32 / Albera Paolo / 1920-12-3 /
a Don Paolo Albera, Rettor Maggiore dei salesiani
3 dicembre 1920
M. R. Sig. Don Albera,
È la festa del S. Patrono dei missionari e voglio cogliere l’occasione, unitamente a quella della nostra Pentecoste, della nascita cioè della nostra Congregazione nelle braccia della nostra buona Mamma, per protestare a Lei i sensi della mia vita salesiana, a Lei che è il nostro duce e il nostro padre.
Se ogni giorno prego per Lei, è in modo speciale in questi santi giorni che la ricordo; voglia gradire il povero omaggio, e la bianca Mamma lo avvalori colle sue benedizioni.
Ed un altro argomento di gioia, gioconda l’animo mio: sono entrato nel 25.mo della mia professione e intendo in tutto quest’anno, mentre nella quiete del mio cuore ringrazio il buon Dio, rinnovare a mille doppi il fervore, correggere le molte deficienze, rinascere ad una vita più salesiana. Oh, come confido nelle sue preghiere, nelle sue esortazioni: mi aiuti, mi aiuti.
È a Lei per il primo che do l’annuncio e desidero che Lei solo lo sappia. Chissà che il Signore non mi conceda proprio in quest’anno la grazia desiderata delle missioni.
Creda, amatissimo Sig. Don Albera, che ormai il mio pensiero è là, ormai non mi sa di attraente se non l’attività apostolica. Oh, quanti castelli, quante immaginazioni, quante preghiere. Vivo specialmente nell’esercizio del sacro ministero, in mezzo ai miei poveri selvaggi abbandonati… Quando il Signore ascolterà il mio povero: “Ecce ego, mitte me”?
E sono talmente sicuro di riuscire a carpire al Signore la grazia che per me è un pensiero evidente, naturale.
Certo ho ancora da lavorare assai a santificarmi, ma quella vita purificherà certo molte delle mie miserie.
Che vuole! Non le nascondo, mi nausea ognor più la vita convenzionale, non sempre sincera, in cui debbo vivere, specialmente in relazione alle autorità scolastiche governative.
Aria, aria pura di altre terre, lavoro faticoso assiduo, se no vegeto e imputridisco; in mezzo alle miserie materiali e morali… e mi pare che sarò felice quanto più saranno tediose, miserabili, infelici… Ecco quello che forma da venticinque anni il mio desiderio: ecco quello che imploro da Dio per mezzo dei miei Superiori. 33
Oh, preghi, preghi per l’anima mia e disponga il buon Dio per il bene mio quanto crede: sono pronto e rassegnato a tutto.
Accolga questi poveri sensi, anche come auguri per le prossime feste natalizie, che anche a nome dei colleghi del corso normale e di tutti gli allievi maestri, Le presento.
Affido la presente al Santo dei Missionari, alla nostra Mamma Immacolata e al S. Cuore di Gesù in questo giorno a Lui sacro. Mi benedica e preghi per me.
Dev.mo
Don Vincenzo Cimatti, salesiano
33 Era un suo desiderio fin dal noviziato.