3189 / Humbert Claude / 1945-5-3 /
a Padre Humbert Claude, segretario di Mons. Marella
Tokyo, 3 maggio 1945
Rev.mo Padre,1
Rispondo alla sua graditissima del 27/4 in italiano, perché mi riesce più facile lo scrivere senza errori e perché il buon Padre Humbert Claude capisce assai bene l’italiano.
In primo luogo grazie di cuore di quanto farà per venire in aiuto alla povertà salesiana. Il Signore mi ha sempre aiutato, e sono sicuro che anche questa volta non verrà meno, tanto più che la soluzione dello sfollamento fu determinata dalle premurose insistenze di S. E. il Delegato e dall’Arcivescovo Mons. Doi: Vir oboediens loquetur victorias, e quindi il Signore mi darà vittoria sui debiti, che necessariamente ho dovuto fare.
Quanto al resto un dispiacere profondo per aver rammaricato il cuore di S. E.
La mia lettera intendeva essere uno sfogo filiale e confidenziale con S. E. il Delegato. Sua Ecc. Mons. Doi era già stato da me informato in precedenza, né penso che sia rimasto male, tant’è vero che, giorni or sono, ci siamo parlati quanto mai amichevolmente – anzi non l’ho mai veduto così affabile e paterno, mi assicurò che dal Centro non era mai partito simile ordine, ecc.
Ero andato per concordare insieme la lettera che dovevo scrivere al Prefetto della Provincia di Miyazaki, con cui siamo in ottime relazioni (idem con tutte le altre autorità), che chiede ai Salesiani l’uso della Cappella o del salone del Seminario per i cristiani, essendo stata la missione occupata dalla gendarmeria. Approvò quanto avevo in animo di scrivere ecc. e non mi parve davvero per nulla nelle condizioni di apprensione di cui parla Lei nella lettera (che io non avevo ancora ricevuto, se no gli avrei dato tutte le spiegazioni).
D. Cimatti non ha mai pensato alla xenofobia di Mons. Doi, con cui sono sempre stato in intimissime relazioni: ci ha affidato la parrocchia di Mikawajima, anche solo poco tempo fa ha autorizzato al ministero due preti italiani, si va alla domenica ad Azabu, Koenji, a S. Teresina (Kojimachi) fin che ci fu – siamo cappellani e confessori alle Adoratrici del SS.mo Sacramento e abbiamo la parrocchietta di Itabashi…
Come mi possono venire in mente pensieri xenofobi?
Quanto alla carità che domandavo, non ho certo domandato Yen centomila. Come si fa a domandare tal somma? Ma come uso fare con tutti (anche con i buoni fratelli di Maria) se in qualche modo poteva aiutarmi… Mi disse che non poteva e gli risposi non si allarmasse, ringraziando di cuore della buona volontà.
È il nostro sistema salesiano: in necessitatibus, si domanda. Concedono? Deo gratias. Non possono o non vogliono dare? Amici come prima; e si cerca altrove.
Posso dirLe che a tutt’oggi per questa questione il Signore mi ha già inviato più del necessario stesso, e così forse potrò cominciare a pagare i miei debiti contratti per questo.
Oh, buon Padre Humbert Claude mi aiuti a ringraziare la Provvidenza! Purtroppo chi non è come noi religioso non può comprendere e capacitarsi di queste cose e delle eleganti disposizioni della Provvidenza a nostro riguardo. Deo gratias!
Concludendo: non trovo materia di apprensione per parte mia verso Mons. Doi, né di Lui verso di me: ho sempre agito nelle questioni in pieno accordo.
Lei, caro Padre, conosce lo stato delle nostre cose a Miyazaki – non si capisce perché debbano trattare così, e solo a Miyazaki debbano trattar così.
Si potrebbe lavorare, fare un po’ di bene, aiutarci fraternamente. Nessuno di noi si lamenta che in questi momenti le autorità piglino chiese, opere, ecc. È così in tutto il mondo.
Anche a Mikawajima hanno domandato, e di comune accordo e cordialmente ci si aiuta e si cerca di non cessare quel poco che si può fare, e tutti, autorità e cristiani sono contenti: ci si guadagna spiritualmente e materialmente.
Ma questo non riusciamo a capire, che mentre le autorità civili di Miyazaki si rivolgono a noi, domandando di prestarci per aiutare i nostri cristiani, dall’altra parte non si venga incontro per timore dello straniero, ecc., e si spargono tra i cristiani delle bugie (è la parola che mi diceva Mons. Doi) del genere che ho riferito. Io mi domando se costoro capiscono la responsabilità delle anime – ed io mi domando (non lo dica a S. E.) se costoro possono in coscienza celebrare la S. Messa, ecc., posto che non siano in buona fede, o in una inesplicabile ignoranza o aberrazione mentale.
E quello che addolora di più è che in spiritualibus fanno così, in materialibus non hanno paura di comunicare con gli stranieri: se si tratta dell’auri sacra fames, oh, non hanno timori di sorta e… pretendono, ecc. ecc.
Come dissi, mi dispiace del dispiacere di S. E.; Lei, caro Padre, gli faccia capire, nelle forme che crede bene, delle ottime relazioni dei salesiani e di D. Cimatti con Mons. Doi, e grazie a Dio, mi sembra con tutti.
Lei come religioso, capisce lo spirito di questa lettera, e quante altre cose potrei dire.
È il bel mese della Mamma nostra. I poveri salesiani di D. Bosco augurano ai buoni fratelli Marianisti ogni bene, sanità e santità per le mani della Mamma.
All’occasione ossequi cordiali agli altri fratelli, all’antico superiore provinciale ed al buon Padre Tagawa.
Oremus ad invicem.
Suo nel Signore
D. V. Cimatti, sales.
P.S. Se crede annunzi a S. E. che la famiglia dello studentato ormai è traslocata a Nojiri.
Sto cercando anche per la Scuola D. Bosco che però ha i suoi impegni; finché ci lasciano, e c’è lavoro (e ce n’è) si sta sul posto.
D. Cimatti finché lo lasciano, e finché non è tutto a posto, non si muove e pensa anzi di fermarsi. Lavoro di ogni genere ce n’è: dunque avanti nel Signore.
La parte libera dello studentato fu affittata alla grande Editrice “Kenkyusha”, così ne approfitta anche la scuola professionale D. Bosco per lavori, ecc. Deo gratias!
1 La precedente lettera a Mons. Marella venne da Lui ricevuta nei pressi di Hakone deve era sfollato il giorno 24/4 (era stata scritta il 20/4). Fece rispondere al Segretario P. Humbert Claude, Marianista, rimasto a Tokyo.