Cimatti|Rinaldi Filippo / 1931-10-19

824 /Rinaldi Filippo / 1931-10-19 /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



Takanabe, l9 ottobre 1931

Rev.mo ed Amat.mo Sig. Don Rinaldi,

Torno al tavolo di lavoro dopo la S. Messa e meditazione e rispondo alla sua veneratissima del 28 Set. p. p., che mi ha prodotto la massima gioia ed il massimo dolore.

Prima di tutto stia pur tranquillo sulla sorte delle sue lettere e specialmente di quella del Signor Don Giraudi e del contenuto. Come pure non pensi a grandi cose delle questioni Nippo-Cinesi, pur le relazioni essendo assai tese (è da anni). Il Giappone non se ne accorse certo.

Sono questioni locali, che possono però aver arrestato il traffico e anche la corrispondenza. Ho pensato anch’io che varie mie non siano pervenute: da ciò tante cose, anche per me incomprensibili, ma fiat voluntas Dei!

Cercherò di essere breve per non farle perdere un tempo prezioso colle mie lettere; lo capisco, sono molto involuto, poco chiaro (me lo dicono tutti). La fonte di gioia provata nel leggerla dipende dall’avere constatato che i Superiori mi vengono valutando per quel che sono: ed è per me una piena conferma di quanto le tante volte ho scritto sulle mie difficoltà personali.

Il Signore sa quanto mi costa il dover fare quanto non so fare.

Intendo però di farlo con fede ed obbedienza, pur sempre esponendo le cose ai Superiori, e nell’assoluta sicurezza della non riuscita, anzi del male che succede per la mia incapacità.

Il massimo dolore (è uno fra i non pochi provati in vita mia) è di aver procurato grattacapi a Lei e ai Superiori colle mie parole acri, coi miei giudizi avventati, colle mie osservazioni ed apprezzamenti. Già in altre lettere domandai scusa per me, e per gli altri che fra di noi avesse in qualche modo abusato della confidenza che il Padre ci ispira. Lei pensa che quando scrivo sia agitato! Oh, no, no! Padre mio buono. Ho tentato di realizzarlo colla S. Sede, coi Superiori, con tutti! Ho già la nomea (non vera) presso i confratelli, che non faccio che scrivere giorno e notte per implorare sussidi. Dopo circa quattro anni di insistenza – ho insistito presso i Superiori per avere il sussidio promesso e che non giungeva, e dopo per mezzo di Don Piacenza è in parte giunto. Deo gratias!

Che vuole? Vi sono dei momenti che i figli mi domandano pane, e non ne ho. Sono da vari mesi che non possiamo regolarmente pagare i catechisti, che, buoni, poveretti! ricevono piccoli acconti (come fa Don Tranquillo), secondo che la Provvidenza invia quotidie e alla giornata.

Don Piacenza ha nella cassa della Missione Yen 400 (₤ 4.000). Per questo mese mandiamo un bocconcino a tutte le case, in attesa che il Signore provveda. Chiudo il bilancio annuale con circa Lire 400.000 di debito. Devo pagarne settanta mila per Natale. È meglio non ci pensi che davanti a Dio, attivandomi per aggiustare la faccenda. Naturalmente tutto questo grava la missione, e spero che Propaganda mi aiuterà.

1.- Certo (ed è chiarissimo), non aspetto dai Superiori se non quello che nella loro carità vorranno inviarmi. Come missione ci sono già le norme fissate, tanto dal nostro ultimo capitolo generale quanto da Propaganda. Ma nella pratica tutti si cerca di aggiustarsi come si può, ed anche in una recente lettera (23/9) Propaganda scriveva “Lei certo non mancherà di cercare e trovare qualche aiuto anche in mezzo ai buoni cattolici della sua giurisdizione e forse anche dalle risorse varie della sua Congregazione”. Risposi come si doveva, facendo vedere quanto sforzo di carità facevano per noi i Superiori.

2.- Per le opere intuitu missionis quid? Essendo le cose mescolate desiderano i Superiori esserne informati? Si debbono seguire le nostre norme regolamentari? Anche in questo richiesi in altra mia, che forse andò smarrita. La conclusione è che ho afflitto i Superiori – sono in assoluta necessità, perché la Missione ha nulla – ho degli impegni a scadenza e debiti con la Congregazione, con missionari, con banche – non vedo spiragli di luce per l’avvenire – sento in coscienza la mia nullità – devo far coraggio a tutti – prego il Signore che tutto rimanga tra me e Lui, e conosce Lui solo quanto passa qui dentro… Mea culpa! Fiat voluntas Dei! Deo gratias!

Grazie delle stringate (vigilerò la penna), dei consigli e direttive.

Preghi per questo povero suo figliolo che domanda perdono di tutto.

Suo aff.mo

Don Vincenzo Cimatti, sales.