166 /Rinaldi Filippo / 1926-5-30 /
a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani
30 maggio 1926
Mio buon Papà,
Permetta che sempre la chiami così, mi sembra di sentirmi più salesiano. È il 30 Maggio – noi oggi chiudiamo il mese della Mamma e facciamo l’esercizio della buona morte. Sono le 6,30 e la vedo là al suo tavolo verso le 9-10 di sera, forse pensando e scrivendo o pregando per noi. Ho già celebrato e fatto la mia mezz’ora di riflessione, intendo ora al solito di fare il mio rendiconto mensile e darle notizie intime dei nostri confratelli.
Sanità: grazie a Dio sempre ottima in tutto e per tutto e per il sonno e per l’appetito. Che vuole? L’erba grama… D’altra parte ipse fecit nos… e Deo gratias! Bisogna pur dare buon esempio anche in questo.
Studio e lavoro: ci do dentro nello studio della lingua e non dispero pur la testa essendo un po’ duretta. Ho bisogno di lentezza per assimilare e ritenere. Vedrà che miracoli (!?) abbiamo fatto per onorare la Madonna. Certo con questa lingua, apparentemente e alle prime prove facile, non c’è da scherzare. È ricchissima di vocaboli, è contorta, è scostruzionata – o meglio – è troppo logica, e poi il giapponese concepisce in una forma così caratteristica, per noi strana, che… Ad ogni modo avanti, e il Signore (se sarà necessario) farà anche dei miracoli. Intensificherò sempre più anche questo dovere precipuo e Maria Ausiliatrice mi aiuterà… tanto chi deve lavorare in realtà sono loro! Mi consola il pensiero (non perciò desisto dal lavoro, anzi lo moltiplico) che S. Francesco Saverio forse lo parlava meno di noi, nelle vite recenti si dice che non lo sapeva, ed è riuscito quello che è riuscito; era un santo, e tutti i suoi figli giapponesi lo vogliono essere, sa, e come! Altri lavori: ripasso la teologia, comincerò la traduzione del sistema preventivo di Don Bosco (agli altri confratelli ho affidato lavoretti del genere per avere pronto quanto è necessario per la propaganda il giorno in cui si inizierà). Cerco di sorvegliare i confratelli, specialmente i coadiutori (ogni domenica conferenza catechistica per loro) e far andare avanti la famigliola in attesa degli avvenimenti.
Tutti i miei doveri li posso compiere attualmente e tento di mettervi la diligenza possibile: ho bisogno certo di essere più energico nello scrupoloso impiego del tempo, nella vigilanza sui confratelli (mi sono di valido aiuto Don Tanguy e Don Piacenza… questi sì che sono santi!).
Il mio sforzo per rassodare, migliorare la vita della mia vita, cioè le pratiche di pietà: le faccio tutte, sono ancora (grazie a Dio sempre involontariamente) piene di distrazioni. Combatto, lavoro settimanalmente, mi metto filialmente nelle mani di Maria e di Gesù. In certe occasioni speciali (feste caratteristiche, conferenze o altro) specialmente la S. Messa è detta ora con vera effusione, anche con le lacrime… e mi domando: “Perché Gesù mi tratta così, mentre Don Vincenzo non è capace che…”. Creda che ho bisogno di calmarmi, distrarmi, perché mi fa male il cuore. La superbia fa capolino: dono delle lacrime!? Ma! non so che cosa sia, salvo il suono delle parole. Nervosità? Debolezza organica? Mah! forse… È certo che sono momenti di Paradiso; non vorrei dare nell’occhio anche con queste esteriorità, prego Lui a nascondere, ma delle volte è una faccenda seria. Il 24 Maggio ho celebrato la seconda Messa e non le so dire le delizie spirituali con la Mamma; alla fine ho voluto rivolgere un pensiero prima di leggere la consacrazione a Maria, e sono scoppiato. Divento vecchio! Non creda mica a cose speciali; sa, purtroppo, che sono ancora lontano dalla santità: certo vi è l’ardente desiderio, ed è anche certo che Gesù mi vuol troppo bene! Frequenza regolare ai Sacramenti: mi pare siano le mie forze e l’unico sostegno.
Osservanza delle Costituzioni: mi pare regolare e nessuna difficoltà si presenta. Ho bisogno di aver più occhio alla buona conservazione delle cose affidate. Quanto all’amministrazione mi pare non vi siano né sprechi, né esagerazioni.
Per la S. purità nulla di speciale: finora non guardo molto, non sono nell’occasione, in generale però pur essendo i giapponesi liberi nel vestire in estate (avendo solo la tunica aperta e legata ai fianchi con fascia, i più educati portano mutandina da bagno) sono però educati e riguardosi.
Sono unito fraternamente a tutti nella carità cordiale.
Per ora nulla di notevole in casa, non avendo ancora noi riconoscimento giuridico, né sapendo a che condizione ci verrà affidata la parte materiale. Ne parlo nelle generalità.
Quanto alle altre virtù, mio buon Papà, il Signore mi guida e mi fa ogni giorno più toccare con mano e con evidenza lampante il mio nulla: ne ero già intimamente persuaso; ma creda, amatissimo Don Rinaldi, che a renderlo ancor più evidente, in infiniti dettagli – che andrei per le lunghe ad enumerarli – il Signore sembra che ad ogni istante mi dica: “Vedi? Che cosa sei?”. Oh, quanti piedistalli, che forse erano solo nell’immaginazione, vengono infrangendosi! Oh, potessi non essere superiore! Ma è anche questa un’umiliazione e “Deo gratias!”. Mortificazione! Desidererei… ma qui non manca nulla, prevedo (e il Signore me lo fa sentire) che saranno molte pene morali. Ora viene il caldo, l’umido esagerato, le zanzare… una delizia… ma che è tutto questo!… d’altra parte non essendo solo devo fare in modo che gli altri non patiscano. Anche qui il Signore mi vuol togliere la soddisfazione della mortificazione materiale. Mi pare per ora di non aver altro per me.
[Dà quindi brevi notizie sugli altri confratelli, si omettono].
…Certo se potessimo in tutto adattarci al Giappone sarebbe assai meno costoso, ma sarà difficile davvero specialmente per l’alimentazione che è tutta sui generis. Ne riferisco come Lei mi consiglia al Signor Don Ricaldone.
La sua lettera del 26 Aprile giunse al 23 Maggio proprio alla vigilia della gran festa. Grazie, fu una vera carità che consolò assai tutti. Erano pervenute prima di questa, quella del 1 Febbraio 1926 a mezzo del Sig. Ispettore Don Canazei e da Siviglia quella del 3/3/26 giunta il 2/4/26 e alle quali controrisposi. In generale la posta arriva alla domenica per la transiberiana. Ho fatto tema della conferenza per l’E.B. M. l’ultima sua. Mi atterrò mordicus a quanto suggerisce.
Il Padre di cui parlavo è il missionario P. Bonnecaze delle Missioni Estere che rimarrà con noi fino al richiamo di Monsignore. D’accordo coll’Ispettore pensiamo noi settimanalmente al suo mantenimento ordinario: ha 33 anni, debole di salute, ma va rinforzandosi, ci fa da interprete con l’insegnante di giapponese; un bravo cristiano che sta col padre e che pago 15 ¥ al mese.
Quanto alle notizie, in lungo e in largo le invio a Lei solo, al Sig. Don Ricaldone in riassunto; a nessun altro. Scelsi anche questa seconda via nel dubbio che la posta fosse censurata. Non credo ora che questo sia da temere, ad ogni modo in questa maniera nel caso che si smarrissero delle lettere.
L’indirizzo messo sulla busta andava benissimo: si vede che Lei conosce i caratteri meglio di noi.
In altro foglio le notizie generali. Quanto a scrivere per il Bollettino Sales. valuti Lei la nostra delicata situazione. Che le potrei dire? Descrizioni del Giappone? Lavoro per i cristiani?
Già si fa qualche cosa, ma finché non siamo padroni, non conviene, credo, dir nulla; il Vescovo si raccomanda assolutamente la piena dipendenza a P. Bonnecaze e se si è fatto qualche cosa, è con piccoli strappi… ma come si fa vedere i giovani e star fermi?
Vuol dire che i Salesiani di qua e di là… ecc.? Non sanno ancora chi siamo: il Padre comincia ora a conoscere Don Bosco e non mi meraviglierei se domani domandasse di farsi salesiano. Ad ogni modo veda Lei, se quel che mando è pubblicabile. L’importante è dire bene del Giappone, e dal loro punto di vista lo meritano.
Ed ora, buon papà, eccomi inginocchiato ai suoi piedi come prima di partire: ci benedica tutti. Eccoci fra le sue braccia: ci voglia bene, ricordi che siamo ancora Beniamini. Per tutti, tutti tutti che singolarmente vogliono essere ricordati – sono sempre quella birba… salesiana di