Febbraio 2012
Art. 61. Amore fraterno e apostolico
Don Bosco fa spesso notare quanto la pratica sincera dei voti rinsaldi i vincoli dell’amore fraterno e la coesione nell’azione apostolica.
La professione dei consigli ci aiuta a vivere la comunione con i fratelli della comunità religiosa, come in una famiglia che gode della presenza del Signore (cf PC, 15).
I consigli evangelici, favorendo la purificazione del cuore e la libertà spirituale (cf LG, 46), rendono sollecita e feconda la nostra carità pastorale: il salesiano obbediente, povero e casto è pronto ad amare e servire quelli a cui il Signore lo manda, soprattutto i giovani poveri.
Art. 62. Segno particolare della presenza di Dio
La pratica dei consigli, vissuta nello spirito delle beatitudini, rende più convincente il nostro annuncio del Vangelo.
In un mondo tentato dall’ateismo e dall’idolatria del piacere, del possesso e del potere, il nostro modo di vivere testimonia, specialmente ai giovani, che Dio esiste e il suo amore può colmare una vita; e che il bisogno di amare, la spinta a possedere e la libertà di decidere della propria esistenza acquistano il loro senso supremo in Cristo salvatore.
Il nostro modo di vivere tiene conto anche dell’abito: quello che i chierici portano, conforme alle disposizioni delle Chiese particolari dei paesi in cui dimorano, e il vestire semplice che Don Bosco consigliava ai soci laici (cf C 1875, XV, 1-3), vogliono essere un segno esterno di questa testimonianza e di questo servizio (cf CIC, 669).
La parte che, nelle nostre Costituzioni, affronta esplicitamente il tema della “sequela Christi” si apre con alcuni articoli che introducono il valore dei consigli evangelici in generale e della loro pratica, prima di affrontarli singolarmente nelle sezioni successive. Gli articoli che prendiamo in considerazione in questa sede, pertanto, possono essere affrontati come una significativa premessa alla pratica dei voti, una premessa che ne mette in evidenza il senso profondo, la loro carica liberante e profetica, il loro contributo alla vita di comunione e alla missione. Entrambi gli articoli, infatti, nelle prime righe del testo, alludono alla pratica dei consigli evangelici come ad un ausilio ineguagliabile ai fini dell’amore fraterno e dell’azione pastorale (art. 61) e ai fini della credibilità del nostro annuncio evangelico (art. 62). Cerchiamo di affrontare singolarmente i tre aspetti appena citati.
Il testo costituzionale afferma senza mezzi termini che “la professione dei consigli ci aiuta a vivere la comunione con i fratelli della comunità religiosa”. Quando Don Bosco, dopo i primi anni di esperienza apostolica, cominciò a discernere su come potesse proseguire in modo costante la sua missione per i giovani più poveri, visse un momento di indecisione riguardo alla forma che il nascente gruppo dovesse assumere. Il suo dubbio, tra l’altro, verteva anche sulla necessità o meno di far emettere voti religiosi pubblici ai suoi collaboratori. Un dubbio che il papa Pio IX non esitò a sciogliere, in uno degli incontri che ebbero, in cui consigliò a Don Bosco di “legare” con voti i soci. In questo consiglio si legge tra le righe la consapevolezza che la pratica dei consigli evangelici aiuta i soci a vivere in comunione tra loro, attraverso vincoli tutt’altro che costrittivi o restrittivi. I consigli evangelici, infatti, se vissuti in tutta la loro pienezza, facilitano in modo naturale e non artefatto i legami tra i confratelli. Chi vive autenticamente in obbedienza, povertà e castità è capace di sottomettersi ai fratelli, di condividere quanto gli è stato dato, di donarsi totalmente al prossimo. Un cammino certo affascinante, ma altrettanto arduo e in salita, che presuppone un continuo esercizio di ascesi e lotta interiore contro le nostre naturali tendenze ad avere il controllo della nostra vita, a possedere ciò di cui sentiamo il bisogno, ad amare per essere riamati.
Proseguendo, l’art. 61 afferma anche lo stretto legame tra la pratica dei consigli evangelici e la nostra azione apostolica. Il salesiano che vive con fedeltà i voti “è pronto ad amare e servire”. Ancora una volta viene messo in evidenza come i consigli evangelici, lungi dall’essere una catena stretta e impedente, aprono ad orizzonti di libertà inauditi. Chi vive in modo casto, povero, obbediente può autenticamente vivere per i fratelli e servirli con gioia. In altre parole i voti ci spingono ad intraprendere la missione con decisione, “stimolano in permanenza il fervore della carità”1. Il testo delle Costituzioni ci suggerisce anche la causa di una tale spinta apostolica generata dai consigli evangelici. Nella loro portata liberante, infatti, essi favoriscono “la purificazione del cuore e la libertà spirituale”. Potremmo quindi dire che ci riportano, nel nostro lavoro pastorale, all’essenziale: l’unione con Dio e la condivisione della sua missione. In questa dinamica d’amore, di conseguenza, non c’è spazio per facili successi o ricerche spasmodiche del proprio tornaconto: “I valori evangelici ci permettono di realizzare il cetera tolle che condiziona la pienezza del da mihi animas”2. Ancora una volta siamo di fronte ad una prospettiva che, nella sua sublimità, non ci tutela dalle difficoltà del cammino. Essa implica un’ascesi autentica, profonda, capace di superare i fallimenti e gli ostacoli in vista di una meta più grande del nostro successo pastorale personale: la salvezza dei giovani. Il commento alle nostre Costituzioni afferma esplicitamente:
La storia della nostra società dimostra ampiamente quanto la vita frugale e austera, la dedizione casta e generosa e la convinta compattezza di famiglia di generazioni di Salesiani alla scuola di Don Bosco, hanno permesso di dar avvio a iniziative ed opere e di svolgere compiti in condizioni che sembrerebbero proibitive. Ancor oggi certamente la dedizione incondizionata che proviene dallo spirito dei consigli evangelici è indiscutibilmente il segreto di un alto rendimento apostolico.3
L’art. 62, in stretta continuità con il precedente, evidenzia quanto la pratica dei consigli evangelici apporti una carica di credibilità al nostro annuncio del Vangelo. Vivere come ha vissuto Gesù, porsi con decisione sulla sua scia ci permette di diventare suoi testimoni e di rendere più autentica la nostra predicazione, confermandola con la vita. Don Bosco stesso, del resto, insisteva sulla necessità, soprattutto per noi salesiani ed educatori, di dare agli altri il buon esempio: “Non avvenga mai che si inculchi negli altri la pratica di una virtù, l’adempimento di un dovere, senza che siate i primi a praticarlo”4. Sulla stessa linea d’onda, l’esortazione apostolica Vita consecrata, al numero 85, afferma: “Un’intima forza persuasiva deriva alla profezia dalla coerenza fra l’annuncio e la vita”; e al numero 76: “Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per amore dell’uomo, si è fatto servo”. Quale migliore manifestazione di tale e totale donazione se non la pratica dei consigli evangelici?! Quanto finora detto assume un significato ancora più marcato se consideriamo il nostro ruolo educativo nei confronti dei giovani. Vivere obbedienti, poveri e casti, infatti, è un modo eloquente di “parlare” loro di Dio e del fatto che per Lui vale la pena giocarsi fino in fondo, perché, come afferma l’articolo 62, “il suo amore può colmare una vita”.
Un ultimo appunto ci viene offerto dalla chiusura del testo che allude all’abito. Esso, lungi dall’essere un mero formalismo da assolutizzare, è definito come “segno esterno” della nostra testimonianza e del nostro servizio.
Per concludere quanto abbiamo detto finora, possiamo affermare che i consigli evangelici sono germi di libertà nella nostra vita che aprono ai fratelli, nutrono l’azione pastorale, danno peso alla nostra testimonianza evangelica. Essi, d’altra parte, comportano un esercizio di ascesi costante e duraturo, un impegno quotidiano per una fruttuosa fedeltà e, come ogni cammino ascetico, poggiano su un’unica base: l’amore. Quell’amore a Dio e al prossimo che rende liberante ciò che il mondo, oggi, arriva a considerare perfino una vera tortura.
Spunti per la riflessione:
Sono disposto ad un cammino ascetico per testimoniare prima di tutto in comunità la scelta di vivere secondo i consigli evangelici?
Quanto la fedeltà ai voti influisce sulla mia capacità e volontà di vivere al meglio la missione in mezzo ai giovani?
Riesco, seppur nella mia umanità limitata, a dare testimonianza di quanto professato con i consigli evangelici?
Preghiera
Il tuo Cristo, o padre,
ci ha costituiti suoi segni
in un mondo che vuole adorare le creature
invece di Te, unico Dio vivo e vero.
Fa’ che, vivendo con fedeltà totale la nostra vocazione,
diventiamo testimoni viventi
delle Beatitudini del Vangelo tra i giovani,
e tutto nella nostra condotta
manifesti loro il Tuo amore
e il senso supremo dell’esistenza in Gesù Cristo.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
1 LG, 46
2 CGS, 123
3 Il progetto di vita dei salesiani di Don Bosco, p. 483
4 MB X, 1037