1927 / Berruti Pietro / 1937-10-15 /
a Don Pietro Berruti, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani
Miyazaki, 15 ottobre 1937
Amatissimo Sig. Don Berruti,
Non sapendo dove inviare, invio a Torino. Grazie della sua carissima del 23 Settembre.
Per lo studentato teologico i Superiori facciano nel Signore. Pensavo aver manifestato in pieno il nostro pensiero sul problema.
l’insieme delle difficoltà che ostacolano il progetto (Lei conviene che ci sono)
le ragioni di un’altra sistemazione o temporanea o definitiva. I Superiori anche per questo in pratica hanno scritto:
chi ha cominciato, continui ad esaurimento al Gran Seminario e Don Cimatti ha aggiunto “migliorando in casa quanto non è possibile fare al Seminario”;
gli altri che dovrebbero incominciare Lei disse che fin da quest’anno potevano andare in Italia. Mi pare che è per questo, che sorge il problema della opportunità o no pel Giappone della formazione del personale in posto;
per me (Lei lo sa e l’ho scritto – ed è per questo che pensavo di aver manifestato in pieno il problema) sostengo:
o lo statu quo colle dovute migliorie
o lo studentato in Giappone (che potrebbe essere centrale per la Corea e Manciuria).
Per l’altro problema, amatissimo Sig. Don Berruti, Lei pensa che Don Cimatti sia di idee diverse o contrarie dei Superiori, mentre è probabile che siano ancora più rigide delle loro. Sì: mi si oppongono naturalmente le lezioni dolorose avute, che, stia certo non furono dovute alla mancanza di vita di comunità, ed il mio buon Don Berruti lo sa, e lo sanno i Superiori. E non sono pochi i confratelli, cui non fa bene il Giappone, ed il Visitatore lo sa. Quei due carissimi confratelli anche colla vita di comunità di missione avrebbero dato presto o tardi lo stesso risultato. In Europa sarà più difficile – ma li tengano d’occhio. Il male era in loro – e più in Don Cimatti che non ha forza di comando: detto così “è la verità”. Questo non per scusare, ma per la verità.
Più un’altra verità: Don Cimatti non sa fare l’apostolato quale è richiesto in Giappone. Ho fatto 30 anni l’insegnante – ed ora ho ripigliato con 22 ore, più lezioni di piano e armonium. Non riesco in questo, ma una certa praticaccia c’è. Dodici anni di lavoro mi dicono chiaramente lo stato reale delle cose. Per me continuo nel lavoro che è mio dovere – i Superiori ecclesiastici e religiosi sanno le mie ansie, e facciano, ché davanti a Dio per questa faccenda non c’entro: non domando o do dimissioni: faccio presente lo stato delle cose a chi di ragione… e attendo con fede e pazienza… il calcio.
Nella mia povera testa sta fisso questo: abbiamo tentato di fare quello che avrebbe fatto Don Bosco; ché nessuno ci ha detto di fare quello che avremmo dovuto fare; colla grazia di Dio si è fatto quanto hanno veduto e anche quello che non hanno potuto vedere; l’opera salesiana nelle linee fondamentali è imbastita – tifoni in lontananza ora pare che vogliano tentare la primitiva robustezza (molto debole), la missione così com’è, è a terra, pur essendovi elementi di lavoro.
Roma mi chiede dei numeri di anime salvate (e su quelli valuta anche l’aiuto) che salesianamente non posso dare; come facciano i missionari di altre missioni che ottengono così confortanti manipoli di anime, non so: so che li danno, per me meglio non sapere… “nemo dat quod non habet”.1
Non dubiti che le direttive tracciate ai missionari nelle adunanze si tenta di eseguirle alla perfezione più che si può, ma, caro amat.mo Don Berruti, è meglio dirlo chiaro (e lo gridi in Capitolo): “Non siamo santi, non siamo santi, non siamo santi – cominciando dal sottoscritto”.
Quaranta anni di voti, mi trovano nella nullità. Ma possibile che questo non sia compreso dai Superiori? Stop.
Quanto al problema finanziario non dico nulla, perché è inchiostro… Mi butto nelle mani della Provvidenza come ho sempre fatto… Per me il lavoro apostolico è stato sempre: scrivere, domandare, far debiti, pagarli e umiliarmi in questo materialume.
Non posso dire di aver fatto altro. Sì, scuola… e il pagliaccio nei concerti. Evviva!
Non sono riuscito a far comprendere ai Visitatori che il nostro cruccio materiale è che non possiamo contare nulla sull’interno… ma come dico è da tempo che come un bambino sono nelle mani della Provvidenza. Non mi risponda, perché al solito i Superiori per consolare, lodano… È arte vecchia, quindi per me di nessun effetto, anzi contrario.
Preghi per me; unica preghiera e desiderio è di fare la volontà di Dio – mi aiuti. Ecco quanto domando come risposta. Assicuro contraccambio quotidiano, e con me tutti i confratelli. Ossequi al buon Don Candela. Spedisco a Torino per Lui le richieste fotografie da parte di Guaschino che saluta e domanda un’Ave.
Mi benedica e mi creda
Tutto suo aff.mo
Don V. Cimatti, sales.
1 Non si riesce a decifrare alcune parole precedenti alla citazione fra virgolette.