3188 / Ricaldone Pietro / 1945-4-… /
a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani
Rose e spine1
Tokyo, Aprile 1945
Rev.mo ed amat.mo Sig. D. Ricaldone,
Il Signore nelle mirabili disposizioni della sua Provvidenza ci fa passare attraverso a vicende or liete or dolorose, certo per irrobustire la nostra fede, mette a prova la nostra costanza e pazienza per formarci alla vita di carità e sacrificio, proprietà caratteristiche della vita missionaria.
Ci lamenteremmo a torto, pensando alle nostre attuali condizioni di vita materiale e spirituale. Non manca il necessario per la vita; le varie opere, sia pur ridotto il numero di allievi, perché emigrati in luogo più sicuro, o richiamati alle armi, o al lavoro nelle fabbriche, continuano.
Il lavoro in missione pure, ed il Signore non ha lasciato di consolare i missionari colle ambite consolazioni dell’apostolato. Il ritmo dei battesimi conferiti negli anni di guerra è di poco inferiore alla media degli anni precedenti, e cosi la frequenza ai Ss. Sacramenti, anzi in alcune zone accresciuta, come pure il numero dei catecumeni.
Come non benedire il Signore? Gli avvenimenti ci hanno strappato la massima parte dei nostri cari confratelli giapponesi, costretti al servizio militare o al lavoro militarizzato nelle fabbriche. Pensi, caro Padre, al dissesto loro per gli studi, per la loro vita religiosa. La vita militare in paese non cristiano, priva per i nostri di ogni conforto religioso, viene a rivestire difficoltà tutte speciali. Poveri fratelli nostri! Ogni giorno si recitava una speciale preghiera “pro fratribus absentibus” davanti a Gesù prima della s. benedizione. E tentavamo allora con ardente preghiera di essere vicini a loro per aiutarli nei pericoli, per sostenerli nelle difficoltà, auspicando per loro quanto di meglio per il corpo e l’anima loro la fede e la carità fraterna sapeva suggerire. Nei santi trasporti si riandava alle loro vicende e si pensava, di averli accanto a noi, rivedendo volti ben noti e ci pareva di parlare con loro e di goderne, sia pur per pochi istanti, la cara e desiderata presenza.
Ma spine ben più pungenti ci riserbava il Signore. In questo ultimo decennio, acuitosi sempre più lo spirito di esagerato nazionalismo, scoppiò in modo apertissimo durante questi ultimi anni: lo straniero e quanto sapeva di straniero o aveva origine straniera era veduto come un pugno negli occhi, come un cancro che bisognava svellere ad ogni costo.
Quindi pedinamenti, perseguiti in tutte le forme, considerati come spie. La legge delle religioni, se da un lato portò dei buoni effetti pel fatto che fece conoscere la religione cattolica anche nelle sfere governative, se le assicurò un programma di indipendenza economica, e diede alla Chiesa cattolica in Giappone la gerarchia indigena, negli effetti legò allo Stato la Chiesa Cattolica, e in nome dello spirito giapponese (ben difficile a comprendersi in che cosa consista… non lo sanno dire neppure loro) le si fecero richieste che la legarono sempre più allo Stato e le tolsero la libertà d’azione di cui essa ha bisogno per l’esercizio del suo ministero. E questa nuova posizione fu risentita in modo speciale dal missionario straniero in tutti i suoi dolorosi effetti.
Nella nostra missione vi furono luoghi in cui il missionario straniero era impedito di compiere il suo dovere ed i cristiani erano diffidati di aver relazione col missionario. Momenti davvero dolorosi, i più dolorosi della vita missionaria, perché in opposizione e in contrasto colla finalità della vita missionaria stessa.
Non mancavano certo anime belle e forti che, passando sopra alle competizioni politiche volevano ad ogni costo mantenere fede a Dio, alla Chiesa; che vedevano nel missionario straniero, non la nazione, ma il rappresentante di Dio; ma tanti purtroppo facevano provare al missionario la verità del detto evangelico: “et inimici hominis domestici eius”. Oh, davvero che abbandonato patria, parenti, posizioni, prospettive, ecc., per il fine nobilissimo della salvezza delle anime, e trovare ostilità, impedimenti a che questo possa effettuarsi specie in chi più dovrebbe aiutarci, è spina dolorosissima.
Ma il Signore certo vede le ansie, i dolori, le delusioni del suo apostolo… e farà tutto servire alla sua gloria nelle modalità e nel tempo che a Lui piacerà.
E cosi la vita missionaria, materiata di rose e di spine, viene a improntarsi di quelle caratteristiche che la fanno amare ed apprezzare sempre di più.
Oh, ci benedica tutti, ci ami ancor più fortemente, perché tanto bisognosi di aiuti.
Suo
D. V. Cimatti, sales.
1 R. M. 2042: - inedita.