Cimatti|Ricaldone Pietro / 1932-9-14

991 /Ricaldone Pietro / 1932-9-14 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Takanabe, 14 settembre 1932

Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,

Penso che molta posta dei Superiori nei trambusti e nelle inondazioni della Manciuria sia andata perduta, perché è dal Maggio che non ho notizie loro. Mentre sto attendendo la soluzione di importanti problemi spirituali e materiali che ho sottoposto alla loro considerazione, continuo nella mia corrispondenza ordinaria mensile con Lei.

Oggi 14 termina colla seconda muta di esercizi lo sviluppo dei medesimi. Propriamente furono tre le mute: una per le Figlie di Maria A. a Beppu (predicata da Don Ruffini di Shanghai e da Don Cimatti dal 29 al 5 Agosto) e contemporaneamente per i due predicatori e pel coad. Ragogna che emise i perpetui. Le altre due a Takanabe (Don Ruffini, Don Cecchetti e Don Cimatti) coronate dalla rinnovazione dei voti di molti e della professione perpetua dei chierici Zanarini e Felici.

Mi pare che tutto sia proceduto bene e con profitto. Non avendo ricevuto i ricordi da Torino diedi a tutti: “Manete in delectione – Colligite fragmenta virtutum” dei quali mi pare ci sia bisogno.

Riceverà i rendiconti particolareggiati, mio e dei confratelli inviando oggi i moduli riempiti per Lei e per gli altri superiori. Che dirle?

Imploro i soliti aiuti e prego i Superiori ad esaudirli. La nostra situazione è chiarissima, e la ripeto a scarico di coscienza:

        1. Manca la testa… E si comprendono le conseguenze;

        2. Spiritualmente parlando, desidererei di più e di meglio, ma bisogna pigliare gli uomini come sono. Secondo me alcuni non sono fatti per questa vita – l’ho ripetuto e così sia.

        3. Si desidera tutti di lavorare, e si cade nel solito assillo della materialità e dei debiti in cui c’inguaiamo sempre più, perché non abbiamo avuti degli aiuti di elemosine tali da poter chiudere i buchi. I sussidi giunti hanno servito a chiudere buchi precedenti… Si è spostato, ma non risolto il problema, e Lei sa che la Missione giapponese non ha risorse locali.


Per me sono rosso di vergogna per i debiti che abbiamo ancora con la diocesi di Fukuoka (Yen sette mila). Potevamo avere in loro degli aiuti finanziari buoni: ma in questo modo il credito è perso, e creda pure (pur essi essendo ottimi con noi) per sempre. Prego il Signore che non ne abbiano immediato bisogno e non me li chiedano, che non so dove sbattere la testa.

Devo ancora Yen milleottocento alle Figlie di Maria A. che ne hanno bisogno per vivere. Creda pure che è una delle umiliazioni massime, dato che le relazioni di carità che dovrebbero intercedere fra noi e loro, ed il dovere che avrei da compiere verso di loro come superiore della missione. In queste condizioni come posso intromettermi nella loro amministrazione per sorvegliarla secondo il diritto canonico?

Oltre altri debiti, devo ricostruire il capitale delle Lire centomila date dall’Opera di S. Pietro per la costruzione del Seminario. Dica Lei…

Il sussidio di Propaganda di quest’anno è in deposito e servirà a dare il mensile minimo ai Missionari. Non ho ancora il sussidio annuale per il Seminario e quello della S. Infanzia.

Ho dovuto aderire al desiderio del Consiglio di fare così, pur essendo tutto il contrario delle mie vedute sulla Provvidenza. Deo gratias.

Quante volte abbia esposto le cose e i dati numerici ai Superiori, e quanto abbia supplicato consigli ed aiuti non so – lo sa il Signore.

Per me non so come fare: oso riimplorare, oso rifare la proposta di un prestito (come dobbiamo pagare gli interessi qui a tutti, credo che i Superiori ci pensino solvibili anche per loro), ora lo Yen è in basso, e sarebbe un vantaggio in tutti i sensi – oso implorare aiuti e direttive di consigli. Ho scritto a Lei, all’Economo… Ma… preferisco pensare allo smarrimento della posta.

Il vino avendo dei prezzi che non posso più sostenere, è per noi bevibile solo quando si potrà – in pratica ho consigliato il regime secco. Non potendo dare norme uniche per le residenze, i capi- residenza vedranno in Domino quid facere (misture, oppure latte, oppure un po’ di birra, secondo i prezzi locali, e per tutti acqua e tè).

Credo che i superiori autorizzeranno, d’altra parte non posso. Presto dovrò razionare il vino da Messa. Vedremo quali altre economie si potranno realizzare in grosso – perché ci vuol altro che questo per mettersi a posto. Alla peggio farò rimpatriare chi ne verrebbe a soffrire.

I confratelli per buona metà sono di salute precaria (reliquati di guerra, nervosi e nevrastenici) e non è possibile si adattino al cibo giapponese, senza pane e carne – (che poi non è detto sarebbe più economico, il riso costa più che in Italia…).

Eccole la realtà… Per me non so come fare, non so come fare. Cerchiamo di dimenarci come meglio si può, di pregare, e contiamo sull’aiuto dei Superiori.

Non facciano perdere anche questa speranza, ché allora non ci rimane davvero che piantare baracca e burattini.

Non sapendo chi è l’incaricato delle missioni:

              1. Imploro di sapere (se si può) della decisione per il personale annuale per questa missione, secondo le tante richieste fatte; (se no non posso fare in tempo utile i cambi).

              2. Imploro di sapere se non è possibile avere in missione le offerte che sono date da parenti e benefattori a individui che non posso soddisfare se da Torino non mi mandano l’equivalente. Ne scrissi a Don Tranquillo, che naturalmente attenderà ordini.


Mi scusi amatissimo Sig. Don Ricaldone. Sono le 4,30 e vado a pregare per Lei e Lei preghi per noi tutti e specie per chi col cuore gonfio si professa

Suo aff.mo figlio

Don V. Cimatti