1573 / Gusmano Calogero / 1935-…-… /
a Don Calogero Gusmano, segretario del Capitolo Superiore dei salesiani
Visitatoria S. Francesco S.
[Fine 1935]
Amatissimo Sig. Don Gusmano,
Grazie della sua ultima comunicazione concernente le Figlie di Maria A. e le confesso che mi ha fatto la più sgradevole impressione la relazione riguardante l’Opera di Miyazaki. I fatti non sono messi nella vera luce e Lei, amatissimo Don Gusmano, ne giudichi.1
I fatti in riassunto sono questi e sono ben noti ai Superiori e al Capitolo generalizio delle Figlie di Maria A. per le mie relazioni. Don Cimatti fortunatamente anche in questa questione non ha mosso un passo senza consultare le relative autorità. D’accordo e secondo il principio, esposto anche da Lei, col Sig. Don Rinaldi e colla Superiora Generale le Figlie di Maria A. vennero in missione per conto della Missione e mensilmente il Superiore dava loro lo stesso stipendio che dava ai sacerdoti.
Fu affidato loro l’Asilo che era della Missione e che costò sacrifici immensi di denaro e preoccupazioni e secondo convenzione speciale erano pagate di tutto. Ma già fin dagli inizi mi accorsi che le Figlie di Maria A. volevano esere libere e, non contente di quello che si dava, si fecero piovere da Torino troppe richieste che cominciarono ad inceppare quella familiarità di relazioni che desideravo ci fosse – francamente mi accorsi che non erano le Figlie di Maria A. che mi ero immaginato. Non potevo lasciarle libere perché, ignare della lingua, usanze, sarebbero state peggio. Fin dall’inizio non si misero allo studio della lingua. Le guidavamo col consiglio per l’Asilo che si desiderava fiorente – si vollero le convenzioni che finirono per lasciare le cose più ai ferri corti, perché una volta che la convenzione c’è bisogna pur osservarla e farla osservare.
Può essere benissimo che da ambe le parti si sia urtato – certo che non trattarono bene col sacerdote responsabile. Si poteva pensare a incompatibilità di carattere, ma con Don Pedro fu lo stesso e dica se si è riuscito ad ottenere qualche cosa…
In conclusione pensai anche d’accordo col Consiglio, e visto che la missione, che dopo tanti sacrifici non concludeva niente di quello che avrebbe desiderato e, nelle condizioni del momento non era possibile l’accordo, e d’altra parte la missione era finanziariamente a terra, proposi la vendita dell’Asilo che avrebbe dato la possibilità della separazione – ossia le Figlie di Maria A. avrebbero lavorato in qualsiasi punto della missione per conto loro. La proposta fu accettata da ambo le parti – le trattative furono fatte dai rispettivi Superiori – a me fu detto di accettare la somma convenuta e cominciò per la missione un’era di tranquillità.
Così si fece e l’attuale Consiglio non intende (salvo che ci siano ordini Superiori) ritornare allo statu quo ante, perché troppo si è sofferto in tutti i sensi. In questo senso scrissi ai Superiori.
Sono certo che le Figlie di Maria A. furono trattate bene in tutti i sensi; ed anche dopo la separazione (intendo la parola in senso buono) Don Cimatti si sforzò, perché più libero nei suoi movimenti, di aiutarle ancor più spiritualmente, e nei limiti della sua povertà, anche materialmente.
Il desiderio delle Figlie di Maria A. è questo:
Avere un prete a loro disposizione come cappellano. Trovano duro fare pochi minuti a piedi per andare alla chiesa;
Avere sussidio fisso per sostenere le opere, che esse dicono essere della missione.
Il primo non dipende da me. È da anni che tempesto i Superiori per avere personale anche per questo. Il risultato è che il Superiore della Missione è parroco di due cristianità, oltre il resto. Altro che galloni e fronzoli del Monsignorato! Ed a Natale non sa come dare la Messa ai cristiani…
Il secondo punto dipende dalla soluzione che fu data… Cioè da quella che per intenderci chiamo separazione, come ora la missione considera le Figlie di Maria A. come lavoranti per conto proprio. È chiara la cosa, tant’è vero che da Torino mi furono chieste le permissioni che diedi amplissime per tutta la missione di fondare cioè opere, ecc., ecc.
Nessuno ha mai sognato o di suggerire alle Figlie di Maria A. di andarsene – si manifestò da qualcuno, dopo le parole dell’Ispettrice e di qualche suora, che se ne vogliono andare. Non so dire che cosa risponderei qualora fossi ufficialmente interrogato. Questa comunicazione – come la sua – ha carattere confidenziale.
Lo stato QUO ANTE non è desiderato dai missionari. Le Figlie di Maria A. se vorranno eseguire quanto loro si suggerisce – se saranno più rispettose del sacerdote – se avranno più fede nella provvidenza e non temeranno che manchi loro la terra sotto i piedi (di questo scrissi recentemente alla Madre Gener.) penso che anche lavorando per conto loro in missione pure potranno fare assai del bene.
Ma se hanno paura di camminare – se hanno paura (come si insinua nella relazione dell’Ispettrice) di suonare la cassa uso Don Bosco – se hanno paura di prestarsi per le cose di chiesa, almeno come compenso dei non lievi disturbi e sacrifici che per loro fanno i missionari (questo in modo speciale per l’Istituto di Beppu) – penso in missione in terra giapponese non troveranno la BUONA PERA PER LA BUONA LAVANDERA (la buona pietra per la buona lavandaia).
Certo anche noi ci domandiamo: “Quale opera come salesiani faremo in missione?”. E sono dieci anni che si lavora e non l’abbiamo ancora trovata… o meglio ci siamo detti: “Cominciamo a fare… e poi si vedrà!”, e nella nostra piccolezza si fa. Ah, il Giappone non si conosce a Torino… non si conosce…
Se aspettano le masse – di essere corteggiate e portate in palmo di mano – di non trovare le dure, durissime difficoltà della sterilità dell’apostolato si sbagliano. Quanto ha insistito Don Cimatti su questi argomenti e per lettera e nelle conferenze e nelle mute di esercizi!…
Quindi quid dicam? Da che è dipeso questo stato di cose? Don Cimatti pensa che sia dipeso unicamente dalla sua incapacità… e così sia.
Ad ogni modo per l’onore della Missione e dei missionari penso che la relazione è assai sbagliata nei principi e nelle valutazioni. Non do la colpa a nessuno, ma protesto e potrei coi documenti alla mano parola per parola confutare. Ripeto, la nostra lettera ha carattere privato e confidenziale. Anche qui debbo dire: “Forse non riesco a farmi capire!”.
Ma mi accorsi che tutta la mossa dell’Ispettrice era di arrivare al punto di ottenere un sussidio fisso anche minimo per le Figlie di Maria A. Don Cimatti interrogato il Consiglio non poteva altro che dire: “Prima bisogna rettificare il principio fondamentale. Cioè le Figlie di Maria A. secondo le intese coi Superiori rispettivi sono in missione come Congregazione propria, non alle dipendenze della Missione”.
Quindi cadono tutte le ragioni del ritiro delle Suore appoggiate sulle falsità della relazione – vi addolcisca… “sulle inesattezze della relazione”. Ne vuole dei saggi?
“L’Opera del Kyugoin (Ospizio) nata e cresciuta da qualche mese”. È da anni e non fu affidata alle Figlie di Maria A. perché all’atto della fondazione non potevano per la lingua e altro essere in grado di sostenerla… ed anche perché non la vollero (non vi furono però relazioni ufficiali).
“La missione rivolge tutte le sue cure all’Opera suddetta”... Spero vorrà forse dire la residenza di Miyazaki… la Missione è tutt’altra cosa. E non è vero perché Miyazaki ha 600 cristiani che danno un lavoro non indifferente…
“Muore la speranza di vocazioni religiose”… Ah, donne di poca fede… Ma, capiscono quel che dicono? E non hanno proprio le Figlie di Maria il collegetto loro? Al momento non vi è istituzione all’Ospizio per questo scopo e quando ci sarà, stiano sicure che il Signore ne darà per tutti… Sono per me cose inconcepibili.
“Sollievo a chi non osa dire che non ha più bisogno di noi”. Francamente non riconosco in questo lo spirito dell’Istituto. Ma il Signore non ha bisogno di nessuno…
“Non vedono modo di sviluppare l’Asilo” (che da quando l’hanno preso per conto loro, è loro non della Missione). Sa perché? Perché non fanno quanto si consiglia loro… Siamo in Giappone e non in Italia. È tutto qui.
“Il lavoro dell’apostolato che è passato all’Opera indigena”. Non è così. Ah, se lavorano hanno tanta messe… Ma si figuri caro Don Gusmano se in una città di 70 mila abitanti non ci sono ragazze per le Figlie di Maria A.!
“…Più convenienza sua che nostra”… Ah, che linguaggio da mercanti. Fa male al cuore… e si è fatto proprio per far del bene alle Figlie di M. A.
“Il parroco sarebbe contento…”. È proprio la Superiora di Miyazaki che ha avanzato la… [sembra che qui manchi qualche cosa].
Con tutto questo po’ di magagne in fatto di relazione Lei può capire che cosa può succedere. Dispiace. Ad ogni modo anche se mi si farà la proposta, risponderò così, come ho sempre risposto: “La cosa fu trattata in principio dai Superiori… Facciano loro”. Se i Superiori vorranno documenti si godranno anche questa cosa… che francamente non è bella.
Ed ora mi domanderà: “Perché – se è così [che] furono e sono le cose – Don Cimatti non ha parlato e non ha mandato relazioni generali da cui sarebbe apparso chiaro tutto il seguito di questa incresciosa questione?”.
Rispondo: “Perché non fui interrogato e perché dopo il passaggio alla ‘separazione’ tutti si era tranquilli”.
La Visita fece parlare e missionari e suore ed ecco che la questione è sul tappeto. Come vede anche qui, mancanza di tatto direttivo di Don Cimatti… e così sia.
Se arrivo in tempo, fra i novizi di Tokyo metta “Nishimura Giovanni, ch.”. È un’altra bella nuova conquista per la Congregazione.
E preghi per il
Suo aff.mo
Don V. Cimatti, sales.
1 Per comprendere il tenore di questo scritto di cui non si è trovato l’originale presso l’Archivio del Consiglio Superiore (dipende da una copia conservata presso l’Archivio Ispettoriale di Tokyo) bisogna tener presente che Don Gusmano era segretario del Consiglio Superiore. A lui era certamente stata passata la relazione dell’Ispettrice Madre Cogliolo: ne scrisse confidenzialmente al Servo di Dio il quale pure confidenzialmente rispose.
Madre Tullia Cogliolo (Ispettrice dell’India e del Giappone) venne a far visita alle F. M. A. del Giappone verso la metà di Ottobre di quell’anno 1935. Il giorno dopo la sua partenza (16/10/1935) Mons. Cimatti fece relazione al Rettor Magiore Rev.mo Don Pietro Ricaldone. Sul medesimo argomento scrisse anche alla Superiora Generale F. M. A. l’11/12/35. Nel frattempo ci fu la relazione di Madre Cogliolo.