamenti tradizionali di Don Bosco dipinto e scol-
pito, ne fissò energicamente la grandezza spirituale in una crea-
zione che appartiene all'arte veramente degna di questo nome » (E.
Ceria, M.B. XIX,364).
Traspare infatti « il carattere meditativo del Santo, la sua forza
intellettuale, la sua antiveggenza di santo e di apostolo; ciò che,
sposato al sorriso paterno della sua forte bocca, integra bene il
suo carattere esuberante di carità e di amore» (G. De Mori).
Il monumento fu inaugurato il 3l gennaio 1936 e benedetto dal
cardinal Pacelli, il futuro Pio XII, tra l'entusiasmo di 20.000 gio-
vani, tra i quali 10.000 rappresentavano, per disposizione del Mi-
nistero, le Scuole di Roma (M.B. XIX,363).
{. *< {.
La nicchio assegnata do Pio XI a Don Bosco si può ben dire
nicchia d'onore, perché s'innolza sopra la statua di San Pietro ed
ero rimasta vuota per secoli. Coloro poi che vissero negli ultimi
anni del Sonto non potevano contemplorlo lossù senzo rammenta-
re il sogno citato, che avevano udito raccontore da ragazzi. Nes-
suno, e lui meno di tutti, allora qvrebbe mai immaginato quale
arcono si potesse nascondere sotto il velo dello strano sogno.
250

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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INDICI

26.2 Page 252

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26.3 Page 253

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Indice analitico
acqua: un lago di acqua simbolica;40
aereo: viaggio aereo di Don Bosco, 225
agiatezze: rovina della Congregazione,
t54
agnelli: - agnelli che si cambiano in
pastorelli, l8
- che si mutano in giovani, 90
- colpiti dalla grandine (peccato),
172
- guidati da una pastorella, 243
amore di Dio: simboleggiato dalla ro-
sa,180
anima: pensare a salvarla, 86
animali: - trasformati in agnelli, 14,
l8
- simbolo di vizi offerti a Maria,
76
- animali insidiosi, 8l
- bestie feroci che combattono
contro i giovani, 134
- bestie feroci vinte con lo scudo
della fede, 145
- Don Bosco assalito da un rospo
gigantesco, 96
aquila: preannunzia la morte di un gio-
vane,72
arcobaleno: di bellezza indescrivibile,
135
assistenza: - monito di Don Cafasso,
36
- chierici che non assistono, 138
- lettera del 1884 da Roma (pas-
sim), 210
Ave, Maria: elemento e simbolo del
Rosario, 58
balsamo: che risana, 67
banchetto: vedi convito
battaglia: di uomini contro mostri, 175
becchini: due becchini con una bara,
127
bellezza:. dei giovani innocenti, 91
bestie: vedi animali
bidente: - a due punte (confessione e
comunione), 134
- con manico rotto (confessioni e
comunioni mal fatte), 134
- con manico tarlato (confessioni
difettose), 134
Bollettino Salesiano: - commenta la
profezia del 1870, l16
- farà prosperare la Congregazio-
ne,242
- riporta due fatti concernenti il
quinto sogno missionario, 245
Bosco san Giovanni (si cita quanto si
riferisce anche alla sua persona):
- la Vergine gli traccia la missione,
l3
- a Roma ricorda il sogno dei no-
ve anni, 14
- ulteriori conferme dall'alto, 16
- vede la categoria dei giovani a cui
è destinato, l6
- prevede gli sviluppi dell'opera, l8
- incontrerà rose e spine, 2l
- sogna due volte sua madre, 29,
30
- riceve il preavviso di una perqui-
sizione, 32
- legge nelle coscienze, 36, 38, 62,
65, 67 , 69,77 , 93, 95, 126, t36, 139,
143, 158, t71, 182,239
253

26.4 Page 254

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- gode del dono di profezia, 18,
24,30,45,47, l13, 151, 157, 183,
228, 24t, 246, 249
- sua umiltà nel narrare i sogni, 48
- piange sulla rovina morale dei
suoi giovani, 50
- vede che I'Eucaristia e Maria sal-
veranno la Chiesa, 53
- prevede che non compirà I'ottavo
decennio di vita, 65
- preannunzia varie morti: vedi
morte
- mandato da Dio per i giovani, 90
- una voce dall'alto: «Perché non
parli? », 97
- è costretto a provare le pene del-
I'inferno, 104
- profezia su Parigi, Chiesa e lta-
lia, I l3
- una visita misteriosa ai giovani di
Lanzo,122
- sogna di volare, 85,225
- sogna le future Missioni: vedi
Missioni
- sogna il Papa al Colle Don Bo-
sco, l4l
- prevede la morte di Pio IX, 163
- pronto a morire per salvare i suoi
giovani, 146
- prevede il trionfo della Congre-
gazione, M, l5l
- ne prevede i pericoli, 153, 159
- «Se avessi avuto piir fede...»,
t57
- confetture simboliche (lavoro e
mansuetudine), 166
- san Francesco di Sales lo ammae-
stra,175
- pioggia simbolica di spine e di ro-
se, 178
- sogno dei dieci diamanti, 188
- riceve avvisi preziosi da Don Pro-
vera, 194
- gli appaiono san Pietro e san
Paolo,207
- scrive da Roma (lettera del 1884),
2r0
- è assalito dai demoni (conciliabo-
lo), 224
- sogno-preludio alla fondazione
delle FMA, 232
- ammette che i suoi sogni sono vi-
sioni, 247
- sogna di trovarsi in una nicchia
in San Pietro, 249
- parla dei suoi sogni,48,60, 136,
139, 143
- cane: cani muti che non abbaiano,
138
- due cani che si trasformano in
demoni, l7l
canto: vedi musica
- carità: le rose simbolo della carità,
22, ts7
- il fuoco della carità: via al para-
diso, 40
- mezzo per avere vocazioni, 176
- il diamante della carità, 189
- invito a praticarla, 190
- tornino i giorni dei cuori aperti,
218
- la carità del Salesiano: lettera da
Roma (passim), 210
- i giovani non solo siano amati,
ma sappiano di esserlo, 212
casa: - case di Francia protette da
Maria, 183
- casa di noviziato prevista in so-
gno, 186
cassa: da morto per Don Bosco, 176
castità: - il diamante della, 189
- virtir di Maria, 244 (vedi purezza\\
cavallo: simbolo della confidenza in
Dio, 133, 136
Chiesa: simboleggiata da una grande
nave, 53, ll3ss
chiesa di Maria Ausiliatrice: prevista in
due sogni, 18
chiodo: - chiodi nei fiori offerti a
Maria, 76
254

26.5 Page 255

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- quattro chiodi rovina della Con-
gregazione,153
Civiltà Cattolica (La): commenta la
profezia del 1870, l16
coltello: nel cuore, simbolo del sacrile-
gio,76
comandamenti: simboleggiati da dieci
colline, 63
compagni: - cattivi: Maria invita a
fuggirli, 6l
- loro opera deleteria, 94
- fanno cadere nell'inferno, 103
Comunione eucaristica: - simboleg-
giata dall'incudine, 59
- nel sogno delle due colonne, 55
- nei pani custoditi in canestri, 84
- in una delle punte del bidente,
134
- nelle spighe del mazzo di fiori di
san Domenico Savio, 157
- è il mezzo più efficace per una
buona morte, 120
- i piir grandi nemici del demonio,
123
- raccomandata da Don Provera,
195
collina: dieci colline segno dei dieci co-
mandamenti, 63
colonna: le due colonne che sostengo-
no la Chiesa, 53
Concilio Yaticano I: invito al Papa a
continuarlo, I 14
- confessione: parlarne molto, 44
- simboleggiata dal martello, 59
- da una punta del bidente, 134
- da un coltello, 102
- dagli ami e dalle lenze, 84
- dalla fontana ferruginosa, 84
- dall'unguento medicinale, 174
- confessioni mal fatte: tre lacci
simbolici, I l0
- confessioni mal fatte: bidente col
manico rotto, 134
- confessioni mal fatte: corda li-
macciosa, l8l
- confessioni mal fatte: serpentac-
cio al collo, l8l
- danni delle confessioni mal fatte,
I05
- mezzo per conoscerne il profitto,
1t2
- mezzo per fare una buona morte,
120
- ciò che teme di più il demonio,
123
- mancano propositi fermi, 195,
2r7
- confessioni infruttuose, 123, 217,
247
- sacrilegi in confessione, 236
- necessità del dolore dei peccati,
236
- Congregazione Salesiana: il sopran-
naturale negli inizi, 13, 16, 18, 20,
21,183
- come venne costituita, 20
- rose e spine, 22, 177
- Don Bosco ne prevede gli svilup-
pi fino al 1961, 44
- suo awenire e missione simbo-
leggiati dalla zattera,79, 84
- Don Bosco ne prevede il trionfo
nel mondo, l5l,241
- il lavoro e la temperanza la fa-
ranno fiorire, 152,176
- i quattro chiodi che rovinano le
Congregazioni, 153
- i danni della filossera (disubbi-
dienza e mormorazione), 159
- ammaestramenti di san Domeni-
co Savio, I57; di san Francesco di
Sales, 175; di Don Provera, 194
- protetta della Madonna in Fran-
cia, 183
- il simbolico personaggio dei die-
ci diamanti, 188
- pericoli futuri, l9l
- è benedetta da Dio, 193
- è una vigna: tagliare i tralci sec-
chi, 194
255

26.6 Page 256

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- un conciliabolo di demoni per di-
struggerla, 222
- necessaria l'osservanza delle Re-
gole, 176, 192, 215, 241, 244
contadino: contadini che lavorano e
cantano,137
convito: - un convito misterioso, 180,
228
- scene di paradiso, 229
corda: - corda limacciosa: confessio-
ni difettose, 181
- corda segnata come un metro,
198
Cordigliere: i geografi si sbagliano, 197
corona: giovani incoronati di rose, 77
corvi: beccano i giovani in ricreazione,
67
coscienza: - tre giudici delle coscien-
ze dei giovani, 34
- serenità di una coscienzapura,T3
- legge nelle coscienze «come in un
libro », 143
- vedi Bosco san Ciovanni
demonio: - si manifesta a Don Bosco
sotto forma di serpente, 57, l8l; di
elefante, 60; di corvi, 67; di gattoni
con tre lacci 110; di animali feroci,
134,145; di gatto che insidia i fiori
dei giovani, 74; di rospo, 96; di mo-
stro, 102, 122,135,238; di sparvie-
ro, 125; di orso con due orribili den-
ti, 143; di toro dalle sette corna, 148;
di due cagnacci, l7l
- i più grandi nemici del demonio,
123
- ciò che il demonio teme di più,
t23
- cio che gli fa più pena, 123
- cio che gli rende maggior servizio
tra i giovani, 123
- cio che gli cagiona maggior ma-
le, 123
- un conciliabolo di demoti, 222
- il demonio vuol rapire i giovani,
23s
- lo vede entrare nella casa di Mar-
siglia, 235
diamante: sogno dei dieci diamanti, 188
digiuno: diamante del digiuno, 189
direttore: faccia osservare le Regole,
176
discorsi cattivi: - Maria invita a fug-
girli, 61, 247
- effetti dei discorsi cattivi, 123
disubbidienza: - simboleggiata da un
laccio, 102
- simboleggiata dalla filossera, 159
dolcezza: - simboleggiata dallo zuc-
chero, 166
- mezzo per convertire i selvaggi,
205
egoismo: rovina delle Congregazioni,
154
elefante: fa strage tra i giovani, 60
esercizi spirituali: dieci giovani li fan-
no male, 125
esercizio della buona morte: sua effi-
cacia, 235
Eucaristia: - nel sogno delle due co-
lonne, 53
- l'adorazione salva dal demonio,
150
- vedi Comunione
fazzoletto: della purezza, 49
fede: - nostro scudo e nostra vittoria,
143
- delicato richiamo di san Domeni-
co Savio a Don Bosco, 157
- il diamante della fede, 189
fervore: raccomandato da Don Prove-
ra, 194
Figli di Maria: estendere l'opera dei Fi-
gli di Maria, 242
Figlie di Maria Ausiliatrice:
- sogni che ne preannunziano la
fondazione, 232
- sollecitudine nel promuovere le
vocazioni,230
- ne vede molte in paradiso, 228
256

26.7 Page 257

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- perché Don Bosco le ha fondate,
233
filossera: flagello delle Congregazioni,
159
fiori: - simboli di virtù, 74
- fiori a Maria,76
- vestiti e inghirlandati di fiori, 9l
- u.r,rnazzo di fiori simbolico, 157
fontana: - d'acqua ferruginosa risa-
natrice, 82
- simbolica, 172
fortezza: raccomandata dalla Madon-
na, 14
- frutta: squisita d'ogni specie, 39, 64
- frutti a Maria,76
- fuoco: simbolo dell'amor di Dio, 40
- dell'inferno, 104
- funerale: grandi funerali a corte,24
- Don Bosco prevede in sogno tre
funerali di giovani, 118
galline: beccano il grano, 137
gattone: insidia i fiori dei giovani, 74
- con lacci, ll0
gatto: si trasforma in
w
ragazzo,
l7l
giardino: - san Domenico Savio fa
entrare Don Bosco nel "Giardino Sa-
lesiano", 157
- simbolo dell'Oratorio di Valdoc-
co, 173
giglio: simbolo della purezza, 157, 180
giovani: - si trasformano in animali,
poi in agnelli,14, 17
- categoria di giovani tra cui dovrà
lavorare, l6
- turbe di ragazzi sulle piazze, 16
- stato dei giovani in peccato, 35,
158
- fanno una passeggiata in paradi-
so, 39
- mangiano le carni di un serpente,
58
- salgono dieci colline (comanda-
menti), 63
- beccati dai corvi, 67
- mangiano quaglie o pernici, 69
- vittime del loro capriccio, 79, 80,
8l
- consigli di un vescovo morto, 86
- agnelli che si trasformano in gio-
vani, 90
- splendenti di grazia,9l
- con la stola dell'innocenza, 9l
- tentano di passare un fiume, ma
cadono, 94
- una vite-simbolo con uva buona
e cattiva, 98
- giovani con il loro peccato scrit-
to in fronte, 99
- presi da lacci diabolici, 102, ll0
- precipitano nell'inferno, 104
- si confessano male, 105, l8l
- non hanno fatto bene gli esercizi
spirituali, 126
- armati di forca a due punte, 134
- feriti o morti in battaglia, 135
- dilaniati da belve feroci, 146
- divisi in tre liste secondo lo stato
morale, 158
- trasformati in preti e chierici, 169
- simboleggiati da agnelli, 172
- colpiti dalla grandine (peccato),
t72
- vittime delle vacanze, 172
combattono contro guerrieri, 175
-- con un serpentaccio al collo, l8l
- schiere di giovani con rose e gigli,
180
-2tiln ricreazione prima del 1870,
- in ricreazione dopo il 1870,212
- gli allievi salesiani sono protetti
da Maria Ausiliatrice, 218
- giovani americani che corrono
attorno a Don Bosco, 243
gola: - vizio deleterio, TO, 153,222,
242
- simboleggiata da un laccio, 102
- quando si può peccare di gola,
t46
grano: seminato e beccato datle galli-
ne, 137
257

26.8 Page 258

▲back to top
guida: nei sogni di Don Bosco entra
quasi sempre un personaggio miste-
rioso che gli fa da guida. Chi sarà?
Esso prende varie forme, quella di:
- uomo venerando, l3
- donna di maestoso aspetto, 13,
l6
- pastorella che gli offre il nastro
dell'ubbidienza, 20
- Regina del cielo, che lo introdu-
ce in un giardino di rose spinose, 2l
- guida misteriosa, in molti sogni
- nobile giovane di una bellezza in-
descrivibile, 83
- pastore, 90, ecc.
- signora, nel primo sogno e in vari
altri
- personaggio distinto, l0l
- personaggio strano che Don Bo-
sco non sa definire, 148
- pastorella che guida un immenso
gregge di agnelli,243
impurità: - danni dell'impurità, 87,
105
- simboleggiata da un laccio, 102
- "predica dappertutto contro
I'impurità", 105
incudine: simbolo della comunione eu-
caristica, 59
indulgenze: per evitare il purgatorio, 43
inferno: - terrificante visione, l0lss
- simboleggiato da'una gigantesca
fornace, 82
innocenza: - il carro dell'innocenza,
63
- bellezza delle anime innocenti, 9l
- giovani che I'hanno conservata,
9t, 136,157
inondazione: simbolo dei pericoli del
mondo, 78
laccio: - lacci con scritte varie, 102
- tre lacci contro la confessione,
ll0
lanterna: I'uomo con la lanterna, 51
lavoro: - lavoro e temperanza faran-
no fiorire la Congregazione, 152
- rose e spine nel lavoro, 167
- raccomandato dalla Madonna,
167
- il diamante del lavoro, 189
lettera: - ai giovani di Lanzo,122
- da Roma (1884), 210
libertà: intesa come opposizione ai su-
periori, 223
libro: libri cattivi; loro azione delete-
ria, 103
luce: - una luce che va crescendo, 65
- gli splendori dei giovani innocen-
ri, 9l
luna: - simbolo del mese, 27
- i due pleniluni della profezia del
1870, l16
Mamma Margherita: appare in sogno
a Don Bosco, 29, 30
mansuetudine: vedi dolcezza
manto: - il manto della Madonna si
allarga a protezione, 61, 135, 183
- con i dieci diamanti, 188
Maria SS: - è data da Gesu a Giovan-
nino come maestra, l3
- appare a Giovannino,13,14,21,
ecc.
- distribuisce il fazzoletto della pu-
rezza,49
- Eucaristia e Maria salvano la
Chiesa, 53
- allarga il suo manto a protezione,
61,135,183
- invita a fuggire i compagni e i di-
scorsi cattivi, 61,247
- confidenza illimitata in Maria, 6l
- doni vari a Maria, 76
- Don Bosco stimola alla fiducia in
Maria, 78, 79, 80
- Maria è la stella del mare, 70
- Maria, iride meravigliosa (ME-
DOUM),82
- Maria protegge la Chiesa, 53,
l15, l16
258

26.9 Page 259

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- la devozione a Maria: la maggior
pena del diavolo, 123
- la devozione a Maria: la maggior
consolazione in morte, 157
- efficacia del Rosario recitato dai
missionari, l3l
- appare raggiante e stimola alla
fed.e, 144
- appare in veste di contadina, 168
- trasforma i giovani in preti e
chierici, 169
- salva un tagazzo assalito da due
demoni, 17l
- case di Francia sotto il manto di
Maria, 183
- è pregata da san Pietro e da san
Paolo, 207
- "Bàsta che un giovane entri in
una casa salesiana...", 218
- interviene per la fondazione del-
le Figlie di Maria Ausiliatrice, 233
- accoglie in cielo il chierico
O'Donnellan, 238
- guida a Don Bosco una moltitu-
dine di giovani americani,243
- mostra a Don Bosco l'avvenire
delle Missioni in America, Asia,
Africa, 243
- appare come pastorella-maestra,
243
- guarisce il chierico Ludovico Oli-
ve, 246
- dà preziosi awertimenti per i gio-
vani, 247
Maria Ausiliatrice: - salva la Chiesa,
53
- statua che si anima e parla, 83
- fa conoscere a Don Bosco dieci
raEa"Ti che non hanno fatto bene gli
esercizi spirituali, 126
- mese di Maria Ausiliatrice, 133
- lotta simbolica sotto lo stendardo
di Maria Ausiliatrice, 175
- invocata nel sogno dei dieci dia-
manri, 193
- da Roma ne raccomanda la devo-
zione,218
- la festa di Maria Ausiliatrice:
preludio della festa eterna, 218
martello: simbolo della confessione, 59
- mensa: splendide mense, 35, 83
- mense divise in tre ordini, 37
miniere: previste da Don Bosco nelle
Cordigliere, 201, 203
- missione: di Don Bosco: preannun-
ziata, 13
- come e dove si svolgerà, 16
- virtù richieste, 14, 17,23
- simboleggiata in sogni successivi,
l6s
Missioni: - lo sogno missionario: i
missionari sono bene accolti dai sel-
vaggi della Patagonia, 130
- 2" sogno missionario: lavoro ri-
servato ai Salesiani nell'America, 196
- 3o sogno missionario: viaggio ae-
reo nelle Missioni, 225
- 4o sogno missionario: awenire
della Congregazione nelle Missioni,
240
- 5" sogno missionario: sviluppi
missionari della Congregazione nel
mondo, 243
- vede il passato, il presente e l'av-
venire delle Missioni, 196
- milioni di anime attendono la fe-
de dai Salesiani, 200
- viaggio lungo le Cordigliere, 200
- vede la "terra promessa", dove
sorgerà Brasilia, 201
- prevede le miniere di petrolio e di
altri minerali, 203
- visita i Salesiani della Patagonia,
203
- bestie feroci: i Salesiani le am-
mansiranno, 204
- una carta geografica luminosa,
20s
- d,olcezza: mezzo per convertire i
selvaggi,205
259

26.10 Page 260

▲back to top
- valore del 2o sogno missionario,
206
- percorre le Missioni volando, 215
- prevede il futuro delle Missioni
salesiane, 240
-
-
sogna l'Africa, 241
sogna di mandare i Salesiani in
Cina,242
- sviluppi missionari salesiani nel
mondo, 243
- futuri centri di formazione mis-
sionaria,244
- Missionari: accolti bene dai Patago-
ni, l3l
- chi mandare in Missione, 176
- campo missionario immenso
aperto ai Salesiani, 197, 204, 226
- consigli di Don Bosco ai Missio-
nari, 225
- mezzi di riuscita: umiltà, lavoro,
temperanza,226
- vede una continua processione di
Missionari, 227
- vede centri di futuri missionari,
244
mondo: - è sotto il potere del mali-
gno,87
- apparenze ingannatrici, 87
- simboleggiato da mostri orrendi,
40
- altro simbolo: una inondazione,
84
- mormorazione: un simbolo: galline
che beccano il grano seminato, 137
- effetti deleteri della mormorazio-
ne, 138, 154
- tanto più dannosa quanto pitr na-
scosta,154
- chiodo che distrugge le Congre-
gazioni, 154
- porta lontano la filossera della
disubbidienza, 160
- danni incalcolabili della mormo-
razione, 160
- rimedio per stroncarla, 160
- fa scemare Ia carità, 160, 216
- morte: la morte nella pedagogia di
Don Bosco, 72
- predizioni di morte, 24,27, 51,
72, l0g, llg
- tenersi preparati, 5l
- funerali a corte, 54
- due becchini con cassa da morto,
108
- per fare una buona morte, 120
- una morte poco desiderabile, 128
- cassa da morto con due scritte,
128
- la maggior consolazione in pun-
to di morte, 157
- mortificazione: è necessaria all'edu-
catorc,23
- via per arrivare al paradiso, 4l
- mostro: sotto forma di elefànte, 60;
di rospo, 96
- nel sogno dell'inferno, 102
- un mostro davanti alla chiesa di
Lanzo, 122
- mostri nel "paese della prova",
t34
- battaglia di uomini di alta statu-
ra contro mostri giganteschi, 175
- nel sogno della fede nostro scu-
do, .145
- mostri che addentano un giova-
ne, 238
mulino: un grande mulino, simbolo
della Chiesa, 78
musica: - il canto di Mamma Mar-
gherita, 29
- musiche di paradiso, «,65, 145,
192, 195,228
nastro: dell'ubbidienza che la Madon-
na consegna a Don Bosco, 20
- naYe: simbolo della Chiesa, 53
- navi armate contro la Chiesa, 53
nicchia: Don Bosco sogna di trovarsi
in una nicchia di San Pietro, 249
novizi: escludere i pigri e i golosi, 176;
i leggeri e i volubili, 192
obbedienza: vedi ubbidienza
260

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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- Oratorio: varie tappe e sviluppi, 18,
45
- san Domenico Savio parla del
presente, passato e futuro dell'Ora-
torio, 157
- I'Oratorio prima del 1870, 2lO;
dopo il 1870,211
- osseryanza religiosa: meditare su di
essa mattino e sera, 192
- avviso ai direttori, 176
- ozio: quando si pecca di ozio, 146
- rovina delle Congregazioni,154
- sostituisce il diamante "lavoro",
l9l
- pane: tre tipi di pane simbolico, 37
- canestri di pane, simbolo dell'Eu-
caristia, 79
- Papa: al comando della gran nave,
53
- in carrozza al Colle Don Bosco,
r4t
- prevista la morte di Pio IX, 163
- paradiso: una passeggiata dei giova-
ni in paradiso, 39
- le vie per giungervi, 39ss
- castello con bellezze di paradiso,
83
- musiche di paradiso, «,65,145,
192, 195, 228
- il "Giardino Salesiano" visto da
Don Bosco in paradiso, 157
parola di Dio: - è un seme, 137
- la mormorazione ne impedisce il
frutto, 138
- concessa alla Congregazione Sa-
lesiana,23l
- peccato: bruttezza del peccato, 13
- stato di giovani in peccato, 35
- avevano il loro peccato scritto in
fronte, 99
- lista di giovani in peccato grave,
158
- giovani colpiti dalla grandine del
peccato, 172
N.B.: Il concetto di peccato entra in
moltissimi sogni.
pedagogia: un tesoro di pedagogia (let-
tera da Roma, 1884), 210
- penitenza: stendardo della peniten-
za, seguito da falangi di giovani, 64
- simboleggiata dalla genziana, 157
pernice: simbolo di virtù, 69ss
perquisizioni: prevede i danni di una
perquisizione, 32
perseveranza: simboleggiata dalla sem-
previva,157
pianto: Don Bosco piange per Ia rovi-
na morale dei suoi giovani, 50
pioggia: di rose e di spine, 178
povertà: il diamante della povertà, 189
- predicazione: Ia critica ne distrugge
il frutto, 139
- quale predicazione per i Salesia-
ni, 193
premio: il diamante del premio, 189
profezia: vedi Bosco san Giovanni
- pùtezza: 1l fazzoletto della purezza,
49
- mezzi per conservarla, T4, 87
- suoi pregi,92
- simboleggiata dal giglio, 157, 180
- due fanciulle ne cantano le lodi.
220
- virtù di Maria, 244
purgatorio: - Mamma Margherita è
passata per il purgatorio,29
- sofferenze del purgatorio, 42,88
quaglia: simbolo del vizio, 70
Regole: osservanza, 17 6, 192, 215, 241,
244
ricchezze: proposte dal demonio per di-
struggere la Congregazione, 223
ricreazione: nell'Oratorio prima del
1870,210; nel 1884,211
rosa: - pergolato di rose, 2l
- rose e spine nel lavoro, 167, 177
- per Don Bosco, 178
- simbolo dell'amor di Dio, 22,
t57, l8l
Rosario: - mezzo di vittoria su tutti i
demoni, 58
261

27.2 Page 262

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- recitato dai Missionari con i sel-
vaggi, l3l
rospo: un rospo gigantesco assale Don
Bosco, 96
ruota: una ruota misteriosa e profeti-
ca,44
Salesiani: "Eccoci: siamo tutti suoi!",
22
- loro zelo per salvare i ragazzi, 80
- quanto grande la messe prepara-
ta per i Salesiani, 152
- difetti da evitare, 153,210
- confetture per i Salesiani, 166
- avvisi di san Francesco di Sales,
175; di Don Provera, 194
- il sogno dei dieci diamanti: virtù
e difetti, 188
- le spalline del Salesiano: lavoro e
temperanza, 189
- pratica del sistema preventivo
(passim), 2lOss
- prendano parte alla ricreazione,
2t3
- Don Bosco prevede i pericoli del-
la scienza per la scienza,223
- i Salesiani riusciranno a tutto con
I'umiltà, il lavoro e la temperanza,
226
- vede già molti Salesiani in para-
diso,228
- prevede i grandi sviluppi futuri:
"Se potessi imbalsamare. ..", 241
San Francesco di Sales: ammaestra
Don Bosco in sogno, 175
sangue: un lago di sangue, 39
santità: fatta di cose piccole, 190
scandalo: severi con gli scandalosi, 216
scienza: - raccomandata da Gesù, 13
- danni della scienza per la scienza,
223
scudo: della fede, 145
serpente: figura del demonio, 57, l8l
simpatie e antipatie: simboleggiate dalle
spine, 22
sistema preventivo: - "Non con le
percosse...",13, l7
- Maria gli dà la prima lezione, 14
- assistenza mancata, 138
- dolcezza, 166,205
-
-
lettera da Roma, 2l0ss
familiarità con i giovani,
2ll ,
213, 2t4, 215
- amorevolezza, 212
- confidenza, 213
- assistenza, 214
sobrietà: sobrietà e vigilanza: preserva-
tivi efficaci, 152
Società Salesiana: vedi Congregazione
Salesiana
- sogni di Don Bosco: I'elemento so-
prannaturale, 96, 184, 185,232
- Don Bosco accetta di chiamarli
visioni,247
- argomenti principali, 5
- hanno due caratteristiche, 6
- testimonianze di Pio IX, di Don
Rua e di Don Bosco stesso, 7ss
sole: un sole luminosissimo (profezia
del 1870), I16
sonno: al posto del diamante << lavoro >>,
l9l
sparviero: con un biglietto per Don Bo-
sco, 125
specchio: Don Bosco si guarda allo
specchio, 65
speranza: il diamante della speranza,
189
spine: - simbolo degli ostacoli all'e-
ducatore, 22
- nei fiori offerti a Maria, 76
- spine per la Congregazione, 177
- pioggia di spine, 178
stendardo: con la scritta: "Maria, au-
xilium Christianorum", 175
superbia: simboleggiata da un laccio,
t02
tarlo: tarli che rodono il manto della
Congregazione, l9l
262

27.3 Page 263

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temperanza: - farà fiorire la Congre-
gazione, 152
- il diamante della temperanza, 189
temporale: - temporali: simbolo del-
le tentazioni, 174
- con pioggia di rose e spine, 178
- simbolo delle persecuzioni, 183
tentazioni: simboleggiate dal vento,
pioggia, grandine, 49; dai tempora-
li, 174
toro: dalle sette corna, 148
tromba: Don Bosco soffia in una trom-
ba,134
tuono: quattro tuoni seguiti da quattro
piogge diverse, 178
ubbidienza: - raccomandata da Gestr,
l3
- mezzo di perseveranza, 20
- consigliata da un vescovo già
morto, 87; e da san Francesco di Sa-
les,185
- simboleggiata dal girasole, 157
- Ia filossera della disubbidienza,
159
- la mormorazione nemica dell'ub-
bidienza,160
- il diamante dell'ubbidienza, 189
umiltà: - raccomandata dalla Madon-
na, 14
- salva dal demonio, 149
- simboleggiata dalla viola, 157
uomo: uomini di alta statura che com-
battono contro mostri, 175
usignuolo: simbolo di un giovane che
sfugge a Don Bosco, 125
uva: - di varie qualità, 98
- acini che diventano giovani, 98
- grappoli guasti, 99
vacanze: - giovane rovinato dalle va-
canze, 127
- tempesta per I'anima dei giovani,
174
vescovo: vescovo morto, ma vivo e sof-
flerente, 85
vigna: da terra promessa, 83
visione: - orribile (rospo), 96
- di san Domenico Savio, 156
- di san Pietro e di san Paolo, 207
- i sogni di Don Bosco definiti "vi-
sioni",23l
vite: sterile, 98
vittoria: della fede, 146
vizio: - vizi capitali simboleggiati da
un toro con sette corna, 150
- vizi che sottentrano ai diamanti
delle virtù, I9l
vocazioni: - mezzi per promuoverle,
176
- zelo nel coltivarle, 230
voce: dall'alto: "Perché non parli?",
97
zattera: simbolo della casa di Maria
(l'Oratorio), 84
263

27.4 Page 264

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27.5 Page 265

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Indice dei nomi
Africa, 241
Alasonatti sac. Vittorio, 143
Albera sac. Paolo, 236
America del sud, 196
Arfaxad, 240
Argentina, 202
Barberis sac. Giulio, 136' l9l
Barolo marchesa Giulia, 85, 232
Berto sac. Gioachino, 52, 126, 136
Besucco Francesco, 217
Bolivia, 202
Bollettino Salesiano, I l6
Bologna sac. Giuseppe, 134, 183
Bosco Giuseppe, 143
Boston, 200
Bourlot sac. Stefano, 120
Brasile, 202
Brasilia, 206
Buzzetti Ciuseppe, 57, 66, 80
Colle Luigi, 197, 240
Colle Don Bosco, 30
Comollo Luigi,2l7
Cordigliere, 200,205
Costamagna mons. Giacomo, 190, 203
Durando sac. Celestino, 190
Fagnano mons. GiusePPe, 190, 203'
245
Ferraris Antonio, 72
Francesia sac. Giovanni Battista, 63,
t9t, 232
Francia, 168, 183, 186
Gastini Carlo, 133
Ghivarello sac. Carlo, 190
Guidazio sac. Pietro, l9l
Guiol can. Clemente, 184, 186
Gurgo Secondo, 27
Cafasso sac. Giuseppe, 34
Cagliero card. Ciovanni, 63, 128, 134,
r9t, 245
Calcutta,244
Canonica Pietro, 249
Cartier sac. Luigi, 186
Cattaneo mons. A., 38
Cays conte Carlo, 34, l9l
Ceria sac. Eugenio, 132, 193, 206, 250
Cerutti sac. Francesco, 233, 235
Cile, 202
Chiesa Cattolica, 204
Cina,242
Civiltà Cattolica (La), I l6
Colle conte Luigi Fleury, 196
Hong Kong, 244
La Paz, 202
Lanzo Torinese,94, 122, 148, 156
Lasagna mons. Luigi, 190, 203
Lazzero sac. Giuseppe , l9l, 218
Lemoyne sac. Giovanni Battista, 32,
gi, t4g, 196, 233
Loveratto sac. GiusePPe, l9l
Lima,202
Madagascar,244
Maestro Vittorio, 52
Magellano, stretto di, 203
Marchisio sac. Secondo, 218
265

27.6 Page 266

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Marsiglia, 186, 235
Mendoza,2O2
Milanesio sac. Domenico, 203
Namuncurà Zeffirino, 249
O'Donnellan Francesco, 237
Olive ch. Ludovico, 246
Pacelli card. Eugenio, 250
Pampas, 202
Parigi, I 14
Patagonia, 132, 202, 205
Pechino, 244
Picco sac. Matteo, 167
Pio lX, 14,ll4,l16, 130, 163,167, 183
Provera sac. Francesco, 194
Punta Arenas, 203
Roma, ll5
Romano fr. Michele, 143
Rua beato Michele, 54, 63, 134, l 84,
190, 243
Ruffino sac. Domenico, 143
Sales san Francesco, 175,205
San Benigno Canavese, 188, 196
Santiago, 202,243
Savio san Domenico, 156, 167,217 ,249
Schuster card. Ildefonso, 55
Terra del Fuoco, 199
Trione sac. Stefano, 239
Vallauri sen. Francesco, 60
Valparaiso, 243
Venezuela, 201
Viglietti sac. Carlo, 15, 224, 243
Vittorio Emanuele II, 24
266

27.7 Page 267

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Indice generale
Introduzione
Perchéquestapubblicazione . : . . .
1. «Non con le percosse.. (1824)
2. Nuovi interventi dall'alto (l83lss)
3. Una stupenda e alta chiesa (1844)
4. Un pergolato di rose (1847)
5. Grandi funerali a Corte (1854)
6. ll sogno delle 22 lune (1854)
7. Don Bosco sogna sua madre (1860, 1886) .
8. Sogno premonitore (1860)
9. Tre giudici illustri (1860)
10. Mense divise in tre ordini (1860) .
ll. Una passeggiata dei giovani al paradiso (1861)
12. Una ruota misteriosa e profetica (1861)
13. Il fazzoletto della purezza (1861) .
t4. L'uomo con la lanterna (1862)
15. Il sogno delle due colonne (1862)
16. Il serpente e il Rosario (1862) .
17. Il sogno dell'elefante (1863)
18. La decima collina (1864)
19. Corvi, beccate, balsamo (1864)
20. La pernice e la quaglia (1865) .
21. Un'aquila maestosa (1865) .
22. Il gattone dagli occhi accesi (1865)
23. Fiori e frutti a Maria (1865)
24. L'inondazione e la zattera salvatrice (1866)
25. «Lasciatemi solo; soffro troppo!» (1867)
26. Visioni di cielo (1867)
27. Tragica passeggiata alla Stura (1868)
28. «Perche non parli?» (1868)
pag
5
ll
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27.8 Page 268

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29. Uva di varie qualità (1868) .
98
30. Viaggio alla città del fuoco (1868)
l0t
31. «Tocca a te!»>, disse il becchino (1868) .
108
32. Tre lacci per condurre alla perdizione (1869) .
il0
33. Profezia del '70: Parigi, Chiesa, Italia (1870) .
ll3
34. Tre predizioni avverate (1867) .
ll8
35. Lettera ai giovani di Lanzo (1867)
t22
36. «Siamo dieci!... Siamo dieci!... » (1872\\
125
37. Due becchini con una bara (1872-73)
127
38. Primo sogno missionario: la Patagonia (1872)
130
39. Un bidente prodigioso (1875)
133
40. Nessuno spaventava le galline (1876)
137
41. Il Papa al Colle Don Bosco (1876)
t4t
42. La fede: nostro scudo e nostra vittoria (1876)
143
43. Un toro furibondo (1876, parte I)
148
44. Il trionfo della Congregazione (1876, parte II)
l5l
45. Quattro chiodi emblematici (1876, parte III)
153
46. Visione di San Domenico Savio (1876) .
156
47. La filossera (1876)
159
48. Prevede Ia morte di Pio IX (1877)
163
49. Confetture per i Salesiani (1877) .
166
50. «Amico venerato, siateci padre diletto» (1877)
r68
51. Maria lo salva (1878).
170
52. Temporali estivi (1878)
172
53. San Francesco di Sales lo ammaestra in sogno (1879)
175
54. Pioggia di spine e di rose (1880) .
178
55. Un misterioso convito (1880)
r80
s6. Le case di Francia sotto il manto della Madonna (1880)
183
57. «Ma io la casa l'ho già» (1880)
186
58. Il sogno dei dieci diamanti (1881)
188
59. Gli appare Don Provera (1883)
t94
60. Secondo sogno missionario: attraverso I'America (1883)
196
61. Maria... Maria... Maria... (1884) .
207
62. La lettera da Roma nel 1884
210
63. Il cantico della purezza (1884).
220
64. Assiste a un conciliabolo di demoni (1884)
222
65. Terzo sogno missionario: viaggio aereo (1885)
22s
66. «Abbine cura: sono mie figlie» (1885) .
232
268

27.9 Page 269

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67. «Questo e mio!» (1885).
235
68. Un sogno provvidenziale (1885)
237
69. Quarto sogno missionario: I'Africa e Ia Cina (1885)
240
70. Quinto sogno missionario: Pechino (1886) .
243
71. La Madonna predice la guarigione del chierico Olive
(1886)
246
72. Sogna di trovarsi in una nicchia in San Pietro
249
Indice analitico
251
Indice dei nomi
262
Indice generale.
264
269

27.10 Page 270

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Scuola Grafica Salesiana - Torino