2893 / Liviabella Leone / 1942-5-6 /
a Don Leone Liviabella, missionario salesiano in Giappone
Tokyo, 6 maggio 1942
Carissimo,
Rispondo alla tua del 3/4, che come vedi è arrivata abbastanza tardi.
Hai fatto bene a scrivere all’Amministratore Apostolico, ma credo che finché ci siamo noi le cose andranno come per il passato.
Qui il Vescovo (a Tokyo) ha annunciato: “Io non do sussidio al missionario” e quindi ognuno si aggiusta per ottenere dai cristiani quanto è necessario e dove non arrivano i cristiani devono arrivare con le proprie forze. Dunque:
Fissato il mensile per i missionari… (è da anni che noi siamo stati sugli Yen 30, ed ora sarebbe necessario aumentare).
O detrarre quanto il missionario riceve dai cristiani – o lasciarglielo perché paghi la luce e altro… E dove non arriva altra possibilità bisogna aiutarlo.
Le tasse che l’Amministratore Apostolico riceve dovrebbero servire per le spese del Centro.
Dove non arriva il centro deve pensare la Congregazione.
È naturale che per i rendiconti preventivi e consuntivi è necessario vederci chiaro, e la preoccupazione attuale del clero giapponese è appunto questa di mettere delle chiare basi amministrative ed è da questo punto di vista che bisogna considerare molto del nervosismo degli Ordinari.
Noi religiosi partiamo da altri principi perché abbiamo di dietro le spalle la Congregazione e mezzi di propaganda speciali per venire in aiuto alle Opere.
Inoltre per questo bisogna che non dimentichiamo che i missionari salesiani sono salesiani e non possiamo pensarli alla stregua solo del clero indigeno. Da ciò la difficoltà di acquietare vari di loro e in genere un po’ tutti, accresciuta dal non poter come prima lavorare nel campo dell’apostolato e che per le difficoltà della vita il dover fare anche tanti lavori che non entrano per nulla nel programma di vita missionaria.
Insomma, pur l’Amministratore Apostolico stabilendo quanto crede possibile o sufficiente, secondo le possibilità, Don Cimatti deve trovare [il] modo insieme all’amabile Economo di venire in soccorso ai confratelli.
A scriverlo e dirlo si fa presto, ma come attuarlo? Io vorrei non voler far soffrire i confratelli e che non fossero in apprensioni materiali per poter così attendere più seriamente al lavoro di apostolato.
Vedi, caro Don Leone, per noi che siamo seduti a tavolino, certe necessità dei singoli confratelli si rischia di non comprenderle bene. Come pure è difficile stabilire un criterio di perfetta uguaglianza, perché le persone, il luogo di abitazione ed altre circostanze determinano difficoltà speciali. Bisogna che noi diamo ai confratelli un minimo sicuro.
Quanto all’altra spinosa questione: per me ho sempre insistito che la questione delle spese, prestiti, ecc. ecc. sia la Caritas, perché mi si fece vedere e capire che era nella possibilità di assolvere ai suoi impegni.
La fabbrica di Tano1 (se si è stato ai preventivi e se riceve, come dovrebbe, l’aiuto dallo Stato) non dovrebbe preoccupare eccessivamente: ma se si sono cambiate le carte in mano e se hanno fatto di più di quello che si era convenuto, non so proprio che dire. Ormai quello che hai dato è dato (anche in questo nuovo aiuto e più non resta che sanare… e saniamo). Le lamentanze dei confratelli (che nonostante le mie raccomandazioni di non parlare di cose amministrative in pratica vedono e sanno) in conclusione finiscono per essere fondate, perché quanto si potrebbe dare e per la Congregazione e per la Missione finisce coll’essere a disposizione di un’Opera, e molti si domandano perché fare molti sacrifici per questa e non per altre.
Il “Kosei” (colonia agricola) in queste condizioni non sarà mai opera salesiana e tutti ormai lo vedono perché non ha una consistenza sua amministrativa.
Ne scrivo a Don Antonio. Certo la riconoscenza che noi dobbiamo all’Ospizio come opera di beneficenza che ci ha dato modo di avere aiuti non possiamo spingerla all’esagerazione di non poter far altro e di non assestare le nostre cose.
Per la libreria avevo fatto la proposta Beppu. Don Cavoli e tu pregaste di sospendere… e sospesi. Se viene gestita dalla Caritas seguirà la sorte. Per Don Braggion gli ho scritto che avrei destinato il Ch. Maki che mi aveva promesso di essere a Tokyo e che non vedo – se non viene (tento telegrafare che vada a Miyazaki) manderemo un altro, pur essendo dolorosissimo sospendere gli studi regolari… glieli faremo fare benché non regolari a Miyazaki ed il Signore mi perdoni tutte e tante infrazioni in tutti i sensi…
Oh, starò davvero in Purgatorio fino al giudizio universale… e anche questo sia per amor di Dio. Prega per me.
Tuo sempre aff.mo
Don V. Cimatti, sales.
1 Le suore della Caritas per poter avere un lavoro per vivere avevano costruito una fabbrica di oggetti di bambù vicino alla chiesa di Tano.