1801 / Ricaldone Pietro / 1937-1-31 /
a don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani
[31 gennaio 1937]
Amat.mo e Rev.mo Sig. Don Ricaldone,
Fine del mese, che si chiude colla festa del nostro Don Bosco celebrata ovunque con gioia e frutto. Inizio del nuovo, che si apre col grande Congresso di Manila e coll’annuncio della visita. Deo gratias! Ah, come avrei bisogno fossero già qui i Visitatori… Il Signore rimeriti Lei, benedica i Visitatori e ci ottenga dei veri frutti. Un po’ di rendiconto.
Invecchio: non è novità. Penso che anche Lei… Invecchio e quindi le conseguenze. Sono nelle mani di Dio e faccia Lui…
Lavoro: ce n’è. Non posso certo accudire tutti, specie la parte di Tokyo. Il bravo Don Tanguy mi aiuta e si va avanti nella speranza che dopo la visita andrà meglio.
Pietà: regolare – voti idem, idem per la carità, ma ho bisogno di non perdere la calma, e qualche volta non mancano le occasioni.
Confratelli discretamente bene per la salute. Sono per il momento fuori tiro per salute un novizio e uno studente filosof. giapponesi. Il ch. Manhard un po’ di pleurite. Il Ch. Arri migliora assai (riceverà a giorni il suddiaconato).
Come già scrissi ho dovuto rinviare il caro Don Lucioni, di cui invio a parte i documenti. Mi augurerei ci fosse a Manila qualcuno dei Superiori, ma pur piangendo il cuore nel vedere lo stato materiale e spirituale di questo confratello, pur rimanendo scoperta l’importante zona a lui affidata, è meglio il ritorno. Fiat voluntas Dei! Lo accolga con bontà (perché teme l’incontro), lo aiuti e veda che cosa si potrà concludere per il suo bene. Ho qualche altro confratello che non è a posto – alcuni coadiutori e anche Don C.: non ho molte cose in mano, ma non è a posto. Preghi, preghi per noi. Ma specialmente sono a terra per la solita questione materiale e supplico l’aiuto dei Superiori. Ho domandato un aumento di sussidio (da 25 a 50 mila lire): non so che abbiano stabilito i Superiori, ma non so come fare a mantenere i novizi e studenti filosofi e teologi. Fra missione e Tokyo ho 135 individui sulle spalle (fra confratelli, novizi, seminaristi e aspiranti). Il bilancio nominale delle entrate certe (Propaganda, Clero indigeno, S. Infanzia e Superiori) sono Lire 139 mila circa. Pensi alle ritenute, al ribasso lira, ecc. e può farsi un’idea della mia pietosa situazione, dovendo anche sostenere, non solo le spese di mantenimento persone, ma anche opere. Coll’autorizzazione dei Superiori ho trovato il prestito del buon Avv. Duranti – cerco di sollecitare la carità in tutte le forme e con me lavorano anche i confratelli, ma ho troppe ferite precedenti da sanare… e non riesco che a cadere più in giù. Non potrebbero i Superiori anticiparmi almeno Lire 25.000 del sussidio? Chi potrebbe aiutarmi con un prestito sarebbe Don Fontana di Shanghai, ma giustamente vuole permesso da Torino.
Quid faciendum? Anche Don Rossi dall’America e Don Tozzi da Londra, ma avendo il fermo dei Superiori, hanno bisogno di autorizzazione. Che ne pensa? Certo che in queste condizioni mi è impossibile proseguire, e non so come fare, non so come fare, non so come fare. Ecco perché ho spedito il telegramma “necessità”. Creda, amatis.mo Sig. Don Ricaldone, che se insisto è davvero perché non so quid facere. E col cuore (che può pensarlo) ferito e lacerato dal dolore per le anime, dal pensiero che gran parte di queste cose dipende da me (è per me convinzione di coscienza) e che non sono capace di eliminare, del pensiero che i Superiori che da anni vedono queste deficienze mie, e non vi mettono (a mio modo di vedere) riparo, che scrivo a Lei, mio Superiore e Padre, e che riverso nel suo cuore, come in quello di Gesù, tutto il mio profondo dolore, invocando aiuto.
Supplico i Superiori a prendere quei provvedimenti che da tempo attendo. Si assicurino che la causa di tutto in radice è il povero sottoscritto… È mia convinzione di coscienza. Ripeto.
Stiamo leggendo il magnifico commento. Non sta a me il dirle: “Bravo!”. Glielo dice il Signore. È un bene immenso, e vengano pur presto le altre parti desideratissime. Ho letto pure con compiacimento quanto scrive sulla superiorità – dell’accettazione – dei rifiuti – delle dimissioni – degli esoneri. Ma mi pare di dover dire in coscienza: “Mi pare di aver detto ai Superiori le mie miserie al riguardo – vedo che tutto crolla vicino a me – anime ed opere – ed ho la convinzione di coscienza che gran parte proviene da ciò: ché non posso dare ciò che non ho e non potrò mai avere” (la superiorità).
Accetto la volontà di Dio che paternamente mi umilia e prego che questa stessa santa volontà disponga l’animo di chi può, a volere quanto da tempo chiedo, cioè: lavoro, lavoro, come semplice gregario ed in qualsiasi posto. Non temano i Superiori, non temano.
Nell’inviare la relazione alla S. Sede farò presente in lettera particolare le mie difficoltà per l’esonero. Creda, amat.mo Sig. Don Ricaldone, ne verrà un bene incalcolabile alle anime e specie a quella del
Suo aff.mo come figlio
Don V. Cimatti, sales.