343 /Filippo Rinaldi BS / 1928-4-4 /
a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani
Le scuole in Giappone1
[4 Aprile 1928]
Amatissimo Padre,
Vari amici desiderano sapere qualche cosa sul tema “Istruzione in Giappone”; eccomi ad accontentarli come meglio mi è possibile.
Non ultima causa dell’attuale grandezza di questa nazione per cui lavoriamo, è certo l’impulso immenso dato all’istruzione. Quando si pensi che un cinquanta anni fa il Giappone non aveva scuole e che ora possiede un sistema scolastico, si può dire perfetto: che i fanciulli si recano a scuola come a una festa, perché la scuola ha in sé e intorno a sé quegli annessi e connessi che valgono a farla amare; che la famiglia e il governo con le esortazioni, con leggi severe la fanno valorizzare in tutte le maniere, v’è certo da rimanere meravigliati.
Il più bel fabbricato, il più bel recinto e verdeggiante di qualsiasi paese o villaggio di qualche entità è quello della scuola.
Credo che non è esagerato il concetto di chi asserisce che la stampa e la scuola sono i massimi fattori della cultura e dell’evoluzione attuale dell’Impero del Sol levante.
Risalendo nei secoli remoti e anche quando in Giappone si trapianta il pensiero e la scrittura cinese, il sapere era monopolio dei nobili, della Corte e dei bonzi. Bisogna fermarsi al secolo XVII per trovare gli inizi delle scuole. Gli Shogun Tokugawa aprono a Tokyo delle scuole per i giovani Samurai, analoghe alle scuole dei nostri castelli feudali per l’educazione dei giovani cavalieri.
I signorotti (Daimyo) imitarono gli esempi dei capi supremi fondandone delle analoghe nei loro rispettivi domini.
L’istruzione del popolo fu affidata ai bonzi, ed era impartita nei templi. Leggere, scrivere e far di conto sono anche in Giappone i primi rudimenti del sapere. Per l’educazione dei giovani samurai, gli Shogun non solo sorvegliavano la scuola, ma imponevano i principi direttivi, cioè “unificazione assoluta di tutte le menti e le volontà nello Stato”.
All’epoca della restaurazione (1868) tutto è da ricostruire. L’impulso dato dal nuovo governo è seguito con voluttà dal popolo, ed ecco sorgere il fiorente regime attuale dell’istruzione pubblica in Giappone, che calcato sul sistema franco-americano ed ogni anno migliorato, nelle sue quattro branchie fondamentali “scuola elementare, secondaria, professionale e superiore”, dà al mondo intero lo spettacolo di una organizzazione perfetta, desiderata ed attuata pienamente colla cooperazione volenterosa di tutte le forze nazionali.
Ad es. alle feste scolastiche?!… ma tutti accorrono, portando il loro contributo di giocondità, di consiglio e anche di sussidi materiali. Ed in esse gli scolari danno saggio davanti alle autorità, ai parenti, agli ex-allievi, di canto, di danza, di suono, dei loro giuochi, dei loro lavori e… preparano anche agli ospiti che lo desiderassero un modesto pasto, consumato a beneficio della scuola.
Ho nominato appositamente gli ex-allievi, ché la loro organizzazione è pure assai fiorente. Si mantengono per lettera e di presenza, in contatto colla scuola: organizzano feste a beneficio della medesima, e la festa della separazione a fine d’anno è una delle più commoventi che si possa immaginare per il contenuto spirituale che la vivifica.
Vedeste, amici cari, gli “undokai” [saggi ginnastici (ginnici)] organizzati dalle varie scuole. È una festa di colori, di canti, di esercizi, di gioia, che sprizza da tutti i volti, da tutti i cuori e che durano anche più giorni negli immensi campi sportivi che fiancheggiano ogni scuola anche modesta.
È dunque capibile l’effetto che si ottiene in un popolo così avido d’istruirsi e a cui si prodigano i mezzi opportuni. È così pure chiaro l’effetto che si vuole dallo Stato ottenere colle disposizioni sui libri di testo, sull’insegnamento della religione e della morale.
Nella scuola elementare obbligatoria sono materie di insegnamento: morale, lingua, aritmetica, storia, geografia, disegno, elementi di scienze, canto, ginnastica, lavoro manuale o lezioni di commercio o d’agricoltura (secondo dei bisogni).
I libri di morale, lingua, storia, geografia e disegno sono per tutto l’impero uguali e pubblicati dal Ministero dell’Istruzione pubblica; la scelta degli altri è libera, ma nessun libro entra in nessuna scuola senza la previa approvazione del Ministero.
Quanto all’insegnamento religioso, ufficialmente la neutralità deve essere rigorosamente applicata in tutte le scuole pubbliche e private, in ogni grado d’insegnamento. Va prendendo piede l’idea che per un popolo che vuol essere forte non si possa lasciare in disparte la religione.
“L’impero del Giappone è fondato sul culto degli dei fondatori della nazione e sul culto tradizionale reso agli antenati. Principio massimo della morale è la fedeltà al Sovrano e l’obbedienza ai genitori: scopo dell’una [e] dell’altra è il mantenimento della dignità nazionale e la prosperità della famiglia e della nazione”.
I libri di testo sono appunto compilati su questi criteri direttivi (fondamento del[lo] Shintoismo) e insieme materiati delle idee della ricompensa in una nuova incarnazione dopo la morte, e l’illusione e del nulla delle cose umane (fondamento del Buddismo).
L’insegnamento della morale è basato sul Rescritto imperiale del 1890, illustrato colla vita dei personaggi più famosi, con esempi di buona condotta naturale o con sentenze per formare il carattere dei futuri cittadini.
La parola dell’Imperatore in principio d’anno e nelle grandi solennità della nazione viene in tutte le scuole ripetuta fra il profondo rispetto degli allievi.
“O nostri giovani sudditi, siate amorevoli con i vostri genitori, affettuosi con i vostri fratelli. Per quanto è in voi fate prosperare la cosa pubblica e promuovete gli interessi comuni. Rispettate sempre la costituzione e osservate le leggi. Se le circostanze lo richiederanno, offritevi coraggiosamente per la salute della patria. Manterrete così la prosperità del nostro imperiale trono, coevo del cielo e della terra”.
Dirò altra volta delle caratteristiche degli altri gradi di scuola.
Per poco che si mediti su questi punti non può non risultare chiaro essere questi anche una delle cause degli scarsi risultati dell’opera missionaria in questa grande nazione. Ed anche questa conoscenza infonda nell’animo di tutti i buoni sempre più forte la persuasione della necessità della preghiera e degli aiuti di ogni genere per questa caratteristica missione.
don Vincenzo Cimatti
1 Dal Bollettino salesiano, Settembre 1928.