Cimatti|Ricaldone Pietro / 1932-1-12

881 /Ricaldone Pietro / 1932-1-12 /


a Don Pietro Ricaldone, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



Takanabe, 12 gennaio 1932

Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,

Proprio ieri spedita una lettera, mi giunge nel pomeriggio la sua, cui mi sento in dovere di rispondere e per l’importanza delle cose, e per la carità specialmente che vuole esercitare verso delle nostre anime, e per l’assestamento della nostra povera missione.

Procurerò di essere breve e chiaro.

  1. Questione finanziaria. Lo stato reale nostro comunicato ai superiori e alla S. Sede è: Yen 8.000 da pagare alla società M. E. P. al 4½%

" 7.000 residuo da pagare per terreno asilodi Miyazaki all’8%

" 6.000"""di Oita"

" 12.000"""di Beppu al 9%


  1. La Società M. E. P. pur forse potendo attendere (perché generosamente ci ha concesso il fondo che aveva in deposito per la stampa del Vocab. del Raguet)…

  2. Il residuo debito per il terreno Asilo avremmo dovuto versarlo col Natale passato, ma il proprietario sopporta – può però da un momento all’altro aver bisogno, essendo un privato pagano. Se le suore l’acquistassero chiuderemmo questo buco. Ho domandato Lire 200 mila anche in rate (meglio se subito). A noi bastano Yen 20 mila che al cambio attuale si possono avere con 150 mila e forse meno. Sarebbe buona occasione per tutti.

  3. Gli altri due sono pagabili in 4-5 anni rispettivamente, e pur dovendo versare le rate, spero di far fronte con l’aiuto di Dio e dei buoni.


Si è potuto a tutt’oggi estinguere (oltre rate e interessi) Yen 3.000 ai francescani di Kagoshima; Yen 1.500 a P. Faber S. J. di Tokyo, e inoltre vivere.

Le case non hanno debiti. Può così comprendere che le Lire 20 mila (non trenta) sussidio straordinario di Propaganda è nel numero dei più.

Le centomila dell’Opera S. Pietro, come le scrissi, essendo vincolate per volere dell’Opera, che nella lettera d’accompagnamento chiaramente comandava di non devolvere ad altro scopo che all’erigendo seminario, per non aprire nuovi buchi, le ho vincolate per tre mesi a Tokyo per non essere nella tentazione.

Il suo gentilissimo telegramma era da noi interpretato come offerta o del S. Padre o del Capo del Governo o di altri (e me ne confermava la sua lettera indicando il buon esito della pratica col Duce).

La sua di ieri, spiega, e noi siamo nelle condizioni di prima, pur sempre tenacemente attaccati alla Provvidenza.

Il fatto nuovo è la discesa dello Yen – e se discendesse ancora di più, e se la Provvidenza ci inviasse anche minime offerte – certo ci metteremmo a posto. Vi è ancora la questione case delle Suore di Beppu, che interessa Don Torquinst. Le suore hanno pagato 50 mila – egli deve inviare le altre, ma non riesce a farsi venire da Roma le lettere credito, e quindi… Ad ogni modo, salvo il grattacapo, è questione delle suore, pur il sottoscritto e Don Margiaria essendo i proprietari del terreno.

Inoltre dobbiamo Yen tre mila alle suore (per una questione non ben chiarita del tempo di Don Torquinst), ma che viene coperto coll’acquisto delle suore o colla costruzione della casa per loro o colle spese del contratto e interessi delle 50 mila che si attendono dal Sig. Don Torquinst finora sostenuti dalla missione.

Eccole le nostre miserie. Col Gennaio spero di [far] fronte. A tutt’oggi non so come farò per il Febbraio. Deus scit. Riserve non ce ne sono. L’unica riserva è la Provvidenza.

Certissimamente il Signore ci aiuterà, e se è necessario, farà i miracoli… È chiaro. Quindi avanti allegramente. Chi rompe paga, e i cocci sono suoi… È proprio il caso di Don Cimatti et bonum mihi quia humiliasti me, Domine!

Se anime buone, se i Superiori, facendo un vero sforzo di carità, in questo momento, ci aiutassero, coll’abbassarsi dello Yen, ci metteremmo a posto pian piano. Se non si può “fiat voluntas Dei”!

  1. Per il secondo punto che interessa di più l’anima mia faccio come mi dice “non do schiarimenti” perché Lei non li vuole, ma per giustizia, per onore dei Superiori e per dovere dico:

    • piglio volentieri questa croce;

    • il Signore sa quanto ami la mia mamma la Congregazione (non ne conosco altra, e sono stato duro verso la mia mamma terrena); e il mio babbo Don Bosco (cui la mamma mi ha consacrato bambino quando Don Bosco venne a Faenza);

    • non ho conosciuto il padre terreno, e quanto ami i Superiori, che vorrei aiutare anche materialmente (ed era il mio sogno… far vedere che le missioni possono e devono aiutare i Superiori… Il Signore coll’inviarmi le ricchezze di Don Torquinst “humiliavit me… bonum mihi, bonum mihi…”);

    • da dopo il Capitolo in cui dovetti parlare, portavoce dei missionari, ho coscienza di aver mantenuto il proposito di non esprimere né direttamente, né indirettamente apprezzamenti di sorta.

Può dirlo apertamente a tutti… Oh, amatissimo Sig. Don Ricaldone “la mormorazione è il massimo difetto di troppi nostri poveri confratelli”. Sa il Signore se ho brandito il flagello per stigmatizzare questo orrido male, ma… Grazie, Signore, anche di questa umiliazione. “Bonum mihi, bonum mihi!!!”.

  1. Venuta del missionario. Nelle condizioni della proposta fatta da Lei è difficile, data la qualità del personale e del lavoro che si dovrebbe fare e il tempo prolungato. Sentirò il Consiglio. Il più indicato sarebbe Don Margiaria, ma equivarrebbe mettere a terra la scuola tipografica, sugli inizi.

Don Lucioni debolino di salute, non mi sembra adatto; non ha verve oratoria – forse Don Cavoli, ma anche lui ha difficoltà di parlare in pubblico, certo gli farebbe bene sotto molti rispetti. Altri non vedo per ora. Don Cimatti, anche per riparare a tanti mali, è disposto ad andare dovunque, ma non sta a lui il dire: “ecce ego… mitte me!…”.

  1. Per tutto il resto, a dopo.

  2. Preghiamo di cuore per il buon esito del Capitolo Generale, e Lei (ecco un consiglio che può essere utile) si prepari a fare la volontà di Dio.

Nel frattempo sia per noi Padre buono.

Preghi per noi, per le anime nostre (questo per primo) ed anche perché la Provvidenza ci aiuti, ma specialmente pel


Suo povero

Don V. Cimatti, sales.