Lectio Biblica 2011-2012, La fiducia del pastore


settembre 2011

LA FIDUCIA DEL PASTORE


  1. INVOCAZIONE ALLO SPIRITO


O Spirito,

Tu che hai donato la santità ai santi

e la sapienza ai semplici di cuore,

e sei disceso sugli apostoli

dando loro la forza di renderti testimonianza:

accogli e santifica queste preghiere che ti offriamo

e donaci di camminare senza timore e senza biasimo,

secondo i tuoi doni vivificanti;

divenuti, allora, tua dimora,

noi porteremo il tuo Nome

e annunceremo la tua salvezza;

il mondo per mezzo tuo vivrà

e glorificherà la Trinità santa e consostanziale,

ora e sempre. Amen.

(Liturgia maronita)


  1. PAROLA


  1. Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

  1. Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

  1. Rinfranca l’anima mia,

mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.

  1. Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro

mi danno sicurezza.

  1. Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca.

  1. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore

per lunghi giorni.


  1. LETTURA


Il Salmo 23 si ricollega al genere “lamentazioni individuali” sviluppando però il motivo della fiducia. È questo fidarsi, questa «professione di fiducia» che rende possibile, in primo luogo, il paragone di Dio con un pastore; è questo fidarsi che si vuole rappresentare e sviluppare nel riferimento al Dio pastore. Questa fiducia tuttavia concerne esperienze della vita reale, di cui la sofferenza, l'angoscia e il dubbio fanno parte. In esse e a partire da esse, in primo luogo, è nata la fiducia: nelle gole oscure di un wadi, nella minaccia mortale per nemici che incalzano.


vv. 1-3 Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. La professione della fiducia è già espressa nella frase Jahwè è il mio pastore - in lui io confido, ma viene ulteriormente sviluppata: ciò che significa il pastore per il gregge, questo significa Dio per me, afferma l’orante: Egli provvede a me con cibi e bevande, mi conduce sul retto sentiero. Se è così, allora mi posso fidare di Dio anche quando la sciagura incombe perché vivo di questa sua certezza: nulla mi mancherà. Da notare che, per i semiti, il pastore è qualcosa di più che una semplice guida; egli è soprattutto il costante compagno di viaggio per cui le ore del gregge sono le sue stesse ore, stessi rischi, stessa fame e sete. Ha a cuore la vita delle pecore come ha a cuore la sua stessa vita. Solo lui sa dare certezza e sicurezza perché i sentieri pericolosi sono con precisione scartati dal suo bastone. Il pastore, perciò, è il salvatore, il garante della sicurezza, il custode della vita.


v. 4 Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Si passa ora allo stile diretto io-tu; ciò sta a dire un rapporto personale, un coinvolgimento reciproco nel rapporto di fiducia. Questo è il versetto che sta al centro del salmo lasciando trasparire lo sfondo della lamentazione: la fiducia, infatti, sorge o non sorge in situazione di pericolo mortale. E qui si impone: non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il percorso avviene nella tenebra di un profondo wadi, ma il termine ebraico usato può indicare anche la regione degli inferi: si tratterebbe allora di un pericolo estremo che mette in gioco una grande fede. Tu sei con me. L’espressione richiama l’esperienza di Isacco: rimani come forestiero in questa terra e io sarò con te (Gn 26,3) e dunque rinvia alla fede dei patriarchi. Se Dio non ha fatto mancare, in passato, la sua protezione, non la farà mancare nel presente. La protezione è qui significata dall’immagine del bastone e del vincastro: sappiamo che i pastori di Israele usavano due bastoni, uno per appoggiarsi nella fatica del cammino ed uno, più robusto, come arma di difesa contro eventuali pericoli. Fuori metafora: so che posso sempre contare sul tuo aiuto perché sei pronto a difendermi; e questo mi dà sicurezza.


v. 5 Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. All'immagine del buon pastore si aggiunge ora quella dell’ospite generoso, alludendo, forse, ad una sosta e ad una richiesta di ospitalità, tanto più che mensa è reso col vocabolo “pelle scuoiata” com’era, spesso, la mensa presso i nomadi. Questa frase collega il proteggere (v. 4) con il provvedere (vv. 1-2) ma li supera entrambi: Tu mi fai celebrare una festa senza che i miei nemici possano impedirlo! L'aiuto di Dio è così certo per il salmista che gli procura gioia festiva malgrado ogni oppressione. L'indicazione contro i miei nemici rende ulteriormente chiaro lo sfondo della lamentazione, perché anche qui si tratta dei tre soggetti della lamentazione individuale: Dio - l'orante - i nemici. L’unzione con l’olio profumato fa parte dei rituali d’ospitalità: prima ancora che l’invitato si sieda a mensa lo si cospargeva di olio profumato; e l’olio dice azione tonificante della muscolatura, medicamento per le ferite, bellezza e splendore del corpo. La coppa è traboccante proprio perché deve suggerire immagini di pienezza, quando la sete è totalmente estinta. E’ il ben - essere totale, è la sicurezza certa.


v. 6 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. In tal modo la tenda dell’ospitalità diventa la sacra tenda dell’alleanza (da notare l’enfasi di quel Sì, certo!); il tutto in ragione della fedeltà amorosa di Dio: amore e fedeltà sono le virtù tipiche dell’alleanza (Gs 24, 26-27). Il salmo si chiude con la certezza che l'unione con Dio, guadagnata nella fiducia, rimarrà salda finché si avrà vita. L’orante sa che egli dovrà ancora attraversare gole oscure, ma sa anche che questi pericoli non potranno mai separarlo da Dio. L'ultima frase non significa che egli d’ora in poi abiterà sempre nel Tempio: qui risuona una formula di scioglimento di voto, come nel Salmo 17,15 o 38,20: Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio voglio saziarmi della tua presenza. Nei due casi è intesa l'unione permanente con Dio.


(breve pausa di silenzio per rileggere e pregare personalmente il Salmo)


  1. COSTITUZIONI


Art. 12 Operando per la salvezza della gioventù, il salesiano fa esperienza della pa­ternità di Dio e ravviva continuamente la dimensione divina della sua attività: «Senza di me non potete far nulla». Coltiva l'unione con Dio, avvertendo l'esigenza di pregare senza sosta in dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo e con il Padre che sente vicino. Attento alla presenza dello Spirito e compiendo tutto per amore di Dio, diventa, come Don Bosco, contemplativo nell'azione.


Don Bosco traeva forza e sicurezza dalla sua relazione con Dio e costantemente esortava a coltivare quella che chiamava “unione con Dio”. Sentiamo Don Rinaldi quando definiva lo spi­rito salesiano: esso è “operosità instancabile santificata dalla preghiera e dall'unione con Dio”. Ciò significa che il salesiano trova la forza per dedicarsi generosamente alla missione che gli è stata affidata coltivando un’intima relazione con Dio: egli diventa “pastore” percependo, nella propria vita, la presenza e l’azione del Dio Pastore.


L’articolo costituzionale rinvia alle tre divine Persone divine, tutte presenti ed operanti nella vita del salesiano:

  • il Padre, Creatore, della cui paternità e misericordia, il salesiano fa quotidiana esperienza;

  • il Figlio, Salvatore, con il quale cordialmente dialoga per la salvezza dei giovani, ascoltandone la Parola;

  • lo Spirito, Santificatore, sempre presente nella vita della Chiesa e nel divenire della storia: da Lui attinge l'energia per la sua fedeltà e il sostegno della sua speranza (cf. Cost 1) e la grazia per la sua santi­ficazione (cf. Cost 25).


Sapersi “inabitati” dalla Trinità ci fa sentire in una casa sicura, mentre sviluppa una comunione che ci abilita a costruire famiglia con i confratelli e con i giovani.


Il testo sottolinea inoltre tre aspetti della nostra unione con Dio:

  • il bisogno assoluto che abbiamo di Cristo nel lavoro apostolico,

  • Il dialogo semplice e senza soste che intratteniamo con il Padre, in Cristo,

  • l'importanza di vivere nella presenza dello Spirito, compiendo tutto per amore di Dio (è il tema della “retta intenzione” tanto raccomandato da Don Bosco).


Torniamo a Don Bosco. Un oblato di Maria Vergine, pa­dre Felice Giordano, viaggiando con lui gli chie­se come avesse fatto a tirar su dal nulla opere così floride. Ecco la risposta: “Sappia che io non c'entro per niente. È Nostro Signore che fa tutto”. E, dopo una commovente professione di umiltà, concludeva: “Tutta la no­stra confidenza sia riposta in Dio e speriamo tutto da lui; ma nello stesso tempo spieghia­mo tutta la nostra attività”. (MB XII, 280)


Per Don Bosco dunque, confidenza in Dio e intraprendenza apostolica sono due elementi intimamente correlati.


  1. SPUNTI PER LA MEDITAZIONE


  • E’ inevitabile che, nella vita di consacrazione e nell’attività di missione, si incontrino difficoltà che talora possono essere gravi e sofferte. Si indebolisce la mia fede? Metto in dubbio la presenza di Dio e l’azione dello Spirito? Mi lascio prendere dallo scoraggiamento?

  • Coltivo quell’“unione con Dio” che mi fa certo della sua provvidente assistenza e mi rende sereno ed ottimista anche dentro le fatiche e le prove?

  • La preghiera “fa entrare” Dio nella vita di ogni giorno? E “mi fa entrare” in Dio con tutto ciò che vivo? Vi entra anche la vita dei miei giovani?

  • Seguendo l’insegnamento e l’esempio di Don Bosco, curo la “retta intenzione” ossia l’orientamento di tutte le energie interiori e di tutte le azioni a Dio, per una dedizione sempre più generosa ai giovani che mi ha affidato?

  • Mi prodigo per educare i giovani al senso della presenza di Dio e alla fiducia nella sua azione, anche quando le cose non vanno per il giusto verso?


(pausa di prolungato silenzio per la meditazione personale)


  1. CONDIVISIONE FRATERNA


  1. PREGHIERA


Signore, Tu hai detto ai Tuoi Apostoli:

«Senza di me non potete far nulla».

Feconda ogni nostra attività

con il dono di una costante e viva unione

con Te e con il Padre,

perché, divenendo come Don Bosco,

«contemplativi nell'azione»,

troviamo nel dialogo cordiale e confidente

la forza di compiere tutto per Tuo amore

e di perseverare fino alla morte

nel dono totale di noi stessi per il Tuo Regno.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

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