Da Don Bosco Educatore|Dalla "Storia d’Italia" (1855)

Dalla "Storia d’Italia" (1855)


SCOPO E DIVISIONE DI QUESTA STORIA

   Egli è un fatto universalmente ammesso che i libri debbono essere adattati all’intelligenza di coloro a cui si parla, in quella guisa che il cibo deve essere acconcio secondo la complessione degli individui. A seconda di questo principio divisai di raccontare la Storia d’Italia alla gioventù, seguendo nella materia, nella dicitura e nella mole dei volumi, le medesime regole già da me praticate per altri libri al medesimo scopo destinati.

   Attenendomi perciò ai fatti certi e più fecondi di moralità e di utili ammaestramenti, tralascio le cose incerte, le frivole congetture, le troppo frequenti citazioni di autori, come pure le troppo elevate discussioni politiche, le quali tornano inutili e talvolta dannose alla gioventù. Posso nonpertanto accertare il lettore, che non ho scritto un periodo senza confrontarlo coi più accreditati autori, e per quanto mi fu possibile, anche contemporanei, od almeno più vicini al tempo cui si riferiscono gli avvenimenti. Nemmeno ho risparmiato fatica nel leggere i moderni scrittori delle cose d’Italia, ricavando da ciascuno quanto parve convenire al mio intento.

   Questa storia è divisa in quattro epoche particolari; la prima comincia dai primi abitatori d’Italia e si estende fino al principio dell’Era volgare, quando tutto l’impero Romano passò sotto la dominazione di Augusto. Quest’epoca si può denominare l’Italia antica o pagana.

   La seconda dal principio del Romano impero fino alla caduta del medesimo in Occidente nel 476, e la chiameremo l’Italia cristiana, perchè appunto in tale spazio di tempo il Cristianesimo fu propagato e stabilito in tutta l’Italia.

   La terza dalla caduta del Romano impero in Occidente fino alla scoperta dell’America fatta da Cristoforo Colombo nell’anno 1492, ed è la Storia del Medio Evo.

   La quarta comprende il resto della Storia sino ai nostri tempi, comunemente appellato Storia Moderna.

   Ho fatto quello che ho potuto perchè il mio lavoro tornasse utile a quella porzione dell’umana società che forma la speranza di un lieto avvenire, la gioventù. Esporre la verità storica, insinuare l’amore alla virtù, fuga del vizio, rispetto alla religione, fu lo scopo finale di ogni pagina.

   Le buone accoglienze fatte dal pubblico ad alcune mie operette altra volta pubblicate mi fanno pure sperar bene di questo comunque siasi lavoro. Se a taluno riescirà di qualche vantaggio, ne renda gloria al Dator di tutti i beni, cui intendo di consacrare queste mie tenui fatiche.


Recensioni della "Storia d’Italia" 

LA STORIA D’ITALIA raccontata alla gioventù, da’ suoi primi abitatori sino a’ nostri giorni, dal Sac. Giovanni Bosco. Torino, tip. Paravia 1856. Un vol. in 16º di 558 pagine.

   Il nome dell’egregio Sac. D. Bosco è oggimai un’arra più che sufficiente della bontà de’ suoi scritti improntati tutti di zelo, e diretti alla cultura della gioventù al bene di cui da tanti anni lavora con lodevolissima fatica. Questa sua Storia d’Italia in particolare merita elogio per la rara discrezione con cui fu scritta, in maniera che nell’angusto spazio di 558 pagine in 16º vi si raccolgono con diligenza tutti i principali avvenimenti della patria nostra. L’affermare che in così arduo lavoro non v’abbia qualche difetto sarebbe cosa ingiusta. Ad ogni modo noi facciam voti, perchè dato bando a tante storie d’Italia scritte con leggerezza od anche con perverso fine, questa del Bosco corra per le mani de’ giovani che s’iniziano allo studio delle vicende della nobilissima Penisola.

 Omaggio per recensione a Niccolò Tommaseo

        Ch.mo signore,

   Reco disturbo a V.S. ch.ma per pregarla di due favori. Che voglia gradire copia di Storia d’Italia testè fatta stampare, con preghiera di volerne far cenno nel giornale l’Istitutore con quelle parole che nella sua saviezza meglio giudicherà.

   Il mio scopo fu di raccontare alla gioventù que’ fatti di nostra storia che sembrano più convenire alla giovanile età. L’ho anche accomodata al programma per l’esame di magistero, pei maestri delle scuole elementari e delle scuole tecniche.

   Comunque Ella faccia, io sono assai contento di quest’occasione in cui le posso augurare dal Cielo sanità e grazia, mentre con pienezza di stima mi professo rispettosamente di V.S. chiar.ma

Obbl.mo servitore   

Sac. BOSCO GIO.   

    Di casa, 23 settembre 1859.

[E I 178]   

 La storia d’Italia

raccontata alla gioventù dal Sacerdote G. BOSCO – Torino.

   Se i libri giudicassersi dall’utilità che recano veramente, se ne avrebbe una misura più giusta di quella che sogliono i letterati adoprare; e correggerebbersi, o almeno si tempererebbero, molte loro sentenze peccanti o di servile ammirazione o di disprezzo tiranno. Ecco un libro modesto, che gli eruditi di mestiere e gli storici retori degnerebbero forse appena di uno sguardo, ma che può nelle scuole adempire gli uffizi della storia meglio assai di certe opere celebrate. A far libri in uso della gioventù, certamente l’esperienza dell’insegnante non basta, ma è grande aiuto, e compisce le altre doti a questo difficile ministero richieste. Difficile segnatamente là dove trattasi di compendii, i quali devono essere opere intere nel genere loro, non smozzicare i concetti, nè offrirne lo scheletro arido. L’Ab. Bosco in un volume non grave presenta la storia tutta d’Italia ne’ suoi fatti più memorandi; sa sceglierli, sa circondarli di luce assai viva. Ai Piemontesi suoi non tralascia di porre innanzi quelle memorie che riguardano più in particolare il Piemonte, e insegna fare il simile agli altri maestri, cioè le cose men note e più lontane illustrare con le più note e più prossime. S’intende dunque che ciascun insegnante deve all’uso proprio e de’ suoi discepoli saper rifare almeno in parte i libri scolastici, per ben fatti che siano; deve le narrazioni, per vivaci che siano nel libro, saper nella scuola animare di colori novelli, e applicare e la storia e ogni altro ammaestramento a ciascheduno de’ suoi allievi, per quanto si può.

   In tanta moltitudine di cose da dire, l’Ab. Bosco serba l’ordine e la chiarezza, che diffondendosi da una mente serena, insinuano negli animi giovanili gradita serenità. Giova a chiarezza, secondo me, anco il raccogliere in un capitolo distinto le considerazioni generali sopra la religione e le istituzioni de’ popoli, le consuetudini e gli usi. Questo è stato ripreso in alcuni storici del secolo andato; e richiedevasi che tali notizie fossero a luogo a luogo infuse nella narrazione stessa, e le dessero movimento e pienezza di vita. Io non dico che ogni osservazione generale devasi dalla esposizione dei fatti dividere, che sarebbe un rendere e l’una e l’altra parte imperfetta: ma dico che anco gli storici antichi, maestri imitabili in ciò, o premettevano o inframettevano ai fatti la commemorazione sommaria dei costumi; e dico che, specialmente ne’ libri a uso della gioventù, questa cura è sussidio alla memoria insieme e all’intelligenza. Nè a proposito di tale o tal caso è possibile indicare con la debita evidenza tutto quello che spetta all’indole costante dei popoli, senza che ricorra tediosa necessità di ripetere a ogni tratto i medesimi accenni.

   Io non dirò che l’autore non potesse talvolta approfittare maggiormente delle notizie storiche che la scienza moderna ha accertate, studiando meglio le fonti; non dirò che tutti i giudizi di lui sopra i fatti a me paiano indubitabili, nè i fatti tutti esattamente narrati; ma mi corre obbligo di soggiungere che non poche delle troppo esaltate scoperte della critica moderna rimangono tuttavia dubitabili anch’esse, e versano assai volte sopra circostanze non essenziali all’intima verità della storia; e soggiungere che i più tra i giudizi dell’autore mi paiono conformi insieme a civiltà vera e a sicura moralità. Nel colloquio quasi famigliare che raccontando egli tiene co’ suoi giovanetti, saviamente riguarda le cose pubbliche dal lato della morale privata, più accessibile a tutti e più direttamente proficua. Il voler fare dei fanciulli altrettanti uomini di stato, e insegnarli a sentenziare sopra le sorti degl’imperi, e le cagioni che diedero vinta a tale o tal capitano una campale battaglia, è pedanteria non sempre innocente. Perché avvezza le menti inesperte a giudicare dietro alla parola altrui cose che non possono intendere; perchè a questo modo dà loro una falsa coscienza; perchè non le addestra a modestamente applicare i documenti della storia alla pratica della comune vita. Noi vediamo all’incontro i grandi storici e i grandi poeti antichi compiacersi a ritrarre sotto le insegne, e quasi sotto la maschera, dell’uomo pubblico l’uomo privato; a giudicare nel cittadino e nel principe il padre, il figliuolo, il fratello. Quindi, insieme con la sapienza e con l’utilità, la maggiore bellezza delle opere e storiche e poetiche degli antichi. Non pochi de’ moderni, in quella vece, nella storia e nella poesia stessa propongono a se un assunto da dover dimostrare, e quello perseguono dal principio alla fine; e a quello piegano e torcono i fatti e gli affetti; dando sempre a vedere se stessi e la propria fissazione, nei più diversi aspetti del loro argomento ostinandosi a farne sempre apparire il medesimo lato, e sotto forme differenti ripetendo a sazietà la medesima cosa; non narratori nè dipintori, ma declamatori importuni. E non s’accorgono che la storia, e tutta la natura, è quasi una grande parabola agli uomini proposta da Dio; della quale voler fareuna applicazione unica isterilisce la fecondità inesausta del vero, ammiserisce il concetto divino.

N. TOMMASEO

 

Ancora della Storia d’Italia scritta dall’Ab. Bosco

   Nelle parole che scrissi intorno alla Storia dell’Ab. Bosco, avvertendo che non tutti i giudizi di lui sopra i fatti a me paiono indubitabili, nè i fatti tutti esattamente narrati, e notando che ciascun insegnante deve all’uso proprio e de’ suoi discepoli saper rifare almeno in parte i libri scolastici, credevo aver detto assai. Le opinioni mie e quelle dell’Ab. Bosco su certi punti essendo abbastanza distinte, e non abbisognando di professione novella, a me parve, in mezzo agli esempi di quella critica scorticatrice che ci fa libera e dignitosa e gentile la vita, parve meno ingeneroso fermarmi sulle parti lodevoli del lavoro, la cui lettura ho, fra le dolorose mie cure, attentamente ascoltata. Io non amo scomunicare chi pensa altrimenti da me.

N. TOMMASEO