Cimatti|Berruti Pietro / 1937-1-7

1788 / Berruti Pietro / 1937-1-7 /


a Don Pietro Berruti, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 7 gennaio 1937

M.R. ed amat.mo Sig. Don Berruti,

Finalmente mi si annuncia il suo caro ritorno, e anche Don Cimatti ritorna a darle lavoro.


  1. Dalla Crocetta mi si invia il conto di Zanarini che fu già in Giappone. Da Roma il ch. Floran scrive aver avuto dal Sig. Don Berruti assicurazione che agli effetti economici ecc. è dipendente dal sottoscritto. Essendo per me un fatto nuovo – né avendo comunicazione della cosa dai Superiori – né sapendo quali siano le mie attribuzioni o doveri al riguardo prego farmi illuminare. È un bene? È un male il ritorno di questi figliuoli, sia pure siano sacerdoti? Non so valutarlo, e prego i Superiori con tutta libertà di decidere. La mia testa e le forze ormai non sono in grado di valutare. Quindi attendo spiegazioni di ordini per sapermi regolare.

  2. Il fatto più doloroso è che sono obbligato a far ritornare il confr. Lucioni che non riesco a trattenere. Si fa forte di un urto con Don Cavoli che gli ha detto parole forti – allontanandolo dalla casa di Miyazaki. Don Cavoli scrisse le scuse – lo invitò, anche me presente, varie volte al ritorno – ma è intestardito, vuol soddisfazione di diritto – sa il Signore quanto Don Cimatti ha fatto – ma la superbia e il non fondo di carità anche solo cristiana gli fa un velo tale che non ammette luce. Vuol ricorrere a Roma. Inoltre si lamenta che fu lasciato in abbandono non dandogli gli aiuti spirituali, ecc. Carattere difficile, per la malattia, è difficile trovare chi resista a stare insieme – e preferì la situazione sua come missionario ambulante che i superiori conoscono, ad altri inevitabili urti. Per me è ammalato in tutti i sensi, e non lo incolpo di nulla, né di quanto soffre lui povero uomo, né di quanto (sono persuaso senza lui volerlo) fa soffrire gli altri. Ma non posso lasciare la sua anima né anime così – è meglio il ritorno. Se sbaglio nella determinazione, il Signore e i Superiori mi perdonino, ma è il bene di quell’anima e il bene generale l’unico determinante. Per me, ripeto, è un ammalato materialmente e spiritualmente – superbia (egocentrico) e non carità – attaccatissimo alla famiglia e patria.

  3. Il nuovo elemento si viene studiando, e vedremo.

  4. Scrissi al Sig. Don Ricaldone in relazione al Ch. Filippa che in pratica domanda il ritorno per le mutate condizioni della famiglia, dopo la morte del fratello. Per me è indifferente la cosa, ma desidererei chiaro il pensiero dei Superiori, che sul posto possono decidere, anche se a Torino dicono ai genitori: “che dipende da Don Cimatti il decidere o il concedere il permesso”. Parlo ora col chierico. Egli, data la debolezza della fede dei parenti, teme un distacco più forte. La sua presenza a Torino (ove potrebbe alla Crocetta terminare con calma i suoi studi teologici) darebbe speranza buona per quelle anime. Sotto questo punto di vista ne guadagnerebbe assai anche la formazione del chierico. Supplico i Superiori di una risposta chiara. Il chierico non ha dubbi sulla sua vocazione missionaria, ma non vuol prendersi la responsabilità di una débâcle nella fede dei suoi: egli non vede altra soluzione. Prego venirmi in aiuto anche in questo.

  5. In Luglio il Visitatore? E pensare che è dal 1935 che lo si attende.

  6. Avendo occasione di parlare col coad. Merlino veda di saggiare il confratello sull’opportunità del ritorno. Ha difficoltà interne da manifestare – ebbe poi urti forti con Don Marega suo direttore, che non riusciva a piegarlo a fargli fare i lavori di casa (pulizia, ecc.) ed otteneva risposte dure o non risposte – senza cordiale avvicinamento, ecc. Certo Don Marega è nervoso – ma ha fatto di tutto per aiutarlo spiritualmente – ed anche per tentare l’affiatamento. Veda di aiutare quest’anima in tutti i sensi.

  7. Imploro aiuto dai Superiori. Non ho forza morale sui confratelli – non me la sento più (non perché non voglia) – non esce più niente – e sono a terra materialmente finanziariamente. Ma perché, caro Signore, perpetuare questo stato di cose? Fiat voluntas Dei!


Scusi, caro Sig. Don Berruti, dei dispiaceri che do ai Superiori – ma quando non se ne può più, non se ne può più.

Così come sono, sono un osso spostato: se ne persuadano i Superiori, pur essendo la mia continua preghiera “Fiat voluntas Dei”.

E preghi per questo povero:

Don V. Cimatti, sales.