1031 /Ricaldone Pietro BS / 1932-12-16 /
a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani1
Miyazaki, 16 dicembre 1932
Amatissimo Padre,
All’approssimarsi della fine dell’anno, mentre volano pel mondo gli auguri di pace, di prosperità, di felicità espressi in tutte le forme, in tutte le lingue, mentre da tutti si tirano le somme dei conti, si fanno i bilanci – anche i suoi figli lontani si uniscono a questo coro mondiale, ed augurano a Lei, ai Superiori amatissimi, ai fratelli ed amici, allo stuolo dei cooperatori e cooperatrici ogni bene possibile, le più elette benedizioni del cielo – anch’essi vogliono fare il loro bilancio. Passività? Molte dal punto di vista materiale. Ma davvero non c’è da preoccuparsi, il primo vero missionario, dietro cui hanno camminato gli apostoli e i grandi eroi dell’apostolato, ha dato l’esempio perentorio… Non abitazione propria; alimento quotidiano ottenuto elemosinando; insidie continue da nemici; incomprensione degli insegnamenti da parte dei suoi stessi amici, fra cui un traditore… Via!
Nessuno dei missionari attuali si trova in queste condizioni, e beati noi quando vi ci dovessimo trovare! La nostra S. Madre Chiesa, il Papa, la Congregazione nostra, la Cristianità intera, pensano ai missionari, e la Provvidenza di Dio, per mezzo di questi suoi ministri, in eleganti manifestazioni quotidianamente viene in aiuto.
Attività! I suoi figlioli (e sono santamente orgogliosi di segnalarle all’ordine del giorno tutti i missionari nostri) fanno del loro meglio per attivarsi e per attivare. Il campo di lavoro è esteso, arido, tenace anzi che no, ma nel nome di Dio si prosegue – sotto il manto di Maria Aus. e la vigile guida di Don Bosco si cammina.
Le piccole cristianità, le adunanze quotidiane o settimanali dei ragazzi, gli oratori, doposcuola o scuole serali funzionano. L’asilo, la scuola tipografica – l’ospizio per i poveri vecchi e sofferenti sono ormai un fatto compiuto, e spero presto poterle annunziare l’assetto definitivo in sede propria di ciò che forma il massimo desiderio della missione, la pupilla degli occhi nostri, la Speranza della messe abbondante avvenire, voglio dire del piccolo Seminario.
E di tutto questo bene, dopo Dio, dobbiamo dire grazie ai nostri Superiori e ai benefattori.
BILANCIO PREVENTIVO? Il compianto Mons. Versiglia era solito dire: “I missionari quando non hanno i mezzi fanno progetti – mettono in esecuzione quando hanno i mezzi”.
Credo che i suoi figli del Giappone quanto a progetti battono il record fra i fratelli in apostolato. Abbiamo già dato il nome ad una mezza dozzina di chiese da costruire – già vediamo scuole professionali un po’ dappertutto, e non solo negli stretti confini della missione – già sogniamo le realtà future. Ed è certo che, se abbiamo fede, si realizzerà assai più dei progetti fantasmagorici del momento.
Andiamo raccogliendo con cura la storia gloriosa della missione a noi affidata, ed è bello pensare che l’apostolato del Saverio si esplicò personalmente dal settembre al novembre del 1551 proprio nell’attuale nostra missione, ad Oita. Altrove egli parla e predica per mezzo degli altri, ma ad Oita si trova solo di fronte al principe Otomo, solo di fronte alla prepotenza dei bonzi – con essi disputa – li riduce al silenzio – si avvince in modo indissolubile di amicizia il principe, che si fa protettore della religione. Oita, prima che si scatenino le terribili persecuzioni, è il centro a cui arrivano le spedizioni dei missionari (l552-1563), in cui trovano sicuro rifugio i dispersi delle guerre civili e delle persecuzioni. I Gesuiti vi fondano l’Ospedale (l558), la prima scuola (l560), lo studentato per la filosofia e teologia, centro formativo dei catechisti della missione giapponese e al Sud di Oita (Usuki) – il Noviziato (1580) con 65 novizi.
Fiorenti cristianità, opere cattoliche distrutte dagli invasori nelle guerre civili e dalle persecuzioni. Ecco il preventivo che abbiamo davanti: ricostruire, riattivare quanto l’anima ardente del Saverio e dei suoi continuatori aveva così ampiamente edificato. Oh, potessimo riuscirci presto!
E se poi volgo lo sguardo alla parte meridionale della missione, alla zona di Miyazaki, al centro della nostra cara missione (da cui partì per la conquista il grande unificatore del Giappone, capostipite della dinastia attualmente regnante), si riempie il cuore di gioia e di speranza. Vaste plaghe incolte che dissodate si popolano, fertili piani sempre più intensamente e razionalmente coltivati, città che si ingrandiscono e modernizzano, rifiorire di vita, di attività, di commercio, di progresso in ogni senso. Bel campo da dissodare cristianamente, in cui suoi figli diffondono la buona novella. Ah, fossimo in maggior numero, più e meglio attrezzati! O Signore, che il tuo regno si diffonda. Che le schiere dei giovani vengano a te, e fatta nuova la generazione giovanile, si rinnovi in senso cristiano questo gran popolo! Ecco il nostro ideale, il nostro sforzo continuo, il programma che passo passo, tentiamo di svolgere.
L’affrettare tale avvento dipende certo da Dio e dalla cooperazione di tutti i buoni; invocata e desiderata cooperazione, che è il continuo ritornello con cui si chiudono le lettere dei missionari.
Amato Padre, ci ricordi tutti e ogni giorno all’Ausiliatrice nostra e a Don Bosco.
Don Vincenzo Cimatti, sales.
1 R. M. 425: manoscritto, inedito.