1040 ricaldone |
1040 /Ricaldone Pietro / 1933-1-6 /
1 a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani |
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Takanabe, 6 gennaio 1933
Amat.mo Sig. Don Ricaldone,
La S. Epifania! Desidererei che tutti i suoi figliuoli del Giappone manifestassero al Signore e fossero veri figli di Don Bosco, cominciando dal sottoscritto. Preghi per noi. È da pochi giorni che le ho scritto, ma ho bisogno con un po’ di calma di metterle sott’occhio le nostre necessità affinché, come mi scriveva, Lei abbia modo di cominciare a provvedere per il personale del prossimo anno.
Eccole il quadro…
Nell’ipotesi che tutti o parte dei chierici che compiono il secondo anno di tirocinio possano essere dispensati da un anno, e quindi cominciare la teologia, non potendo supplire che con 4 chierici che mi finiscono la filosofia – mi rimangono troppi vuoti, tanto più se sarò obbligato ad aprire qualche nuova residenza. Vi sarà da pensare alla scuola tipografica di Tokyo, per cui occorre un buon stampatore (non si formalizzino per i caratteri giapponesi) ed anche un legatore. Se mi manderà dei chierici che debbano iniziare o proseguire la filosofia, supplico almeno un buon insegnante di filosofia.
Nel prossimo anno sarà forse un fatto compiuto l’Ospizio orfanotrofio e mi ci vorrebbe un qualche buon coadiutore calzolaio, sarto (che sappiano benino il fatto loro, perché i giapponesi anche in queste arti fanno rapidissimi progressi e competono).
Compirebbe l’opera vi fosse un campagnolo. Se poi i Superiori decidessero di darci il personale (almeno due per la dogmatica e morale) per la teologia, sarebbe l’ideale, se no ci aggiusteremo parte a Tokyo e parte a Hong Kong.
Queste mi sembrano le necessità indispensabili. Quello che supplico è che diano buoni figli di Don Bosco, amanti della povertà e del lavoro e della carità – se no edifichiamo sulla sabbia. Il Giappone ha i suoi pericoli climatici (variazioni continue di tempo e temperatura – umidità); ha i pericoli propri di ogni terra pagana e suoi caratteristici, dato il carattere proprio del popolo. Ho bisogno che siano uomini di preghiera, di lavoro e di carità. In Domino semper.
Una proposta che forse faciliterebbe qualche cosa. Come Lei sa, la lingua da impararsi è uno scoglio non indifferente. Attualmente a Roma vi è un bravo giovane giapponese di nome Shimada1 che per la carità dei Superiori alloggia in casa nostra in attesa di poter entrare nel Conservatorio di Milano. Così pure a Napoli e penso nelle città grandi vi sono giapponesi che suppongo si presterebbero a insegnare il giapponese in forma pratica. Il buon Shimada studia e comincia a sapere l’italiano.
Quale vantaggio incalcolabile se i Superiori pensassero di affidargli un paio o più di quelli che potrebbero essere inviati in Giappone. Ne viene, creda, un bene vicendevole, e chissà che non si possa trovare anche qualche conversione di giapponesi in Italia. È un’idea che mi venne durante la preghiera e ho voluto manifestarla. Lei le attribuisca il valore che crede.
Per ora non mi resta che raccomandarmi vivamente per il prossimo personale. Nell’ultimo Capitolo i colleghi poterono avvicinando i Superiori fare dolci violenze… Le faccio per lettera.
Don Cimatti accoglie quanti ai Superiori piacerà inviare; mandi buoni preti, buoni chierici e santi, santi coadiutori.
Fra dieci anni penso che il Giappone ne darà di ogni genere tanti e tanti alla nostra Pia Società. Preghi preghi preghi per me e per i miei.
Suo figlio
Don V. Cimatti, sales.
P.S.
Sono sempre in attesa dalle Rev. Figlie di Maria A. di sapere delle 100.000 Lire ricevute.
Bravo Sig. Don Ricaldone! Invii un Visitatore. Questa sì che è una grazia!
Concludendo: spero pel prossimo anno almeno 3 preti, qualche coadiutore, chierici quanti vuole se no chiudo lo studentato per mancanza di soggetti. Ne domando anche qualcuno che abbia già fatto filosofia: può durante il triennio studiare il giapponese.
1 Il tenore Shimada Ryunosuke dopo aver studiato musica in Italia dove prese il Battesimo, fu per molti anni un ottimo collaboratore di Don Cimatti nei concerti che si fecero in tutto il Giappone, e gli fu sempre riconoscente.