247 /Rinaldi Filippo BS/ 1927-3-12 /
a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani
Miyazaki, 12 marzo 1927
La nuova residenza di Oita
Amatissimo Padre,
Sono ritornato da Oita dopo di aver insediato i nostri cari confratelli Don Tanguy, Don Margiaria e De Mattia nella nuova loro dimora.
Era l’anniversario della morte del nostro Savio Domenico. Dopo di essere stati salutati da alcuni cristiani fuori della stazione, ci dirigemmo alla casa della Missione. Qui giunti, dopo aver pregato e consacrato noi stessi e le anime a noi affidate al Signore, Don Margiaria, sempre zelatore di Savio Domenico, fece a tutti la gradita sorpresa di trarre fuori dalla cassa la statuetta del nostro santino, e, messala in luogo eminente della casa, gli affidammo la gioventù della nostra missione.
Intanto in santa povertà e semplicità salesiana iniziammo l’opera nostra mettendo a posto le nostre povere masserizie.
Contrasti
Il giorno dopo ricorreva l’anniversario della vittoria giapponese sui Russi, che ad Oita festeggiavano con una dimostrazione militare in grande stile, alla quale partecipavano l’esercito, le scuole e numerosi spettatori. E si udivano dappertutto spari a salve di fucileria e di cannoni, il crepitìo delle mitragliatrici e lo scoppio dei petardi. Era un accorrere continuo di pattuglie e uno sventolare fitto fitto di bandierine, che davano l’idea di una vera battaglia. I fanciulli, a frotte, guidati dai loro maestri, accorrevano a veder lo spettacolo, e la folla dai punti più eminenti osservava estatica. Così il popolo giapponese viene mantenendo quello spirito di fierezza combattiva che ha nel sangue, e che è anche una delle sue caratteristiche. In mezzo a tanto frastuono, e gioia di cuori e gaiezza di vita, resa più brillante dal bel sole primaverile, dal bel mare, dai variopinti abiti e dal sorriso che fioriva su tutti i volti giapponesi, i poveri figli del Ven. Don Bosco, oggetto di curiosa ammirazione, passavano per le vie pensierosi, dominati da strani contrasti di idee, che si affollavano nell’anima loro. Da un lato apparecchi di guerra, che vinsero un popolo e manifestarono la potenza di un altro: un fremito di vita che viene rinnovandosi in questo gran popolo, conscio della sua gloria anche nel campo delle armi; dall’altro i piccoli figli del Ven. Don Bosco che con ben altre armi si apprestano alla pacifica conquista delle anime.
Ricordi lontani
Dando uno sguardo attorno su questa città, che dai colli si stende giù al mare, in una splendida riviera, pensavo all’apostolo del Giappone, a S. Francesco Saverio.
Verso la metà di settembre del 1551, S. Francesco Saverio sbarcava a Funai, l’antica Oita, aderendo ai reiterati inviti di Otomo Yoshishige, il daimyo più potente del Kiùshù e uno dei più grandi del Giappone. Otomo, giovane allora di vent’anni, sentì subito una viva affezione pel Santo; l’accolse con tutta l’affabilità di cui i Giapponesi sono maestri insuperabili.
Affetto simile sentì pure per questa giovane anima S. Francesco, e da quel giorno Otomo, che significa grande amico, fu davvero il più grande amico che il Santo abbia avuto fra i Giapponesi. I vecchi autori raccontano l’entrata trionfale di S. Francesco Saverio a Funai e come fu ricevuto da Otomo. I Portoghesi dal porto lo salutarono con quattro salve di artiglieria. Il daimyo lo ammise alla sua tavola, ed ascoltava con piacere l’esposizione della dottrina di Gesù Cristo; permise al Santo di predicare per i suoi Stati ed emanò perfino degli editti per la riforma dei costumi dei suoi popoli. In quarantasei giorni di permanenza, predicando incessantemente alle folle, S. Francesco vien facendo numerosi proseliti, converte un bonzo famoso che lo aveva sfidato ad un pubblico contraddittorio. A questa conversione ne seguono altre 500. Ma per affrettare la sua andata in Cina, S. Francesco deve prendere congedo. Già sta per imbarcarsi, quando i bonzi, temendo di perdere terreno, sfidano il Santo ad un nuovo solenne e pubblico contraddittorio. Egli accetta. L’avversario a corto di ragioni, si lascia andare a tali invettive, che solleva contro di lui l’indignazione generale. Si chiudono i templi in segno di protesta, ma tre mila persone sobillate dai bonzi, si presentano al palazzo del daimyo, che sceglie cinque di loro per discutere di nuovo collo straniero. Tre giorni durano le discussioni: la vittoria è decretata al Cristianesimo. Con questa vittoria l’Apostolo del Giappone, dopo 26 mesi passati fra queste nascenti cristianità delizie dell’anima sua, dopo avere rigenerato nel battesimo migliaia d’infedeli, guadagnato a Gesù il cuore di molti principi e confusa l’idolatria nell’orgoglio dei suoi capi, inalberava in mezzo ad un nuovo popolo lo stendardo di Gesù Cristo.
La stessa sera andai a salutare i confratelli di Nakatsu, e all’indomani rifeci il lungo tragitto per ritornare a Miyazaki. La Missione affidata ai Salesiani ricorda, colla provincia di Miyazaki, ai Giapponesi tutti le antiche tradizioni delle loro origini e le glorie del primo imperatore del Giappone Gimmu-Tenno, fondatore della dinastia ancora attualmente regnante, e richiama specialmente nei Giapponesi cristiani l’apostolato di S. Francesco Saverio nella fiorente cristianità di Oita. Questi ricordi, innestandosi bellamente nelle anime di tutti i Giapponesi a noi affidati, valgano colla grazia di Dio, che non mancherà, e colla pratica di una vita veramente cristiana a trasformarli e a formare di loro le delizie del cuore di Dio.
Tutta la famiglia salesiana questo e solamente questo desidera. Concorra adunque con un sol cuore, con una sola potente forza a trasformare nella realtà questo santo desiderio colla preghiera e cogli aiuti di ogni genere.
Padre, come è bello, come è consolante in questa ardua impresa sentirsi fiancheggiati da una falange di anime ardenti e generose! Fratelli, allievi, cooperatori nostri, vi benedica e vi ricompensi il buon Gesù, come vi prega dal più profondo dell’anima il vostro beneficato
Don Vincenzo Cimatti
Missionario Salesiano