965 /Ricaldone Pietro / 1932-7-13 /
a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani
Takanabe, 13 luglio 1932
Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,
Ero sempre in attesa di qualche lettera da Torino, ma si comprende il gran lavoro di questo periodo di tempo, che in pratica si riversò su di Lei. Noi preghiamo – ufficialmente non giunse ancora nulla. Dalla pia imprudenza di amici, dai giornali sappiamo e la sua elezione e quella dei suoi nuovi aiutanti. Qua la massima parte non li conosce e non le so dire le impressioni. Per me ne sono felice.
Nella mia umiltà (che non è molta… “E noi salesiani un po’ di umiltà l’uma tuti”) pensavo ad un portafoglio… il mio è tanto vuoto!… Ed anche questa volta, direbbe il buon Boccassino, nulla, nulla. Don Piacenza diceva ridendo: “E poi dicono che pensano a noi… Adesso che il momento era buono!…”. Sarà per un’altra volta. Ho scritto ai nuovi superiori nostri a nome mio e di tutti, gli omaggi, le preghiere, la sudditanza.
Ed ora, cari Superiori, al lavoro anche per aiutare questa povera missione.
Ho finito la visita canonica e Visitatoriale. Mi pare gravi mali non ci siano.
I fratelli vogliono lavorare nell’apostolato,
e bisogna che lavorino, se no si sta male.
Don Cimatti vorrebbe donarsi all’apostolato, ma ha da pensare al pane… È il più gran lavoro di preoccupazione… E a pagare i debiti. Facciamo delle figure da cioccolatari presso i missionari (M. E. P.) cui dobbiamo Yen 7000 e rotti e interessi, e alle suore circa 2300. Ho da restituire il capitale quasi completo del Seminario, che dietro suo consiglio ho usato per le cose urgenti. Agli altri debiti colle banche non penso, che sono a scadenza, ma per questi… Il sussidio di Lire 120.100 assegnato quest’anno, contrariamente al mio modo di pensare la Provvidenza, annuente il Consiglio, si è stabilito che servirà per assicurare un minimum mensile ai missionari, et Deus providebit.
Mi pare che Don Bosco non pensasse così, ma non posso lasciare nell’ansia confratelli ammalati e con nervi scossi… Ed ho rinunciato al mio modo di vedere ed ho aderito, meglio, ho proposto al Consiglio così. L’avvenire dirà se avremo fatto bene. Lei mi consigliava di far la dote alla missione. In queste condizioni non è possibile. Prima il Signore mi aiuterà a pagare i debiti.
E pensare che è da tempo che supplico a destra e a sinistra, anche i Superiori: “Lo yen tracolla… È un momento d’oro… E passato questo… difficilmente ritornerà, perché fanno tutti gli sforzi per tirarlo in quota!…”.
Ma, pazienza, è segno che il Signore vuol così, perché ho coscienza di aver fatto il possibile e l’impossibile, e penso che i Superiori abbiano fatto lo stesso. Non mi lamento con nessuno. D’altra parte la nostra povera famiglia Cimatti, ha per soprannome in patria “pades” che vuol dire “che patisce” e Deo gratias!
Mio rendiconto.
In questo mese nulla di nuovo né per il corpo né per lo spirito. Momenti di slancio nel bene – momenti di fiacca. Vorrei fare e non so il mio mestiere né come superiore ecclesiastico né religioso.
Che farci? Deus scit. Superiores sciunt… e la conclusione è che imbroglio e sono di imbroglio… Bisognerebbe essere ben bestia per non capirlo.
Pazienza et fiat voluntas Dei. Preghi per me.
Testa e cuore bisogna siano ben guidati se no un giorno mi fanno cilecca… e allora… Lei è un buon papà e non mi abbandonerà né coi consigli né colla preghiera, perché ne abbisogno più di tutti.
Rendiconto degli altri. Casa di Takanabe: Don Cecchetti e Don Piacenza al solito sofferenti per i loro malanni. Don Cecchetti facile allo scoraggiamento. Difficoltà per la lingua e poca energia. Era un buon propagandista per l’Italia.
Casa di Tano: Don Lucioni per me è un ammalato autentico. Soffre e fa soffrire. Non me ne auguro che ce ne siano troppi nelle missioni. Vorrebbe mezzo Giappone per sé…
Casa di Miyazaki: benino in omnibus.
Casa di Oita: Don Margiaria accentratore e chiodino non va troppo d’accordo con Don Marega (che va correggendosi… Ma c’è ancora molto da fare…). Merlino fiacchetto e poca voglia di far cucina.
Casa di Beppu: benino in omnibus.
Relazione colle suore: non troppo buone. Non si sa quel che vogliono e danno a vedere di riuscire a poco, finora. Non andrebbe male una visita. Non hanno un’ispettrice? Certo noi non possiamo alzare la voce per la questione dei soldi. Se scongiuro i Superiori perché aiutino, non è per nulla. Vorrebbero fare da sé – e non sanno e non possono – vorrebbero troppe cose che non posso dare – preti che piacciano a loro, ecc. – do quello che ho, vero? Pazienza, carità!!!
Come vede, ecco le nostre miseriole, che sono le miserie di questo mondo, e molte sarebbero tolte, se fosse tolta la radice: il sottoscritto.
Già da tempo e ripetutamente ho scritto sui nostri bisogni. Non so se date le critiche circostanze i superiori potranno aiutarci con personale e mezzi.
Mandi pure preti (ma per carità, sani di mente, di lingua e di corpo), buoni coadiutori (uomini di casa) e santi chierici (sodi di moralità ed umiltà).
Ho bisogno di aprire almeno due nuove residenze: ma non posso decidere finché non so a che punto possono aiutarmi i Superiori (con personale e mezzi).
Preghi e faccia pregare per questo povero prete che per sé e per i suoi domanda la santa benedizione.
Con vivo affetto,
Suo aff.mo figlio
Don Vincenzo Cimatti, sales.