2312 / Ricaldone Pietro / 1939-7-2 /
Miyazaki, 2 luglio 1939
Amatissimo Sig. Don Ricaldone,
È la festa della Mamma: La prego venga oggi a visitare efficacemente la nostra cara Congregazione, ed il povero Don Cimatti a visitare il suo Padre. Inizio mese: rendiconto.
l. Salute: si invecchia, ecco tutto, mi pare spiritus promptus, ma il resto declina et fiat voluntas Dei, in attesa del gran giorno. Oh, come lo aspetto!
2. Studio e lavoro. Ce n’è, ma data la mia povera testa e natura riesco a concludere poco per ripassare la teologia, scienze sacre, ecc. Cerco di prendere le occasioni (caso mensile, casi proposti dai missionari – ora sto preparando le istruzioni per gli esercizi, prendendo per base quanto fu scritto dall’attuale Rettor Maggiore inizi usque ad huc), ma la botte dà il vino che ha.
Se si riesca… I Superiori conoscono le mie difficoltà nella divisione del lavoro di Miyazaki e Tokyo, della mia ripugnanza a fare il mestiere che faccio: della convinzione che se le cose non vanno come devono (e non vanno) è per mia colpa, e a Lei buon Padre, tirare le conclusioni, ossia le mie pene interne; la difficoltà per non dire impossibilità a fare quel che si deve fare, l’arresto (che non mi pare consolidamento) e nelle cose in missione e più per la nostra cara Congregazione et similia. Che le devo dire? Quante tante volte ho ripetuto:
a) I trenta anni di Valsalice e S. Luigi mi hanno sagomato così, ed è ormai l4 anni che mi dibatto in un ambiente in cui non sono ancora riuscito a nuotare, ed in cui non nuoterò mai (si avvicina la fine);
b) In un ambiente in cui se uno non si muove, muore – e non riesco a muovermi – mi mancano i mezzi materiali – mi manca il personale e proprio quello per formarlo – ed è costruzione a vuoto quel che si fa – supplico, ma i Superiori mi hanno dichiarato la loro impossibilità – e allora? Vedo cadermi intorno a brandelli il lavoro iniziato – non vedo speranze nel futuro perché sarà un prolungamento di uno stato di cose per me il più terribile…
Non c’è che battersi il petto con umiltà e pazienza – ed è proprio vero “i generati non possono essere che simili ai generanti”. Per me il massimo dolore perché ho la convinzione di essere la causa, lo strumento sia pure (voglio sperarlo) involontario di questo stato di cose.
Superbia? Voler togliersi da dove l’obbedienza ha posto? Come Prefetto Apostolico poi la più crudele e difficile; perché manco di tutto? Penitenza dei miei peccati? O altro?
Pensi pure a tutto: ho ripetuto questo sfogo nel rendiconto, perché mio dovere, pur rimettendomi in tutto alla volontà di Dio e dei Superiori.
Le riinsisto:
l. Mi si aiuti materialmente per riuscire a mantenere lo studentato, se no è meglio tenere i novizi e studenti in Italia (ne ho scritto anche al Sig. Don Berruti);
2. Mi si aiuti con un po’ di personale pel noviziato e studentato, con un buon personale, di quello che vogliono i Superiori in queste case: qui, con tutta la stima che ho dei confratelli ancor non lo trovo, non lo vedo, non riesco a formarlo, perché non c’è personale;
3. Per lo sviluppo dell’opera nostra in tutti i sensi occorre chi ci possa mettere testa e cuore (buon’anima del Sig. Don Rinaldi aveva pensato ad un certo Don Ziggiotti, ma Lei sa come è andata a finire la faccenda), ed è urgente perché in missione presto o tardi si sloggerà. Ho inviato al Sig. Don Berruti resoconto delle sedute annuali dei Vescovi: ricordino i Superiori che la parola d’ordine della Santa Sede è: “far presto col clero indigeno”; è una vera, inevitabile pressione, che se si vuol riuscire a far qualche cosa per queste anime bisogna favorire in tutte le forme buone, se no si muore.
Urge propagare l’Opera nostra, i cooperatori e più le vocazioni indigene per la Congregazione, e per fare tutto questo ci vuole uno, ripeto, che vi possa mettere testa, cuore e attività. Per carità, non pensino che Don Cimatti si adonti – anzi sarei felice, felicissimo di poter dare ai miei confratelli e a quanti mi conoscono l’esempio di una gioconda cessione di tutto, anche dei fronzoli prefettuali, che grazie a Dio non metterò mai, anzi di questi soprattutto, e così lavorare da semplice gregario in Giappone o altrove in ogni angolo del globo.
PRATICHE DI PIETÁ: è la lotta di anni per farle bene, meglio, e siamo sempre da capo, ma avanti con buona volontà: regolare, più difficile quando sono fuori orario.
FREQUENZA AI SACRAMENTI: regolare – forza anche sensibile per lavorare e vincersi.
REGOLE E Ss. VOTI: nulla di speciale. Ho da attendere fortiter a compiere sempre meglio i doveri di superiore in tutto: occhi più aperti, osservazioni più pronte et similia.
CARITÀ: grazie a Dio, mi pare ci sia.
RECENTEMENTE ho inviato il resoconto della visita, quindi nulla di speciale per i confratelli. Un caso.
Il nostro Don Arri per sovvenire alle necessità della casa di Beppu (è proprietà salesiana) che mi casca, e non ho i mezzi per metterla un po’ all’onore del mondo, sia pure in povertà (ora è vera miseria) domandò Lire 20.000 alla sua famiglia, che rispose così: “Ti si concedono purché tu rinunci alla parte dei beni mobili che ti spettano”. Non m’intendo di queste cose (veda che razza di superiore!); gli consigliai di consigliarsi coi Superiori. Avendo ora occasione di scrivere a Lei, che cosa può rispondere?
Andrò tra poco a Tokyo per gli Esercizi Spirituali e quando riceverà questa sarà il buono della muta di Miyazaki – poi quella delle Figlie di Maria A. Mi sono riservato le Istruzioni in tutte le mute per unificare, e dire a tutti quanto è il pensiero e il cuore del Superiore Maggiore, e poi perché forse sarà l’ultima predicazione o come Ispettore (incapace a ispezionare) o perché andrò in Paradiso, dopo un lunghissimo Purgatorio (penso che ci starò fino al giudizio universale).
Fiat voluntas Dei e si compia piena assoluta in tutto.
Scriverò omaggio a S. E. il Cardinal Protettore.
Lei insiste per la nostra partecipazione catechistica del 1941: ma è certa. Tutti però mi domandano le modalità: trovo i confratelli animati anche in questo, dunque attendiamo le modalità…
E preghi specialmente per me; vorrei essere santo, e non lo sono; vorrei che a milioni le anime si convertissero, e non si riesce; vorrei che la Congregazione inondasse il Giappone, e non abbiamo le forze né nostre, né degli altri (se i Superiori non vengono in aiuto). Ripeto sempre il bonum mihi… ed il “Fiat voluntas Dei”, ma…
A nome di tutti.
Suo
Don V. Cimatti