Miyazaki, 31 luglio 1926 |
182 /Rinaldi Filippo / 1926-7-31 /
a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani
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Mio amatissimo Padre,
Per l’esercizio di buona morte ho fatto tema di conferenza la sua lettera del 25/6/26 e quella del Signor Don Ricaldone. Oh, come è bello e confortante sentirsi nel pensiero e nella preghiera, nell’essere paternamente consigliati nelle difficoltà che vanno delineandosi più profonde quanto più si procede nell’ambientazione, fra questo popolo così caratteristico. Grazie, ottimi superiori; grazie confratelli e allievi carissimi, grazie cooperatori e cooperatrici nostre: se finora ci si è appianata la via, è per voi, continuate a ricordarci, ad amarci.
Notizie dall’ultima. In Miyazaki oltre ponte fanno la festa del sobborgo. Hanno esposto in un vano fra due case la statua di Buddha e sopra i gradini [su] un altare improvvisato hanno posto fiori, lumi, doni (riso, frutta, ecc.). La gente a gruppi passa, facendo breve preghiera, o l’offerta o buttando incenso su di un braciere. Si chiude la festa con una specie di processione del tipo di quella di cui le parlerò fra poco, con spari di petardi e fuochi di artificio.
I giorni 27-28-29 è la festa di Hachiman, nome cinese con cui l’Imperatore Ojin (201-312[?]), quindicesimo imperatore del Giappone, è onorato come dio della guerra. Il nome corrispondente giapponese è Yawata. Questo dio fu il patrono principale dei Minamoto, celebre famiglia che diede origine ad altre numerose famiglie assai note nella storia del Giappone.
A Miyazaki è onorato con luminarie (coi tradizionali lampioni giapponesi), coll’ornare le vie con strisce di carta legate a corde (segnali di superstizione) e con un corteo che è di uso in queste feste. È formato da poco più di un centinaio di persone in massima parte giovanotti, vestiti per l’occasione in bianco e con in capo una benda a righe bianche azzurrognole. Precedono stendardi e poi maschere raffiguranti due draghi o un gigante. I draghi formano il divertimento dei fanciulli che vanno di tanto in tanto a tirare la coda di stoppa. Seguono alcuni bonzi in vetture, vestiti con ricchi paludamenti. Preceduto da un grosso tamburo o timpano come una botte, che fortemente battuto, spande all’intorno un suono cupo caratteristico, segue, portata a braccia da un gran numero di giovani, una grande arca, quella del dio, di fattura squisita, a colori rossi e grandi dorature. Con una nenia intraducibile si avanzano agli ordini di alcuni di loro, poi retrocedono, poi vanno a destra e a sinistra, con rischio di far battere le lunghe stanghe contro i vetri dei negozi o contro le persone che assistono.
Il significato di questo sballottamento dell’arca mi dicono è perché il dio benedica tutti i luoghi e cacci gli spiriti cattivi o anche per rompere i vetri di quei negozi in cui i proprietari non concorsero alle spese della festa.
A questa segue una specie di terrazzino ornato con stoffe e bambù, pure portato a mano dai giovani, nei cui angoli vi si trovano seduti quattro fanciulli bianco-vestiti, infarinati come pagliaccetti che con nenia ritmica alternata da gridi, battono sopra un tamburo.
Pensi che il corteo inizia all’una del dopo-pranzo, sotto un sole cocente: al passaggio la gente esce dalle case, alcuni pochi seguono il corteo. Davanti alle case vi sono secchielli di acqua e di tanto in tanto i portatori, lasciata in mezzo alla via l’arca e il ripiano dei fanciulli, bevono, si riposano all’ombra per ripigliare il cammino e compiere così il giro di tutto il rione. Alle volte in analoghi cortei vi sono pure carri simbolici o carri per suonatori e suonatrici.
Le devo dire la mia impressione? Sono rimasto spoetizzato. Avevo fantasticato alle volte coi mezzi di cui si può disporre in Giappone, un corteo, una processione o che so io, forse aiutato in ciò da figure o belle descrizioni lette. Non ci ho veduto che della gente sudata, trafelata, che si lascia le divinità in mezzo alla strada. Il più comico era il gigante (non so chi rappresentasse) che nei momenti di sosta, alzando la maschera sulla testa si asciugava il colante sudore, svelando una bella faccia giapponese bonaria, sorridente, che faceva a pugni colla terribile faccia che doveva rappresentare.
Abbiamo pure veduto qualche trasporto funebre. Precedono due grossi lampioni portati da due lunghe aste di bambù, poi labari e stendardi. Quindi due schiere più o meno numerose di uomini portanti l’una fiori in vasi e l’altra corone od offerte varie. Seguono i bonzi parati a lutto in vetturette e uno di questi suona di tanto in tanto un tamburo, coi segnali del funerale.
Viene poi la cassa portata a braccia oppure su una carrozzella vi è un tempietto con lo spirito del defunto e i parenti bianco-vestiti tengono in mano lunghe bende pure bianche partenti dalla bara. Seguono in carrozzelle o a piedi parenti e amici in numero maggiore o minore, secondo l’importanza della famiglia del defunto. Il contegno dei bonzi e dei parenti è serio e addolorato, quello degli altri non c’è bisogno di dirlo…
Sono venuti a trovarci vari missionari delle vicine missioni, che passando per Miyazaki desiderano conoscere i figli di Don Bosco; ci sono larghi nei loro preziosi consigli e mettono a profitto della nostra inesperienza i tesori di virtù e di esperienza accumulati in tanti anni di apostolato. Quanto c’è da imparare, da benedire il Signore nell’avvicinare questi santi apostoli!
E quanto bene hanno fatto, quanto bene hanno seminato, come hanno saputo consolidare qua e là nuclei importanti, altrove cellule rigogliose che moltiplicandosi accresceranno il corpo fiorente della chiesa giapponese.
Non posso tacere specialmente della visita del P. Joly conosciutissimo a Miyazaki. In varie conversazioni fatte con lui esposi le idee generali, che, così senza impegni, accennò nelle linee fondamentali ai più influenti di Miyazaki. Conclusioni:
Le autorità vedono con piacere l’opera. Il prefetto promette anzi aiuti anche materiali.
Il terreno vicino alla missione è ora proprietà di un vecchio avarissimo. Non conviene ora economicamente la compera.
Sono in vendita terreni altrove. Sarà utile fare l’opera lontana dalla missione attuale?
Domandano se non si avrebbe difficoltà ad impiantare l’opera in città più industriali (ad es. Nobeoka, sulla linea Miyazaki-Oita). In particolare poi parlandogli dei coadiutori e delle suore, mi espose la sua idea:
essere cioè da sorvegliare specialmente uscendo per le compere, che possono trovarsi in pericolo.
Le suore è meglio siano lontane dalla missione. Studierò la questione e riferirò.
Da quando giungemmo a Miyazaki dissi che nessuno doveva uscire solo, e mi consta che si eseguisce. A separazione avvenuta vedremo come fare. Con lui feci visite all’antico direttore di varie scuole di Miyazaki, malandato in salute, che conoscendo l’ambiente può essere utilissimo per consiglio. Ci volle a cena (P. Joly, P. Bonnecaze ed il sottoscritto) il dottore che ci aveva gentilmente visitato in principio i vari confratelli indisposti. È tra i più influenti e ricchi signori pagani di Miyazaki ed è favorevole alla Missione. Era la prima volta che assistevo ad una cena giapponese, tutta a base di pesce e di intingoli, di riso e di tè (che ora sarebbe lungo descrivere) e in cui dovetti usare i famosi bastoncini. Non le nascondo che fu una penitenza, ma vada anche questo per l’amore di Dio, delle anime e per acquistare aderenze all’opera nostra.
Visitammo pure l’Istituto superiore di agricoltura che da pochi anni funziona a Miyazaki. Edificio splendido per essere in legno, che potemmo visitare guidati da uno degli ottimi professori. Vi è assai curato il reparto chimico e zootecnico. Col tempo anche qui potrò acquistare preziose aderenze e spero aiuti.
Sono persuasissimo (anzi, se non è illusione, nel paese delle illusioni) come Lei dice, che noi faremo del bene col sistema e solo col sistema di Don Bosco e soprattutto colla purezza della vita, mortificazione e pietà del nostro Padre, colla santità insomma più che colla scienza, pur essendo questa un mezzo.
Amato Don Rinaldi, ha ragione, ha ragione. Mi sforzo di predicarlo ai miei cari fratelli; ma per carità specialmente quelli che dovranno venire… Sono qua nelle mani di Dio pienamente e infantilmente abbandonato in Lui, conscio del mio niente.
Mi benedica e con me tutti i cari miei fratelli che mi sono di guida e sprone nella santità.
1 Suo figlio |
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2 don Vincenzo Cimatti |
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