Cimatti|Ricaldone Pietro /1944-6-…

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a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani

Che fanno i Salesiani durante la guerra?1

Tokyo, Giugno 1944


Rev.mo ed amatissimo Sig. D. Ricaldone,


È naturale la domanda, come non è difficile la risposta. Grazie a Dio mi pare che tutti i suoi figli in questo periodo sono stati mordicus ai principi di D. Bosco:


  1. Politica del Pater Noster. Quindi abbiamo continuato nel nostro lavoro missionario salesiano: gloria di Dio, farlo conoscere alle povere anime… Guardati a vista in casa, si faceva catechismo alle guardie… che per curiosità o per mandato assistevano alla predica in Chiesa. Oh, quante volte veniva spontaneo pensare ai prati di Valdocco e a D. Bosco vigilato dalle guardie… e gioconde risatine scoppiavano in faccia alle guardie esterrefatte, che non sapevano rendersi conto della nostra allegria. E quando non si poteva fare niente, si pregava per l’“adveniat regnum” ed il compimento della santa volontà di Dio.

  2. Non ci era permesso di fare dieci, ma solo cinque e meno? si faceva quel che si poteva, ma qualche cosa di bene si è sempre cercato di fare.

  3. Tienti amico il potente perché non ti nuoccia. Grazie a Dio, le nostre relazioni colle autorità civili furono sempre improntate a mutua comprensione, e in pratica si è sempre andati d’accordo. Non mancarono certo asprezze provocate da ordini speciali, o da abusi personali di autorità, o da volgari trattamenti od anche in odium religionis, ma via! dobbiamo dire che altri missionari ebbero a soffrire incomparabilmente più di noi.

  4. Lavorate per la gioventù povera e per il popolo. Fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni. La nostra poveraglia degli asili d’infanzia, degli ospizi, degli oratori… era sussidiata in modo speciale dalle autorità. Povertà negli abiti… Non sarebbe fuori interesse un’esposizione al riguardo… Ci domandavamo se non eravamo fuori regola… sezione giapponese salesiani scalzi… d’estate passi, ma d’inverno… pantofole brevettate… Ah, che roba! Povertà nel vitto!… le manderò una bella relazione al riguardo della povertà del vitto di un nostro missionario… e siamo già nel dopo guerra!


Penso che la prescritta mortificazione del venerdì non aveva da subire modificazioni, paragonata all’apprestamento degli altri giorni… Oh, le cacce notturne ai cani, ai gatti, alle rane… e agli uccelli… Come vede, roba di prima qualità… quando ci si riusciva… Povertà nelle abitazioni… Se non ci requisirono le nostre scuole dobbiamo dire grazie in gran parte a questo requisito, visibile assai bene da tutti.

Non potevamo certo disinteressarci della nostra patria adottiva, e pur malvisti, da molti anche odiati e disprezzati, uniti di cuore e di opere coi giapponesi, si è lavorato nel fronte interno col lavoro assiduo nelle opere nostre per la gioventù povera ed abbandonata e per i nostri cristiani.

Con lettere, con pacchi e donativi, con invio di libri od offerte in denaro si stava uniti ai soldati. Per essi pure o per le loro famiglie si facevano rappresentazioni benefiche, concerti, raccolte di indumenti di lana, ecc. Nei nostri istituti, in quelli delle suore, nell’ospedale cattolico di Beppu sono accettati gli orfani di guerra o soldati tubercolotici.

Preghiere intense ed offerte di sacrifici, educazione dei nostri allievi cristiani allo spirito di risparmio e di sacrificio; unione intima colle autorità in quanto può servire al vantaggio comune. Il buon cristiano è necessariamente un buon cittadino, e noi abbiamo cercato di inculcarlo colla parola e coll’esempio ai nostri dipendenti. L’avvenire è nelle mani di Dio: la preghiera nostra quotidiana: “Venga, o Signore, il tuo regno. Sia fatta, o Signore, in tutto e per tutto la tua santa volontà”.

Suo nel Signore

D. V. Cimatti, sales.

1 R. M. 2031: manosc. : evidentemente è stata scritta a guerra conclusa.