[I] Nel sonno mi parve di essere vicino a casa in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine
di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giuocavano, non pochi bestemmiavano. All’udire quelle
bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro adoperando pugni e parole per farli tacere.
[II] In quel momento apparve un uomo venerando in virile età nobilmente vestito. Un manto bianco gli copriva
tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non poteva rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi
ordinò di pormi alla testa di que’ fanciulli aggiungendo queste parole: «Non colle percosse ma colla
mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti adunque immediatamente a fare loro
un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù». Confuso e spaventato soggiunsi che io
era un povero ed ignorante fanciullo incapace di parlare di religione a que’ giovanetti. In quel momento que’
ragazzi cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti intorno a colui, che parlava.
[III] Quasi senza sapere che mi dicessi, «Chi siete voi», soggiunsi, «che mi comandate cosa impossibile?»
«Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili coll’ubbidienza e coll’acquisto della
scienza». «Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?». «Io ti darò la maestra sotto alla cui disciplina
puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza». «Ma chi siete voi, che parlate in questo
modo?» «Io sono il figlio di colei, che tua madre ti ammaestrò di salutar tre volte al giorno». «Mia madre mi
dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome». «Il mio
nome dimandalo a Mia Madre».
[IV] In quel momento vidi accanto di lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva
da tutte parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più confuso nelle
mie dimande e risposte, mi accennò di avvicinarmi a Lei, che presemi con bontà per mano, e «guarda», mi
disse. Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti, ed in loro vece vidi una moltitudine di
capretti, di cani, di gatti, orsi e di parecchi altri animali. «Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi
umile, forte, robusto; e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli
miei». Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci apparvero altrettanti mansueti agnelli, che tutti
saltellando correvano attorno belando come per fare festa a quell’uomo e a quella signora. A quel punto,
sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai quello a voler parlare in modo da capire, perciocché io non
sapeva quale cosa si volesse significare. Allora Ella mi pose la mano sul capo dicendomi: «A suo tempo tutto
comprenderai».
[C2] Ciò detto un rumore mi svegliò ed ogni cosa disparve. Io rimasi sbalordito. Sembravami di avere le mani
che facessero male pei pugni che aveva dato, che la faccia mi duolesse per gli schiaffi ricevuti; di poi quel
personaggio, quella donna, le cose dette e le cose udite mi occuparono talmente la mente, che per quella notte
non mi fu possibile prendere sonno. Al mattino ho tosto con premura raccontato quel sogno prima a’ miei
fratelli, che si misero a ridere, poi a mia madre ed alla nonna. Ognuno dava al medesimo la sua interpretazione.
Il fratello Giuseppe diceva: «Tu diventerai guardiano di capre, di pecore o di altri animali». Mia madre: «Chi
sa che non abbi a diventar prete». Antonio con secco accento: «Forse sarai capo di briganti». Ma la nonna, che
sapeva assai di teologia, era del tutto inalfabeta, diede sentenza definitiva dicendo: «Non bisogna badare ai
sogni». Io era del parere di mia nonna, tuttavia non mi fu mai possibile di togliermi quel sogno dalla mente. Le
cose che esporrò in appresso daranno a ciò qualche significato. Io ho sempre taciuto ogni cosa; i miei parenti
non ne fecero caso. Ma quando, nel 1858, andai a Roma per trattar col Papa della congregazione salesiana, egli
si fece minutamente raccontare tutte le cose che avessero anche solo apparenza di soprannaturali. Raccontai
allora per la prima volta il sogno fatto in età di nove in dieci anni. Il Papa mi comandò di scriverlo nel suo
senso letterale, minuto e lasciarlo per incoraggiamento ai figli della congregazione, che formava lo scopo di
quella gita a Roma.
Sarebbe importante svolgere un’analisi narrativa dettagliata del testo, che però non abbiamo
ora il tempo di svolgere, per far emergere alcune tensioni e dinamismi di grande interesse. Mi limito
pertanto a riportare schematicamente la struttura che il testo lascia trasparire:
[I] situazione iniziale
1. collocazione spaziale del sogno
2. comportamento deviante dei fanciulli
3. reazione spontanea di Giovanni
[II] sezione dell’uomo venerando
1. apparizione dell’uomo venerando e sue caratteristiche
2. suo ordine/ammaestramento triplice:
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