805 /Rinaldi Filippo / 1931-9-15 /
a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani
Shiu-Chow, 15 settembre 1931
Amatissimo Padre,
Deo gratias! Come le avevo promesso eccole a dare un po’ di resoconto particolareggiato dell’anima mia, dopo gli esercizi, chiusi felicemente quest’oggi. Ne avevo bisogno. Il Signore, la Mamma e Don Bosco mi hanno aiutato; e se debbo pensare dalle disposizioni attuali spero di constatare per lungo tempo i frutti.
Non entusiasmo od eccessive commozioni, come in altre mute, ma – se non sbaglio – riconoscimento migliore, più reale, più vero di me.
Speravo di andarmene, perché anche il clima della Cina, colle sue conseguenze mi dava l’impressione della partenza, ma il Signore finora non mi vuole… Ho ancora tanto da pagare…1
1. Come le ho detto, i calori del Giappone e Cina, cogli annessi e connessi, mi hanno un po’ infiacchito, ma tornato, se arrivo e se a Dio piace, in Giappone, c’è l’autunno e con quello il fresco. Non vorrei pensasse che sono moribondo… Credo che nessuno dei confratelli si sia accorto delle mie miserie, che ho offerto al Signore per tanti scopi. Sono sempre la stessa pelle dura.
2.- Le condizioni di cose mi hanno impedito in questo mese di viaggio e di esercizi, le ordinarie occupazioni e lo studio del giapponese. Ho letto qualche libro, ripassato un po’ di teologia ed altro, ma non con molta intensità. Ripiglierò al ritorno, se arrivo.
3.- L’esame su di me, la lettura delle regole e regolamenti hanno assodato:
a) Non diminuzione di buona volontà, ma un po’ di fiacca generale.
b) Constatazione che la superbia e più la sensualità (difetti predominanti) hanno ancora molta forza.
c) Constatazione della mia assoluta povertà nel compiere i miei doveri di superiore religioso, ecclesiastico, direttore ed insegnante.
d) Fiacca nella correzione dei difetti dei confratelli.
e) Inadempienza di disposizioni regolamentari (ad es. lettura abbreviata in refettorio, preghiera abbreviata dopo i pasti) o della pratica della vita comune (ritirarmi qualche volta dalla ricreazione, puntualità ai segnali, al mattino prima di colazione visitando la cucina qualche volta prendere caffé).
In generale poi maggior diligenza ed accuratezza del far giocare meglio il Consiglio e della Visitatoria e della Missione.
Come le avevo scritto:
a) Non avendo idee chiare sulla quantità disponibile per costruzioni, ecc.
b) Pensando che quanto fu dato da Torquinst fosse già approvato dai super.
c) Essendoci ancora i poteri riuniti e la questione della missione non controllata dai Superiori, forse ho corso un po’ troppo, e ci troviamo in angustiis. Comprendo i miei sbagli – sono pronto a tutte le ammende e penitenze ed anche per questo ho preso propositi che intendo mantenere con forza. Di varie cose (proprietà, testamento, ecc.) scrivo di nuovo al Sig. Don Ricaldone (ma ricordo che fu questione delicata, non risolta al Capitolo). “Le missioni dipendono dal Prefetto anche nel senso che dal medesimo dipendono le questioni finanziarie, spirituali, ecclesiastiche, scolastiche, ecc. devolute per regola ai membri speciali del Capitolo?”. Quid?
4.- Per quanto ho detto sopra per l’adempimento del mio dovere tento di fare quanto posso, ma non sono certo nel mio elemento, perché non so. Ah, povera mia formazione sacerdotale! Ad ogni modo mi butto come bambino nelle mani di Dio.
5.- Le mie pratiche di pietà, tutte, ma con molte deficienze volontarie. Nell’esercizio del ministero devo trattare di più Gesù con decoro, con esattezza di cerimonie, tanto in pubblico come in privato.
La frequenza dei Sacramenti è regolare, ma sono ancora lontano dall’essere santo anche in questo, ed è perciò che sono sempre lo stesso.
6.- Non ho difficoltà ad eseguire le Ss. Regole e la nostra vita: trovo difficoltà nel farla osservare dagli altri. Ho preso proposito anche al riguardo: mi aiuti il Signore a mantenerli. Che vuole? Non sono capace, vedendo ad es. l’opportunità di fare osservazioni, di farle al momento: non sempre è opportuno, non sempre edificante, e… alle volte o dimentico o passa l’occasione. Certo al rendiconto o in discorsi indiretti… Alle volte sono negli imbrogli, perché qualche confratello si serve dell’opera mia in confessione… Ma la base è che non sapendo dirigere me, è ridicolo che possa dirigere gli altri.
7.- Per la carità optime con tutti; ho bisogno di frenare le espansioni della carità.
8.- Disordini non ne conosco.
Eccole lo stato generale mio. Pei confratelli farò all’arrivo quando mi sarò reso conto della situazione. Desidero mantenermi meglio in attività spirituale e materiale, ne guadagnerò in tutto.
Le mie impressioni sulla Cina:
a) Desiderio dei confratelli di lavorare alla salesiana (e anche a costo di assumersi odiosità): ho battuto disperatamente su questo tono. Naturalmente parlando dai tetti in giù, il mio povero parere è che se, concordi animo et animo volunt, non si butteranno su quella strada, le nostre opere, la missione specialmente, fra 25 anni saranno come ora, se non peggio.
b) Don Braga mi pare l’uomo [adatto] ed è in buona armonia con tutti. Spirito conciliativo e caritatevole.
c) Monsignore (Canazei) era fortemente indisposto (soliti disturbi: vermi, diarrea): tutti dicono che è imprudente e che non vuol farsi curare, e così stanno male tutti. Non sono riuscito a capire le sue idee, ma pare non voglia né chierici, né coadiutori salesiani in missione, e difatti quest’anno non ce ne sono.
d) A detta di tutti, se ai fianchi di Monsignore non ci fosse Don Lareno, rappresentante all’esagerazione del primitivo spirito (ma mi ripugna pensare così Mons. Versiglia) – nevrastenico e che fa diventare tale Monsignore e le opere e le attività, troppo a contatto col Vescovo di Canton, che per la bonomia di Don Lareno è al corrente di tutto ciò che passa in missione – si lavorerebbe meglio, con più ardore e alla salesiana.
Mi dicono che Monsignore – non saprebbe dove metterlo – (così pure pensava Mons. Versiglia). È ammalato, ma gli diano uno, due, tre anni di riposo – sarà un gran bene ed un profitto per tutti.
Questo ho preso alla viva voce di Don Braga, dei confratelli e dal poco veduto e spontaneamente ne riferisco al Padre. Insomma un salesiano che in una muta di esercizi a salesiani non nomina Don Bosco, che non vede che canoni, che non capisce che una Congregazione religiosa anche in missione deve lavorare secondo il proprio spirito, e va fuori strada se fa diverso, come vuol chiamarlo? Un ammalato… Don Lareno anche chierico a Valsalice era dei meno che mediocri in tutto.
Se questo sfogo sia o no opportuno, decida Lei. Ne parlo a Lei solo, non avendo da fare relazioni ufficiali, ma solo confidenziali: né intendo di ledere anche sol minimamente le virtù e le benemerenze del confratello… Ma il segretario (e pensare che il mio sogno è questo di diventare tale…) ha in mano troppe cose se è ammalato… e se anche il padrone è sui generis… Lei capisce.
A qualche confratello che mi interrogava dissi: “Fa’, lavora, nelle cose che ti sono lasciate libere… Anche come parroco devi curare le anime giovanili… Avanti senza paura”.
Preghi per me, che so sputare tante sentenze e finirò col non pensare a me. Mi benedica mettendomi le mani sulla testa… Le dirò con S. Filippo Neri: “Non si fidi di Don Cimatti!”. (Lui lo diceva al Signore).
Tutto suo figlio
Don V. Cimatti, sales.
1 In Cina ebbe forti attacchi di diarrea, che seppe dissimulare ai confratelli, i quali non se ne accorsero.