2863 / Cecchetti Albano / 1942-2-16 /
a Don Albano Cecchetti, missionario salesiano in Giappone
Tokyo, 16 febbraio 1942
Carissimo Don Cecchetti,1
Il nostro bravo Ordinario mi ha ciurlato nel manico e se ne è andato, accontentandosi di inviarmi una lettera,2 e quindi io che avevo scritto privatim per inviare come era suo desiderio a mano, ora mi metto alla macchina e batto, e così rispondo alla sua carissima del 10.
Come ho scritto ripetutamente ai confratelli, Don Cimatti risponde a tutte le vostre lettere – ma a quanto pare subiscono un ritardo notevole dovuto alle circostanze e quindi bisogna aver pazienza.
Nella lettera a mano rispondevo:
Passato a Don Bovio la questione Don Erdö, naturalmente Lei si appella al regolamento e a quello si appella pure Don Bovio che è in condizioni incomparabilmente peggiori di quelle di qualsiasi altro confratello. Suggerisco a Don Erdö che ricevendo qualche sussidio veda di farne parte alla casa che ha fatto per lui dei sacrifici (che d’altra parte gli erano dovuti).
Per le Figlie di Maria A. quid dicam? Può essere benissimo che siano nelle nostre condizioni. Deus scit. Ad ogni modo se non possono pagare e preferiscono venire alla missione, il centro pagherà a Don Cecchetti – e Lei dal punto materiale è come prima. Per la musica (come del resto si era detto prima) non è necessario. Per il bucato è notorio che Don Albano settimanalmente ha molta roba di chiesa e personale per il bucato, perché assai amante della pulizia: limiti al puro indispensabile e anche da questo lato può esserci qualche provento.
Può ben essere che Lei arrabattandosi ad avere il convenuto, esse, o perché non possono o perché non vogliono preferiscano venire alla missione. In tal modo Lei non ha con loro che le relazioni di parroco (non di cappellano) e farà per loro quello che potrà. Capisco che è un problema che agghiaccia i cuori, mentre ci sarebbe tanto del bene da fare. Ma che farci? E chi ci può capire chiaro?
Per le altre cose chi non ne prova dispiacere? Ma come fare? Nella considerazione che nel prossimo anno Roma difficilmente manderà il sussidio – che il governo giapponese per le opere giapponesi non vuole sussidi esteri – bisogna pur fare qualche cosa che permetta, pur stentandoci, [di] tirare avanti più che si può e meno male. Il problema ora massimo è di intensificare il modo di trovare in posto i mezzi necessari alla vita e alle opere.
Lei avrà certamente fatto, ma veda di far lavorare gli “iin” (capi cristiani) della parrocchia – li raduni – esponga la situazione e bisogna vedere quanto possono dare in forma regolare i cristiani e in forma straordinaria.
L’Ordinario dice che la Nagata (non so a quali condizioni) può dare 30 Yen mensili. Si può pensare a un prete che faccia più fortuna di Don Erdö?
Se la povera mia musica può servire a qualche cosa, dica a Don Arri [che] me la invii che cercherò di farla fuori a vantaggio ben inteso di Beppu.
In altra Lei mi faceva parola di vendere non so che cosa… Penso che non si ricavi granché e si perde, a meno che non siano cose personali e di un certo valore.
Si potrebbe anche pensare se i cooperatori sono organizzati a richiedere il loro aiuto. Se Lei mi fa buoni prezzi forse potrei trovare chi acquista libri suoi doppi, ecc. per la biblioteca dello Studentato. V’è chi fa parola di affittare. Se non ci sono inconvenienti per introdurre in casa persone… Non vedo, data la necessità, che si possa fare. Occhio solo alle conseguenze. Per le persone capisco le pianga il cuore nel caso che si debbano rinviare, ma è necessità del momento forse.
Tenga l’indispensabile. Che vuole? Si tenta di restringere per poter procedere, con minori ansie future in un futuro che non si vede davvero come sarà.
Se troverò Messe gliene farò parte, ma anche questa è una vena secca.
Il Delegato anche non può aiutare. A muovere le altre autorità ci vogliono i cannoni. Poi in tutta l’aria è scritta la nostra non gradita qualità di stranieri. Avremmo bisogno di aver molto personale giapponese… È qui tutto, ed è la soluzione UNICA per l’avvenire. Lo straniero al massimo sarà una decorazione o una rarità in Giappone, mai più avrà parte eminente… Bisogna mettersi in questo ordine di idee e conformemente a queste agire.
Per il momento bisogna dire: “non posso far tutto come prima anche nel bene – devo limitarmi a fare quanto posso con quello che ho e meritarci dalla misericordia di Dio quanto piacerà di concederci. So pure e credo che nelle presenti necessità il Signore non ci abbandonerà se lo meriteremo. Le circostanze e le autorità non ci permettono di fare quanto desidereremmo? Non è colpa nostra – è permissione di Dio”. Dunque avanti come si può.
Non mi è difficile scrivere quanto scrivo e vorrei fare di più, ma non so quello che concluderò e se resisterò per concludere. Prometto di fare del mio meglio per aiutare e di pregare più intensamente per Lei e per Don Arri e per tutti i suoi. Ma ora il problema è di vedere che cosa possiamo trar fuori dal Giappone – insistere su questa via e vedere di riuscirci meglio che si può.
Anche Lei preghi e faccia pregare per me e per noi tutti.
Suo nel Signore aff.mo
Don V. Cimatti, sales.
1 Dattiloscritto: vuol dire che l’ha inviato per posta: bisogna tener conto perché in vista della censura non poteva scrivere liberamente. E poi non maneggiava la macchina liberamente: questo influiva anche sul periodare.
2 Si capisce da queste parole che le relazioni con l’Amministratore Apostolico giapponese non andavano bene. La lettera non è conservata. Il giorno 9 accompagnato da Don Cimatti, Mons. Ideguchi aveva fatto una breve visita alle opere salesiane di Tokyo ed era stato ben accolto dai chierici. Ma dall’8 dicembre in cui era incominciata la guerra, il suo atteggiamento si era cambiato in un nazionalismo estremo. Per questo, dopo la chiusura del convegno evitò di incontrarsi con Don Cimatti. Questo fu causa di grande dolore per lui e per i confratelli fino alla fine della guerra.