3859 / Ricaldone Pietro / 1949-10-6 /
a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani
Tokyo, 6 ottobre 1949
Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,
Desidero scrivere questa povera mia lettera nel 53° anniversario della mia professione, sia per rinnovare nelle sue mani i miei santi voti, sia per pregarla di unirsi con me per ringraziare con Lei tutti gli amatissimi Superiori per aver esaudito la domanda che mi si dice esaudita.
Non avevo ricevuto notizie ufficiali da Torino, ma la consegna fattami da Don Tassinari della sua nomina (e che per desiderio del Rev.mo Visitatore sarà comunicata a visita finita) mi dice chiaro la cosa. Deo gratias.
Se ho capito bene, è desiderio dei Superiori che il sottoscritto si fermi in Giappone – per me, come ho detto e ripetuto, è pienamente indifferente fare come mi dicono e andare e stare dove mi dicono. Ho detto al Visitatore e a Don Tassinari che sono pronto a tutto. Mi dispiacerebbe solo essere anche menomamente di impaccio od ombra, anche solo in minimis ed occasione di brontolamento o altro. Deo gratias! Devo essere ben un essere strano: mi sembra di essere davanti a Dio secco e arido come un sasso, non gioia, non dolore; un’indifferenza che non so neppure dire se possa essere cosa buona o cattiva… Mah!… Il Signore sa e vede. Non mancano certe fantasticherie… Ci faccio delle risatine anche quando sono in chiesa col Signore. Mi dicono tutti che il farmi capire non è la mia dote, ma spero che Lei almeno mi capisca.
Dunque grazie: appena mi danno la destinazione mi metto al lavoro, e farò quello che potrò e saprò… e ancora un poco, come si insegnava a Valsalice, e specialmente mi andrò preparando a ciò che è più importante: un buon bagaglio per il Paradiso. Quando penso che dopo 53 anni di professione sono ancora longius dalla santità, c’è davvero da far meditazione… Mi aiuti, mi aiuti…
Per il RENDICONTO nulla di speciale – spero che il Visitatore mi permetterà di farglielo, come pure penso che questo sarà l’ultimo rendiconto che faccio al Rettor Maggiore perché d’ora innanzi lo farò al mio nuovo Superiore e Deo gratias anche di questo.
Voglio inoltre che Lei abbia la bontà di domandare per me perdono ai Superiori di tutte le malfatte (e quante!) commesse in questo 25°. Spero che il Signore mi darà ancora un po’ di tempo per riparare colla preghiera e colla mortificazione almeno parte delle medesime.
Pensino pure che se qualche cosa di buono c’è fra questi cari confratelli e se qualche cosa di buono si è potuto fare in Giappone, dopo la grazia del Signore, è tutta opera di questi cari confratelli, che ho fatto tanto soffrire. Beh!…
Mi benedica e addio nel Signore.
Suo come figlio
Don V. Cimatti, sales.