1289 berruti |
1289 /Berruti Pietro / 1934-8-8 /
1 a Don Pietro Berruti, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani |
▲back to top |
Miyazaki, 8 agosto 1934
M. R. ed amat.mo Sig. Don Berruti,
In risposta alla sua carissima del 8/7/34 in relazione alle decisioni dei superiori per lo studentato filosofico teologico e noviziato: quid respondendum?
Capisco che si va alle calende greche in qualsiasi soluzione e… pazienza.
Anche per lo Studentato teologico cominciamo le stazioni come il primo Oratorio di Don Bosco, dico anche per lo studentato teologico, perché siamo ancor in aria per quello filosofico.
Ormai i Superiori hanno approvato Hong Kong. Ha per noi molti molti inconvenienti (e se ne vedranno le conseguenze dopo), ma ad ogni modo almeno lo studio – penso – l’abbiano come si conviene e Deo gratias! Per iniziare Tokyo, a) ci vuole la casa; b) i Superiori mi dicono di pensare ad un vero direttore di Teologi, e non ne ho, non ne ho, non ne ho.
La base è sempre la stessa, in che modo i Superiori possono aiutarci per mezzi e personale? Dei mezzi non si parla – del personale “al presente né lei, né noi ne abbiamo disponibile” quindi niente studentato salesiano.
Per la combinazione Seminario di Tokyo per quest’anno essendo ormai combinato con Hong Kong, studieremo la possibilità per il prossimo anno. Ma rimane la scelta del Direttore dei teologi.
Concludendo: finché non ci sono e mezzi e personale non so come fare per queste opere che sono pure necessarie. Per alcuni giapponesi ho fatto fare i voti privati, a due ho messo la veste e mi hanno tenuto su tutto il Seminario. Uno lo mando ad Hong Kong per la teologia.
Capisco, sono irregolarità, ma mi dica Lei, come debbo fare. Tutto questo personale che queste opere richiedono da dove lo prendo? Dalla Missione? E in missione chi lascio? Le anime.
La conclusione definitiva è che occorrono mezzi e personale: non essendoci, quid faciam? Lei sa che ho domandato ai Superiori e alla S. Sede che mi esonerino dal Superiorato: vedrà che lavoro per dieci.
Quanto al secondo punto (Don Cavoli); non so quali siano i lamenti pervenuti ai Superiori sul conto del nostro Don Cavoli Antonio1 – le mie osservazioni sono sui rendiconti, ed ho sempre consigliato e lasciata piena libertà ai confratelli di scrivere ai Superiori.
Gli avevo consigliato accordo pieno alle direttive dei Superiori – non mi meraviglia la cosa, pur riuscendomi dolorosissima. Nessunissima difficoltà per il prolungamento di permanenza, pur essendo le cose nostre come sono.
Considerazioni:
In sua assenza le cose sono procedute bene lo stesso,
Mi scrive che non dorme… Non fa che pensare a soldi da raccogliere e all’Ospizio. Gli ho ricordato che fu inviato in Italia intuitu salutis (mal di cuore) – si faccia visitare e stia alle prescrizioni dei medici…
non venendo può essere che le cose dell’Ospizio si aggiustino più naturalmente,
ha domandato di procrastinare fino alla fine dell’anno.
Ho voluto dirLe questo per darle in mano, se fossero necessari: motivi per facilitare la cosa. Prego per il buon esito della medesima.
Don Antonio è carattere forte, ma zelante e specialmente caritatevole e portato alle opere di carità – non gli spiacciono neppure i lebbrosi.
Molte cose vanno come vanno sia perché Don Antonio è venuto da noi prete, e più perché alla testa c’è Don Cimatti. Ho sempre ammirato e favorito Don Antonio… È anche un buon direttore di anime – forse un po’ stretto: meglio energico.
Penso sappia che uno zio di Don Antonio, se non erro, per incompatibilità di carattere, lasciò la nostra Congregazione, né mi meraviglierei se fosse in un momento di crisi nervosa che desse in qualche escandescenza, e Dio non voglia in qualche non buon proposito.
Ripeto: prego perché tutto riesca bene e per la salvezza delle anime, avendo tutti in vista questo e solo questo.
Preghi e faccia pregare e grazie di quanto fa per noi.
Con vivissima riconoscenza:
Obbl.mo
Don V. Cimatti, sales.
1 La lettera di Don Berruti a cui fa cenno Don Cimatti, datata 8/7/34, dice fra l’altro: “Ella conosce i lamenti che ci giunsero su Don Cavoli, sul suo carattere e sulle difficoltà che si trovano per armonizzare con lui, ecc. A noi non piace l’indipendenza con cui lavora qui in Italia. Non ci tiene al corrente, ci comunica nulla, sembra un forestiero. Sarebbe ella d’accordo che lo teniamo in Italia qualche anno, per farlo più nostro e poi glielo restituiamo? Mi basta il suo parere: la responsabilità la prenderei io, senza accennare a Don Cimatti, pregandola di un uguale riserbo nel caso che ella credesse di non annuire a questa proposta…”.