1661 / Ricaldone Pietro / 1936-5-3 /
a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani
3 maggio 1936
Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,
Ricevo la sua carissima dell’11 Aprile e la tiratina d’orecchie. Dal Padre si pigliano anche le bastonate. Desidererei sfatare (ma non so come fare) le dicerie che “Don Cimatti scrive qua e là che i Superiori non rispondono”. A me non consta di averlo fatto – se fu fatto, l’ho fatto qualche volta coi superiori, su questioni in cui urgeva soluzione che non volevamo prendere da noi – non ho coscienza di averlo fatto con altri. Che interesse devo avere a scriverlo ad altri, mentre sono i Superiori che devono risolverle tali questioni? Beh… Beh… Ne hanno dette e ne dicono tante… Laetare et benefacere… E lasciar cantar le passere…
Per la questione finanziaria… Penso che siamo figli di Don Bosco, saremo sempre come siamo ora… e finché Don Cimatti dovrà fare quel che fa, assillerà sempre i Superiori e tutti… Unico dispiacere di non saperlo fare come Don Bosco – nelle sue proporzioni – nei suoi risultati. La frequente lettura della vita di Don Bosco mi eccita a fare ancor di più su questa linea (cioè propaganda, insistenza, ecc…) perché ho bisogno di tutto e di tutti.
Senta, amatissimo Sig. Don Ricaldone, mi ferisce il cuore “abbiamo la pena di udire ad ogni momento che non vogliano fare”. Non penso che Don Cimatti ad ogni momento dica così: no, no. Per me è chiaro questo:
Troppo poco si conosce il Giappone e l’anima giapponese anche dai nostri cari Superiori.
Al momento siamo nelle condizioni più felici per impostare bene le opere (parlo della nostra Pia Società), prima che svolte inopportune mettano dei bastoni nelle ruote (l’avvenire è nelle mani di Dio!).
In Giappone o seguire la tattica giapponese nelle loro conquiste territoriali, commerciali, intellettuali… (avanti sempre… sempre più e meglio…) o non concludere. È il programma di Don Bosco e del Papa (naturalmente applicato al bene).
La missione e le opere nostre sono in Giappone: dunque mezzi proporzionati a questa grande nazione.
Questo è quello che pensiamo noi. La finale della sua lettera: “Sui piani attuali della Provvidenza” è chiarissima, e le confesso che fu sempre il povero mio pensiero. Lavorare con serenità di spirito, con pace ed allegria del cuore – mi pare che ci sia pure. La questione dell’impossibilità dei Superiori a venirci in aiuto et similia è affare loro, ma ciò non impedisce che noi si domandi e che i Superiori studino le forme di venirci in aiuto, e ce ne sono tante.
Per le questioni burocratiche di conti ecc. scrivo al Sig. Don Giraudi. Non si spaventi, amatissimo Sig. Don Ricaldone, di dover trattare questioni finanziarie: una buona metà, se non i tre quarti della corrispondenza del nostro Don Bosco, sono proprio su questo tema e su temi burocratici (denaro e burocrazia… le cose più seccanti quando non si ha il primo e quando si ha da fare con la seconda). Il Signore ci aiuterà.
Dunque? Mi chiami a far il Segretario, e ne guadagneremo tutti. Nel mese di Maria voglia pregare in modo speciale per il
Suo aff.mo
Don V. Cimatti, sales.
P.S. Il nostro bravo Don Arri è in via di guarigione perfetta. Se continua così fra due mesi uscirà dall’ospedale e potrà entrare in vita di comunità. Deo gratias. Gli altri confratelli in generale (quelli della missione) stanchi, ma speriamo nei rinforzi.
La promessa visita del Superiore nel 1935 non l’avremo forse nemmeno nel 1936? E quanto sarebbe necessarial
Come verrei volentieri a far da segretario al posto del caro Don Gusmano! Oh, come andrei volentieri allo Studentato come maestro di musica e altre materie! Saranno realtà possibili? Certo se Dio vuole e con Lui se lo vuole il Rettor Maggiore. Oh, come tutto andrebbe bene in terra giapponese, perché il guastamestieri è sempre solo l’incorreggibile figlio suo
La dolorosa notizia di Shillong1 ci mette in unione spirituale più intensa con quei cari confratelli così duramente provati dal bacio del Signore.
1 Erano stati vittime di un grave incendio che distrusse la Cattedrale, ecc.