ro, nei luoghi di ritrovo, in par-
rocchia o all'oratorio, negli in-
contri occasionali o di amicizia,
sempre, in qualche modo, noi
possiamo essere «educatori» se,
nelle relazioni con gli altri, sia-
mo attenti a capire, a venire in-
contro, a trasmettere stimoli po-
sitivi. Perché ogni relazione con
le persone, fondamentalmente,
ha una potenzialità educativa; in
ogni relazione noi possiamo in-
cidere positivamente sugli altri.
E questo il nostro Fondatore
ce lo insegna chiaramente, lui
che capì pienamente e seppe va-
lorizzare il potenziale educativo
della relazione interpersonale.
***
Sempre, dunque, possiamo
essere educatori. Ma questo non
è un fatto scontato, automatico,
anche per noi salesiani. Essere
educatori, «vivere la dimensione
educativa», comporta delle esi-
genze spirituali, un impegno di
ascesi interiore come esercizio
volto ad affinare e a sviluppare
la propria capacità educativa,
che è, prima di tutto, capacità
di relazione vera.
Occorre, per prima cosa, che
noi abbiamo forte e coltiviamo il
senso della persona. Gli altri,
quelli che ci stanno attorno,
sono delle persone, ognuna con
le proprie situazioni, fortunate o
meno, con i propri problemi e
difficoltà, con le proprie risorse
e i propri limiti, con il proprio
bisogno di vita e di felicità.
Coltivare il senso della perso-
na significa, allora, sviluppare e
maturare sempre più la propria
capacità di entrare nel mondo
degli altri, di immedesimarsi, di
essere attenti alle loro situazio-
ni, di saper cogliere esigenze e
bisogni anche inespressi. E
quando una persona si sente ca-
pita nei suoi bisogni e nelle sue
esigenze, quando si accorge di
essere oggetto di attenzione e di
essere presa veramente in consi-
derazione da qualcuno, allora si
sente gia sostenuta, si sente ri-
sollevata, e si attivano in lei i di-
namismi positivi della fiducia,
della determinazione, dell'aper-
tura alla realtà e alle persone.
Al senso della persona è poi
strettamente legato il senso del-
la relazione solidale, anche que-
sto da sviluppare e da coltivare.
La relazione con le persone,
ogni relazione, non è mai educa-
tivamente neutra: con le nostre
parole, coi nostri gesti, coi no-
stri atteggiamenti, noi scorag-
giamo, demotiviamo, isoliamo,
anche inconsapevolmente, le
persone, oppure incoraggiamo,
diamo fiducia, aiutiamo a capire
e a risolvere le cose.
Coltivare il senso della relazio-
ne solidale significa, perciò, svi-
luppare la capacità di essere at-
tenti ai riflessi dei nostri atteggia-
menti sugli altri e di porre in atto
atteggiamenti positivi, edificanti;
significa anche sforzo di evitare
atteggiamenti certamente negati-
vi, quali quelli dell'indifferenza,
della pura curiosità o del facile
giudizio.
Ma significa, soprattutto, far
crescere la propria capacità di
relazione, la propria disponibili-
tà a stabilire relazioni con chiun-
que, nella consapevolezza che le
relazioni non superficiali giova-
no sempre alle persone.
I Cooperatori Salesiani sono
«persone di relazione», che cre-
dono nelle relazioni, che le cer-
cano e le interpretano e si sfor-
zano di viverle in maniera au-
tentica e profonda. Essi non
sono di quelli che «non hanno
tempo da perdere con gli altri»,
perché sanno che il tempo speso
con dedizione e con amore per
gli altri, anche solo per ascoltarli
attentamente e per condividere,
è tempo fruttuoso e fecondo.
Persone di relazione: è un im-
pegno umile, silenzioso, poco
appariscente, ma così necessa-
rio oggi, in una società in cui
tutti sperimentiamo la carenza
di relazioni autentiche e signifi-
cative; in cui la solitudine, la dif-
ficoltà di comunicare e la super-
ficialità dei rapporti inaridiscono
il cuore e lo spirito di tanti nostri
fratelli.
Oggi, assillati dal tempo, dagli
impegni, dalle cose da fare, ri-
schiamo un pò tutti di trascura-
re e di sacrificare le relazioni
con le persone. I Cooperatori
Salesiani, consapevoli di questo
rischio, si sforzano di essere pa-
droni del loro tempo, di gestire
saggiamente i loro impegni, in
modo da non compromettere le
relazioni con le persone.
Ciò comporta spesso la scelta
e l'impegno di andare contro-
corrente, di non farsi condizio-
nare dalla fretta dei ritmi odierni
e dalla visione utilitaristica del
tempo (secondo la quale «il tem-
po è denaro» e perciò non lo si
può «perdere» per cose «non uti-
li»), di sacrificare o di posporre i
nostri interessi pur di avere tem-
po per le persone.
Ma non significa anche questo
il «da mihi animas, coetera tal-
le» del nostro Fondatore?
Nino Sammartano
METODO DELLA BONTÀ
Nel servizio educativo il Cooperatore adotta il
metodo della bontà che Don Bosco ha tramandato ai
suoi figli : il «Sistema preventivo». Scaturito dalla carità
pastorale, esso «si appoggia tutto sopra la ragione, la
religione e sopra l'amorevolezza».
(RVA, 15)
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