266 /Rinaldi Filippo BS/ 1927-7-9 /
a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani1
Amatissimo Padre,
E prima di tutto il “grazie” riconoscente dei suoi figli lontani, che Lei nella sua paterna bontà ha voluto consolare colla visita del Suo rappresentante (e quale migliore poteva essere?) nella persona del Rev.mo Don Ricaldone.
“È proprio vero che Don Bosco continua ad essere lo spirito animatore di tutta la nostra famiglia; egli continua ad essere il Direttore di tutto, non solo il Padre lontano, ma l’autore di tutto, sempre presente, sempre operante nell’immutata efficacia dei suoi indirizzi, nella meditazione dei suoi esempi”. E queste solenni parole del grande Pontefice delle Missioni, le sentivo risuonarmi all’orecchio quando accompagnavo il suo inviato, e ne toccavo con mano la verità, e nelle lunghe ore di viaggio sognando, mi pareva di vedere elevarsi più maestosa anche dal remoto Oriente l’amabile figura del nostro Padre Don Bosco, abbracciante nel suo gran cuore tutta questa fiorente gioventù, che incomincia a cantare anch’essa: “Don Bosco, Don Bosco! È un canto infinito che udranno del mondo le mille città!”. Non le sembri esagerazione o fantasticheria! Tutti, per questa visita da Lei voluta abbiamo rivissuto Don Bosco, che era presente, operante nell’immutata efficacia dei suoi indirizzi, nelle molteplici riunioni tenute; era presente nella meditazione di suoi esempi con la muta dei nostri annuali esercizi; era presente nel rinnovato proposito di lavorare secondo lo spirito della nostra famiglia coll’osservanza esatta delle nostre regole; era presente nello spirito di allegra familiarità nel rivedere il Sig. Don Ricaldone, il nostro caro Ispettore, nel trovarci per un po’ di tempo tutti riuniti di nuovo a Miyazaki; nel rivivere per mezzo delle notizie d’Italia coi Superiori, cogli allievi, cogli amici lontani. Gioie purissime, inondanti le anime nostre ed eccitanti ad un migliore lavoro, ad un più coordinato sistema di sforzi, che fanno preludere all’impostazione granitica dell’Opera nostra in questa grande e davvero caratteristica nazione.
E sentivamo Don Bosco finalmente nei suoi ricordi, amatissimo Padre, nei suoi eccitamenti, nella preghiera del Pater che più devotamente reciteremo. “Oh, sia santificato il suo nome, o Signore, anche nel Giappone. Venga il tuo regno, o Signore, in queste care anime!”.
Ed in secondo luogo che dirle? Brevi notizie di cronaca, che vorrei sapere vivificare, come le opere di ciascuno dei nostri cari confratelli; come erano sentite le espressioni di quanti, cristiani o pagani, parteciparono alla nostra gioia.
Don Ricaldone era atteso. Grandi e piccoli al suo arrivo parlarono della nostra religione, di Don Bosco e delle sue opere. Sbarcato a Kobe, e ospitato cordialmente dai Padri delle Missioni Estere di Parigi, che gli procurarono la gradita conoscenza di Mons. Castenier, Vescovo di Osaka, proseguì il viaggio direttamente a Tokyo, accolto dalla paterna bontà di S.E. Mons. Giardini, Delegato Apost., che volle ospitare il nostro superiore nella sua sede.
La breve permanenza alla Capitale, servì al nostro Don Ricaldone a contrarre preziose conoscenze, a far visita ai più importanti istituti, o scuole dello Stato o tenute da Congregazioni religiose, fra cui l’importante Istituto “Stella del mattino” dei frati Marianisti.
E nel ricevimento alla nostra R. Ambasciata, e nella visita al Ven. Arcivescovo di Tokyo e dovunque il nostro Superiore, nel nome di Don Bosco, trova porte spalancate, facce sorridenti e desiderose di conoscere Don Bosco, e che formulavano i più fervidi auguri di prosperità dell’opera sua in Giappone.
Oh, davvero che noi viviamo della rendita del nostro gran Padre! Oh, davvero che anche in queste lontane regioni Don Bosco è sempre presente, sempre operante, sempre elevando colla gloria del suo nome i poveri suoi figli.
Don Ricaldone nel vedere tutto questo e nel contemplare coi propri occhi le bellezze naturali, la prosperità, il febbrile lavoro, l’organizzazione mirabile di questa nazione in ogni ramo di moderna attività sociale, e il movimento consolante verso il Cattolicismo che nettamente viene svolgendosi, era entusiasta e veniva sempre più chiara delineandosi alla mente di tutti la possibilità dell’esplicazione del programma integrale di Don Bosco nel Giappone.
Ma il cuore del suo rappresentante era rivolto ai suoi fratelli del Kyushu, che con non minore ansia d’affetto l’attendevano. La sua parola d’ordine, o amato padre, era stata: “il mio rappresentante vi veda al lavoro”, e tutti, obbedendo a questo suo desiderio, si misero all’opera.
Era il lavoro di pochi mesi; era un complesso di assaggi in ogni senso per fondare ambiente, costumi, persone; erano tentativi in piccolo, mi lasci dire così “analisi di laboratorio”, sorgenti da circostanze, da idee e più che altro dall’abbandono filiale in quella Provvidenza che in forme diversissime ci ha condotti fino al momento attuale. E questo lavoro per le mani del suo rappresentante, noi presentiamo a Lei, affinché alla sua volta Lei presentandolo all’Ausiliatrice nostra Madre, ci ottenga quegli aiuti materiali e spirituali di cui abbiamo urgente bisogno.
Qui la penna vorrebbe dirle tutta l’attività di lavoro dei singoli confratelli, dei cristiani, dei pagani stessi con cui si è in relazione, che moltiplicarono la loro buona volontà e la concretarono in opere, che potessero dare al Superiore un’idea meno inadeguata della possibilità delle nostre istituzioni.
Il cuore specialmente vorrebbe dirle la consolazione da cui fu inondato nel rivedere il rappresentante del Rettor Maggiore.
Fra i molti momenti inesprimibili della vita, metta pure anche questo. Don Tanguy e Don Piacenza vennero a incontrarci a Moji. Saliti in treno, dimenticando la stanchezza del viaggio, era un vero fuoco di fila di domande, di notizie attese ansiosamente. A mezzanotte eravamo a Nakatsu. O Gesù, tu sai le soavi dolcezze della buona notte udita nella piccola cappella. Tu conosci la preghiera ardente di noi tutti, in quella notte in cui uniti a te offrivamo noi stessi e le anime a noi affidate.
All’indomani, domenica, i pochi cristiani si riunirono nella cappella; con loro buon numero di pagani, specialmente fanciulli (oltre una quarantina), piccola schiera dell’incipiente oratorio, che qui come a Oita, come a Miyazaki, viene formandosi. Giuochi, canti, gruppi fotografici ci fanno vivere nel mondo proprio dei Salesiani. La visita alla scuola elementare e quella alla trappa, gentilmente accoltivi dal Superiore P. Gerard; una riunione dei Padri Missionari delle Missioni di Parigi più vicini alla nostra missione per dire loro ancora il grazie riconoscente dei poveri figli di Don Bosco, pone fine alle indimenticabili giornate.
Viene la volta di Oita. I pochi cristiani e i molti pagani amici dell’opera nostra ricevettero Don Ricaldone con canti, suoni, luminarie, e in una ben riuscita accademia in uno di quei giorni vollero dirgli in prosa, in versi, in canti, in danze, tutta la riconoscenza che sentivano per il lavoro già compiuto dai figli di Don Bosco. I già numerosi giovani (in massima parte pagani) vollero preparargli una piccola esposizione dei loro lavori di scuola e di casa, e perfino gli fecero gustare una riuscita gara catechistica. Ma ciò che colmò di gioia il cuore del suo rappresentante fu il battesimo dato ad otto pagani. Oh! Come avrà gioito dal cielo il grande Apostolo del Giappone, S. Francesco Saverio, nel vedere proprio in quella città così cara al suo cuore, perpetuarsi pel lavoro dei figli di Don Bosco l’opera di redenzione delle anime! La visita alle autorità civili, alle principali istituzioni scolastiche-educative posero fine ai giorni così ricchi di benedizione passati ad Oita.
La carovana al completo si dirige a Miyazaki. È la venuta del rappresentante di Don Bosco all’attuale centro della missione; è il ritorno dei confratelli alla casa dove hanno passato i primi tempi di vita missionaria, dove vengono a ritemprarsi l’anima con un corso di spirituali esercizi, dove vengono ad affilare le armi per le battaglie del Signore.
È la giocondità della famiglia cristiana di Miyazaki, che all’arrivo del treno, esplode nei caratteristici “banzai” di saluto, e che alla Missione parata a festa, per bocca dei fanciulli, dei padri di famiglia, dei confratelli saluta il rappresentante di Don Bosco e che ai piedi di Gesù Sacramentato, ringrazia, prega pei fratelli di fede e per la conversione delle pecorelle smarrite.
Anche a Miyazaki si visitano le autorità, si ammirano le istituzioni educative, ma più si ritemprano le anime nella meditazione, nell’esame di sé, nello studio dei mezzi di coordinare il lavoro presente e futuro.
Alla domenica colla solenne festa del S. Cuore, i cristiani vollero anche esternamente dare bella prova della loro fede con numerose comunioni, colla consacrazione delle loro famiglie al Sacro Cuore ed un primo gruppo di fanciulli ricevette dal Sig. Don Ricaldone col formulario di Don Bosco la medaglia che li riconosceva come facenti parte della compagnia di S. Luigi.
Pensavo a Don Bosco, che anche in questo modo, presente in mezzo di noi, perpetuava nell’immutata efficacia dei suoi indirizzi il bene della gioventù. A sera i fanciulli e le ragazze con rappresentazioni sceniche, con canti, con danze, con discorsetti vollero dire a Don Ricaldone la loro gioia, la loro riconoscenza.
Le nenie giapponesi cantate e accompagnate dai caratteristici strumenti nazionali s’intrecciavano alle briose e vigorose nostre canzoni italiane e dialettali. Festa di cuori, festa della gioia che venne ripetuta da noi soli nell’intimità familiare in una riunione alla vigilia della festa di San Pietro, onomastico del nostro visitatore, e prima di separarci per ritornare all’usato lavoro. Mentre il treno porta lontano i fratelli di Nakatsu e Oita, ci dirigiamo a Kagoshima alla terra ove approdò San Francesco Saverio, per fare omaggio agli ottimi PP. Francescani e per dir loro il grazie riconoscente per l’aiuto fraterno che prestano ai figli di Don Bosco. E finalmente alla volta di Nagasaki, la terra dei martiri, la sede della Diocesi. Accolti ed ospitati dal cuore paterno di P. Thiry, Vicario generale, visitate le principali istituzioni cattoliche, fatti segno ovunque alle cortesi gentilezze di tante anime buone, venne l’ora della partenza.
Mentre a bordo della nave davo col cuore gonfio di commozione un grande abbraccio al suo rappresentante che dicesse a Lei, amato Padre, il grazie di tutti, abbraccio in cui si concretavano aspirazioni, auguri, preghiere, in cui si fondevano coi nostri cuori quelli di tutti gli amici lontani, pensavo a Don Bosco che con la finezza inarrivabile del suo gran cuore dava l’addio ai suoi figli della prima spedizione. Qui certo melodia, circostanze, condizioni diverse, ma negli effetti pratici, sempre Don Bosco presente ed operante.
La nave veloce trasportava il nostro padre a Shanghai per portare conforto, consiglio ai nostri travagliati confratelli. Il treno correva veloce attraverso alle fertili campagne giapponesi, ormai verdeggianti di riso, trasportando gli ultimi saluti, gli auguri, le preghiere del padre ai confratelli giapponesi. Per tutti:
Suo dev.mo figlio
Don Vincenzo Cimatti
1 Bollettino Salesiano, Ottobre 1927.