4578 / Don Giuseppe, di Faenza / 1956-4-13 /
a Don Giuseppe, Sacerdote di Faenza
Tokyo - Chofu, 13 aprile 1956
Rev.mo e carissimo D. Giuseppe,8
Come si fa a dir di no al carissimo D. Giuseppe? tanto più che domanda ad un faentino un contributo per onorare la nostra Madonna delle Grazie, e ad un salesiano il richiamare D. Bosco nelle sue relazioni con la Madonna delle grazie e con Faenza?
Mi rivedo bambino e fanciullo, quando la mamma o la sorella, tutte le volte che si passava vicino alla Cattedrale, mi guidavano all’altare della Madonna. Mi rivedo sull’orchestra del Duomo quando in feste speciali era invitata la cantoria dell’Istituto Salesiano, cui appartenevo. Mi rivedo sacerdote al devoto altare, dove ho avuto la fortuna di celebrare una delle mie prime Ss. Messe. Mi rivedo alla prima andata e di ritorno dal Giappone prostrato all’altare della Madonna delle Grazie per affidarle me e le anime dei miei cari giapponesi. Posso dire che nei 30 anni di Missione passati in Giappone, Maria SS. è stata per me veramente Mater Gratiae.
Oh, miei cari concittadini, dobbiamo davvero essere santamente orgogliosi di avere per Patrona della nostra città una così buona e potente Madre. Fatene come ho esperimentato io, la prova.
Settantanove anni fa, proprio il 16 di Maggio, quella S. anima del nostro Mons. Taroni ebbe a Torino il suo primo incontro con D. Bosco e risale a quell’epoca la cordiale e profonda intesa spirituale fra i due santi, che stabilì fra il Seminario di Faenza e il Santuario di Valdocco quella corrente di spirituali rapporti che diedero i preziosi frutti che tutti abbiamo constatato e constatiamo. Si stabilì fin da allora tra i figli di Don Bosco e i chierici del Seminario una mutua, intensa associazione di preghiere alla Madonna delle Grazie: e non poteva essere diversamente essendo la devozione alla Madonna una caratteristica salesiana e per i Faentini una sentita tradizione.
Don Bosco asseriva: “I Faentini mi hanno rubato il cuore, e mi obbligano, e mi costringono ad andarli a trovare”. E venne tra noi (proprio il 13 maggio 1882 – se non erro proprio quest’anno festa della nostra cara Madonna). La mattina del 14 (domenica) D. Bosco celebrò in Duomo all’altare della Madonna, cui consacrò la nascente opera salesiana in Faenza. Alla sera predicò a centinaia di ragazzi, fra i quali c’era anche il vecchio missionario del Giappone.
La mamma che mi teneva in braccio (avevo qui tre anni) mi sollevò in alto dicendomi: “Guarda D. Bosco”… e l’ho guardato – e conservo ancora chiara in mente quella cara immagine, pur non avendo capito nulla di quanto diceva. Fra quei giovani vi era anche mio fratello Luigi… e Don Bosco fin d’allora ci fece suoi, tutti e due.
Chi conosce la storia degli inizi e del divenire dell’Opera salesiana in Faenza deve dire che la Madonna delle Grazie accolse realmente la consacrazione di D. Bosco, e considerò come sua quest’opera, su cui riversò abbondantemente le sue grazie. Don Bosco parlando ai suoi giovani nella “buona notte” (usanza tradizionale salesiana) il 13 maggio 1877 (giorno della festa della Madonna delle Grazie) diceva: “Desidero che domandiate alla Madonna la grazia che vi liberi da tutti i pericoli corporali e spirituali. Cari figlioli, la Madonna ha messo in serbo tutte quelle grazie che sono necessarie a ciascuno di noi per le nostre anime e il nostro corpo, per i nostri genitori, parenti e amici. Per darcele aspetta che gliele domandiamo”. È l’invito che faccio ai miei buoni cittadini, specialmente in occasione della festa della nostra Patrona. Don Bosco era solito scrivere su immagini della Madonna pii pensieri o giaculatorie.
Sull’ultima che scrisse si legge “Maria, Mater gratiae…”. Era una delle invocazioni sue più familiari e la ripeté a voce e per iscritto fino agli ultimi giorni di sua vita.
Carissimo D. Giuseppe, accetti questo modesto contributo – e faccia per me le mie parti presso la Madonna in favore dei miei cari giapponesi.
Suo nel Signore
Don Vincenzo Cimatti, sales.
Miss. apost. in Giappone
8 Ha lasciato nella penna la parola “Arciconfraternita dei divoti di Maria A.”.