Conosciamo i nostri santi
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ZEFFIRINO NAMUNCURA
VENERABILE
A vvenne un giorno, ai tempi in
cui Zeffirino era aspirante nella
Colonia Salesiana di Viedma , che
saltasse in groppa ad un puledro e
si divertisse a galoppare senza far
uso né di briglie né di sella. Fran-
cesco De Salvo vedendoselo saet-
tare davanti , pieno di soddisfazio-
ne, gli chiese: «Zeffirino , cosa ti
piace di più? ». Si aspettava natu-
ralmente una risposta relativa al-
l'eq uitazione, arte in cui i bellicosi
Araucani erano maestri insupera-
bili. Invece il ragazzo , fermando
un attimo il cavallo , rispose: «Es-
ser sacerdote!» e proseguì nella
sua corsa. «All 'udir tale risposta -
confessa il teste - rimasi come
sconcertato, perché non me l'a-
spettavo in quel momento, sebbe-
ne fossi convinto della sua voca-
zione al sacerdozio».
Questo ragazzo , vero emulo di
S. Domenico Savio, aspirava a di-
ventare l'evangelizzatore del suo
popolo, un popolo che aveva alle
spalle una storia molto interessan-
te. Il nonno di Zeffirino, il grande
Cacico Calcufurà, era stato il vero
«re del deserto» per 40 anni. Ave-
va sostenuto storiche battaglie
contro i bianchi. Ma nel 1872 ven-
ne sconfitto dal Generale Rivas.
Qualche anno dopo, il nuovo Caci-
co Manuel, il padre di Zeffirino,
tenterà ancora una sortita ma sarà
la sconfitta totale e definitiva. Cat-
turato insieme a tutta la sua fami-
glia, trattò la resa mediante l'unica
persona di cui si fidava: il salesia-
no D. Milanesio. Si presentò spon-
taneamnete al Gen. Roca e ciò gli
valse di poter conservare il titolo
onorifico di «Gran Cacico», di ave-
re le insegne di colonnello dell'e-
sercito e un territorio sul Rio Ne-
gro a Chimpay. Qui nacque Zeffiri-
no il 26 Agosto 1886. A undici anni
suo padre lo condusse a Buenos
Aires e lo iscrisse nella scuola go-
vernativa di El Tigre: voleva fare di
lui il futuro difensore dei rimanenti
Araucani della Patagonia setten-
trionale. Il ragazzo però si trovò
quanto mai a disagio in quella
scuola. Il papà , dietro consiglio
dello stesso Presidente della Re-
pubblica , lo trasferì nel Collegio
Salesiano. Qui il ragazzo si trovò
subito bene. E qui cominciò l'av-
ventura della grazia che avrebbe
trasformato un cuore non ancora
illuminato dalla fede in un testimo-
ne ero ico di vita cristiana. A dodici
anni fece la Prima Comunione. Fu
quello il giorno in cui stipulò un
patto di assoluta fedeltà - quella
fedeltà così connaturale ad un
araucano - al suo grande Amico
Gesù. Spesso veniva a visitarlo D.
Milanesio: questa figura affasci-
nante di Missionario accendeva
nell 'adolescente il desiderio di di-
ventare un giorno come lui.
Esemplare l'impegno nella pie-
tà, nella carità, nei doveri quotidia-
ni , nell'esercizio ascetico. Questo
ragazzo che trovava difficile «met-
tersi in fila» o «obbedire alla cam-
pana» diventò pian piano un vero
modello. «Modello hanno testimo-
niato di lui - di equilibrio , era l'ar-
bitro nelle ricreazioni: la sua paro-
la veniva accolta dai compagni in
contesa». «M i impressionava la
lentezza con cui faceva il segno
della croce , come se meditasse
ogni parola; anzi correggeva i
compagni , insegnando loro a farlo
adagio e con devozione». «Se m-
brava che si fossero invertite le
parti: l'indio convertiva i bianchi» .
Ma fu proprio in questi anni di in-
tensa crescita interiore che il suo
fisico cominciò a cedere . Gli indii ,
così robusti nel loro ambiente, di-
ventavano poi vulnerabilissimi da-
vanti alle malattie portate dai bian-
chi. Un raffreddore, una polmonite
ed era subito tubercolosi. Si amma-
lò dunque di tbc . Lo si trasferì nel
suo clima nativo: poté così rivedere
il padre e respirare l'aria delle An-
de. Ma il beneficio fu passeggero:
la malattia non accennava a scom-
pari re . Si pensò allora di condurlo
in Italia confidando in migliori cure
mediche. Lo porta con sé Mons.
Cagliero, eletto proprio allora Arci-
vescovo. Il papà se ne distacca con
molto dispiacere e non l'avrebbe
più rivisto .
Zeffirino fu a Torino estasiato da-
vanti alla Basilica di Maria Ausilia-
trice di cui tanto aveva sentito par-
lare. Fu poi la volta della visita al
Papa: «Lesse in buon italiano il suo
indirizzo pieno di fede ... e chiese
una speciale benedizione per sé , i
suoi genitori , la sua tribù».
L'avvicinarsi dell'inverno consi-
glia di trasferirlo da Torino al cli-
ma mite di Frascati Villa Sora. Vi
rimarrà solo quattro mesi: un tem-
po breve ma sufficiente per offrire
di sè una testimonianza di ecce-
zionale bontà. Testimoni del tem-
po affermano: «Rivelammo la pro-
fonda pietà, superiore certamente
all 'età». «Era evidente nella sere-
nità dello sguardo , nella compo-
stezza degli atti che la purezza era
la forma della sua santità». «Sorri-
de con gli occhi» dicevano i com-
pagni. La malattia intanto lo anda-
va consumando a vista d'occhio. Il
28 marzo fu ricoverato nell 'Ospe-
dale Fatebenefratelli . «Nel le ulti-
me settimane - scrive D. Costa -
ammirai soprattutto la sua inalte-
rabile pazienza e l'umile rasse-
gnazione in tutte le pene, e non fu-
rono poche , nei gravi sacrifici che
dovette affrontare . Mai una la-
gnanza, un cenno di noia o di stan-
chezza». S'accorgeva che la morte
si avvicinava. «Dottore non cerchi
di ingannarmi: io so già che devo
morire nel giro di otto giorni». Mo-
rì 1' 11 Maggio 1905: aveva 19 anni.
I suoi resti mortali ora si trovano
nel Santuario di Fortin Mercedes
sul Rio Colorado. La sua tomba è
meta di continui pellegrinaggi per-
ché grande è la fama di santità in
mezzo alla sua gente. Dichiarato
Venerabile il 22 Giugno 1972, si at-
tende ora un miracolo perché que-
sto ragazzo della pampa argentina
possa essere elevato agi i onori
deg Ii altari.
D. Pasquale Liberatore