2355 / Ricaldone Pietro / 1939-10-3 /
IN MARGINE AD UN CINQUANTENARIO1
Miyazaki, 3 Ottobre 1939
festa di S. Teresina
Rev.mo ed amatis.mo Sig. Don Ricaldone,
Una delle pagine più gloriose e commoventi della storia dell’apostolato missionario fu commemorata nella nostra Prefettura Apostolica in occasione della festa della grande patrona delle Missioni: la data cinquantenaria della fondazione dell’opera Pontificia di S. Pietro per il clero indigeno. Funzioni religiose, discorsi di circostanza, preghiere di ringraziamento, maggior conoscenza degli scopi e del risultato dell’opera, copiosi frutti spirituali e col volgere degli anni frutti materiali per lo svolgersi dei semi abbondantemente sparsi. Deo gratias!
La commemorazione trovò il suo ambiente naturale nel nostro Seminario – ambiente caldo di comprensione – ambiente che dimostra praticamente i risultati dell’Opera, ambiente i cui elementi non possono non sentire la riconoscenza ai benefattori che si prodigano per la loro formazione. Suoni, canti e discorsi armonizzarono come in grandioso poema sinfonico le figure della Patrona dell’Opera S. Teresina, le iniziatrici Stefania e Giovanna Bigard, i 400 seminari sparsi in tutto il mondo coi l6 mila seminaristi, i 6 mila preti già formati in questo cinquantennio e la pleiade di sostenitori dell’Opera.
Le parole di conclusione del nostro Don Tassinari: “Gli sguardi e le speranze della Chiesa, dei missionari e delle cristianità sono rivolte a voi, miei cari seminaristi. Fate presto a diventare buoni preti. E pregate ogni giorno per coloro che vi aiutarono”, furono certo scolpite nel cuore dei nostri giovani giapponesi in forma indelebile. Al Signore farle maturare nel senso indicato.
FAR PRESTO BUONI PRETI. Per associazione di idee vien fatto di pensare agli inizi dell’Opera che (coincidenza provvidenziale) viene ad essere, direi quasi, motivata dalla necessità della formazione del Clero giapponese.
È noto il metodo della Chiesa nell’evangelizzazione. Gli Apostoli, formate le comunità cristiane, eleggono e consacrano un prete o Vescovo del luogo e gliele affidano: già fin dall’era apostolica dunque, il problema del clero nativo è praticamente risolto. Ed anche attualmente la Chiesa propugna lo stesso metodo, basta leggere la Carta Magna delle Missioni “Rerum Ecclesiae” di Papa Pio XI: e specialmente il missionario in Giappone ne tocca con mano la necessità ed un mondo di ragioni la convalidano. Fondazione quindi di seminari per la formazione di questo clero nativo, suscitato in ogni parte del mondo dalla Provvidenza per venire in aiuto ai propri fratelli, ne è la base. La raccolta dei mezzi per fondarli e sostenerli è la prima necessità. Ed ecco l’Opera di S. Pietro che con la preghiera, l’elemosina ed il lavoro si propone questo nobile intento.
Nel 1889 il Vescovo di Nagasaki scriveva ai benefattori e amici suoi di Francia lettere piene di angosce perché non aveva potuto accettare dei seminaristi per mancanza di mezzi, ed implorava aiuto. Una di queste giunse anche a Caen alla Sig.ra Bigard che già da tempo aveva in animo di lavorare per le vocazioni nelle missioni.
La lettera implorante soccorso fu una scossa, una rivelazione: le linee dell’Opera sono un fatto compiuto. La Sig.ra Bigard con la sua figliuola prendono questo lavoro come pro[ie]zione [?] della loro eredità – vanno elemosinando e ad un cinquantesimo di distanza il mondo può constatare quanto abbia prodotto il lavoro di due donne volenterose materiato di preghiera e di sacrificio e ravvalorato dalla grazia di Dio.
La qualità delle persone, l’epoca storica (l’epoca di ferro) che si attraversa, contrassegnata in Francia dall’antireligione, potevano far pensare ad un fiasco completo… Contemporaneamente a Lisieux prega e s’immola per le missioni Teresa del Bambino Gesù… “Io soffrirò assai. Ma se è questa la condizione perché il granello di senapa debba germogliare e crescere, sarei colpevole se rifiutassi”. Diceva la Fondatrice. Sempre così le Opere del Signore: per il Calvario e sul Calvario. Ma questi medesimi anni di Calvario per la Chiesa in Francia hanno dato l’Opera della Propagazione della Fede, della S. Infanzia, di S. Pietro Apostolo, delle scuole d’Oriente, dell’antischiavismo.
La preghiera e il sacrificio, le armi invincibili per le opere di apostolato.
E i missionari che fecero in Giappone per questo problema di prim’ordine? È bello storicamente considerare come hanno affrontato la questione i successori di S. Francesco Saverio. Sotto la guida di quell’incomparabile italiano che fu P. Alessandro Valignani, che dal 1575 al 1606 fu Superiore dei Gesuiti in India, Cina e Giappone, i missionari lavorarono con slancio e sicurezza di direttive nella grande impresa. Scriveva al Padre Generale Acquaviva della Compagnia: “Con uomini come i Giapponesi è permesso sperare che formati nei Seminari alle lettere e alla pietà, né più né meno degli europei, saranno atti a diventare religiosi, sacerdoti secolari e Vescovi. Non si ha da fare fondamento di governarsi questa Chiesa del Giappone per gente forestiera se non per gli stessi naturali”.
Nel 1580 è aperto il primo seminario ad Arima ed il noviziato e scolasticato giapponese a FUNAI (Oita).
Due altri sono aperti nel 158l. Nel 1589 sono già 45 i seminaristi giapponesi – nel 1596 ricevono la tonsura 6 scolastici fra cui il futuro martire Paolo Miki.
Nel l600 sono promossi al sacerdozio i due primi giapponesi LUIGI MIYABARA e SEBASTIANO KIMURA, essi pure martiri, beatificati dalla Chiesa.
Nel 1604 i seminaristi sono più di 100. Alla morte del Valignano in Giappone vi erano 150 missionari (di cui metà giapponesi) e due seminari per i nativi. Nel 1626 la Congregazione di Propaganda Fide scrive all’ultimo Vescovo del Giappone di ordinare preti tutti i giapponesi che giudica degni, e nel 1630 imparte le medesime direttive a tutti i Superiori di Missione in Giappone.
La persecuzione taglia netto questo prospero stato di cose, ed ora lentamente e faticosamente tutti i capi missione del Giappone lavorano in patientia per riuscire allo stesso intento.
Il Gran Seminario regionale di Tokyo che accoglie un’ottantina di seminaristi (filosofia e teologia), piccoli Seminari (notevoli quello di Tokyo, Nagasaki, Fukuoka e Miyazaki) che ne accolgono qualche centinaio, vengono preparando gli operai apostolici giapponesi del domani.
La nostra Prefettura in questo cinquantennio come omaggio offrì alla Chiesa il suo primo sacerdote giapponese, una settantina di seminaristi sono in preparazione.
L’anno scorso in Italia una brava signora ponendomi fra le mani una generosa offerta, mi diceva: “Oh, come sono felice, perché avrò anch’io il mio prete!”.
Pensavo a quanto scrisse Papa Innocenzo XI a Mons. Pallu, uno dei primi vescovi inviati nel XVII sec. in Estremo Oriente: “Amerei assai più che voi ordinaste un solo prete in queste regioni che l’apprendere la conversione di cinquantamila infedeli”. Parole d’oro! Oh, ci aiutino tutti i buoni colla preghiera e col sacrificio e coi mezzi indispensabili a realizzare l’una e l’altra cosa.
Ci benedica tutti e mi creda:
Suo aff.mo
Don V. Cimatti
1 R. M. 954, manosc. pubblicato in Bollettino Salesiano, Febbraio 1940.