2383 / Caviglia Alberto / 1940-4-6 /
+ Miyazaki 6 aprile 1940
Amat.mo D, Alberto,
Viva viva D. Alberto
viva viva in questo dì
al Caviglia offro un serto
di preghiere. Lì per lì
ripensando ai tempi antichi
ben vissuti a S. Giovan
in altri anni ben aprichi
di lavori e senza affan
ripensando la figura
dell’Alberto e compagnon
allorquando “chi non tura”
si cantava con frastuon,
il mio cuore si ridesta
a gran gioia ed emozion
ed in questa bella festa
scioglie lieto la canzon.
O Caviglia, o gran Caviglia
vivi a lungo, a lungo ancor
finché morte non ti piglia
per condurti al tuo Signor.
Ed allora D. Pagella
sul bel tema della lancia
risplendente come stella
e così di seguito, come si faceva allora…
Non pensi che D. Caviglia e gli amici di S. Giovanni siano passati nel dimenticatoio. Più invecchio e più si acuisce l’affetto riconoscente per Lei e per ognuno dei singoli con cui ebbi speciale relazione allora… Ho sott’occhio i nomi di tutti i cari amici di S. Giovanni: nomi di benefattori insigni, di colleghi amatissimi, di allievi indimenticabili, di miei superiori fin dalla mia fanciullezza (oh, mio buon D. Brezza!), di mie guide spirituali (mio ottimo D. Notario!) e di altri che se a quei tempi non erano presenti a S. Giovanni, aiutarono il povero D. Cimatti, sempre (come potrò dimenticare il mio amatissimo D. Vallino?). Insomma se dovessi dire dei presenti ed assenti (i nostri cari morti di San Giovanni) non me la sbrigherei troppo presto. A tutti il grazie e la quotidiana preghiera, anche se non riesco a scrivere a tutti.
E Lei D. Caviglia come sta? La vedo, la penso con frequenza – e prego sempre per Lei.
Mie notizie: le solite – salute buona – lavoro ce n’è, grazie a Dio, sì da non aver tempo ad ammalarsi – per il resto “oh D. Cimatti fa bene” – direi meglio “tenta di far bene” pur non imbroccandone una. Ad ogni modo il Signore mi aiuti a far meno fesserie possibili, ed anche Lei mi aiuti colle sue preghiere, cui tanto ci tengo e conto! Le notizie nostre di un certo rilievo le apprende dal Bollettino. E… avanti! Avanti sempre anche se apparentemente non si vedono risultati. Per me penso che il lavoro missionario in Giappone è un po’ come quello di Roma antica: un bel giorno si sveglieranno e si meraviglieranno di esser cristiani. Oppure mi piace paragonare il lavoro missionario in Giappone a quello delle formiche bianche… insomma in silentio, in spe et in patientia.
Cogli auguri più vivi a Lei e a quanti conosco e anche agli altri assicuro ricordo, indimenticabile riconoscenza, quotidiana riconoscenza.L’abbraccia e bacia il suo aff.mo
D. V. Cimatti