1016 /Tirone Pietro / 1932-11-4 /
a Don Pietro Tirone, Direttore Spirituale Generale
Takanabe, 4 novembre 1932
Rev.mo ed amatissimo Sig. Don Tirone,
Grazie della sua del 10/8/32. Mi accenna ad una lettera spedita settimane fa: è probabile sia una scritta ai chierici del 14/9/32? D’altro non ho ricevuto nulla ancora.
Siccome la residenza abituale è Takanabe, è meglio in altre occasioni faccia dirigere qui. Grazie! Mi permetta di dirLe: “Oh, se tutti facessero così verso questo povero prete, come si andrebbe bene… E costerebbe poco… rispondere”.
Ho racimolato le foto che desidera, così potrà deliziarsi nei nostri volti e pregare un po’ più per noi, bisognosi davvero in tutti i sensi. Quanto a Don Liviabella desidero chiarire:
Il babbo manifestò al sottoscritto il disturbo del figlio per lettera alla vigilia della partenza (non so se al Noviziato e nelle case abbia avuto attacchi): mostrai la lettera al Sig. Don Rinaldi che mi disse: “Ormai non si può fermarlo. Vedremo!”.
Gli attacchi fortunatamente non sono frequenti. Quando però non sta attento circa le regola d’orario per dormire o piglia freddo al mattino (specie d’inverno) è facile che cada. In dieci minuti in generale passa tutto e può riprendere il lavoro. Succede piuttosto al mattino. Non so dire bene se gli sia venuto qualche volta in actu Missae (forse una volta o due in principio della Messa). Ma sta lunghissimi periodi senza averli e non sono attacchi violenti: cade, dorme un po’ e può ripigliare il lavoro.
Per me penso che erit error peior priore il dirgli la cosa – dato lo stato lieve del disturbo, che non pare si può catalogare più che nel gruppo epilettico (benché ci siano tutti i sintomi) in quello più generale di disturbi nervosi.
Ad ogni modo per me non mi sento davvero di dargli ordini in proposito essendo fatto al Vescovo la facoltà di permettere “prudenti Ordinarii judicio” preferisco per ora scegliere questa via.1
Se Lei la ritiene sbagliata o irregolare, prego i Superiori richiamare il confratello et videant consules.
Sono sette anni che ne parlo ai Superiori nelle note quasi mensili che sono solito dare dei singoli. Lei ora giustamente mi tira fuori il Canone. La disposizione (creda) lo farebbe diventare epilettico (se non lo è).
È con senso di nostalgia che odo l’annuncio della partenza dei 166 nuovi missionari. Strano che non se ne sia trovato uno che potesse venire fin qui. Fiat voluntas Dei. Ho scritto a lungo al Sig. Don Berruti anche di questo.
La prego di una vera carità. Dal mese di agosto il confr. Lucioni ha scritto al Sig. Don Ricaldone una lettera in cui per ragioni gravissime (mi dice) domanda il rimpatrio. Siccome la cosa è direttamente trattata coi Superiori – e Don Cimatti pensa che sia da esaudirsi e presto – è per il bene di un’anima – veda di accennare anche Lei la cosa al Sig. Don Ricaldone (cui da tempo ho scritto anch’io).
Anche per telegramma un semplice sì, capisco. Veda di aiutarci… E in Capitolo tiri pure la satira: “Ah, se rispondessero sempre e subito, come tante cose andrebbero bene…”.
Preghi per questo povero prete.
Suo aff.mo
Don V. Cimatti, sales.
1 Don Cimatti difende Don Liviabella. In altra lettera, date le insistenze di Don Tirone, citando il suddetto canone dirà: “E qui l’Ordinario sono io!”. E con questo finisce la questione. Don Liviabella, nella sua semplicità, laboriosità e bontà, è stato uno dei missionari più stimati e amati del Giappone.